Controteoria stechiometrica (al di là delle superfici mesh)

in #ita7 years ago

“Dato il modello superficiale a mesh di un oggetto e riferito ad un sistema di coordinate globale (X,Y,Z), volete produrre un’immagine sintetica mediante una telecamera virtuale. La telecamera ha una distanza focale pari a 15, l’asse ottico è coincidente con l’asse Z.
Dati i vertici di un triangolo A(10,5,20), B(5,5,15), C(8,5,10) (riferiti al sistema solidale con la telecamera) appartenente alla mesh, si vuole calcolare:

La proiezione del triangolo sul piano dell’immagine virtuale.
Data una sorgente di illuminazione in posizione (15,15,-100), riferita al sistema solidale con la telecamera, che irradia una luce I0=18000, attraverso un mezzo con fattori di attenuazione Kc=2, Kl=0, Kd=1, si calcoli l’intensità del pixel corrispondente al vertice B del triangolo (si ipotizzi una superficie opaca non speculare, con normale al vertice NA=(0.5, 0.5, 0.7)).

Suggerimento: dati due punti P1 e P2 il vettore V=P2-P1, versore L=V/|V|).”

In data 6 Marzo 2014, verso le ore 10.15, faceva la sua comparsa sotto gli occhi del sottoscritto tale infausto testo d’esame, corredato da un’implicita e invisibile frase finale coniata dalle mie personali suggestioni, che ho omesso in precedenza appunto perché invisibile, recante la seguenti parole alquanto inquietanti:

“Alza le chiappe dalla sedia e con fulmineo gesto spalanca la porta, buttati di fuori, e soprattutto non tornare mai più!”

Vi starete chiedendo come mai io racconti tutto ciò, quale sia lo scopo di tutto questo e, così, per fugare ogni dubbio, dico subito che dal sopracitato testo è scaturita una delle più, a detta di molti, inebrianti e fantasiose teorie riguardanti l’informatica grafica nel suo insieme, applicata all’Architettura, ma ancora più in profondità, riguardante tutta l’Università italiana in genere.
Ora, non vorrei essere tacciato di presunzione o che so io per ciò che ho appena affermato; tale teoria, o per meglio dire Controteoria, ha accolto il beneplacito assenso di varie frange del mondo accademico; ciò che dico è quindi frutto della realtà, non di mie personali visioni a proposito di chissà quali morbose fantasie di successo.
Detto questo passo ora alla narrazione degli eventi che succedettero alla lettura del testo d’esame, e quindi all’illustrazione dell’elaborazione per intero, passo passo, (di modo che vi rendiate conto dell’importanza della scoperta) di tutta la teoria che dà il titolo al presente racconto.


Come è mia consuetudine, al cospetto di veloci intuizioni del tipo “Alza le chiappe ecc ecc…”, m’irrigidisco per poi cercare di trovare la soluzione migliore di modo da evitare gesti inconsulti che potrebbero pregiudicare i successivi sviluppi, per così dire. Così la mia ragione suggerì che comunque sia tentare non costava nulla, dato che il primo punto del problema ero in grado di risolverlo:

Ax = (X•D)/Z = (10•15)/20 = 7,5
Ay = (Y•D)/Z = (5•15)/20 = 3,75

E via di seguito per i punti B e C, trovando quindi la proiezione del triangolo sul piano dell’immagine virtuale. Fatto questo, giunto quindi in quel momento al dunque, cioè a ciò che in nessun modo sarei stato in grado di risolvere (se non per grazia di chissà quale illuminazione divina) riuscii a scovare fra i meandri più oscuri degli insondati e insondabili appunti fotocopiati, tramandati di generazione in generazione, o di corso in corso, una ancora più oscura e chilometrica formula:

I = Ka•Ia+∑r•(Ka•(N•R)+Ks•(V•R)")•Sr•Ir+(Ks•Ir+Kt•It)

La cosa capace di attirare la mia attenzione in questa formula fu la I, se non altro perchè probabilmente la stessa stava per “Intensità”, esattamente quello che il problema richiedeva. Ma se il significato di quella I era chiaro (anche se devo ammettere di non essere assolutamente certo che stia per “Intensità”) la valanga di K, e altre I e altre lettere varie allegate, non riuscivano a comunicarmi molto; ero capace solo di ipotizzare qualcosa per alcuni termini, per altri brancolavo invece, come si suol dire, nel buio più totale.

