La Bestia dagli Occhi di Ghiaccio - Romanzo | CAPITOLO 12 [ITALIAN Language]

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Ciao!

Come spiegato in un precedente post, quello che trovi di seguito è un romanzo che scrissi alcuni anni fa e che ho deciso di revisionare negli ultimi mesi. Il titolo dell'opera è: La bestia dagli occhi di ghiaccio. La versione completa è disponibile su alcune piattaforme online in formato e-book o in cartaceo. Si tratta di un thriller ambientato in Italia, tra le pendici delle Alpi Apuane, che tocca altri generi come l'horror e il fantasy. Ci sono alcuni temi abbastanza forti, per cui consiglio la lettura a un pubblico di età adulta (over 18).

Cliccando sulla corrispondente parola in colore azzurro, puoi trovare:

il PROLOGO | il CAPITOLO 1 | il CAPITOLO 2 e il CAPITOLO 3
il CAPITOLO 4 e il CAPITOLO 5 | il CAPITOLO 6 e il CAPITOLO 7
il CAPITOLO 8 | il CAPITOLO 9 | il CAPITOLO 10 e il CAPITOLO 11

oppure puoi proseguire nella lettura del post per trovare il CAPITOLO 12.

Buona lettura!


Copyright © 2013 Davide Simoncini
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LA BESTIA DAGLI OCCHI DI GHIACCIO

Romanzo

Proprietà letteraria riservata. È vietata la modifica, l'utilizzo e la riproduzione, in qualsiasi formato, su qualsivoglia mezzo digitale, cartaceo o di qualunque altra natura, senza il permesso esplicito dell'autore, a eccezione della personale consultazione.

Edizione Modificata e pubblicata nuovamente nel mese di Maggio 2023.

Questo romanzo è un'opera di finzione.

Il contenuto di questo romanzo è quasi interamente fittizio. Ogni riferimento (persone, luoghi, oggetti, avvenimenti, usanze, eccetera) è fittizio o casuale. Per ulteriori informazioni sarà possibile consultare la nota d'autore che verrà pubblicata dopo l'epilogo del romanzo.


