La Bestia dagli Occhi di Ghiaccio - Romanzo | CAPITOLO 17 [ITALIAN Language]

in Italy11 months ago

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Ciao!

Come spiegato in un precedente post, quello che trovi di seguito è un romanzo che scrissi alcuni anni fa e che ho deciso di revisionare negli ultimi mesi. Il titolo dell'opera è: La bestia dagli occhi di ghiaccio. La versione completa è disponibile su alcune piattaforme online in formato e-book o in cartaceo. Si tratta di un thriller ambientato in Italia, tra le pendici delle Alpi Apuane, che tocca altri generi come l'horror e il fantasy. Ci sono alcuni temi abbastanza forti, per cui consiglio la lettura a un pubblico di età adulta (over 18).

Cliccando sulla corrispondente parola in colore azzurro, puoi trovare:

il PROLOGO | il CAPITOLO 1 | il CAPITOLO 2 e il CAPITOLO 3
il CAPITOLO 4 e il CAPITOLO 5 | il CAPITOLO 6 e il CAPITOLO 7
il CAPITOLO 8 | il CAPITOLO 9 | il CAPITOLO 10 e il CAPITOLO 11
il CAPITOLO 12 | il CAPITOLO 13 | il CAPITOLO 14 | il CAPITOLO 15
il CAPITOLO 16

oppure puoi proseguire nella lettura del post per trovare il CAPITOLO 17.

Buona lettura!


Copyright © 2013 Davide Simoncini
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LA BESTIA DAGLI OCCHI DI GHIACCIO

Romanzo

Proprietà letteraria riservata. È vietata la modifica, l'utilizzo e la riproduzione, in qualsiasi formato, su qualsivoglia mezzo digitale, cartaceo o di qualunque altra natura, senza il permesso esplicito dell'autore, a eccezione della personale consultazione.

Edizione Modificata e pubblicata nuovamente nel mese di Maggio 2023.

Questo romanzo è un'opera di finzione.

Il contenuto di questo romanzo è quasi interamente fittizio. Ogni riferimento (persone, luoghi, oggetti, avvenimenti, usanze, eccetera) è fittizio o casuale. Per ulteriori informazioni sarà possibile consultare la nota d'autore che verrà pubblicata dopo l'epilogo del romanzo.


CAPITOLO 17

Oggi, Fociomboli e Col di Favilla

Quando Jack arrivò, Daniele osservava Linda dallo spiraglio tra lo stipite e la porta. Distesa sul letto disfatto, la ragazza fissava un punto imprecisato fuori dalla minuscola finestra. Immaginava che stesse cercando un senso a quello che aveva visto. Erano stati risucchiati nella tana del diavolo e non sapevano ancora come poterne uscire.
Lasciò andare la porta e fece cenno all'amico di seguirlo. Attraversarono il claustrofobico corridoio affogato nella penombra. Quando raggiunse l'esterno, raggi luminosi schizzarono sul suo volto, accecandolo per un istante.
«Dannazione», esordì rabbioso.
Il suo amico andò subito al sodo. «Com'è andata la tua ricerca?»
Jack scosse la testa. «Piuttosto male. Ho guardato davanti all'altare come stava scritto su quelle carte.»
«E?»
«E qualcuno ha fatto il furbo. Il nascondiglio era vuoto.» Sputò a terra, inferocito. «Potrebbero averci ingannato. Forse la lettera che abbiamo ritrovato era una falsa pista.»
«Non può essere! Deve esserci qualcosa.»
«No, non c'è.»
«Hai controllato bene?»
«Sono quindici centimetri di spazio vuoto. Secondo te sono cretino?»
Daniele moderò i toni, cercando di allentare la tensione. Strano, per uno con il suo carattere. «Quella lettera era vera», disse determinato. «Non era una presa in giro. Deve esserci qualche altra spiegazione.»
«E qui veniamo alla seconda ipotesi.» Daniele fissò Jack con ansia, in attesa di un suggerimento. «Qualcuno potrebbe aver prelevato il bottino al posto nostro.»
«Sai che cosa significa questo, non è vero?», gli chiese con uno sguardo tagliente.
«Mi credi un pivellino? Certo che lo so.» Jack inclinò la mano, spostandola sullo sterno in un gesto simbolico che Daniele conosceva bene. «Significa che siamo nella merda fino al collo.»

