La Bestia dagli Occhi di Ghiaccio - Romanzo | CAPITOLO 22 e CAPITOLO 23 [ITALIAN Language]

in Italy10 months ago (edited)

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Ciao!

Come spiegato in un precedente post, quello che trovi di seguito è un romanzo che scrissi alcuni anni fa e che ho deciso di revisionare negli ultimi mesi. Il titolo dell'opera è: La bestia dagli occhi di ghiaccio. La versione completa è disponibile su alcune piattaforme online in formato e-book o in cartaceo. Si tratta di un thriller ambientato in Italia, tra le pendici delle Alpi Apuane, che tocca altri generi come l'horror e il fantasy. Ci sono alcuni temi abbastanza forti, per cui consiglio la lettura a un pubblico di età adulta (over 18).

Cliccando sulla corrispondente parola in colore azzurro, puoi trovare:

il PROLOGO | il CAPITOLO 1 | il CAPITOLO 2 e il CAPITOLO 3
il CAPITOLO 4 e il CAPITOLO 5 | il CAPITOLO 6 e il CAPITOLO 7
il CAPITOLO 8 | il CAPITOLO 9 | il CAPITOLO 10 e il CAPITOLO 11
il CAPITOLO 12 | il CAPITOLO 13 | il CAPITOLO 14 | il CAPITOLO 15
il CAPITOLO 16 | il CAPITOLO 17 | il CAPITOLO 18 | il CAPITOLO 19
il CAPITOLO 20 | il CAPITOLO 21

oppure puoi proseguire nella lettura del post per trovare il CAPITOLO 22 e il CAPITOLO 23.

Buona lettura!


Copyright © 2013 Davide Simoncini
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LA BESTIA DAGLI OCCHI DI GHIACCIO

Romanzo

Proprietà letteraria riservata. È vietata la modifica, l'utilizzo e la riproduzione, in qualsiasi formato, su qualsivoglia mezzo digitale, cartaceo o di qualunque altra natura, senza il permesso esplicito dell'autore, a eccezione della personale consultazione.

Edizione Modificata e pubblicata nuovamente nel mese di Maggio 2023.

Questo romanzo è un'opera di finzione.

Il contenuto di questo romanzo è quasi interamente fittizio. Ogni riferimento (persone, luoghi, oggetti, avvenimenti, usanze, eccetera) è fittizio o casuale. Per ulteriori informazioni sarà possibile consultare la nota d'autore che verrà pubblicata dopo l'epilogo del romanzo.


CAPITOLO 22

Alcuni anni prima,
25 Giugno 1995, Col di Favilla

Jack rimase immobile davanti a quella devastazione. Daniele stava frugando in ogni dove, in cerca del tesoro o di qualche indizio che potesse indicargli dove fosse nascosto.
Lui, Jack, pensava a tutt'altro.
Avrebbe voluto tornare indietro, avrebbe voluto che quella giornata non fosse mai trascorsa.
Osservò ancora, impotente. Daniele prese il corpo di uno dei bambini. Lo trascinò per un paio di metri, spostandolo dal mobile su cui era riverso. Poi lo lanciò come un sacco di patate. La testa del piccolo sbatté contro lo spigolo di legno dei piedi del divano. Un'ulteriore ferita si aprì, lasciando uscire altro sangue.
Come se non ne fosse stato versato abbastanza.
Jack rovisto dentro di sé, mentre Daniele gli diceva: «Avanti, tirati su! Abbiamo una missione da compiere, ricordatelo.»
Avrebbe voluto rispondergli a tono. Semplicemente, non ci riuscì. Era sopraffatto dall'orrore che aveva visto avversarsi all'interno di quella casa. Per loro, il perdono non sarebbe esistito. Nessun uomo sano di mente glielo avrebbe concesso.
E Jack non l'avrebbe chiesto, mai.
In preda all'angoscia, si alzò dal pavimento. Daniele cominciò a martoriare i corpi a terra. Gli vide mettere le mani nelle ferite, nell'addome. Vide estrarre dei proiettili a mani nude dopo aver lacerato la carne in maniera indescrivibile. Capì che cosa volesse fare il suo braccio destro: voleva inquinare quella tragedia con la finzione.
Come in stato catatonico, si diresse in cucina. Muoveva gli occhi a rilento, i pensieri a malapena connessi l'uno con l'altro. Si era smarrito, sperso dentro il suo stesso corpo.
Entrando tra i fornelli e la dispensa, lasciò balenare gli occhi sulle mobilie, poi sul pavimento. Gli sembrò di scorgere qualcosa, un accenno di movimento a cui decise di non badare. Infine, le sue iridi si soffermarono sul tavolo di legno. Vide delle buste e le afferrò rapidamente.
Per un tempo che non seppe mai definire, Jack rimase in quella posizione. Gli occhi sulla carta, i pensieri altrove.

