La Bestia dagli Occhi di Ghiaccio - Romanzo | CAPITOLO 4 e CAPITOLO 5 [ITALIAN Language]

in Italy11 months ago

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Ciao!

Come spiegato in un precedente post, quello che trovi di seguito è un romanzo che scrissi alcuni anni fa e che ho deciso di revisionare negli ultimi mesi. Il titolo dell'opera è: La bestia dagli occhi di ghiaccio. La versione completa è disponibile su alcune piattaforme online in formato e-book o in cartaceo. Si tratta di un thriller ambientato in Italia, tra le pendici delle Alpi Apuane, che tocca altri generi come l'horror e il fantasy. Ci sono alcuni temi abbastanza forti, per cui consiglio la lettura a un pubblico di età adulta (over 18).

Cliccando sulla corrispondente parola in colore azzurro, puoi trovare:

il PROLOGO, il CAPITOLO 1, il CAPITOLO 2 e il CAPITOLO 3

oppure puoi proseguire nella lettura del post per trovare il CAPITOLO 4 e il CAPITOLO 5.

Buona lettura!


Copyright © 2013 Davide Simoncini
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LA BESTIA DAGLI OCCHI DI GHIACCIO

Romanzo

Proprietà letteraria riservata. È vietata la modifica, l'utilizzo e la riproduzione, in qualsiasi formato, su qualsivoglia mezzo digitale, cartaceo o di qualunque altra natura, senza il permesso esplicito dell'autore, a eccezione della personale consultazione.

Edizione Modificata e pubblicata nuovamente nel mese di Maggio 2023.

Questo romanzo è un'opera di finzione.

Il contenuto di questo romanzo è quasi interamente fittizio. Ogni riferimento (persone, luoghi, oggetti, avvenimenti, usanze, eccetera) è fittizio o casuale. Per ulteriori informazioni sarà possibile consultare la nota d'autore che verrà pubblicata dopo l'epilogo del romanzo.