* * *

Ottavio fissò l'uomo di fronte a sé. Un anziano signore. Tirando a indovinare, oltre i settantanni. Qualche sporadico capello bianco faceva da titolo di coda a una capigliatura ormai inesistente. Un netto solco delimitava le labbra dalle guance scavate. Da una prima impressione, non sembrava avere una bella cera. Eppure la voce usciva con un ritmo melodioso, inconsueto per ciò che quelle apparenze davano a vedere.
«Allora? Sto aspettando una spiegazione», lo incalzò.
Ottavio notò soltanto in quel momento come fosse vestito. Una camicia coperta da una specie di giacca scura, visibile solo grazie allo spazio lasciato dalla collottola bianca.
Il vecchio aveva parlato di sua proprietà.
Quei vestiti li conosceva bene: un abito talare.
«Lei è un sacerdote!», esclamò mettendo assieme l'ovvio.
«Di certo non sono Gesù bambino, mio caro ragazzo. La cometa è già passata da diverse lune sopra la mia testa. I miei zigomi raggrinziti si notano abbastanza, non crede anche lei?»
«Mi scusi. Stavo ammirando la chiesa.»
«Oh, questo l'ho notato. E mi auguro con tutto il cuore che la sua fede sia pari alla sua voglia di ammirare il calvario del Signore, visto che per lodarlo ha persino scassinato la serratura della mia chiesa.»
Ottavio rimase spiazzato. «Non ho scassinato nulla, padre.»
«Invece sì. Questo è un luogo sacro. Sacro e privato. Lo riapro al pubblico soltanto in occasione della festa che celebriamo a Luglio. Il resto dell'anno rimane chiuso. Io torno di rado, per accertarmi che sia tutto in ordine o per altre rarissime ricorrenze.»
«Non so che cosa dirle. Sono qui assieme ad altri miei compagni. Uno di loro era entrato per cercare un attrezzo o qualcosa del genere.»
«E lo cercate in una chiesa?»
«È quello che gli ho domandato anche io. Ma mi è stato detto che un tempo il sacerdote di allora era solito lasciare i suoi attrezzi in un anfratto scavato nel muro.»
L'anziano signore si fece improvvisamente serio. Lo guardò dritto in faccia, l'espressione torva di un avvoltoio stampata sulle labbra.
«Come fa a sapere queste cose?»
«Perché me lo chiede?»
Il prete rispose con un gesto preciso. Sbatté ripetutamente l'indice sul proprio petto.
«Perché quel sacerdote ero io.»

* * *

Daniele non sapeva che pesci pigliare: glielo si leggeva in faccia.
«Allora», disse Jack. «Vediamo di mettere in moto il cervello.»
«Questo è compito tuo», precisò Daniele.
Già, quello era compito suo. Peccato non avere la più pallida idea di come ribaltare quella situazione.
«So soltanto che dobbiamo andarcene da qui il prima possibile. E so che prima ancora è necessario trovare ciò per cui siamo venuti.»
«Certo. Il problema resta dove cercarlo.» Daniele lo guardava sfiduciato. «Non rimarrò qui fino a domani mattina, Jack. Non sono così stupido da voler morire.»
Jack sapeva di non poterlo supplicare e non poteva neppure cercare di tranquillizzarlo. Aveva visto quella cosa, quella bestia tremenda. Non c'era modo di poterla combattere. Una volta colti alla sprovvista, non avrebbero avuto possibilità. E il lato più terribile era che la bestia attaccava solo quando nessuno se lo aspettava. Anche se fossero rimasti all'erta, dubitava di poterla avvistare prima di avere già il suo fiato sul collo.
«Dobbiamo ritornare alla chiesa», annunciò. «Immediatamente. Dobbiamo cercare ancora e lasciare questo posto.»
«Mi hai appena detto che in chiesa non c'è nulla», recriminò Daniele.
«Ti ho appena detto che non c'è nulla dove immaginavamo che fosse», puntualizzò Jack. «Il resto della chiesa è tutto da scoprire.»
Daniele si mostrò poco convinto. «Devo essere io a spiegarti che questo non ha senso?»
No, non doveva farlo. Jack aveva ben chiaro quel lato della vicenda.
«So che può sembrare una contraddizione. Se qualcuno ha preso quello che cerchiamo, di certo se lo è portato appresso. Il fatto è che possiamo almeno trovare un indizio, scoprire chi lo ha preso.»
Daniele scosse il capo. «Pensi che chiunque l'abbia preso sia stato così vanitoso da lasciare una lettera e un pacchetto regalo?», domandò sarcastico.
Jack si lisciò la barba. «No, ma non so che altro dirti.»
«Per esempio che avresti potuto guardare meglio.»
«Non potevo.»
«E perché?»
«Perché è arrivato Ottavio.»
Daniele si avvicinò. Gli posò una mano sulla spalla. «Alla fine dovrai darmi ragione. Anche se non è stato lui a uccidere i nostri compagni, quell'uomo è un ficcanaso. Avremmo dovuto farlo fuori quando ne avevamo l'opportunità.»
Era la verità. Sapeva quanto Daniele avesse ragione.
Ma quello era il male minore.
«Andiamo.»
Jack avrebbe presto ovviato al problema.