* * *

Andrea stava piangendo a dirotto.
Non muoverti. Non muoverti per nessuna ragione al mondo.
Le sue orecchie avevano ascoltato attentamente quelle parole. La sua mente le aveva memorizzate; come incise sulla pietra, indelebili nel tempo. Non avrebbe mai dimenticato quel giorno, quel momento, quella brutalità senza eguali. Quel frammento di esistenza sarebbe rimasto con lui in eterno.
Non vide niente di ciò che stava accadendo. Non lo vide perché non poteva. Però lo sentì.
Udì dei passi avvicinarsi. Passi pesanti, strascicati, di qualcuno che non stava mettendo abbastanza impegno nell'evitare di farsi sentire. Uno dopo l'altro, si mossero verso di lui con cadenza irregolare. Quando furono vicinissimi, li sentì bloccarsi.
I suoi occhi erano bagnati di lacrime, ma non era questo che gli rendeva impossibile vedere a chi appartenessero quei piedi. Non li vedeva perché Andrea non poteva vederli. Così era stato fin da quando aveva memoria. Sapeva che cosa fossero i piedi solo perché i genitori erano stati gli unici a spiegarglielo.
Chissà se l'immagine che aveva creato nella sua testa corrispondesse a verità. Chissà se i piedi fossero davvero come lui credeva. E chissà se anche le persone responsabili di quel massacro fossero come lui se le immaginava. Demoni, creature diaboliche; con facce simili a maschere terrorizzanti, oscenità create da un Dio che forse aveva commesso uno dei pochi errori in tutta la Sua esistenza.
Andrea questo non lo sapeva. E non avrebbe mai potuto saperlo, nemmeno in futuro. Ma c'era una cosa che sapeva bene, una cosa che si sarebbe ricordato per tutta la vita. La stava registrando in quel momento, proprio come con le ultime parole di sua madre.
Una zaffata di aria putrida arrivò alle sue narici. Un odore nauseabondo, acre, fastidioso. Era difficile da confondere e lui era sicuro che non lo avrebbe mai fatto.
Quell'odore sarebbe rimasto con lui, sempre e comunque. Lo avrebbe accompagnato per l'eternità, unica prova del massacro della sua famiglia.
Perché Andrea sapeva cosa stava succedendo. Conosceva fin troppo bene l'altro odore, quello del sangue. Nella sua casa, praticamente non si distingueva altro.
Udì nuovi passi.
La persona a pochi centimetri da lui si era rimessa in movimento. Ma non stava andando verso Andrea: stava lasciando la cucina.
Andrea si rassegnò all'inevitabile. Continuò a piangere, silenziosamente, cercando di trattenere i singhiozzi per non venire meno al pegno verso sua madre. Lo avrebbe fatto a lungo. Lo avrebbe fatto per tre giorni interi. Lo avrebbe fatto finché, ripresosi dal dolore, il suo stomaco non avesse brontolato in cerca di cibo.
A quel punto, completamente dimentico di quello che era accaduto, il bambino si sarebbe alzato.
Per la prima volta, il bambino avrebbe usato i suoi quattro sensi per qualcosa che non aveva mai provato in vita sua: per cacciare. Per lottare e ottenere come ricompensa la vita.
Quel giorno, non sarebbe stato il bambino ad alzarsi da sotto il tavolo; né un essere umano qualsiasi.
Quel giorno, l'avrebbe fatto un essere che le montagne non avevano mai visto in tutta la loro storia, e che per tutta la loro storia futura non avrebbero dimenticato.
La bestia dagli occhi di ghiaccio.


