Cronache del Nibbio Bianco - Cap. 8: Lame vs Nibbio

in #ita6 years ago

...E tutto cominciò nello scintillio delle lame.

Madre Aurora sguainò la sua spada, un'antica lama affilata e tirata a lucido; recava lo stemma della pantera nera, retaggio della sua nobile famiglia.

Sciacallo di Pietra sfoderò la sua scimitarra, intaccata da mille battaglie e rovinata dal calore del sole e dalla sabbia del deserto.

Flamberga tirò fuori dalla schiena un gigantesco spadone nero come la pece: non era particolarmente affilato né curato... ma solo la silhouette di quel blocco di metallo in mano ad un gigante come lui era abbastanza da far venire gli incubi per una notte intera.

Dalle retrovie la luce del medaglione si rifrangeva sulle due frecce acuminate incoccate in un arco di legno nero di fattura elfica; Cuspide fu il primo ad agire e lanciò le sue due frecce che andarono a conficcarsi ai piedi di Aurora e Sciacallo, pochi millimetri dall'alluce dei loro stivali.

  • Arrendetevi, o le prossime frecce colpiranno il vostro cuore.

Disse l'elfo, incoccando altre due frecce. Ma ormai il dado era tratto: Il Nibbio Bianco non si tirava mai indietro da una battaglia una volta intrapresa.

Sarebbe stata vittoria o morte!


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Aurora pronunciò una breve preghiera a Bellator, tirando un fendente al fianco di Flamberga; il gigantesco omone si mosse con un’agilità sorprendente considerata la massa e parò il colpo con il piatto della sua lama. Egli sogghignò... un sogghigno simile a quello di un demone, mentre alzava l'enorme spada per colpire il Leader del Nibbio.

In quel preciso momento si udirono le perentorie parole di Teclis: un lampo di luce accecante esplose davanti al viso di Flamberga, che fu costretto a chiudere gli occhi per un attimo... attimo che permise a Sciacallo di Pietra di oltrepassare la guardia del possente guerriero. La lama curva disegnò un arco nell'aria e sembrò soltanto sfiorare la giuntura nell’armatura completa del guerriero.

Eppure, l'uomo urlò dal dolore: il sangue cominciò a sgorgare dalla ferita alla spalla mentre, con una sincronizzazione perfetta, Aurora e Sciacallo si ritirarono in posizione di difesa.

Il mezzelfo Pugnale si avvicinò sospirando al suo compagno d'armi.

  • Che esistenza grama la mia, passata a rattopparti…se lo avessi saputo in anticipo avrei fatto il ciabattino come mio padre...

Egli pronunciò una rapida preghiera tirando fuori un ciondolo raffigurante il piatto di una bilancia stilizzata; poi toccò la spalla del gigantesco guerriero che smise istantaneamente di sanguinare.

Aurora ebbe un sussulto alla vista del simbolo e dell'incantesimo.

  • Tu... tu sei un chierico! Sacerdote del dio Palinus, la bilancia del creato... perché sei alleato con questi assassini?

Pugnale scrollò le spalle.

  • Abbiamo una... comunione di intenti. Vedete, quando ci incontrammo diversi anni fa noi...

La voce del mezzelfo venne sovrastata da un urlo di guerra terribile da parte di Flamberga: l'enorme guerriero flesse i muscoli, fendendo l'aria in orizzontale all'altezza del petto di Aurora e Sciacallo. Il nomade fu il primo a prendere l'iniziativa: diede una spallata a Madre Aurora per toglierla dalla traiettoria mortifera dello spadone ed usò la sua scimitarra per parare il colpo.

Le lame si toccarono, ma quella di Flamberga non si fermò: lo spadone di metallo nero distrusse la scimitarra di Sciacallo in mille pezzi, penetrò la sua guardia e colpì il nomade delle pianure sul petto, infliggendogli una profonda ferita all'altezza dello sterno e sbalzandolo via contro l'altare al centro della stanza.

  • SCIACALLO!

