Only ITA (racconti e poesie) - UN FATTO DI CRONACA [by voiceoff]

in #ita6 years ago
Ho deciso di raccogliere tutti i racconti passati che ritengo più interessanti in un luogo unico, così da tener traccia, nella continua e ossessiva opera di riordinamento che riempie le mie giornate, di ciò che ne è degno.

Ogni traduzione è un tradimento, a maggior ragione se la lingua di approdo non è conosciuta perfettamente. Qui si scriverà solo in italiano.





Un fatto di cronaca




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C’è stato un tempo in cui si discuteva sulla vera natura di ciò che ogni individuo era capace di percepire nella propria interazione con il mondo circostante; se fosse frutto di un’imperscrutabile oggettività fisica della materia, oppure gioco della mente - luogo deputato alla creazione di una personale realtà differente da quella di ogni altro.

Nella scoperta di una fantastica via di un ormai dimenticato paesello di provincia tutto venne messo a tacere, non perché fosse stato risolto il dilemma bensì, per il fatto che le proprietà della suddetta via incanalavano le discussioni verso altri lidi o meglio, ribaltavano per certi versi il discorso, mettendo in luce altre problematiche.

Se i fronti costruiti che si affacciavano sulla via fossero in tufo o granito, se le case fossero alte tre o quattro piani, se i tetti fossero a falde o meno e infine, se tali case fossero veramente lì oppure no (se la via fosse veramente lì oppure no) rimasero domande alle quali nessuno fu capace di rispondere in maniera inequivocabile, e non perché mancassero persone in grado di cogliere qualcosa mentre la percorrevano, ma per il fatto che ognuno di essi raccontava agli altri qualcosa di diverso.

Così se i pensieri del viandante erano funestati da chissà quale tarlo, la via diventava un tunnel buio e oscuro; numerosi i casi, ben noti, di eminenti studiosi che, cimentandosi nell'esperienza, inoltrandosi nella via traboccanti di dubbio, finivano per uscirne con gravi problemi cerebrali - ciò che oggi viene comunemente definito "effetto specchio", nel senso di uno specchio che si specchia in se stesso.

Se invece lo stesso viaggiatore era felice o innamorato la dura pietra scompariva, lasciando spazio a colline verdi intervallate da radure di fiori colorati, di tanto in tanto qualche albero, altoparlanti di cinguettii che riempivano un’aria primaverile.
Per contro, se era triste, oppure anche un po’ più in là, o un po’ più in qua, al limitare di scrosci lacrimosi, ecco venir giù un tremendo acquazzone, una tempesta fatta di tuoni assordanti e lampi, nei casi più disperati.

Alcuni si azzardarono a dire che la materia del luogo, di quella via, non era più importante dello stato d’animo di chi la percorreva; altri relegarono il compito di soggetto osservante alla via stessa, giungendo quindi a teorie estremamente rivoluzionarie che tendevano a cancellare del tutto l’idea, per come la si aveva fino allora, di individuo. Vi fu anche chi tentò di abbozzare teorie sulla falsità di certi argomenti che tendevano a considerare le cose prive di vita inanimate, poiché magari soltanto in maniera apparente prive di vita.
Così, mentre le alte sfere del mondo scientifico dibattevano e si scornavano continuamente su chi avesse in pugno la vera spiegazione del fenomeno, la via, sempre più forte, sempre più conscia della perversione del proprio operato, continuava a dar da parlare e a dar da mangiare agli abitanti del paesello, quotidianamente invaso da folle di curiosi che non vedevano l’ora di sperimentare una passeggiata.
Essa fagocitava tutto, priva di qualsiasi proprietà riflettente finì per essere fonte di vizio, come lo erano state prima di allora tante altre cose.
Le cose, dopo un paio d’anni, cominciarono a prendere una brutta piega, ma nessuno fu in grado di intuire il terremoto che stava per inghiottire tutti.

Come è facile capire non tutti gli abitanti del paesello accolsero con partecipazione ciò che, per chissà quale motivo, aveva trasformato la loro casa in centro momentaneo del mondo. Alcuni guardavano gli eventi dal di fuori, non curandosi troppo del subbuglio. Come un contadino, che imperterrito continuava a vivere la propria vita zappando l’orto del cortile e, di tanto in tanto, levando lo sguardo verso il paesello più in basso per ascoltare le grida e gli schiamazzi. Questa sua abitudine, cioè di alzare lo sguardo dalla terra verso il cumulo di case, era un intervallo piacevole, che gli permetteva di spezzare il lavoro e di godersi un attimo di riposo.

Egli, fu l’unico residente a scampare al disastro, e l’unico a poter fornire una versione, seppure parziale, di quello che era successo pochi attimi prima che il paesello scomparisse nel nulla.
Quando le prime schiere di ordine pubblico sopravvenute lo trovarono seduto e sgomento, gli chiesero cosa fosse successo, che fine avesse fatto il paesello, ed egli rispose d’aver visto un turbinio circolare, a spirale, di fumo nero, prima che una goccia di sudore gli colasse sull’occhio, impedendogli momentaneamente di cogliere l’ultimo respiro del paesello. Tanti altri provarono a scucirgli qualche altra informazione, dai gruppi di scienziati arrivati istantaneamente sul luogo, alle forze dell’esercito giunte speranzose di trovare qualche altra traccia, ma il contadino, fu subito chiaro, non era riuscito a vedere null’altro di quello che già aveva detto.

Investito da un vortice di attenzioni, il contadino, non sapeva capacitarsi della nuova vita che gli aveva riservato il destino; non si sa bene se fosse felice o meno per la nuova situazione che si era creata, non ci è stato concesso di appurare ciò, per la velocità con cui, all’espressione lanciata così, senza troppo pensarci, da un cronista, di “buco nero”, tutti gli interessi si catapultarono con nonchalance verso questo strano fenomeno così frequente in ogni quadrante del cosmo.


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