* * *

Ottavio fissò l'anziano, per metà sbigottito.
«Dice sul serio?»
«Che motivo avrei per prenderla in giro?»
«Ma allora lei conosce di sicuro anche quelli che sono qui con me.»
Il sacerdote annuì. «È ciò che sto pensando anche io. Anzi, sono curioso di rivedere chi ha avuto il coraggio di tornare quassù dopo tanto tempo. Specialmente in un periodo dell'anno come questo.»
«Magari nostalgia di casa.»
«Oh, caro ragazzo. La sua ingenuità è commovente.»
Sentirselo dire da un vecchio come quello non era rincuorante. A vederlo così, il prete sembrava sull'orlo di un Alzheimer conclamato, ma un paio di occhi scintillanti tradivano una mente vigile e pimpante.
«Le assicuro – continuò – che se mai qualcuno è ritornato quassù nel modo che lei mi ha descritto, può essere tutto tranne che nostalgia di casa.»
«In realtà mi hanno detto di essere venuti per una scampagnata. Non so di più. Non ho voluto indagare sui fatti loro.»
Il prete lo passò in rassegna con lo sguardo, come se stesse cercando di capire chi fosse Ottavio. Probabilmente stava decidendo se lo avesse mai conosciuto nel corso della vita e se meritasse la sua fiducia.
«Però lei non è di qua. E per di più parla in un modo un po' troppo generico.»
«Scusi?»
«Da quanto conosce i tipi con cui si trova qui?»
«Da una manciata di giorni. Sono rimasto bloccato in questo posto assieme a un'amica a causa della tempesta. Loro si trovavano già quassù quando sono arrivato.»
«Capisco. Un incontro fortuito. Difatti non mi sembrava un viso conosciuto.» Il sacerdote avanzò verso l'altare, dandogli le spalle. Incrociò le braccia, fermandosi di fronte al tabernacolo. «E come mai non se n'è andato? La tempesta è finita da più di un giorno, eppure siete ancora qui.»
«Mi sembra un interrogatorio, il suo», fece notare Ottavio.
Il sacerdote si voltò, aprendo le labbra in un sorriso e inclinando leggermente la testa. «Sa, mi sembra lecito dopo la sua violazione di proprietà.»
Ottavio cominciava a sentire il peso degli avvenimenti. Per scacciare qualsiasi dubbio dalla mente del sacerdote, avrebbe dovuto raccontargli tutta la storia. Ma una volta terminato? La vicenda in cui erano stati ingoiati sarebbe apparsa come la farneticazione di un pazzo. Rischiava di peggiorare la sua situazione, anziché conquistarsi la fiducia del vecchio.
Sospirò. Al diavolo quegli scrupoli. Avevano bisogno di tutto l'aiuto possibile, anche a costo di non ottenerlo.
Si rimise al suo istinto. «Siamo stati aggrediti.»
Il prete sbarrò gli occhi. «Aggrediti da chi?»
«Se glielo dicessi, lei non mi crederebbe.»
«Ho imparato a credere in ciò che non vedo, percependone soltanto la presenza. Farò lo stesso anche in questo caso.»
Nonostante non ne fosse convinto, Ottavio optò comunque per la verità. «È stato un animale, una bestia enorme. Non so che cosa sia o a che specie appartenga. Non lo sanno nemmeno le persone che sono con me.» Esitò per un momento. «E neppure quelle che lo erano fino a poco fa.»
L'anziano fece due passi verso di lui. «Sta dicendo che...?»
«Sì, qualcuno è stato ucciso. Stavamo cercando una pala per questo motivo. Volevamo ampliare la fossa per l'ultimo cadavere.»
«L'ultimo
Sentì un nodo alla gola, nonostante gli amici morti non fossero i suoi. Cercò di reprimerlo. Non era il momento, era necessario tenere duro.
Ancora.
«Sono morte quattro persone. Una per un incidente. Due giorni fa c'è stata una frana.»
Il sacerdote era pallido. Annuì comunque. «Giù a Isola Santa abbiamo avuto degli smottamenti lungo la diga, e altri ne ho trovati stamani su per il sentiero che conduce a Col di Favilla.»
«Uno dei quattro è stato colpito mentre cercavamo un modo per andarcene. Ma gli altri tre...»
A capo chino, le parole non gli uscirono. Fu il vecchio a terminare il discorso. «A loro ha pensato quella bestia.»
Annuì. Poi alzò la testa. Il vecchio sembrava accondiscendente. Manteneva una gelida calma, tale da inquietare anche Ottavio.
«Non sembra sorpreso. È perché mi crede o perché mi reputa troppo pazzo per essere ascoltato?»
Il vecchio accennò un altro quasi invisibile sorriso. «Ammetto che chiunque trovi un presunto furfante e senta questa storia, le darebbe del bugiardo.» Una pausa. «Ma chiunque altro, non me. Io le credo, mio caro ragazzo. Il suo volto non mi dice niente di male.»
Non sapeva se doversi sentire lusingato o preoccupato da quell'indifferenza. «Perché?», domandò.
«Non riesco a sorprendermi perché non è la prima volta che muoiono tante persone, tutte in una volta.»
Aveva sentito bene?
Mantenne un riservato silenzio: voleva capire che cosa intendesse il sacerdote. Alla fine, il vecchio lo accontentò.
«Quando questo villaggio era ancora abitato, c'è stato un evento che faccio enorme fatica a raccontare. È stata una delle esperienze più brutte a cui mi sia mai stato imposto di partecipare. Una famiglia intera è stata sterminata. Sono stato io a presiedere il funerale. Durante la celebrazione ho avuto persino un momento di crisi.»
«Posso comprendere.»
«Ne dubito fortemente», lo riprese con uno sguardo torvo. «Conoscevo bene il capofamiglia. Il suo nome era Santo, un uomo dedito al lavoro e alla propria famiglia. In vita mia, ho incontrato poche persone come lui. Davvero poche. Era più di un semplice amico: era un uomo straordinario.»
«Che cos'è successo? Sempre se posso chiedere», si affrettò ad aggiungere.
Il sacerdote voltò la testa di lato, accennando una scrollata di spalle. «Il punto è proprio questo. Nessuno lo sa. Una famiglia intera. Sette persone. Tutte massacrate», enfatizzò. «E nessuno che abbia saputo dare un briciolo di risposta. Furono trucidati, dal primo all'ultimo. Anche in quel caso si incolpò del fatto un animale. Non si pensava possibile che fosse stato un essere umano a compiere quello scempio.»
«Quella che mi sta descrivendo è una strage vera e propria. Sarebbe dovuta uscire su tutti i giornali.»
Il prete riportò lo sguardo su di lui. Ottavio sentì un brivido, e non per il freddo.
«L'evento non venne alla luce immediatamente. Quando lo scoprimmo, dovevano essere trascorsi già diversi giorni. Col di Favilla era davvero poco frequentato, nessuno avrebbe potuto accorgersene prima. Le autorità locali cercarono prove che non riuscirono a trovare e archiviarono l'indagine in men che non si dica. A mio avviso, insabbiarono un po' la cosa, come se fosse la routine, come se avessimo tutti assistito a un furto di galline. I giornali parlarono dell'accaduto come di una tragedia frutto dei pericoli della natura. Una bestia feroce che aveva rivoltato un'abitazione ed era fuggita senza lasciare traccia. Ammetto che ho dubitato per anni delle loro scelte comunicative.»
«In che senso?»
«Oggi comincio a capire tante cose, ma finora non credevo a una parola di quello che è stato scritto nei rapporti.»
«E in che cosa credeva?»
«Nel mio istinto, come sempre.» Il sacerdote indicò la porta all'ingresso. «Ero certo che fosse l'opera di qualcuno che varcava quella porta ogni domenica.»
«Sta dicendo che non pensava a un'aggressione casuale?»
«Esattamente questo. Pensavo che non fosse accaduto per l'aggressione di un animale. Pensavo che fosse stato un uomo.»