CAPITOLO 4

Oggi
Fociomboli

«Non so davvero come ringraziarla», borbottò Ottavio sulla soglia.
«Avanti, sbrigatevi», tagliò corto lo sconosciuto.
Ottavio lasciò entrare Linda per prima, poi si fiondò alle sue spalle, scattante come una lepre. Entrò nella penombra di un ingresso datato, con fini ragnatele a decorare il soffitto. I cardini cigolarono, rinforzando la sua ipotesi.
«Come diavolo vi è saltato in mente di venire quassù?»
L'uomo che li aveva invitati a entrare si tolse un impermeabile di nylon, gettandolo su un attaccapanni di legno malconcio. Si voltò verso di loro, lanciando uno sguardo scontroso. Portava una barba non troppo curata ad arginare gli zigomi sporgenti. Lo vide poggiare le mani sui fianchi con fare ispido.
«Dovevamo accamparci davanti al rifugio», spiegò brevemente.
«Il Del Freo? Non vi sembra il periodo sbagliato?»
«Tentar non nuoce. L'anno passato mi sono accampato addirittura verso Febbraio.»
L'uomo scosse la testa. «Potevate almeno informarvi. Le previsioni davano acqua per giorni.»
«Sembrava che ci fosse una perturbazione, ma doveva arrivare domani. Per allora ce ne saremmo andati, ovviamente.»
«In montagna il tempo è come un terno al lotto, dovreste saperlo.»
«Purtroppo ce ne siamo accorti tardi. Anzi, la ringrazio per averci offerto ospitalità.»
«Avreste fatto lo stesso.» Ottavio notò un leggero tremolio delle labbra, ma non gli diede peso. «Comunque, io sono Jack», gli disse protendendo la mano callosa. «E fammi un piacere: smettiamo di darci del lei.»
Ottavio ricambiò la cortesia, sentendo la propria mano stritolata nella presa dell'uomo. Doveva aver lavorato come manovale da qualche parte, magari in una falegnameria, considerato l'aspetto da vecchio tagliaboschi.
«Venite, vi presento gli altri miei compagni.»
Jack gli diede le spalle. Si addentrarono in un angusto corridoio, delimitato da assi di legno trapassate da chiodi rugginosi. Aloni giallognoli screziavano le pareti, probabilmente dovuti all'umidità. Percorse cinque o sei metri tenendo bassa la testa. Nonostante avesse adottato il suo stesso stratagemma, Jack sfiorava con la punta dei capelli il soffitto impolverato.
«Dobbiamo accontentarci», disse l'uomo indicando il soffitto. «È già qualcosa aver trovato un riparo. Polvere e ragnatele sono compresi nel prezzo.»
«Siamo gente di poche pretese», replicò con un sorriso.
La luce illuminò finalmente una stanza più ampia. I bagliori venivano da una solitaria lampadina che pendeva dal soffitto, trattenuta da un filo esile come uno stuzzicadenti. Coperto da nastro isolante, lo vide penzolare al loro ingresso, spostato da un tenue flusso di aria gelida.
«Signori, benvenuti nella nostra tana. Fate come se foste a casa vostra.»
Sedute intorno a un tavolo, altre cinque persone li fissavano. L'unica donna della compagnia si alzò immediatamente, andando nella loro direzione.
«È un piacere scoprire di non essere pazzi: pensavamo che non ci fosse nessuno tanto suonato da venire quassù.» La donna che aveva parlato sfoggiava un viso innocente, con capelli mossi che cadevano sulle spalle. «Io sono Sandra», si presentò calorosamente.
«Piacere, Ottavio», rispose lui. «E lei è Linda», disse indicando la compagna di avventure.
«Bene», disse Jack. «Quello là è Roberto, poi Andrea, Simone e Daniele.»
Un paio di loro alzarono la mano, dimostrando cordialità. Uno sorrise e terminò con un: «Ehilà!» L'unico a rimanere in silenzio fu il tizio dal nome Daniele. Aveva un muso lungo che metteva i brividi. Appariva quantomeno scostante. Forse non gli andava granché la nuova compagnia. Si limitò a gettargli addosso due occhi pieni di rancore represso.
«Al nostro amico Daniele piace fare l'asociale», scherzò Jack. «Non è mai stato tipo da tè e pasticcini.»
«Lo capisco», disse Ottavio. «Anch'io non sono quello che si suol dire un tipo con la battuta pronta.»
Il timbro anomalo di Daniele risuonò nella stanza. «Spero vi troviate bene.» Non serviva un traduttore per capire che le vere parole dovevano essere: Spero ve ne andiate al più presto.
«A quanto pare dovremo condividere questo posto per un po'», ammise Jack.
Ottavio rivolse uno sguardo a Linda. L'amica stava sulle sue, sembrava a disagio. Le sfiorò la spalla con la propria, cercando di rassicurarla: tentativo vano. «Allora – esordì – noi siamo venuti per una scampagnata. Voi come mai vi trovate qui?»
Jack posò una mano sul braccio, con aria disinvolta. «Niente di particolare. Volevamo passare una giornata diversa, tutto qua.»
Ottavio evitò un commento. Poco prima Jack lo aveva bonariamente rimproverato per essersi messo sulle strade di montagna con le previsioni di una tempesta in arrivo: adesso ammetteva di aver compiuto lo stesso errore. La gente è strana, pensò.
Si guardò intorno: notò diversi zaini, ma non intravide tende da campeggio. «Quindi non vivete qui», disse, anche se la sua era più un'esclamazione che una richiesta.
«Che domande stupide», s'intromise Daniele con un tono da funerale.
«Ovviamente no», anticipò Jack, prendendo in mano il discorso. Mentre lisciava il pizzetto ispido, gli lanciò uno sguardo per lui indecifrabile. «Volevamo andarcene, poi il meteo ha deciso come ha voluto. Stamani abbiamo lasciato l'auto quaggiù, poi siamo andati fino al rifugio a piedi. Di ritorno ci siamo imbattuti nelle prime gocce d'acqua. Ha iniziato a diluviare cinque minuti prima che arrivaste voi. »
«Siete stati fortunati, allora.» Era una storia che quadrava poco, ma non ci fece caso. Ottavio aveva imparato che ogni persona aveva bisogno della propria dose di privacy.
«Puoi dirlo forte», rispose Jack con un sorriso. «Abbiamo trovato questo posto per pura fortuna.»
«Questa casa?», chiese sgranando gli occhi.
«Questa catapecchia, più che altro. Comunque sì, il succo è questo. La porta era socchiusa. Fortunatamente per noi qualcuno si è dimenticato di chiudere a chiave l'uscio.»
Daniele si alzò, esitando per un istante di fronte alla finestra. Poi si allontanò, lasciando soltanto lo sciabordio degli scrosci d'acqua che si infrangevano sull'abitazione.
«Non badateci», sussurrò di nuovo Jack mentre l'amico usciva dal suo campo visivo. «Si abituerà presto.»
«Sinceramente spero di no. Vorrei uscire di qui il prima possibile», precisò Ottavio.
L'uomo con il pizzetto gli sorrise. «Non mi fraintendere. Anche io lo desidero, almeno tanto quanto te. Ma non ritengo sia possibile in così poco tempo.»
«Lo pensi?»
«Lo pensiamo», s'intromise Sandra. «Non è la prima volta che vediamo tempeste simili. Ne capitano un paio all'anno, più o meno. Nel migliore dei casi, fino a domani mattina non potremo uscire da qui. »
Ottavio si voltò verso di lei. «Nel migliore?», domandò con un tono di voce così sorpreso che perfino lui se ne stupì.
Le labbra della donna si incresparono appena in un sonnolento sorriso. Assentì con la testa, sicura delle proprie parole.
Lui deglutì. Aveva quasi paura a domandare. «E nel peggiore?», si fece infine coraggio.
«Amico mio», disse Jack, «ti rispondo con il cuore. Credimi se ti dico che non vorresti saperlo.»