CAPITOLO 12

Gli imprevisti capitano. La vita è anche questo: tutto procede secondo il copione stabilito da un puntiglioso sceneggiatore, poi viene sconvolto dalla voce irriverente di una capricciosa new entry. Una pecca da una parte, una dall'altra, e la trama perfetta diventa come il riflesso su di un vetro polveroso.
Ma tutta quella storia era molto più di una metafora, e portava con sé molto più di una morale.
Era tutto reale.
Due dei loro compagni avevano perso la vita. Andrea, poi Roberto. Il primo strappato dalla furia di mamma orso, il secondo da una terribile fatalità. Non esistevano parole che potessero descrivere come si sentiva. Non perché provasse dolore: Jack era sempre stato in grado di controllare bene le proprie emozioni. A metterlo in agitazione era lo spesso e imprevedibile involucro di imprevisti che li aveva circondati.
Erano tornati in Garfagnana per un semplice recupero. Una volta portato a termine, se ne sarebbero andati da lì. Non doveva essere un compito difficile.
Gli eventi avevano preso invece un'altra piega. Non avrebbe mai immaginato di vedere ciò che aveva visto. Era difficile riuscire ad accettarlo.
«Sta scendendo la sera», cominciò. «Dobbiamo far scorta di legna. In tutta questa storia, l'unica cosa che dovevamo fare non l'abbiamo fatta.»
Simone lasciò la sedia. «Ha ragione. È inutile continuare a piangersi addosso. Io vado fuori a prendere un po' d'aria.»
Erano tutti seduti intorno al tavolo di legno. Sandra era rannicchiata a terra, con le gambe strette in una morsa. Osservava un punto imprecisato sul pavimento, lo sguardo perso nei propri pensieri. Lei era la cosa che più preoccupava Jack. Del gruppo, era certamente la più emotiva. In una giornata come quella, Dio solo poteva sapere come si sentisse. Aveva perso due dei suoi amici, uno dei quali stava diventando da qualche tempo persino qualcosa di più. Roberto aveva guadagnato un'altra luce agli occhi della sua vecchia amica. E adesso? Avrebbe dovuto accettare la perdita e ricostruire tutto da zero. Ci sarebbe voluto tempo, immaginava.
Anche Ottavio si alzò dalla sua sedia. «Io vado con Simone. Voglio sgranchire le gambe.»
«Lascia perdere. Andrò io con lui», disse Jack.
«No», lo sentì replicare. «Voi avete già faticato creando quella specie di...» Lo vide perdere le parole per un istante, biascicando poi una definizione che sembrava gli facesse ribrezzo. «...fossa comune. Riposatevi, vado io.»
Ci pensò un attimo. I muscoli dolenti scelsero per lui. «Ok, vai tu», assentì.
Jack e Daniele avevano dato una momentanea sepoltura ai loro amici, creando una specie di piccola fossa dove poggiare i corpi. Non erano mancati i dubbi, ma la consapevolezza di non sapere quando sarebbero usciti da quel dramma li aveva costretti a decidere. Nonostante le mille incertezze sul da farsi, adesso aveva altro a cui pensare.
Strinse i pugni davanti a sé, mentre Linda usciva dalla porta per raggiungere Ottavio e Simone. A quanto pareva, le scocciava rimanere da sola con loro.
Adesso erano rimasti in tre dentro l'abitazione: lui, Daniele e Sandra.
«Dobbiamo fare qualcosa al più presto», disse rivolgendosi all'amico. Aveva un tono da funerale, ma non poteva essere altrimenti.
«E che cosa vorresti fare?», replicò il compagno con una nota di tetro sarcasmo. «Guardaci. Siamo bloccati qui. Sembriamo topi in gabbia. Soli e ignoranti, con l'infondata speranza di poter lasciare questo cazzo di posto.»
Sempre il solito tono colorito.
«Che hai?»
«Che ho?» Daniele si alzo, scrollando la sedia come un foglio di carta. «Hai anche il coraggio di chiederlo? Ogni volta che facciamo un passo per andarcene da qui, sembra che il mondo ce l'abbia con noi. Non sono stato cresciuto per questo, non ho accettato di venire con te per morire sulle montagne.»