* * *

Jack si guardò intorno un'ultima volta.
«Smettila di fare una sosta ogni tre per due», lo esortò Daniele.
«C'è un motivo se lo faccio. Capisco che tu non riesca a vederlo, ma almeno smettila di scocciarmi.»
«E quale sarebbe il motivo, di cortesia?»
Jack si voltò. Gli lanciò un'occhiataccia. «Ottavio, tanto per dirne uno.»
Non sapevano dove fosse. Lo aveva lasciato all'interno della chiesa, da solo. Dubitava di trovarlo ancora lì, ma non aveva scorto la sua sagoma da nessun'altra parte. Jack sapeva di dover celare la propria presenza o quella di Daniele, in particolare a quei due ficcanaso rimasti come unici compagni di viaggio.
«Speriamo sia caduto dentro una fossa e ci sia rimasto», si augurò il suo amico. «Ci toglierebbe un bel grattacapo.»
Jack ricominciò a camminare. In pochi passi raggiunsero il perimetro esterno della chiesa. Affiancò le pareti incrostate e le percorse verso la facciata anteriore.
Se Ottavio non era da nessuna parte, doveva considerare l'ipotesi che fosse rimasto là dentro.
Quello sarebbe stato l'ennesimo problema.
«Fai piano», bisbigliò a Daniele. Il suo tono dava più l'impressione di un ordine che di un suggerimento.
Svoltando l'angolo, ritrovò l'ingresso di fronte a sé. Bloccò Daniele con un braccio, prima che uscisse allo scoperto e li facesse scoprire. Il portone era ancora spalancato. Con un cenno intimò all'amico di fare silenzio.
Proseguì verso l'entrata, acquattandosi sul muro. Si fermò un centimetro prima del piedritto che dava sulla soglia d'ingresso. Quindi udì una voce.
Ottavio? No, non era la sua.
Quindi sentì una seconda voce. Quello era Ottavio.
Poi di nuovo la voce che aveva sentito all'inizio.
Voltandosi, vide che Daniele gli lanciava espressioni interrogative. Lui scosse il capo.
Non sapeva con chi stesse parlando Ottavio, però doveva scoprirlo.
Lentamente, sporse una piccola porzione della sua chioma oltre il battente aperto. Vide prima le panche sulla destra, poi la navata centrale più ampia. Infine, la figura di Ottavio, in piedi in mezzo alla chiesa.
Davanti al guastafeste, la sagoma di un altro uomo gli dava le spalle.
Poi quelle spalle iniziarono a ruotare.
Lui si ritrasse. Nel farlo, scorse per un istante quel volto.
Daniele lo tirò per un braccio. Mosse le labbra al ritmo di un: Chi c'è?
I lineamenti di un viso nascosto nel suo passato ritornarono alla memoria. Comprese subito di aver già visto quell'uomo e impiegò poco più di un istante per capire chi fosse.
Jack non pensava di rivedere quella persona. L'ultima volta lo aveva fatto venti anni prima. Da allora, l'aveva quasi dimenticato. Quasi, considerato che la sua mente era stata in grado di collegare subito il suo volto a quello di un più giovane sacerdote vestito di bianco.
Fece segno a Daniele di andarsene. Poi partì di gran carriera, allontanandosi rapidamente dall'entrata e dalla chiesa.
Una dozzina di secondi più tardi, sentì qualcuno tirarlo per un braccio.
«Allora?», domandò Daniele con la mano ancora posata sul suo gomito. «Con chi stava parlando, Ottavio?»
Jack fissò l'amico. «Una persona che non avrei mai pensato d'incontrare ancora.»
Daniele aspettò. Poi si decise con un: «Avanti! Chi?»
Jack lanciò uno sguardo verso la chiesa. «Don Luca ha deciso di fare una capatina in paese, a quanto pare.»

