La Bestia dagli Occhi di Ghiaccio - Romanzo | CAPITOLO 1 [ITALIAN Language]

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Ciao!

Come spiegato in un precedente post, quello che trovi di seguito è un romanzo che scrissi alcuni anni fa e che ho deciso di revisionare negli ultimi mesi. Il titolo dell'opera è: La bestia dagli occhi di ghiaccio. La versione completa è disponibile su alcune piattaforme online in formato e-book o in cartaceo. Si tratta di un thriller ambientato in Italia, tra le pendici delle Alpi Apuane, che tocca altri generi come l'horror e il fantasy. Ci sono alcuni temi abbastanza forti, per cui consiglio la lettura a un pubblico di età adulta (over 18).

Cliccando sulla corrispondente parola in colore azzurro, puoi trovare:

oppure puoi proseguire nella lettura del post per trovare il CAPITOLO 1.

Buona lettura!


Copyright © 2013 Davide Simoncini
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LA BESTIA DAGLI OCCHI DI GHIACCIO

Romanzo

Proprietà letteraria riservata. È vietata la modifica, l'utilizzo e la riproduzione, in qualsiasi formato, su qualsivoglia mezzo digitale, cartaceo o di qualunque altra natura, senza il permesso esplicito dell'autore, a eccezione della personale consultazione.

Edizione Modificata e pubblicata nuovamente nel mese di Maggio 2023.

Questo romanzo è un'opera di finzione.

Il contenuto di questo romanzo è quasi interamente fittizio. Ogni riferimento (persone, luoghi, oggetti, avvenimenti, usanze, eccetera) è fittizio o casuale. Per ulteriori informazioni sarà possibile consultare la nota d'autore che verrà pubblicata dopo l'epilogo del romanzo.