CAPITOLO 23

Oggi, Fociomboli

La bestia aveva aggredito qualcosa. Aveva sentito l'odore più forte, sempre più forte. Mentre azzannava, una rabbia furiosa si era impadronita del suo corpo. Una furia repressa, pronta per scatenarsi da tempo immemore, prima ancora del giorno in cui le sue orecchie avevano sentito il cinguettio degli uccellini.
Aveva fiutato l'odore del sangue e aveva capito di avere a che fare con un essere umano. Quel corpo succulento non aveva potuto che soccombere sotto i suoi morsi. La sua voglia di sentirlo martoriato era troppo forte, tanto quanto l'odore che proveniva da lui.
Infine, l'aveva lasciato.
La bestia si era resa conto che quell'odore non se n'era andato: quell'odore era più vivido che mai.
Si era spostata nella sua direzione.
Lentamente, avanzava con cautela. Ogni passo vedeva aumentare quel fetore, quel singolare accesso stampato nella sua mente.
Poi si bloccò.
Le zampe incollate al terreno, si affidò al suo fiuto per l'ennesima volta. Da lì, sentiva due odori. Uno non corrispondeva a quello che cercava. Si trovava appena davanti a lei. E lo aveva già sentito. Era stato alle soglie della foresta, quando aveva attaccato un uomo con il fetore che odiava. Quel nuovo odore non lo rammentava affatto.
Non era quello il suo obbiettivo.
Ma il secondo odore... quell'odore. Il fetore che tanto odiava.
C'era un interrogativo che aveva sempre tormentato la bestia. Una domanda a cui non aveva saputo dare una risposta.
La bestia non sapeva quando fosse nata: non se lo ricordava.
Ora, tutto divenne chiaro.
Quel fetore così intenso squarciò il velo di tenebra che oscurava la sua memoria. Un mondo nuovo si aprì, il mondo di quella prima vita che aveva lasciato da innumerevoli anni.
E la bestia ricordò. Il bambino ricordò.
Quel giorno, quel massacro. Si ricordò della cena, in procinto di cominciare dopo la consueta preghiera. Si ricordò del boato in salotto, dei passi del padre verso di esso. Poi le urla, gli sbraiti della sorellina. Tensione, poi paura, poi terrore. Un susseguirsi di emozioni in rapido degenero, una progressione tragica e ineluttabile, come se il destino fosse già stato scritto, preparato nei dettagli per eventi incastrati a forza uno dopo l'altro.
Si ricordò di frammenti di parole. Poi di nuove urla, di scoppi che non assomigliavano a niente che avesse mai ascoltato in vita sua. L'odore del sangue che si propagava. Sempre più forte, sempre più veloce, come un temporale nei giorni tiepidi.
Si ricordò di lei, sua madre, delle sue ultime parole.
Non muoverti. Non muoverti per nessuna ragione al mondo.
Si ricordò di tutto quanto, compresi gli ultimi gemiti di sua madre, sotto i deliri di un pazzo estasiato dallo sterminio della loro famiglia.
Infine, si ricordò la prima volta che aveva sentito quel fetore, così indimenticabile, marchiato a fuoco in ogni parte della memoria che possedeva, così forte da dargli uno scopo anche dopo la sua rinascita.
Così forte da fargli ricordare la sua prima vita.
Fu quell'odore a dargli una nuova forza. L'odore di chi aveva compiuto quel massacro.
Scattò in avanti, saltando il primo odore e attaccando il punto da cui proveniva quello che tanto odiava.

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