* * *

Fuori imperversava la burrasca. Un fiume d'acqua si stava abbattendo sulle montagne. I vetri delle finestre scricchiolavano sotto la forza della tempesta. Le gocce grandi come pastiglie rimbalzavano senza fermarsi, palle da biliardo su un manto di verde. Le foglie stropicciate cominciavano a diventare fanghiglia. Sotto tutta quell'acqua, il loro destino era segnato. In lontananza, fulmini e saette volavano lungo il firmamento. Si facevano largo, avvicinandosi alle montagne ogni secondo di più. Quando le raggiunsero, il risultato fu orrendo.
Gli abitanti della foresta ne erano già consapevoli: per questo si erano preparati. Avevano lasciato gli alberi più grandi, sicuri che quelli sarebbero stati i bersagli prescelti per un rovinoso destino.
Mentre un nuovo lampo esplodeva sul terreno, i vetri delle rare casette vibrarono all'unisono. La forza dell'eco era troppo forte.
Non bastò questo a far placare la tempesta.
Un nuovo fulmine solcò il cielo, abbattendosi come un missile sugli alberi della montagna.
La quercia secolare non poté scansarsi. Ricevette la scarica elettrica dritta in viso, soccombendo sotto la sua terribile potenza distruttrice. Le foglie presero fuoco, seppur coperte di acqua piovana. La corteccia cedette, fragile sotto tutta quella prorompente foga devastatrice. Se avesse potuto urlare, la quercia lo avrebbe fatto. L'essenza immateriale che governava ogni cosa non le aveva tuttavia concesso questa facoltà.
Sconvolta e rassegnata, la quercia si lasciò andare. Sapeva di non poter più resistere. Era inevitabile, proprio come sempre.
E cadde.
Con un boato assordante, il legno sbatté contro il terreno fradicio. Molte pietre volarono via, sprizzando da sotto i suoi rami. E mentre nella casa la lampadina continuava a dare la fioca luce che gli serviva, le otto persone nascoste laggiù erano ignare di ciò che le attendeva.
Ora, la quercia aveva involontariamente aiutato la bestia della foresta.
La strada da cui gli uomini erano giunti lì, adesso non esisteva più.
Malgrado non lo sapessero, erano appena stati bloccati nel loro incubo peggiore.