* * *

Ottavio rimase spiazzato da quella rivelazione.
Non era la prima volta che qualcuno moriva a Col di Favilla. Poteva non essere la prima volta che la bestia attaccava. Ma i sospetti del sacerdote erano ricaduti su qualcos'altro.
«Quindi», ripeté per mettere in ordine le idee, «lei era convinto che potesse essere stato un uomo a uccidere i membri di quella famiglia. Ma adesso ha cambiato idea, prendendo per buona l'ipotesi che possa essere stata questa fantomatica bestia.»
«Lo trovo più che altro plausibile. Per ora l'avete vista soltanto voi. Per quanto voglia crederle, non potrò farlo del tutto fino a quando non saprò per certo della vostra buona fede.»
«Su questo posso garantire.»
«La sua garanzia è quella che conta meno, in queste circostanze.»
Il sacerdote fece nuovamente un passo avanti, dirigendosi verso l'altare. Ottavio vide una ruga increspare la sua fronte. Lo sguardo corrucciato, il prete si chinò a terra, all'altezza del tappeto posto davanti al tabernacolo. Lo vide sollevare il margine di tessuto. Con una spinta, la polvere volò in aria. Posandosi a mezzo metro di distanza, l'orlo formò un movimento fluente, come un'onda.
«Non è possibile», si lasciò sfuggire il sacerdote.
«Che cosa?» Ottavio si avvicinò. Da sopra le spalle del vecchio, intravide uno spazio rettangolare, diverso da tutte le altre piastre che formavano il pavimento. Era un rettangolo di legno opaco. Incredibilmente pulito, a differenza del pavimento circostante. Come se qualcuno lo avesse spolverato da poco.
«Che cos'è?», domandò alla volta del sacerdote.
«Non si nota? È una botola.»
«Perché la cosa la preoccupa?»
«Perché è una botola che non doveva essere aperta. Invece qualcuno l'ha fatto.»
Ottavio non capiva. «Mi può spiegare perché quella botola è tanto importante?»
Il sacerdote si alzò, sfregandosi le mani. «Qui dentro erano raccolte alcune lettere di un vecchio amico. È quello stesso capofamiglia di cui le ho parlato, quello che è morto nell'incidente di vent'anni fa.»
«Allora qualcuno le ha prese.»
«Qualcuno lo ha fatto, sì. Io stesso, circa venti anni fa.»
Non capiva che cosa stesse succedendo. Il sacerdote lo notò.
«Vede, c'è una lunga storia dietro questa botola e la cosa importante è che nessuno doveva conoscerne l'esistenza, men che meno frugarci dentro.»
«Chi potrebbe saperlo?»
«Di certo la stessa persona che è stata qui prima di me poco tempo fa. La polvere è stata rimossa da pochissimo, si vede chiaramente.»
Capì all'istante dove l'uomo di Cristo volesse andare a parare. «Non lo pensi nemmeno.»
«Come le ho già spiegato, lei non ha l'aria del bravo di Don Rodrigo. Come ha detto che si chiamano i tizi con cui è venuto qui?»
«Non l'ho detto.»
«Adesso è il momento giusto per farlo.»
Ottavio decise di cedere senza ribattere. «Oltre alla mia amica Linda, i due rimasti sono Jack e Daniele.»
Gli occhi del sacerdote si illuminarono.
«Si ricorda di loro?»
«Io mi ricordo sempre dei miei figli. Anche dei figliol prodighi. Ci hanno lasciati venti anni or sono, con la scusa di un lavoro. Quelli sì che sono tipi misteriosi.»
«Non sembrano brutti ceffi, però.»
«A volte la vita riserva delle sorprese. È meglio che lo impari il prima possibile, mio caro ragazzo.»
«Avanti! Non possono essere stati loro», sbottò lui.
«Forse no, ma qualcosa mi dice che hanno a che fare con questa storia. Jack e Daniele erano poco più che ragazzi quando lasciarono questa zona. Le loro famiglie si erano disfatte, loro avevano una casa qui e si spostavano per lavoretti saltuari giù a Castelnuovo. Subito dopo la tragedia, ci abbandonarono definitivamente e da lì non li ho mai più rivisti. Per di più partirono senza nemmeno scendere a Isola Santa.»
«Avrebbero dovuto?»
«Sì, avrebbero dovuto. È laggiù che abbiamo seppellito i membri di quella famiglia.»
Ottavio annuì. «Capisco, quei sette di cui parlava prima.»
Il prete mosse il mento in segno di assenso, poi si corresse. «Per essere precisi, i corpi erano sei.»
Un istante: in quella frazione di tempo ebbe l'impressione di aver capito male. Poi intuì che qualcosa non quadrava. «Mi scusi, non ha detto che in quella famiglia c'erano sette persone?»
«Sì. Il problema è che uno di loro non venne mai ritrovato. Era il figlio più piccolo, poco più di un infante. Era un bravo bambino, veniva con la madre ad assistere alle mie celebrazioni.» Il sacerdote si bloccò un momento, turbato. Si morse le labbra. «Il Signore deve perdonarmi questo gioco di parole. Dire che quel bambino assisteva alle mie Messe è quasi una bestemmia.»
Ottavio corrugò la fronte. «Perché?»
Il prete lo fissò, rammaricato.
«Perché quel bambino era cieco.»

