Il Tramonto - Capitolo IV

Ognuno di noi ha delle fobie. Paure che non hanno un’origine definita ma che pervadono i sensi lasciandoli mortificati in un angolo recondito del nostro essere. Ed io non faccio ne facevo eccezione. Anzi!

Ad alcune avevo cercato e trovato la causa scatenante e l’origine temporale. Me lo ricordavo bene l’inganno della nonna. Un massaggio delicato con la siringa ben celata e tutto quel prepararsi che doveva essere invisibile ma che col tempo percepivo come vibrazioni nell’aria. Il massaggio col batuffolo imbevuto di alcool e quella sensazione di fresco invadente. Poi la puntura e la fibrillazione dei neuroni. L’inganno scatena la fobia. La paura che si combatte con atti di un eroismo banale incentivato da una causa che diventa una possibilità. La possibilità! Io la affrontai. Ma la causa era tutt’altro che una possibilità. Era una distrazione dal mondo alla ricerca di un sorriso effimero come lo erano quegli anni.

Ero sudato. Madido. Gocce che si gonfiavano veloci per poi scivolare rapidamente in cascate salate e fredde. Occhi negli occhi di Federica ed il braccio esile scoperto. Avevo usato la cintura e le vene erano gonfie e ben visibili. Lei aveva sciolto una polvere usando un cucchiaino e l’accendino col logo degli ACDC. Era circondato da una fiamma. La stessa che mi bruciava. La stessa che mi impediva di reagire. E forse non volevo reagire.

Quella mattina Marta non c’era sull’autobus e per la prima volta avevo lasciato il gettone sul comodino della stanza. Federica invece era sempre al suo posto, sola con la vita che le scorreva intorno.
Ci vediamo alle 5 mi aveva scritto, al vecchio mulino abbandonato.
Il vento soffia sugli anni.

La luce fioca che penetrava da una finestra coi vetri rotti mi illuminava la metà sinistra.
Il mio Yin ed il mio Yang. Definiti. Visibili.

Lei mi aiutò. Che termine eufemistico “aiutare” per quella situazione.
Fu l’inizio.
O forse fu la fine.

non credevo di essere stato violento
ma ha cominciato a tremare
mi ha guardato con lo sguardo un po' spento
non riusciva a parlare
... e adesso come facciamo
non dovevamo andare lontano ...

Silvia lo Sai – Luca Carboni – 1988