CAPITOLO 5

Oggi,
Fociomboli

L'alba dell'umore.
Era così che qualcuno retoricamente indicava il mattino. Quando aprivi gli occhi, qualcosa nella chimica dell'organismo ti indirizzava verso l'approccio che avresti adottato per tutto il resto della giornata. Buono o cattivo umore, un dualismo che si reiterava ogni giorno da quando il primo essere umano aveva visto la luce.
Per lui, anche quella mattina non fece eccezione.
Ottavio scivolò su un lato. Aveva dormito sul pavimento, rannicchiato dentro uno dei suoi sacchi a pelo. Cercando di sollevarsi, sentì gli strati dell'involucro rimanere appiccicati a terra per l'umidità. Il tempo non doveva essere migliorato.
Acqua, tanta acqua. Persone, visi nuovi, un riparo. Quel turbinio di ricordi gli regalò un contesto.
Si guardò attorno. Il buio avvolgeva ogni cosa. Dovette aspettare che i suoi occhi si abituassero per iniziare a mettere a fuoco ciò che lo circondava, alcune sagome di esseri pensanti costretti al riparo in quella casetta a causa delle intemperie. Linda e Ottavio erano stati estremamente lieti di fare la loro conoscenza. Le presentazioni erano state precipitose e poco dettagliate, ma avevano avuto tempo di approfondire davanti a un panino e un tè freddo.
Guardò meglio attorno a sé. Due persone erano sdraiate a terra poco più in là. Una era Andrea, l'altra Roberto. I due erano l'esatto contrario. Il primo, un uomo piuttosto attraente, asciutto, con una barba nella media che gli riempiva il volto. I capelli curati incorniciavano una carnagione a metà strada tra un rosa e un bordeaux. L'altro era invece tracagnotto, con un accenno di doppio mento coperto a sprazzi da qualche pelo poco più scuro di quelli di un ragazzo appena entrato in pubertà. Di fronte a loro, un quarto sacco a pelo vuoto era stato lasciato lì, piegato alla carlona. Se la sua mente non cominciava a tirargli qualche brutto scherzo, doveva appartenere a Jack.
Si mise in piedi, scrollando le spalle per destarsi un po'. Quindi cercò di trovare la maniglia della porta che immetteva nella prima camera da letto. Aprendola, vide niente di più che un buco, occupato da due persone. Erano Linda e Sandra, l'unica donna del gruppo. Trentacinque appena raggiunti, la ragazza non era proprio il suo tipo, ma capiva che i capelli rossastri e le curve del seno sudato in bella mostra avrebbero potuto ottenere diversi sguardi compiaciuti.
L'unica cosa simile a un letto dentro quella catapecchia riposava da solo in un angolo. Una vecchia branda impolverata zeppa di ragnatele e chissà quale schifosa bestiaccia: nessuno aveva avuto il coraggio di testarlo.
Richiuse delicatamente la porta, occludendo il piccolo spiraglio di luce che filtrava al suo interno. Anche così, era la sua bussola biologica che gli faceva da Cicerone. Avanzava tastando qua e là nella speranza di non picchiare le ginocchia contro qualche spigolo. Ebbe un pizzico di soddisfazione quando incontrò il piccolo spuntone triangolare che teneva chiusi gli scuretti. Liberandolo, qualche sottile filo di luce invase il locale.
Con gli occhi, cercò Jack. Non era lì, di sicuro. Oltrepassò il suo sacco a pelo. Entrò nel corridoio che portava all'uscita. Vide che l'impermeabile sull'attaccapanni era sparito.
Era uscito?
Sarebbe stato un pazzo: fuori stava ancora diluviando. Gli scrosci d'acqua non erano gli stessi della sera prima, ma continuavano a far sentire nitidamente la propria presenza.
Una leggera delusione lo attraversò.
Ottavio aveva già programmato di andarsene da lì quella mattina. Non voleva rimanere ancora tra quelli che erano poco più che sconosciuti. Certo, a parte un tizio alto e muscoloso di nome Daniele, gli altri li avevano accolti in maniera più che discreta. Ma non era legato a loro, era solo che voleva fare quello per cui lui e Linda erano andati lì: una scampagnata.
Diavolo di un cane, imprecò nella sua testa.