«Vogliamo andarcene tutti quanti.»
«Certo. Il problema è trovare il modo per farlo.»
«Sei troppo pessimista.»
«Sì, hai ragione. Siamo stati per due giorni rintanati dentro una catapecchia. Appena è stato possibile uscire, Andrea è stato massacrato dall'orso Yogi. Passa una manciata d'ore e arriva un terremoto. Un masso caduto dalla montagna accoppa Roberto come una mosca.» Gli occhi accesi di collera repressa, Daniele lo fissava dritto in faccia. «Hai ragione. Sono io a essere pessimista.»
Jack sbuffò. «Anziché piangerci addosso o incazzarci come stai facendo tu, dobbiamo trovare una maniera per fare quello che dobbiamo fare il prima possibile.»
«Già, come ho fatto a non pensarci prima? Lo sai che sei un vero genio?»
L'ironia del suo amico non lo scalfiva. «Dobbiamo solo mantenere la calma.»
«Certo. Basta questo per andarcene da qui. Mantenere la calma.» Lo vide girare su se stesso, portandosi la mano al volto e lisciandosi la barba furiosamente. «Non serve certo un cellulare per chiamare i soccorsi, o una strada sgombra da cui passare.»
Con il suo sarcasmo, Daniele aveva ragione. Le linee telefoniche erano interrotte. Non avevano nessun mezzo di comunicazione con il mondo esterno. Inizialmente non era sembrato un problema rilevante. Almeno fino all'avvento delle due tragedie. Ma non era quello il motivo per cui Jack era deciso a non abbandonare la loro attuale posizione.
«Dobbiamo rimanere comunque. Siamo venuti per qualcosa e non ce ne andremo fino a che non sarà in mano nostra.»
Daniele gli si avvicinò. Pericolosamente.
«Sai che ti dico?», disse puntandogli contro l'indice. Arrivò a qualche unghia di distanza dal suo occhio destro. «Mi sono rotto gli zebedei. Me ne infischio di te e di quel coso. Sono venuto qui per l'amicizia che avevamo un tempo, ma non sono disposto a veder crepare chi conosco e magari rischiare io stesso la vita per te. Lo avrei fatto una volta, non oggi.»
«Le cose sono cambiate molto in questi anni.»
«Già, tu invece non lo hai fatto. Sei sempre il solito coglione. Te ne sbatti le palle se i tuoi amici muoiono. Io lo so, tu lo sai.»
«Tu no, invece.» La sua non era una domanda: era semplice constatazione. Il suo amico non riusciva a vedere le cose in maniera più obiettiva.
Daniele lo fissò, allontanandosi di un passo. Sorrise. «Esattamente per questo ho detto quel che ho detto. Io lo avrei fatto, sissignore. Ma indovina un po'? Oggi le cose sono cambiate. Mi importa solo di salvare la pellaccia. Per il resto, anche tu puoi fare la stessa fine di quei due là fuori.» Si sbracciò verso la parte posteriore della casa, dove la fossa con i corpi riposava in silenzio.
Si alzò dalla sedia. Era serio, determinato a prendere una decisione.
E la prese: la verità era che l'aveva presa fin dall'inizio.
«Se stai pensando di abbandonare la nave, scordatelo. Non ce ne andremo da qui. Lo faremo soltanto dopo aver trovato ciò che cerchiamo.»
«Ciò che cerchiamo o ciò che cerchi? C'è una bella differenza.»
«Non dimenticare che anche tu gioverai dei benefici. Non ti ho certo chiesto questo favore a gratis.»
«Mi hai chiesto questo favore con l'intenzione di mollarmi due calci nel didietro. Se non ci penserà mamma orso, sarai tu a farmi la pellaccia.»
Jack scosse la testa, seccato da quella sfilza di lamentele. «Non lo farò, e lo sai. Se c'è una cosa che mi piace mantenere è la parola. E poi non morirai.»
«Come Roberto e Andrea?»
«Loro sono stati vittime di un incidente.»
«Due, per la precisione. Due incidenti diversi. A questo punto chi ci dice che filerà tutto liscio?»
Contrasse la mascella, lanciando uno sguardo determinato in direzione di Daniele. «Non ci saranno altri problemi. Puoi starne certo.» Guardò verso la porta, sperando vivamente che il suo pronostico potesse avverarsi. «Ora facciamo ciò per cui siamo venuti.»

