Only ITA - CONSIDERAZIONI SULL'ARTE 2 [by voiceoff]

in #ita6 years ago
Ho deciso di raccogliere tutti i racconti e gli scritti passati che ritengo più interessanti in un luogo unico e di pubblicarne di nuovi, così da tener traccia, nella continua e ossessiva opera di riordinamento che riempie le mie giornate, di ciò che ne è degno.

Ogni traduzione è un tradimento, a maggior ragione se la lingua di approdo non è conosciuta perfettamente. Qui si scriverà solo in italiano.





Considerazioni sull'arte 2.




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Icaro, S. Schneider, 1906 [immagine di pubblico dominio]

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Diciamo che mi son preso un paio di giorni per rispondere all'interessantissimo post di @anedo qui , che integra e amplia il discorso che io stesso ho fatto in quest'altro post. Sinceramente non mi aspettavo di ricevere una risposta così stimolante, tanto da tirar su una discussione nel merito di queste tematiche, parecchio intricate e difficili (non sono sicuro di essere in grado di sostenere questa conversazione in maniera brillante, ma ci provo). E' proprio questa stessa difficoltà che richiede estrema precisione nelle definizioni e nelle parole scritte (cosa che @anedo evidentemente sa, altri pare di no). Ma questo è un altro discorso.

Cercherò di non soffermarmi sulle parti strettamente argomentative ma salterò dritto alla conclusione, in realtà già anticipata nel commento al suo post. E per farlo parto da uno spunto che lo stesso @anedo offre.

Il motivo per lasciare questo sguardo che fa della funzione pratica il centro (e quindi l'esaltazione) dei valori della nostra società non è perché tale sguardo è sbagliato, perchè c'è qualcosa di meglio, ma perché sta morendo (è già morto) e come dice Zarathustra deve morire in pace, ci aspettano nuovi funamboli (nuovi uomini).


Credo che il punto fondamentale, nella differenza fra la mia e la sua opinione (a dire la verità una differenza non così marcata), sia legato al fatto che per me quest'arte (o cultura in toto?) che ruota quasi esclusivamente attorno alla "funzione pratica" non è affatto morta e tantomeno moribonda. Direi che siamo in un momento in cui ne respiriamo l'esaltazione più profonda pur intravedendone, di tanto in tanto, la fine. Non so quanto sia lontano il "bordo del burrone" (per riprendere il suo commento al mio primo post) ma sono certo (?) che ancora non ci siamo. Certo, più il volo di Icaro si avvicinerà al sole più il tonfo della caduta sarà grande, penso che ce ne accorgeremo, a breve? Non so.

E' vero però che siamo sempre più vicini a un momento di rottura che presto o tardi arriverà. Guardiamoci attorno, anche l'attuale situazione politica; alcuni parlano delle prossime elezioni (più o meno imminenti) come un referendum fra popolo e élite, io credo la vera "guerra" sia fra vecchio e nuovo (senza che si debbano necessariamente attribuire accezioni positive all'espressione "nuovo" e senza che si debba caricare di chissà quale valenza epocale il suddetto evento, magari è solo un passaggio). Oppure qua, non siamo forse su #blockchain? Qualcosa che si presume rivoluzionerà nei prossimi anni tante cose. Ma forse queste sono solo speranze e, come ci si è abituati da un po' di tempo a questa parte, il vecchio troverà il modo di fagocitare il nuovo. Cambiare tutto perché nulla cambi?

Il riferimento alla politica che ho fatto non è del tutto peregrino; nel corso della Storia arte e potere in qualche maniera sono sempre andate a braccetto. In alcune situazioni abbiamo assistito a un'arte "teleguidata" e strumentalizzata ai fini del secondo (pensiamo alla transizione da periodo Barocco a Neoclassico... o al periodo odierno, perché no? Cos'altro avrebbe potuto assumere il primato se non la "funzione pratica" in un'epoca ipercapitalistica come la nostra? E' il profitto che ha generato determinati mostri. E' il profitto che ha fagocitato e, di fatto, annullato e raso al suolo (come se non fossero mai esistite), le scoperte e le intuizioni delle Avanguardie novecentesche, che appunto oggi assurgono a ruolo di feticci e tabù: qualcosa che si può citare, ma da lontano, an passant, senza addentrarsi troppo che altrimenti si corrono troppi rischi.
O, viceversa, in altri casi è stata l'arte a farsi portatrice di determinate istanze sociali (e non solo) in maniera avanguardista per i tempi, poi assecondata successivamente dal potere. Il primo esempio di questo tipo che mi viene in mente è la transizione da Medioevo a Rinascimento. Dal buio (così definito impropriamente il periodo medievale) alla luce.

