Only ITA (racconti e poesie) - IL MURO [by voiceoff]

in #ita6 years ago (edited)

Ho deciso di raccogliere tutti i racconti passati che ritengo più interessanti in un luogo unico, così da tener traccia, nella continua e ossessiva opera di riordinamento che riempie le mie giornate, di ciò che ne è degno.

Ogni traduzione è un tradimento, a maggior ragione se la lingua di approdo non è conosciuta perfettamente. Qui si scriverà solo in italiano.






Il muro



Le dita ruvide e callose che stringo nella sinistra, comunque sia, non riescono ad aprire un differente orizzonte per un’individualità che non è possibile afferrare in alcun modo, eccettuato il contatto descritto, s’intende. Men che meno quelle altre lisce, minute e probabilmente femminili (benché trattasi semplicemente di una mia supposizione) che tengo quasi con parsimonia nella destra. L’ombra appena calata, o meglio, in cui ci siamo appena addentrati da qualche passo, non aiuta certo a comprendere ciò che mi circonda, e tutto mi è precluso, fuorché la vista di quella muraglia sconfinata in larghezza, che solo da pochi istanti comincia a rivelare le sue estensioni anche in altezza. Seppure in ritardo, m’accorgo con rammarico del collo anchilosato che in nessuna maniera riesco a ruotare, tanto che il muro risulta sempre meno abbracciabile nella sua essenza più propria, nella sua orizzontalità. Ora, anche l’azzurro del cielo viene meno, e tutto si risolve in un quadrato grigiastro, a ogni passo sempre più somigliante a fattezze definibili, seppure con strambo accostamento, cementifere. Ma i rigagnoli di macchie che scorgo di tanto in tanto, e sempre più numerosi mentre mi avvicino, di un colore marroncino sfumato ai bordi in questo momento ulteriormente più chiari, che sfociano da alcuni buchi, che tra l’altro non si sa bene a cosa possano servire, fanno pensare più precisamente a un getto di calcestruzzo armato, dove il vecchio ferro preda di infiltrazioni umide, arrugginisce.

Fra tutte le domande che potrebbero, e a ragion veduta, tormentarmi durante tutto ciò, riesco a soffermarmi soltanto su quello di cui si è detto in precedenza, senza che sorgano quesiti sulle coordinate geografiche del luogo in cui mi trovo, o sull’esatto giorno in cui tutto questo si verifica, o ancora sulla stagione, sul mese o sull’anno; se sia composto di quattro cifre (come ci si è abituati da un po’ di tempo a questa parte) o meno, o più. Oltretutto le condizioni che via via vanno creandosi non permettono una riflessione leggermente più profonda, solo leggermente dico, poiché si tratta adesso di cercare di capire cosa succederà fra un esatto secondo, quando l’alluce destro lanciato senza alcun indugio si troverà a cozzare con la base del muro, anche se non saprei prevedere con certezza se proprio nell’incavo fra terreno e parete o qualche centimetro più su. A ben pensarci non posso fare a meno di domandarmi sulla durezza e sulla solidità dello stesso, se sarà tremendo o semplicemente sopportabile il dolore fisico che a quanto pare non mi è concesso evitare, inoltre mi chiedo se tali considerazioni siano le medesime sulle quali proprio ora anche i padroni delle due mani che stringo si stiano scervellando. Non penso sia affatto azzardato per di più, ipotizzare l’esistenza di altre entità collegate a quelle che io sento, di modo che la situazione in cui mi trovo io stesso, possa magari essere analoga a quella dei miei vicini.

Andando oltre, la curiosità per ciò che potrebbe succedere nei secondi successivi all’impatto cresce, e ritengo sia alquanto naturale tutto ciò, data la peculiarità irreversibile del tutto, o perlomeno che finora ha caratterizzato tutto, quindi, quando avrà fine a causa del muro, il mio, il nostro, muovermi, muoverci avanti; mi chiedo se anche il tempo in quel preciso istante subirà le medesime conseguenze (senza che per forza di cose si stia parlando di una qualsiasi morte), o se l’irreversibile rimarrà tale e quale, ovviamente dopo aver cambiato modalità di manifestazione. Non mi sfiora nemmeno il dubbio se sia più conveniente congelare quest’attimo in un’eternità dalla quale risulti impossibile sfuggire, se la paura dell’imminente impatto, o di quello che seguirà, sia sufficiente per giustificare una scelta, o comunque una volontà di questo tipo. Non so bene dove potrebbero condurmi tali dissertazioni, se peraltro a immaginare dei mondi paralleli, nei quali ogni più infima parte di secondo sia la cornice a ognuno di essi, dove futuro o passato non rivestano alcuna importanza considerando l’ambito circoscritto a quello che è.

Ma credo che ormai sia stato chiesto già troppo alla breve forbice temporale della quale si sta dicendo, e credo che i tempi e non solo della narrazione si siano già dilatati a dovere, addirittura giungendo a negare in un certo qual modo la veridicità dei fatti che sto narrando. Ed ecco ora che manca solo un piccolo centimetro da ricoprire alla risoluzione di tutto, quando la parte più sfacciata, presuntuosa e ambiziosa dell’unghia dell’alluce non potrà fare a meno di rivelare il suo essere avanguardia in tutti i sensi, spaccandosi, o forse soltanto filandosi, al cospetto della grande muraglia.
Focalizzo senz’altro l’attenzione sul fatto che in un primo momento il dolore che mi aspettavo di dover fronteggiare non si presenta, lasciando invece spazio a un’impercettibile infinitesima, per ora, incurvatura della parete.
L’inaspettato evento estende le sue propaggini - ribadisco: per non dilungarmi in quisquilie che comunque sia sarebbe stato opportuno non omettere - fino alla creazione di alcune sempre più lunghe e spesse e cave, fessurazioni, fenditure e squarci nel muro che rivelano in questo adesso cicatrizzato la vera e straordinaria natura dello stesso: cartapesta!