CAPITOLO 1

Oggi
Monte Corchia, Alta Versilia, Italia

«Prendi quella piccozza e andiamocene», gridò a Linda.
Lui la guardò, lei rispose con uno sguardo ammiccante. «Piccozza», ripeté con aria sarcastica. «Sei sempre il solito esagerato.»
Appoggiato sul muro di roccia, si diede una spinta con le gambe, saltando sulla strada sterrata. Erano più di tre ore che le sue dita grattavano via calcare. Il suo tonico contro l'invecchiamento era fatto di sudore e adrenalina. Non riusciva a capire come certe persone non potessero provare altrettanto. Ovvio, il suo non era un amore comune. Aveva dovuto faticare oltremodo prima di trovare qualcuno con una passione simile. Linda era l'unica che riuscisse a comprendere quelle sensazioni bene tanto quanto lui. Una ragazza particolare, piena di vitalità. Aveva voglia di conoscere il mondo, vergine nel giudicare. Anche se stentava a credere alle sue stesse parole, ci si poteva facilmente innamorare di una ragazza così.
Si avvicinò alla Panda di seconda mano che lo attendeva a bordo strada.
Ottavio aveva sempre nascosto i suoi pensieri a Linda, o almeno poteva vantarsi di aver tentato: le donne capiscono certe cose in un secondo, una magia che da una parte possedeva il suo perché, dall'altra lo turbava. Per lui era importante che rimanessero distanti. Si divertivano stando assieme ma non insieme. Forse aveva un blocco mentale, forse no: gli piaceva non pensarci.
Mentre lei si chinava, lanciò un'occhiata al suo fondoschiena, tanto per ribadire lo stereotipo di uomo vecchio stampo. Ebbè, pensò inarcando le sopracciglia. Fece scattare la serratura e aprì l'ammaccato portello del bagagliaio. Non aveva ancora trovato il tempo di riparare le gomitate prese da una jeep. Estrasse due grossi zaini e li posò a terra. Uno spesso strato di ciottoli levigati dall'acqua piovana faceva da vaso a spelacchiate mazzette d'erba cresciute tra gli anfratti della roccia. Vide una nube di polvere avvicinarsi a lui, avvolgendo come un mantello la sua compagna di viaggio.
«Pensavo che mi avessi abbandonato.»
«Sai che non oserei. Non dopo un'avventura come questa.»
Lui rispose con un sorriso.
Uno dei suoi compagni di lavoro sfruttava ogni occasione per prenderlo a metaforiche sberle, tanto da affibbiargli il nomignolo di scimmia delle montagne. Non lo considerava né malvagio, né fuori luogo: lui e Linda amavano arrampicarsi, proprio come scimmie. L'unica differenza era che mentre i primati lo facevano su alberi alti sei, sette metri al massimo, loro lo facevano su pareti rocciose di montagne che toccavano i millecinquecento.
«Dai qua», disse Linda porgendogli la mano.
«Sembri un cammello», rispose passandole la bottiglia d'acqua appena presa.
«Un cammello senza gobbe.»
«Arriveranno.»
«Stronzo», bofonchiò prima di attaccare le labbra alla bottiglia. «Parla quello che si chiama Ottavio», aggiunse poco dopo.
«Ottavio è un bel nome.»
«Certo, stile anni '30 del secolo passato.»
«Io sarò stronzo, ma tu non sei da meno.»
La ragazza sorrise. «Te lo concedo. Ma una volta non ero così.»
«E che cosa è successo nel frattempo?»
«Ho imparato da un buon maestro», ironizzò.
Ottavio scrollò il capo. Anche se detestava dare ragione agli altri, su quello scambio di battute doveva cedere la mano. Aveva ereditato un'antica tradizione, quella di dare al figlio un nome che sembrava un numero di serie. Lui era stato l'ottavo dei nove marmocchi sfornati da sua madre e per questo l'avevano chiamato Ottavio. A parer suo era andata molto peggio a suo fratello Secondo. Viva la fantasia, ripeteva scherzosamente da una vita.
Chiuse il portello dell'auto, issandosi lo zaino in spalla. Linda lo fissò per un istante, mentre lui ricambiava lo sguardo con indifferenza.
«Su, perché rimani lì? Questa è la fetta che ti spetta.»
La sua amica passò rapidamente a uno sguardo famelico. Guardò lo zaino a terra, poi lui. Gli piacevano quegli occhi castano chiari, specie quando fiammeggiavano. «Non ti hanno mai insegnato le buone maniere?»
«In realtà l'hanno fatto molto bene», rispose. «Mi hanno insegnato a condividere con una donna ogni cosa. La cortesia prima di tutto: non è da gentiluomini accaparrarsi tutti gli onori del viaggio.»
La ragazza si chinò, afferrando le cinture della borsa. Le indossò mentre riflessi di luce riecheggiavano sulla sua pelle olivastra, frutto incidentale di ore trascorse al cospetto di un sole cocente.
Ottavio cominciò a camminare. Lo sterrato scrocchiava a ogni passo sotto i suoi ottantasei chili. Virò in direzione del bosco, addentrandosi in un varco naturale, due alberi squadrati foggiati a mo' di stipiti. Un sentiero ancor più sconnesso cominciava immediatamente più tardi, lastricato di rocce appuntite su cui serpeggiavano radici di ogni genere.
Aveva fatto quella strada un sacco di volte: avrebbero impiegato un'ora e mezza per raggiungere la meta. Avrebbero dormito all'aperto, sdraiati sull'erba. Dentro lo zaino aveva una tenda a due piazze, indispensabile per la loro avventura. L'aveva acquistata un anno addietro, quando era partito con la sua amica per un'escursione su una montagna vicina. Gli ululati nella notte mettevano ancora a repentaglio il suo sangue freddo.
E Linda lo sapeva.
Diede due tocchetti sulle sue spalle, indicando la tenda. «Non vorrai fare come l'ultima volta, vero Ottavio?»
«Smettila di rompere. È storia passata.»
«A volte le vecchie storie sono quelle più divertenti. E io ho una buona memoria, sai?»
«Odio quando fai così.»