Al termine di quel quarto d’ora di spaesamento, perso fra enigmatiche luci, telecamere e terne cartesiane di supporto, come sempre in questi casi, fece la sua comparsa, o meglio ricomparsa, quella tal frase iniziale che da una mezzoretta mi aveva lasciato: “Alza le chiappe ecc ecc…”. Non vi dico del mio sconforto al cospetto della stessa, e al cospetto dell’impossibilità di copiare (dal momento che i miei vicini pareva stessero molto peggio di me) sconforto che non tardò a trasformarsi in qualcosa di più, che mai mi sarei aspettato, salvo poi compiacermene al momento della consegna al professore (alla scadenza dell’ora) per ciò che ero stato capace di produrre.

Il concetto di base partì dalla considerazione che l’immagine cui noi dovevamo calcolare l’intensità luminosa, e il punto preciso di quell’immagine, erano un qualcosa che di fatto non esisteva, appunto virtuale; tale fu lo sconcerto causato da questa fulminea presa di coscienza, che sentii il dovere di rivolgere il mio sguardo verso un qualsiasi oggetto più tangibile, sempre rimanendo in ambito cartesiano magari. Così cominciai a riflettere su tutto ciò che in questi termini mi pareva inutile, e sulla difficoltà di uno studente in genere che approccia a cose di questo tipo; cercai infine di riprodurre un modello matematico tridimensionale atto a rappresentare questo fatto.

Un po’ per passare tempo, un po’ per puro solluchero personale, un po’ per vera e propria passione analitica, si fece strada fra i vari ragionamenti il discorso che può essere illustrato nel miglior modo facendo ricorso all’elaborazione grafica dello stesso (che ricomposi al computer appena rientrato in casa dopo l’esame) di cui potete consultare una riproduzione qua sotto.

Immagine.jpg

Argomentando e discutendo il menzionato grafico (mi rendo comunque conto della necessità che lo stesso venga discusso in questa sede) parto col dire dei tre assi cartesiani: la X che rappresenta il livello di difficoltà che un qualsiasi studente può attribuire a un qualsiasi esame; la Y che rappresenta l’inutilità dello stesso esame, cioè magari la poca attinenza con quella che dovrebbe essere l’occupazione futura, una volta laureati; la Z dove può essere registrato il livello di disprezzo che le due precedenti valutazioni generano nell’animo dello studente. Le prime due coordinate sono stabilite per essere finite, da 0 a 100 (la domanda sarebbe: da 0 a 100 quanto è difficile l’esame, quanto inutile?). La terza coordinata è invece diversa dalle precedenti; essa prevede anche la presenza di un possibile infinito (qualora lo studente non si ritenga soddisfatto).

Si è pensato di dare alle cifre dell’asse Z una connotazione più chiara per facilitare la quantificazione del disprezzo nello studente, in una successione che va da 1 a 1000 attribuendo ad ogni singolo step una caratteristica ben precisa denotante il desiderio di vendetta dello stesso studente, di modo che le problematiche relative al disagio provocato dall’esame in questione vengano ripagate, in sostanza ristabilendo l’equilibrio del sistema. Per ovvi problemi di spazio risparmio a voi lettori l’elenco completo di tutte le situazioni tipo prestabilite e comunque sia, per darvi un’idea, vi cito la prima e l’ultima:

  • Step 1: “desiderio secondo il quale l’assistente del professore inciampi in qualche maniera, provocando le risate soffocate di tutti gli studenti”;
  • Step 1000: “desiderio secondo il quale tutti coloro che hanno a che fare con l’Università e la scuola in Italia muoiano della morte più orrenda, seduta stante, senza alcun preavviso”.