Forse è proprio la stessa medesima luce che vediamo oggi, ma è una luce che nel corso dei secoli è progressivamente cresciuta in intensità, tanto da renderci, ormai, ciechi, accecati. E sarebbe anche un'interessante metafora da utilizzare per descrivere i social network (la "macchina" del nostro tempo per rievocare ispirazioni brandiane), non sono forse miriadi di riflettori che si accendono e si spengono a ritmo serrato (da discoteca senza che vi sia il buio della discoteca) sull'uno o sull'altro profilo? Estendiamo il discorso a tutto, a tutta la società di oggi e a tutta la sua cultura: in mezzo a questo sfavillare di luce, a questo "procedere a tentoni" nella luce, come sarà possibile individuare e credere in un nuovo funambolo? E sostituire i vecchi valori con nuovi valori? Una partita a scacchi dove non potrà esserci un vincitore?

Questa la domanda alla quale non so trovare risposta.

Ma ora mi stupisco, cambiando discorso, rendendomi conto di quanto si sia spinta oltre la serie di post sulle crisi nella Storia dell'Arte che qualche tempo fa, anche con un po' di trasandatezza e imprecisione, mi venne in mente di scrivere. Mi sta scappando da tutte le parti, dilaga 😞.


Ho divagato qua e là, sicuramente tralasciato molte cose, e chissà di quali altri "peccati" mi sono macchiato, ma spero di essere stato abbastanza chiaro, in caso contrario vi assicuro che comunque non cadrò negli invisibili tranelli della parola scritta...


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Thanks for your time!


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Sort:  

Sono contento che questo tuo post abbia preso la strada del confronto di visioni piuttosto che di saperi (perché è quello che a me interessava di più), chiaramente non posso rispondere al volo, anch'io avrò bisogno di tempo per elaborare un altro post sulla scia di questi argomenti, ma mi sembra che nessuno ci stia correndo dietro. Intanto mando qualche lampo (flash), spero non accecanti, sulla mia visione.

Nuovi valori: una partita a scacchi che non ha un vincitore alla fine è una partita di scacchi che smette di essere una partita di scacchi. Questa dovrebbe essere la differenza tra "democratizzazione della cultura" e "cultura di massa". Una partita di scacchi che smette di essere una partita di scacchi (cioè al servizio della vittoria) non può non cambiare i termini di relazione tra il bianco e il nero (i due avversari smettono di relazionarsi come avversari). Senza questo passaggio, difficile per tutti, siamo ancorati/imprigionati alla scacchiera (vale a dire alla funzione del gioco degli scacchi). Se non ci liberiamo da queste catene il nostro avversario (l'altro da noi) verrà visto come insieme di punti di forza (le sue capacità) e di punti di debolezza (le sue incapacità), e avremmo paura dei suoi punti di forza e vorremmo sfruttare (a nostro vantaggio) i suoi punti di debolezza. Ma nella partita di scacchi che non ha un vincitore alla fine non c'è nulla da aver paura e nulla da sfruttare. Ecco perché in una partita di questo genere il giocatore bravo non pensa di perder tempo nel giocare con un giocatore meno bravo (perché sa che ha qualcosa da imparare) e il giocatore meno bravo non ha paura di giocare con un giocatore bravo (perché sa che ha qualcosa da insegnare). Questa io la chiamo democratizzazione della cultura (cosa che non c'è nella nostra società, va beh... diciamo che è molto rara).

segnali di morte: io sono influenzato da un'intuizione di nietzsche che mi fa vedere (interpretare) la storia di ciò che ci ha portato ad essere come siamo oggi in un certo modo. L'intuizione è questa: se la nascita della filosofia classica greca (l'apollineo) non sia affatto quello che tutti pensano, vale a dire la nascita della civiltà (rispetto al dionisiaco)? Se questa cultura segnasse invece la nascita di un percorso già invischiato nel suo destino di decadenza e di morte?

Non mi interessa sapere se questo è vero o è falso, mi interessa l'esercizio di pensiero che questa intuizione aiuta a fare (come nell'approccio del pensiero laterale).

Ecco alcuni flash:

  1. il Cattolicesimo (il Dio che ha un progetto, come fosse un business plan, un piano per vincere una partita a scacchi) è figlio della cultura filosofica classica greca.
  2. il Capitalismo (come sistema e struttura economica e culturale) è figlio della cultura filosofica classica greca.
  3. L'avvento della tecnologia (supremazia della tecnica, della funzione pratica e dell'utilizzo delle cose del mondo come risorse per i nostri obiettivi) è anch'esso figlio della cultura filosofica classica greca.

Segnali di decadenza:

  1. La crisi del capitalismo come crisi culturale (prima ancora che economica) le risorse a disposizione non sono infinite.
  2. La crisi della spiritualità fatta progetto (diventata oggi retorica per giustificare le nostre azioni).
  3. La crisi della tecnologia (come soluzione dei nostri mali attraverso il potenziamento della nostra capacità, forza di dominazione verso il mondo).

Segnali di morte:

  1. i social network come forme culturali.
  2. la retorica del dire quello che si è già detto (l'arte di oggi).
  3. l'utilizzo della violenza (come ultima ratio)

Alla prossima 👍

:)

aspetterò il tuo nuovo post allora... è vero non ci corre dietro nessuno!

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