* * *

Daniele varcò l'ingresso della catapecchia. Davanti a lui, Jack faceva strada. Le sue orecchie fumavano ancora dalla rabbia.
«Non te la prendere, possiamo ancora farcela.»
«Il tuo tentativo di sdrammatizzare è a dir poco patetico.»
Sapeva quanto il compagno avesse ragione. D'altra parte, cercare di migliorare il suo umore era l'unica cosa che potesse fare.
«Che cosa facciamo, adesso?»
Mentre lo chiedeva, entrambi entrarono nel salottino. Daniele si sedette e lui lo imitò, brandendo la sedia alla stregua di un'arma. «Sto pensando, d'accordo?», rispose scontroso. «Le cose si sono messe peggio di quanto potessi immaginare.»
«Sai che dobbiamo andarcene», lo incalzò. «Non rimarrò qui un'altra notte. Voglio che sia chiaro.»
«Ti ho già detto che non ne ho la minima intenzione.»
Daniele annuì. «Non per ora. Sappiamo entrambi che se non riuscirai nel tuo intento, stasera vorrai prolungare la tua vacanza quassù.»
Quelli erano i classici atteggiamenti di Jack. Ne era cosciente.
«Se vuoi davvero andartene, perché non pensi anche tu a un modo per uscire da questa situazione?», gli disse.
«Perché sinceramente dubito che ce ne sia uno. Non abbiamo la più pallida idea di dove possa trovarsi ciò che cerchiamo. E non abbiamo la più pallida idea del pretesto con il quale liberarci di Ottavio. Oltre al vecchio don Luca appena arrivato.»
«Per questo servono delle nuove idee.»
«Non servono idee. Serve cogliere l'occasione.»
Mentre tra loro calava un silenzio carico di pensieri, un gemito catturò l'attenzione di Daniele. Guardandosi intorno per capire da dove provenisse, Jack si mise all'erta.
Scrutò attentamente intorno a lui prima di capire che cosa fosse stato.
La bestia?
No. La risposta arrivò con un secondo gemito. Proveniva dalla camera.
Era Linda.
Jack si alzò dalla sedia, gli occhi scintillanti. «Hai parlato di pretesto utile, vero?»
Daniele assentì con un cenno.
«Allora penso di averne trovato uno.»
«Che hai intenzione di fare?»
Jack fece un passo avanti, abbassando la maniglia della camera. Lo guardò sorridendo.
«Voglio cogliere l'occasione.»