Poiché si presume che non tutti i soggetti si sentano soddisfatti neppure da quest’ultimo, si è pensato di mantenere aperta la scala, dove ognuno di essi potrà aggiungere livelli di soddisfazione a proprio piacimento: da 1001 a infinito (è quindi previsto il continuo aggiornamento del cifrario dell’asse Z) ma non solo, anche fra i primi 1000 numeri, che si pensa possano essere non rispondenti alle esigenze della totalità degli studenti che si cimenteranno nell’esperimento.

L’utilizzo che si può fare di questo modello tridimensionale è molteplice; molte sono le informazioni che potrebbero essere tratte e quantificate, per il calcolo di statistiche atto a stabilire e comprendere meglio lo stato attuale della scuola italiana. Di seguito verranno ora esposti alcuni indicatori significativi; per non tediarvi troppo i 3 più importanti:

  • Rapporto tra Inutilità e Difficoltà (per capire il legame che sussiste fra le due quantità: più il rapporto è vicino a 1 più le due quantità saranno legate);
  • Livello di insoddisfazione I-D (facente quindi riferimento alle sole due coordinate X e Y, nel calcolo del segmento A0 - può essere visto nel grafico -. Tale calcolo è molto semplice; la distanza va da un minimo di 0 a un massimo di 141,42 poiché la diagonale massima possibile è data da: [A0 = √1002+1002] per il teorema di Pitagora. Per una formula generale dove:
    [A0 = √Iy2+Dx2];
  • Livello di insoddisfazione generale I-D-D (questo è l’indicatore più importante e a differenza dei due precedenti richiede il calcolo di un’area; calcolo molto semplice trattandosi sempre e comunque dell’area di un triangolo rettangolo. Mettiamo il caso che lo studente desideri per la propria soddisfazione lo step 1000 dell’asse Z; in questo caso, se i livelli di Inutilità e Difficoltà sono pari a 100 avremo: AIDD = (141,42•1000)/2. La formula generale del calcolo è:
    [AIDD = (A0•nZ)/2].

Un altro indicatore di sicuro interesse sarebbe il rapporto fra le quantità dell’Inutilità e del Disprezzo. Tale rapporto si presume abbia non pochi legami con le aspettative future dello studente, nonostante la cosa debba essere pensata in termini più rigorosi e scientifici. Tuttavia mi preme far notare l’importanza che potrebbe avere tale calcolo dove, prendendo per buona l’affermazione precedente, cioè dei legami con le aspettative future, avremo che le stesse saranno date da AF = Iy/nZ. Tale rapporto, per studenti particolarmente affamati di soddisfazione, tenderà inevitabilmente a 0 e, dicendolo fra noi, così sottovoce, quale cifra se non questa è più rappresentativamente degna di assurgere al suo dovere esplicativo e analitico? Anche graficamente potreste immaginare il punto A proiettato sull’infinita parallela dell’asse Z, a costruire una futuristica spada intenta nella vana ricerca di un proprio bersaglio da colpire (nella fattispecie il punto in cui la pochezza delle aspettative coinciderà con un livello di soddisfazione degno ad appianare l’infinito livore dello studente).

Concludendo il presente racconto (sempre che così possa essere definito) torniamo a quella mattinata e al momento in cui, terminata la prima stesura della Controteoria appena illustrata, mi alzai fiero del mio operato dalla sedia, dirigendomi senza indugio al cospetto del professore e consegnandogli, con un sorriso di compiacimento stampato sul volto, gli elaborati appena descritti. Egli non si prese la briga di sondare subito i fogli consegnati, ma ricambiò il sorriso, se non altro certo della mia sicura adeguatezza e preparazione in merito a calcoli di ottica virtuale, forse per chissà quale fasulla e ingannevole reminescenza; magari per aver presenziato assiduamente, sempre secondo le sue annacquate convinzioni, alle sue inutili lezioni.

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