* * *

Ottavio rovistò tra gli arbusti. Le ombre si allargavano sulla legna a macchia d'olio. Gli ultimi raggi di sole stavano sparendo dietro le montagne. L'immensa stella non era più visibile, ma arrivavano comunque gli strascichi del suo passaggio.
Sentì scricchiolare dietro di sé. Si voltò, improvvisamente allarmato. Un ciocco di legna in mano, si diresse verso la provenienza di quel rumore. Brandiva il pezzo di legno come se fosse una spada, l'unica arma in grado di proteggerlo dalle grinfie di chissà quale pericolo.
Ma non c'era nessun pericolo.
«Ehi, hai dei modi piuttosto strani di accogliere gli amici.» Linda lo aveva raggiunto. La vide avvicinarsi e chinarsi accanto a lui. «Ho pensato di venire ad aiutarti. Era la scusa buona per lasciare Jack e Daniele soli con Sandra.»
Ottavio annuì. «Hai fatto bene. Ne avrà bisogno. Quella poveretta mi fa una gran pena.»
«Non potrebbe essere altrimenti. È persa. In tutta la mia vita, ho visto solo un paio di persone in quello stato.»
Lui scosse la testa, riprendendo il compito che aveva interrotto. «Ha visto morire due persone. Uno era un amico, l'altro qualcosa di più. E per cosa, poi?» Posò un ramoscello a lato, fermandosi di nuovo. Voltandosi, osservò il volto di Linda. «E tu? Che mi dici?»
«Che ti dovrei dire?»
«Per esempio come stai.»
«Ne abbiamo già parlato. Non tira aria.»
«Invece sì.»
«E chi lo dice?», grugnì la donna.
«Lo dico io.» Afferrò le sue mani. «Adesso fermati un attimo.»
Linda si bloccò. Impiegò un secondo, poi lo guardò negli occhi, girando la testa nella sua direzione. Lo sguardo si poteva tradurre in un: che c'è? Ti ho già detto tutto. Peccato che quel volto fosse soltanto una maschera. Ottavio ne era certo, ormai la conosceva.
Continuò a guardarla per qualche secondo. Linda non poteva resistere a lungo: difatti non lo fece. Il suo volto cominciò ad ammorbidirsi, i suoi muscoli a rilassarsi, e tutti i pensieri che saettavano dentro quella testa cominciarono a emergere, lampanti sul viso di lei.
«È solo...», cominciò la donna.
«È solo?», ripeté lui.
«È solo che non pensavo di ritrovarmi in questa situazione.»
«Nemmeno io lo pensavo, Linda. Avevamo deciso per una gita in montagna e non per finire in un guaio del genere.»
«Io non intendevo questo. Non intendevo oggi. Intendevo sempre. Da sempre.»
Era confuso. La sua espressione fu un chiaro monito per l'amica, che ricominciò a spiegare.
«Non pensavo di trovarmi in questa situazione. Non solo oggi. Mai. Mai in tutta la mia vita. Sembra la stupida trama di un film, troppo orrenda per essere vera.»
«Anche quello che vediamo nei film può accadere.»
«Non sei molto rassicurante», gli fece notare.
Ottavio si fissò sui suoi occhi. Gli erano sempre piaciuti. In quel momento scintillavano e riuscivano a ripulire la giornata dal pungente odore di sangue che la pervadeva. Era in trappola, caduto nella rete del suo fascino. E la cosa terribile era quanto faticava a rendersene conto.
Quando lo fece, fu invece costretto ad alzarsi di scatto.
Linda lo fissò, stranita. «Che...»
Prima che un altro suono uscisse dalla bocca dell'amica, un grido gli obliterò le orecchie, acuto e penetrante. Proveniva parecchio più in là rispetto a dove si trovavano loro.
Allarmata, Linda si alzò, guardandosi attorno. Lui fece altrettanto, cercando di capire esattamente che cosa fossero quelle urla.
Cominciò a correre. L'erba frusciava debolmente mentre passava, ancora troppo impastata nel sottile strato di fango che faceva da collante. Mentre galoppava nella direzione delle grida, si voltò. Solo per un secondo. Linda era rimasta indietro a causa del suo scatto repentino. Non curandosene, aumentò ulteriormente il passo. Il suo istinto gli diceva così. Per qualche ragione, lui doveva arrivare prima di lei.
