Nelle stanze della violenza - In the rooms of violence
Pressioni maligne alle meningi appiattite da questa vita di invidia latente. Frammenti di glorie ricercate invano e che si ritorcono all’unisono in un coro di fallimenti bradi a pascolare nella mia mente.
Eppure da bambino ero allegro. Spensierato come tutti i bambini nati in questa terra italica di recriminazioni ma di benessere diffuso. Ricordi vividi, infanzia di estro e di creatività. Mi piacevano gli aeroplanini di carta. Li vedevo librarsi nell’aria dopo aver avuto cura nel piegare simmetricamente le ali e alitato sulla punta. Ma il perché di quel gesto consueto prima del lancio ancora oggi non me lo so spiegare.
Libero nell’aria, pensavo. Libero e leggero. Io ero leggero, io ero libero.
Poi l’infanzia che muore portandosi via me! Il mio sorriso, il mio disincanto e mio fratello trovato morto con la siringa al braccio e un rivolo di sangue alla bocca. Lo trovai io.
Rimasi a guardarlo per un’ora prima di correre a casa. Ma non provavo dolore. Non provavo pena. La morte mi incuriosiva con la sua perversa attrazione.
Pensavo a cosa avesse sentito nell’istante del trapasso. Pensavo al freddo pesante che distruggeva da dentro l’afa di quel agosto torrido. E non piangevo.
Mi chiusi in un mutismo che i medici attribuirono al dolore, alla sofferenza che avevo provato nel vedere mio fratello morto. Ma non era così. Era voglia di morte.
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Divenni a breve ossessionato da essa. Leggevo le notizie sui giornali riguardo i crimini efferati che sconvolgevano le periferie della mia città. Periferie violente che divennero la mia giungla da esplorare. Da vivere per vivere. Rubai da un camion un apparato da radioamatore e riuscii a entrare sui canali della polizia. Dovevo nutrirmi di morte ed ero sempre presente sulle scene degli omicidi. Le pozze di sangue. Non so spiegare la sensazione. Ero come un uccello migratore che avvista uno stagno. Si. Era così. Poi non mi bastò più.
Iniziai col cane dei vicini.
Una mannaia, quella di mamma che usava per lo spezzatino. Il sangue che mi schizzava sul viso. I miei pensieri violenti, sempre più accaniti. Quel sangue era caldo, era la vita sulla mia vita. Ripulii il quartiere di tutti i randagi sia cani che gatti.
Poi, un giorno, la vidi.
Si bucava. Pensai all’inutilità di quella vita e di quanto a me invece fosse utile.
Una macchia nel mio cervello. Me la diagnosticarono, dopo una TAC, un mese prima, quando avevo dato i primi segni di quella violenza anche a casa. La sentivo premere dall’alto come un macigno.
Sussurrare all’orecchio soavemente: “prendila…prendila…prendila”.
La presi! Fu l’inizio del mio cammino insanguinato.
Era la morte la mia vita!
Adesso sono qui, io e i miei pensieri violenti. Io e questa pistola in mano pronta a fare fuoco. Estratta dalla fondina di un agente tracagnotto sulla cinquantina. Avrà dei figli a casa, moglie, forse un cane. La mia mano non trema. Non tremo. Ho cinque pistole puntate contro, ma non tremo. Trema la vita.
Ho freddo. Quelle esplosioni e il freddo che parte da bruciori.Come ustioni da ghiaccio. Ho tanto freddo. Lo sento espandersi veloce. Le mie mani sul petto libere dal peso di quell’arma che non era mia. Il mio sangue sulle mani e impresso nei miei occhi. La mia ossessione. La mia vita è adesso la mia morte.
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A cleaver, that of a mother who used for the stew. The blood splashing on my face. My violent thoughts, more and more fierce. That blood was hot, it was life on my life. I cleaned the neighborhood of all stray dogs and cats.
Then, one day, I saw her.
She took drugs in her veins She was holed up. I thought of the uselessness of that life and of what was useful to me.
A stain in my brain. They diagnosed me, after a TAC, a month before, when I had given the first signs of that violence even at home. I felt it press from above like a boulder. Whisper to the ear softly: "take it ... take it ... take it".
I took her! It was the beginning of my bloody journey.
Death It was my life!
Now I'm here, me and my violent thoughts. Me and this gun in hand ready to fire. Extracted from the holster of a fatty agent about fifty. He will have children at home, wife, maybe a dog. My hand does not tremble. I do not shiver. I have five guns pointed at, but I do not shiver. Life trembles.
I'm cold. Those explosions and the cold that starts from burns. Like ice burns. I'm so cold. I feel it expanding fast. My hands on my chest free from the weight of that weapon that was not mine. My blood on my hands and imprinted in my eyes. My obsession. My life is now my death.
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Tommaso Busiello - Il Parco della Luna - Facebook
Alcuni dei miei post precedenti
Some of my Previous Posts
MARIO
Sogno - Dream
Giro il mondo - I travel around the world
Panni stesi
Roma è sudore nella notte dei sensi
Besiktas - Istanbul
Bel racconto, come un pugno nello stomaco, intenso e disturbante.
Direi che non ti invito a bere una birra, no...ma tu continua cosi
ahahaha sono molto pacifico, non sono minimamente vicino al personaggio anche se è stato bello immaginare....
Fiuu... per fortuna i cani e i gatti sono salvi..
Bel modo di scrivere, bravo. Sulla bellezza nell'immaginarlo invece rimango un pò disorientato.
Grazie mille, ti giuro che è solo immaginario. ahahah
Bello... bello mi è piaciuto un bel po' :) Hai un bello stile, complimenti!
Grazie caro, in un anno la mia pagina su FB è arrivata a 1100 like che per una pagina di racconti e poesie non è poco.
Scrivi molto bene, le sensazioni di cui parli arrivano. Complimenti
Grazie. cerco di seguire il fiume delle parole che vengono da sole. Alle volte faccio anche fatica a metterle giù. Il pensiero va decisamente più veloce. Ho provato anche a registrare, ma non è la stessa cosa che scrivere direttamente.
Ne so qualcosa XD a volte mi trovo foglietti sparsi per Tutta casa con le mie idee. Scrivo ancora con carta e penna, e a volte ho talmente tante idee che neanche ci arrivano alla Penna :)
Comunque ho letto diversi tuoi post, scrivi bene. Chiaro, scorrevole e comprensibile.
Stupendo post , molto bello , ti faccio i miei complimenti.
grazie mille