* * *

«Hanno subito una disgrazia dopo l'altra. È terribile.»
Il sacerdote annuì.
Ottavio indicò a terra, verso la botola. «Mi ha detto che ha una certa importanza, ma non mi ha ancora raccontato il perché di tutta questa considerazione. Che cosa dicevano le lettere del suo amico Santo? Che cosa contenevano di così importante?»
Il prete lo guardò per un momento. Stava decidendo fino a che punto fidarsi di lui.
A quanto capì, optò per fino in fondo.
«Erano delle indicazioni.»
«Indicazioni per cosa?»
«Indicazioni per un tesoro.»
Se la situazione non fosse stata critica fino a quel punto, Ottavio avrebbe sghignazzato in faccia al vecchio. Dove diavolo era finito? In un film dell'orrore? O forse in una fiaba piuttosto tetra?
«Sta dicendo che su quelle lettere c'erano le indicazioni per una... caccia al tesoro
«No, c'erano le indicazioni per trovare il tesoro. L'amico di cui le ho parlato, seguendo piste su piste, alla fine era riuscito a scovare il suo nascondiglio. Le lettere sono semplicemente degli scritti con cui persone vissute molto tempo prima di noi hanno voluto sincerarsi che qualcuno potesse ricordare dove si trovasse la fortuna che avevano nascosto. Io non ero in possesso delle copie originali, ma lui sì. Mi lasciò poi delle lettere scritte di suo pugno in cui mi raccontava tutto, comprese le indicazioni per raggiungerlo.»
«Allora non capisco. Perché scriverlo su una lettera? Poteva benissimo disseppellire il tesoro lui stesso.»
Quella storia non aveva molto senso. Era fuori da qualsiasi logica.
«Lo avrebbe fatto più che volentieri. Fino a poco tempo prima, almeno. Poi successe qualcosa.»
L'aria nella chiesa cominciava a farsi più opprimente. Ottavio non la alleggerì con le sue parole. Attese invece delle spiegazioni che il sacerdote ricominciò a fornirgli dopo aver ripreso fiato.
«Mentre cercava di estrarlo dal luogo in cui era rimasto nascosto tanto a lungo, Santo trovò anche altri vecchi fogli. Erano anch'essi lasciti di nostri antenati, trascritti secondo i loro dettami da un mio predecessore.»
Per forza, pensò Ottavio. A quel tempo dovevano essere in pochi a saper riprodurre una decente lingua scritta a Col di Favilla. Il paesino era un minuscolo punto tra le montagne. In tempi ormai remoti, l'unica sicurezza di capacità minime di lettura e scrittura si aveva negli ambienti di Chiesa, dove l'insegnamento veniva tramandato con rigore. Rammentava ancora le interminabili lezioni sugli amanuensi di secoli or sono, ripetute con fastidiosa ossequia dalla sua professoressa di storia.
«Contenevano il motivo per il quale il tesoro non era stato usato, oltre alla descrizione del modo in cui era stato accumulato da loro e dai loro avi», continuò il prete.
«Storia interessante.»
Ottavio era curioso: voleva arrivare in fondo a quella questione tanto intrigante. Continuò ad ascoltare il prete, le cui labbra erano ostinate a muoversi con passione. Quella vicenda doveva stargli parecchio a cuore.
«In pratica», continuò l'anziano prete, «il tesoro non era altro che una semplice congerie di valori. Non come quelli a cui siamo abituati a pensare oggi. I nostri antenati lo rimpinguarono anno dopo anno, portandolo a diventare quello che considerarono un tesoro. Ma in realtà non era nulla di così importante dal punto di vista di oggi. Erano pelli, oggetti lavorati, alcuni preziosi e altro materiale di lavorazione che al tempo rappresentava probabilmente il grado più alto di ricchezza per tutti gli abitanti della zona. Era il retaggio dei fondatori del villaggio, venuti da fuori per stanziarsi quassù.»
«Perché lo nascosero? Avrebbero potuto continuare a tramandarselo di generazione in generazione.»
«Lei parte dal presupposto che ogni persona sulla faccia della terra sia una persona onesta.» In effetti il parroco aveva ragione. I rubagalline erano sempre in agguato. «Il tesoro sarebbe stato più al sicuro se affidato a una singola famiglia, così che solo pochi fidati potessero averne accesso. Quindi lo nascosero e scrissero alcune carte con le istruzioni per ritrovarlo, carte che vennero affidate agli antenati di Santo.»
«E che arrivarono fino a lui», completò Ottavio. «E poi? Quando il suo amico Santo li ritrovò?»
«Quando ritrovò quegli scritti, li lesse attentamente. Capì le motivazioni che avevano spinto i suoi antenati fino a quel punto. E soprattutto le condivise. Decise di lasciare il tesoro così com'era, sicuro che sarebbe potuto tornare utile un giorno alla generazione futura.»
Ora il ragionamento quadrava molto di più. «Allora mi può spiegare come fa lei a sapere tutta questa storia? Perché quel capofamiglia, anche se suo grande amico, ha deciso di condividere con lei il suo segreto? Avrebbe dovuto farlo con la sua famiglia, non con lei.»
Il sacerdote annuì. Il suo sguardo si era fatto più triste.
«Lo avrebbe fatto, se solo avesse potuto. Ahimé, qualcun altro cercava il tesoro. Qualcuno che ne era venuto a conoscenza e che voleva ottenerlo a tutti i costi. Santo aveva la convinzione che quel qualcuno sapesse che solo attraverso di lui e la sua famiglia poteva arrivare al tesoro. Per questo decise di consegnarmi le lettere, in modo che il segreto fosse al sicuro anche se gli fosse successo qualcosa. Io gliene lasciai in seguito una in cui gli dicevo di avere nascosto tutto qui in chiesa.»
Che storia. «Chi? Chi era quel qualcuno?»
Il parroco scosse il capo. «Non lo sapeva lui allora e lo stesso vale per me oggi. Ma era convinto che lo volesse con ardore.»
«Avrebbe potuto sbagliarsi.»
«Fu quello che gli dissi anch'io. Tutte paranoie. Fino a quando non mi disse di aver trovato sconquassato il capanno dentro al bosco, la sua base nascosta per le ricerche del tesoro.»