Impiegò quasi un minuto, poi rallentò, sicuro che il luogo che cercava si trovasse nelle vicinanze. Era tornato nei pressi della casa da dove erano partiti. Aguzzò l'udito, aspettando qualche suono, qualche accenno di vita intorno a lui. Considerato tutto quello che avevano subito finora, sperò soltanto che la vita ci fosse ancora.
Fece un passo verso destra, adagiando le spalle contro un muro di pietre. In quel momento, udì dei gemiti. Venivano da dietro la casa. Si fiondò sul posto con un balzo, il respiro affannato. Scartando il muro, vide ciò che non avrebbe voluto vedere.
Sandra era sdraiata a terra, ansante. I gemiti che aveva sentito erano i suoi. Ed erano giustificati.
La donna era stata aggredita.
Si teneva le mani strette all'addome, cercando di tappare alla bene e meglio ciò che ne rimaneva. Doveva esserci uno squarcio enorme, anche se lui non poteva vederlo per la quantità di sangue riversato sui vestiti.
Mentre si gettava su di lei, Ottavio si meravigliò che Sandra non fosse ancora svenuta. C'era più sangue fuori che dentro al suo corpo.
«Ascoltami, Sandra!», esclamò, come se lei fosse un sottoposto e lui il generale a cui doveva obbedienza. «Resisti! Non devi addormentarti, mi hai capito? Non addormentarti! Ascolta la mia voce, concentrati su di lei.» Frasi che aveva sentito dire nei film e in qualche serie tv. Si rese conto solo in quel momento quanto potessero essere utili e concrete.
Sandra allentò la presa sull'addome, mentre il mento si muoveva appena. Doveva essere un assenso, ma non era facile distinguerlo da altro. Terribilmente indebolita, faticava anche a contrarre i muscoli. La morte sarebbe arrivata presto.
La medicina era troppo amara da ingoiare così.
«Guardami Sandra! Guardami! Concentrati, concentrati!»
Le scosse le spalle. Lei socchiuse gli occhi, come se avesse di fronte un fiotto di luce solare. Si abbandonò a qualcosa a cui Ottavio non voleva pensare. Mentre rilasciava le mani, lui continuò con maggior violenza. La strattonò, incanalando la propria forza come se potesse trasmettergliela.
La sua buona volontà non servì. Era tardi. Sandra non era più una semplice persona addormentata: Sandra era morta.
Ottavio lo capì subito e si rassegnò. Smise di effettuare quelle rocambolesche manovre e abbassò la testa sul suo petto. Non sentì nessun accenno di rumore, a testimonianza dell'ormai definitiva dipartita.
Si alzò. Le mani inzuppate di sangue gocciolavano a terra.
Un'altra aggressione. Un'immensa ferita come quella poteva essere stata causata soltanto dalla stessa cosa che aveva aggredito Andrea.
Il suo cervello recuperò una parvenza di lucidità, abbastanza da capire che cosa dovesse evitare: a tutti i costi. Lei non lo avrebbe sopportato.
Quando si voltò, fu troppo tardi per la seconda volta in pochi secondi.
Linda si trovava a tre metri, in piedi. Questo prima che vedesse il terreno reso fertile dal sangue di Sandra. Le sue ginocchia sussultarono pericolosamente, facendola crollare. Il suo volto si dipinse di una miscela di emozioni tra le quali due erano facilmente distinguibili.
Terrore. Disgusto.
Il resto era disperazione per una storia dell'orrore che sembrava non voler finire.
Avevano fatto un salto a pie' pari all'Inferno. Il problema era capire come uscirne.
Mentre si accingeva a raggiungere la sua amica per consolarla, Ottavio fu catturato da un riflesso. Non era attento ai particolari in quella situazione, per cui non seppe che cosa glielo avesse suggerito. I suoi occhi scivolarono quasi per caso sui bordi limitrofi, soffermandosi un istante oltre le spalle di Linda.
Vide qualcosa.
Una massiccia figura indistinta. Due occhi vitrei fissavano lui e la sua amica.
Ebbe un tuffo dentro, consapevole che quella poteva essere la loro fine.
Poi, mentre il suo cuore rispondeva al getto di adrenalina riversato nel torrente sanguigno, la sua mente registrò il fatto che più si augurava in quella situazione.
Gli occhi vitrei se ne andarono, sparendo nel fitto bosco.
Loro rimasero soli, a piangere un nuovo morto.

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