* * *

Fuori dalla porta, Jack cercava di scorgere qualcosa in lontananza. Voleva capire se quella perturbazione potesse passare in fretta.
Il suo orologio da polso segnava le nove e un quarto.
L'ammasso di nuvole era gigantesco. Nere come il fumo di carbone, continuavano a gettare su di loro l'acqua presa in prestito dal mare. Non riusciva a intravedere neppure un accenno di schiarita.
I miglioramenti poteva anche scordarseli. Se ne fossero arrivati, sarebbe stato certamente da tardo pomeriggio in poi.
Dannazione, pensò scoraggiato.
Si erano recati lì per un motivo. Non potevano sprecare così il loro tempo. Come se non bastassero i grattacapi che già aveva. Non riusciva a credere a quanto potesse essere opprimente il peso che si portava addosso. Cercava solo un modo per poterne uscire, cercava un modo per poter anticipare le sue mosse.
Sospirò. L'acqua era troppo forte, i fulmini avevano colpito più volte il bosco. Era impensabile prendere l'auto e metterla in moto.
La ricerca.
Non avrebbe abbandonato i suoi piani per un po' di pioggia, ovvio. Però il dover continuare a posporre lo faceva innervosire. Aveva rimandato tanti mesi, tanti anni. Non era ancora abbastanza?
Un rumore alle sue spalle.
Scricchiolii.
Sembravano dei passi, dei passi da dentro la casa. Qualcuno doveva essersi svegliato.
Merda.
In tutta quella storia, la pioggia era il male minore.
C'era un secondo inconveniente a cui doveva far fronte.
Ficcanaso, pensò.
I due tizi che quella deficiente di Sandra aveva visto dalla finestra, rimostrando perché Jack li andasse a chiamare e gli offrisse quella casetta come riparo. Stolta credulona. La sua amica non era mai stata troppo sveglia. Da prova, il fatto che aveva creduto davvero alla storia della casa lasciata aperta da qualche vecchietto con un principio di Alzheimer. Quella casa era aperta perché era stato Jack a renderla tale. Una vecchia proprietà di famiglia, di cui lui aveva fatto scivolare le chiavi fuori dalla tasca nel momento del bisogno. Da lì sarebbe dovuto partire per la propria ricerca.
I suoi pensieri tornarono all'impellenza del momento: Linda e Ottavio.
Quei due sarebbero potuti diventare un peso. Finché fossero rimasti con loro, Jack non sarebbe stato libero di agire. Potrei farlo ugualmente, si disse. La domanda era se fosse conveniente o meno.
Aveva aspettato a lungo, troppo per i suoi gusti. Doveva attendere per avere la certezza di raggiungere il suo scopo. Questa volta sarebbe andato fino in fondo. Diamine, se lo avrebbe fatto! Avrebbe tirato fuori quel dannato tesoro.
Il suo destino era scritto, lo era sempre stato.
Ora non restava che lasciarlo avverare.

Sort:  

Quando leggo ti penso , voglio dire , sai che mi piacciono diversi eventi , circa due settimane fa ho visto diverse persone ad una fiera del libro , ero quasi convinto che molte persone preferiscono internet anche solo per trovare i riassunti dei libri , ma NO, mi sbagliavo, ho visto diverse persone che leggono e bevono caffè, alcuni addirittura chiedono agli altri che libro stanno leggendo e addirittura commentano, dicono che l'ho già letto, e così via, sono davvero contento di essermi sbagliato

Anche io faccio parte della categoria di quelli che leggono ancora libri cartacei. Utilizzo Internet per il resto del tempo e delle letture, quindi per leggere una storia mi piace cambiare un po' prospettiva e far riposare gli occhi dalla luce dello schermo. Grazie per esserti fermato sul mio post :)

You maintaining the series episode wise and that is Impressive, it make readers more curious. People who loves reading such stories will keep checking the author's new publications. That part I like most. Making people curious is indeed a great talent.

I enjoy seeing your words, they are great compliments. I try to do the best I can and hope for a good result :)
Thank you very much for stopping on my blog again!

You're always welcome my friend Davide, I always try to give honest compliments that I truly believe someone truly deserve to be praised. 💗

Thank you a lot Shohana, really a lot. Have a nice day :)

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I'm @steem.history, who is steem witness.
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