Lei non se lo sarebbe dimenticato, poteva scommetterci. Ma anche lui non l'avrebbe fatto: con la figuraccia guadagnata, si sarebbe preoccupato del contrario. Aveva spalancato gli occhi udendo dei lamenti provenire da fuori, ai piedi della loro tenda. Si era alzato di getto ed era uscito nell'aria gelida della notte brandendo un bastone da trekking. Aveva immediatamente riconosciuto la faccia del suo amico Martino che si deformava per l'emozione: lo aveva visto piegarsi a metà dalle risate come mai prima di allora.
Per quanto tempo lo avevano sbeffeggiato, proprio non se lo ricordava.
Spostò un lungo ramo che sporgeva sul sentiero. Con un balzo, lo oltrepassò finendo su una strada sterrata ben più ampia e curata. Le pietre diventarono minuscole e meno scivolose.
Linda si guardò attorno. «È questa, la strada?», chiese.
«Già.»
«Che aspetti, allora? Andiamo.»
Mentre camminavano, Ottavio fece caso alla penombra. «A quanto pare il tempo non vuole aiutarci.»
«Non lo ha fatto neanche un po', perché dovrebbe cominciare proprio ora?»
«Spero solo che siano nuvole passeggere. In montagna succede.»
Ricominciò a camminare dubitando delle sue stesse parole. Le nuvole si muovevano rapide. Di vento ne sentiva poco, giusto quello sbuffo che gli accarezzava le guance ogni tanto. Si abbandonò al suo respiro, al soffio gentile che lo cullava come il ritornello di una sinfonia. Era per piccole cose come quella che Ottavio amava così tanto la montagna: per quelle insignificanti sensazioni incompatibili con la vita sociale, giù in città.
Adocchiando le nuvole che passavano, Ottavio si perse nell'infinito. Sembrava che la natura rappresentasse fedelmente la vita di una persona. Quegli ammassi d'aria scivolavano via, proprio come i granelli del tempo. I granelli del suo tempo, per la precisione. Ogni istante della vita era il granello di una clessidra che veniva perduto per sempre.
Per questo, a volte, Ottavio si pentiva. Si pentiva di alcune scelte, di alcuni lati del suo carattere. Si pentiva della sua voglia di vivere il mondo senza mai vivere nessuno dei suoi abitanti. Aveva trentotto anni, ormai. L'ora delle diciassettenni era sfumata, avrebbe dovuto pensare da tempo a cercare una donna con cui passare il resto della propria vita o almeno con cui costruire qualcosa per cui valesse la pena continuare ad alzarsi giorno dopo giorno. Forse la sua era una mentalità arretrata, un pizzico bigotta, però si rifiutava di cambiarla.
Mentre il suo pensiero volava, i minuti passavano. Si rese conto di dove fosse solo quando sentì punzecchiare la punta del proprio naso. Riscossosi, guardò intorno a sé. Linda lo seguiva con le tempie ormai imperlate di sudore. La vide voltarsi, alzare gli occhi al cielo. Gli ultimi raggi di sole stavano tramontando dietro una fitta coltre di nubi scure.
Quelle nuvole erano tutt'altro che passeggere.
Sentì una seconda volta qualcosa sul naso, come se la punta di uno spillo lo avesse sfiorato. Poi una terza, una quarta.
Dannazione. «Il padre eterno ci ha fregati un'altra volta.»
«Perché?»
«Sta cominciando a piovere.» Indicò le montagne sul versante opposto rispetto a loro. «A giudicare dai pronostici, non penso che stanotte ci andrà un granché bene.»
Linda si avvicinò ancor di più. «Manca tanto, non è vero?»
«Siamo quasi arrivati a Fociomboli. Possiamo cercare qualche posto un po' più al riparo e sperare che questo dannato tempo voglia darci tregua.»
«Facciamo come hai detto tu e incrociamo le dita.»
Ottavio superò un grosso masso dalla forma squadrata disseminato di rughe brune. Si affrettarono in direzione del caseggiato. Fociomboli era una località a ridosso di un'importante zona verde chiamata il Padule o la Torbiera. Non erano molti gli escursionisti a conoscere le radici di quel posto, una zona acquitrinosa residuo di un antico lago oggi scomparso. Alcuni ambientalisti lo reputavano una perdita enorme perché avrebbe dovuto essere tutelato con più enfasi dalle comunità locali. Rispetto ai vicini appennini, era complicato trovare una zona come quella di Fociomboli nei paraggi. Ci crescevano specie vegetali che non si ritrovavano in nessun altro luogo della Garfagnana. La parte di Fociomboli verso cui stavano andando loro era però molto più comune, formata da alcuni semplici prati, qualche vecchio melo selvatico e delle rade casupole. A protezione, un'armatura di infiniti, disorientanti boschi.
Uscirono dal tunnel alberato con profonda insoddisfazione. Le gocce cominciarono a cadere con più intensità. Quando raggiunsero la prima catapecchia, pioveva ormai copiosamente. Un ruggito alle loro spalle annunciò l'arrivo di un temporale.
Si riparò sotto una tettoia di amianto. Nonostante la pericolosità di quel materiale e gli sforzi per smaltirlo, molti residui erano sfuggiti ai controlli. In passato veniva usato di frequente in miscela con il cemento per creare delle semplici ed efficaci coperture che nei luoghi abbandonati erano state lasciate a loro stesse.
«Non è prudente continuare», disse alzando la voce per farsi sentire. «Dobbiamo fermarci qui.»
Linda lo guardò sbigottita. «E dove pensi di fermarti? L'unico riparo è quel noce.»
Ottavio posò lo sguardo sull'enorme albero. L'imponente struttura faceva da protettrice a una casetta bassa e malridotta che sembrava piantata dentro un pavimento di fango. Una poltiglia densa e cremosa che... un momento. I suoi occhi scorsero un particolare, una traccia regolare e continua che finiva a ridosso di uno strano riflesso.
Pneumatici.
«Vieni con me», gridò.
Mentre si apprestava a raggiungere la casa, la porta si spalancò. Gli scrosci della pioggia si abbattevano sempre più violentemente sugli alberi circostanti. Vide uscire un uomo con una casacca impermeabile color vinaccia.
«Ehi, voi!», gridò il tizio. «Venite dentro.»
Ottavio si voltò verso Linda. Lei non lo guardò neppure.
Cominciarono a correre verso la casa.