Che tutto questo possa lasciare sgomenti non credo sia strano; è che quando ci si trova là in mezzo non è facile prestare troppo occhio alla sensazione di cui sopra; la naturalezza dell’andare avanti (che quasi oramai non appare neanche più opprimente come invece lo era qualche secondo fa) distoglie ampiamente lo sguardo da ciò che un qualsiasi lettore più o meno attento potrebbe notare, portandolo magari ad approfondire alcuni punti più di altri, in soste o ripassi eccetera. Preme invece condurvi di filato alla rotula del ginocchio, o meglio alla pelle della rotula del ginocchio, che bene o male come il precedente piede, si fa spazio quasi barbaramente fra le fibre tuttora sfilacciate di questo spicchio di muro.
Fino alle braccia al petto alle mani e al capo, attraversando, e gli animaletti gioiosi che mi sembrava si muovessero nell’oscurità degli occhi sprangati, si tramutano ora in macchie colorate, tendenti al rosso, il più delle volte arancio. Ora mi domando - e senza domandarmi perché non abbiamo mai fine tali domande - mentre anche di qua pare impossibile fermarsi, se sia il caso di levare nuovamente le palpebre, se il padrone della mano liscia (che ora sento sempre più viscida, forse a causa di un probabile sudaticcio che non saprei se derivato dalla corrente situazione o da altro) l’abbia già fatto, se sia magari talmente coraggioso, o se forse non sia più difficile tenerli chiusi, voglio dire sempre gli occhi, nonostante risulti sicuramente chiaro il fatto che il paesaggio intorno è cambiato. Addirittura si leva qualche filo di brezza, che pareva aver dimenticato questo mondo fino a circa mezzo minuto fa, scompigliando - lo sento - il ciuffo di capelli che con tanto amore tengo sulla fronte.

Ebbene, tornando un po’ indietro, non so risolvermi in questo atroce dilemma, e coltivo l’idea che proseguendo su questa strada finirò per risolvermi comunque, seppure malvolentieri, poiché tale stato presuppone la conservazione di ciò che era in origine, quindi alla fin fine optando per l’oscurità. Penso che nonostante le apparenze se è trascorso tanto dall’attraversamento del muro, si tratta di un paio di secondi, o se preferite un metro e mezzo su per giù, e tutto questo non può che concludersi con una tremenda zuccata, esattamente una zuccata, di quelle che non si dimenticano per qualche settimana almeno, qualora non riserbino invece la sorpresa di un’amnesia totale.

Ma ho l’impressione di dover essere più esaustivo a proposito di tutto questo. Dovete sapere che l’andatura mia classica quando cammino, in momenti magari di tensione, o comunque mentre poca attenzione presto a come muovo le gambe, si fa sempre più curva, talmente tanto che il capo nell’attimo di maggiore spinta della pianta del piede, all’apice del passo, risulta essere la parte più avanzata di tutto il corpo, esattamente prima del ginocchio destro/sinistro, e della mano destra/sinistra, nel prolungamento del dito medio destro/sinistro, anche se bisognerebbe parlare di nocche, viste la mani che stringo nelle mie. Ed è esattamente in questo momento che si compie il tutto: la testata contro non so bene cosa... probabilmente mentre voi leggevate la “o” di “cosa”. Il fastidio si sta facendo progressivamente più forte, ma non per questo i pensieri ne risentono: riesco tuttavia a conservare barlumi di lucidità. E’ proprio grazie a tali sprazzi che non mi sono lasciato sfuggire i pochi indizi che potrebbero farmi capire in quale misterioso oggetto sono incappato. Innanzitutto il grado di durezza: non molto diverso da quello della mia fronte, e poi la geometria dell’ostacolo, certamente diversa da un qualcosa di acuminato, più simile a una superficie.

Ma non ho più tempo, sento che la pienezza dei sensi della quale ho potuto usufruire fino a ora si sta gradatamente affievolendo, inoltre, allo scontro appena descritto sono da aggiungere i due di questo preciso istante, probabilmente mentre leggevate la “s” di “questo”: fianco destro del dito medio sinistro, e soprattutto fianco sinistro del ginocchio destro, mentre un “Ahi!” si perde al vento. Non so cosa potrebbe succedere fra un paio di secondi, seppure abbia una vaga idea in proposito, non del tutto incoraggiante per dirla tutta, ma questo non importa; mi chiedo ora sulla natura di quell’esclamazione di dolore: non sono più certo di essere stato io l’artefice; forse un mio vicino, non saprei... ma ora vi devo lasciare, e me ne dolgo; sento che sta per mancarmi la memoria.

__divisore.png



Thanks for your time!


up.gif


__divisore fine.png

Sort:  

bella

Ciao voiceoff
Bellissimo, mi è venuta in mente la poesia in stile jue ju, di Li Bai. 4 versi per 5 caratteri ciascuno. Il primo impatto visivo: un muro.
In ogni declinazione un mondo

Coin Marketplace

STEEM 0.19
TRX 0.14
JST 0.030
BTC 63001.43
ETH 3365.59
USDT 1.00
SBD 2.45