Adesso era tutto chiaro. «Per questo lei era convinto che fosse stato un uomo a ucciderlo. Perché sapeva che qualcuno voleva il tesoro e che Santo non avrebbe rivelato il suo nascondiglio a costo della vita.» Ottavio mise insieme gli ultimi cocci. «E che quel qualcuno potesse arrivare a uccidere, una tesi perfettamente in linea con lo scempio che è stato compiuto all'epoca.»
«Già.»
«E questo è quello che lei pensava fino a quando ha saputo della bestia, non è vero? Per questo motivo immaginava che fosse stato un omicidio. Aveva dei sospetti prima ancora che la famiglia venisse sterminata.»
Il sacerdote assentì con un cenno. Ottavio era stato bravo a ricollegare i tasselli della storia. Strano, visto che i puzzle non gli erano mai piaciuti un granché.
«C'è un'unica domanda che ancora mi attanaglia.»
«Quale?»
«Che cosa c'entra tutta questa storia con quello che è accaduto quassù?»
«Le mie erano solo ipotesi», spiegò il vecchio. «Mi sono basato per anni su ciò che mi diceva l'istinto. E probabilmente, qualunque cosa mi dicesse, era sbagliata. Solo ora me ne rendo conto. Per convincermi, è stato necessario incontrare lei e incappare nel suo racconto.»
«Forse», puntualizzò Ottavio.
«Forse?», ripeté a pappagallo il sacerdote.
«Tutta questa storia è troppo ben articolata per essere risolta con così poco. Siamo di fronte a un dilemma più grande di quello a cui abbiamo pensato finora.» Diede le spalle al prete. Si avvicinò all'altare, salendo il primo gradino verso il tabernacolo. «Chiunque voglia il tesoro, è stato qui poco fa. E ciò corrisponde anche al periodo delle aggressioni. Può essere casuale?»
«Lei ha parlato di una bestia. Dubito che sia lei a volere il tesoro. Devono per forza essere delle cose scollegate. Non ci sono punti d'intersezione.»
«Forse.»
Un altro dubbio, un'interminabile sfilza di interrogativi senza risposta. Un attimo prima pensava di aver trovato la strada verso la verità, adesso se n'era allontanato più che mai. Anziché delucidazioni, parlando con quell'uomo aveva ottenuto nuove domande, ancor più irrisolvibili delle precedenti.
Eppure doveva esserci qualcosa in più. C'era sicuramente, solo che Ottavio non riusciva a penetrare nella coltre che offuscava la verità. Sarebbe bastato un passo, una semplice intuizione che permettesse di varcarne l'ingresso. Una volta entrato nell'occhio del ciclone, tutto sarebbe stato chiaro.
«Mi stia a sentire», disse il vecchio. «Non perda il suo tempo a pensare a queste cose. Io sono venuto per controllare che tutto fosse in ordine. E l'ho fatto. Lei ha detto di doversene andare al più presto da qui. Facciamolo assieme. Prendiamo il sentiero e allontaniamoci.»
«Per lei è così semplice?»
«La strada è semplice per chiunque. Basta scegliere quella giusta.» Sospirò, come volesse liberarsi di un peso. «È perfettamente inutile il suo sforzo di comprendere ciò che non può. Noi siamo ciechi di fronte al disegno del Signore.»
Una famiglia massacrata, il corpo di un bambino mai ritrovato. Un tesoro nascosto, all'apparenza perduto. E un nuovo massacro, a venti anni di distanza, compiuto da una bestia dagli occhi del colore del ghiaccio.
Noi siamo ciechi, ripeté mentalmente Ottavio. Siamo ciechi di fronte al disegno del Signore.
Ciechi. Come quel bambino.
Sentì il cuore balzargli in gola. Un sussulto, i suoi occhi che si aprivano come mai avevano fatto, illuminati da una nuova consapevolezza.
Stentava a crederci.
«E se non fosse il disegno del Signore, padre? Se non fosse neppure un disegno?», chiese in preda all'eccitazione. Si voltò, guardando dritto in volto il vecchio. «Se io le dicessi che questa non è altro che opera del caso, lei come risponderebbe?»
«Risponderei che sono un cristiano e che come tale raramente credo nel caso.»
«E si sbaglia. Ma il punto è che lei è un genio. Mi ha dato lo spunto che stavo cercando.»
Oltrepassò il prete, dirigendosi verso l'ingresso. «Ha ragione quando dice che noi siamo ciechi. Lo siamo esattamente come quel bambino che venti anni fa è scampato al massacro.»
Sentì un boato alle sue spalle. «Che cosa?», urlò il vecchio.
Ottavio raggiunse la soglia che dava all'esterno. Girò su se stesso, ritrovando il volto smagrito nel suo campo visivo.
«Quel bambino è morto venti anni fa!», gridò il parroco, correndo verso di lui. «Lei è uscito di senno! Non le lascerò infangare la memoria dei miei fratelli defunti.»
«No, padre. Lei si sbaglia. Quel bambino non è mai morto.»
Ottavio ripensò a tutto ciò che non era tornato nei racconti di Jack e Daniele, alle loro incongruenze. Al loro sangue freddo di fronte alla morte, ai corpi martoriati dei propri amici. Chi poteva averlo se non qualcuno che avesse già visto la morte da vicino?
Il sacerdote si bloccò. A tre metri da Ottavio, lo fissava con gli occhi sgranati. Le parole gli mancavano.
A lui no: Ottavio sapeva bene cosa dire.
«Quel bambino è vivo, padre!», enfatizzò. «E oggi è qui, determinato a vendicarsi degli assassini della propria famiglia.»

Sort:  

Nell'ultima parte si deduce che è lui il ragazzo , questo tipo di storia lascia in attesa di vendetta , a volte penso , se la persona non si vendica allora la storia non sarebbe molto piacevole , quello che voglio raccontare tu sei che Noi umani, nonostante molti parlino di perdono, per noi è difficile perdonare e se vediamo il modo in cui le persone si vendicano, ricordiamo quanto ci fanno male e ci sentiamo bene.è la cosiddetta natura umana

A volte è vero, purtroppo. Ti ringrazio per esserti fermato sul mio blog anche questa settimana :)

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