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Sounds an interesting fictional novel but honestly I'm lazy to read any kind of novel or story and prefer them watching as story in series. But I must appreciate your awesome share. Keep sharing my friend David.

Yeah, naturally each person has its own preferences. Thank you for stopping Shoahana, and have a nice day :)

Questa seconda parte mi è piaciuta molto e mi sembra una bella storia avventurosa tra paesaggi naturali descritti molto bene. Mi ha incuriosito il "rapporto ambiguo" di Ottavio e Linda... allora alla prossima per scoprire come si evolverà la storia. Saluti by @kork75

Sono contento, continuerò imperterrito nella pubblicazione. Prossima settimana, capitolo secondo e terzo :D

Interessante anche questa parte, sia nella storia sia nei personaggi, anche io voglio sapere della storia di Ottavio e Linda... :) Sono andata a vedere Fociomboli su Google perchè ero curiosa di sapere se fosse un luogo vero o inventato, molto bello.

Fociomboli è un luogo che esiste davvero, come anche tutti gli altri luoghi che verranno poi citati. Le descrizioni però potrebbero qualche volta discostarsi dalla realtà, ci tengo a precisarlo per non offendere nessuno che conosca più approfonditamente la storia di quei luoghi. Non avendo vissuto lì, la mia conoscenza è abbastanza superficiale.

Thank you, friend!
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