Aurora urlò, correndo verso il compagno: quando lo girò, vide l'orrenda ferita al petto che gli aveva lacerato l'armatura e fratturato diverse costole... inoltre un frammento della sua scimitarra gli aveva aperto una bruttissima ferita sul volto che aveva mancato di pochi millimetri l'occhio. Aurora non perse tempo, e pregò con tutta la sua anima Bellator, affinché risanasse le ferite del suo compagno... ignara del fatto che Flamberga, con un ghigno demoniaco, la stava caricando con lo spadone alto sopra la sua testa.

Il gruppo della Canzone del Mare aveva appena finito di esplorare una stanza segreta nel labirinto: una stanza piena di monete d'oro dalla fattura sconosciuta, oggetti antichi di grande valore, gioielli, armi e così via. Il bardo Lance Dograndon, stava caricando l'ultimo sacco di preziosi nello zaino. Aveva un'espressione interdetta.

  • Padre, non staremmo perdendo troppo tempo in questa stanza del tesoro? Non temi che gli altri gruppi trovino l'artefatto prima di noi?

Finn Etrius Dograndon, il rude mercenario, sputò a terra.

  • Figlio, se partecipiamo a questa buffonata è anche, e soprattutto, per il premio in denaro... qui dentro, c'è molto più di quanto ci avrebbe dato l'imperatore. Quindi la risposta è: NO, non me ne frega niente di quel maledetto artefatto, di questa stupida prova o di questo lurido postaccio dimentic...

L'urlo di Aurora risuonò nelle sale del labirinto. Lance rizzò le orecchie.

  • Qualcuno è in pericolo! Padre, dobbiamo andare a vedere! Atrona, seguimi!

Il bardo e la sua bionda fidanzata si gettarono tra i bui corridoi. Finn Etrius finì di contare le monete, le caricò nel suo zaino e, con un profondo sospiro di rassegnazione, si unì controvoglia al resto del suo gruppo.

Quellolì e Teclis agirono contemporaneamente di fronte alla minaccia che Flamberga rappresentava per la leader del Nibbio Bianco: lo gnomo smise di suonare il suo liuto e lanciò contro l'uomo quella che sembrava un otre. Questa si infranse sulla testa del gigante, liberando una sostanza appiccicosa che interruppe la sua corsa, facendolo cadere pesantemente a terra.

Nello stesso momento, Teclis pronunciò una lunga formula magica, e lanciò una manciata di polvere verso le Lame Nere. La sabbia lasciò le dita dell'elfo e per un attimo assunse una tinta bluastra, prima di sparire con un luccichio.

Non sembrò avere nessun effetto su Cuspide, mentre pugnale fece un lungo sbadiglio ma restò vigile. Al contrario, Flamberga chiuse gli occhi e cominciò a russare profondamente. Lo gnomo fece un salto ed esclamò gioiosamente:

  • EVVIVA! Uno a zero per il Nibbio Bianco facce da pesce lesso!

Cuspide non perse la calma e pronunciò una frase perentoria:

  • Daga, esci fuori.

Poi incoccò due frecce e le lanciò con precisione millimetrica, colpendo i sacchetti che contenevano i reagenti necessari a Teclis per i suoi incantesimi, lanciandoli lontano.

  • Ehi! Cos...

La pelle di Teclis e di Quellolì si accapponò al contatto del freddo metallo di una lama: dalle ombre spuntò, silenzioso come un sussurro, il quarto membro delle Lame Nere… Daga. Impugnava due corte spade, una per mano, puntate sul collo dello gnomo e dell'elfo, pronto a colpire ad un cenno del proprio leader. Dal volto coperto di bende spuntava solo un occhio, bianco come la madre perla... e senza pupilla.

Nello stesso istante, Pugnale pronunciò una preghiera a Palinus, svegliando Flamberga dal torpore magico e liberandolo dalla sostanza che lo teneva prigioniero. Sciacallo era ancora privo di coscienza anche se le sue ferite si stavano lentamente rimarginando. La sacerdotessa fece per alzarsi spada alla mano, ma Cuspide la fermò.

  • NON muovere un muscolo reverenda madre... o i tuoi compagni si ritroveranno due nuovi buchi nel petto ed un sorriso cremisi stampato sul collo.

L'aria nei sotterranei sembrava gelida.

Il silenzio assordante.

Silenzio che venne rotto dal lento cigolio di una porta che si apriva.

Siete confusi su chi sia il Nibbio Bianco, le Lame Nere o di quale labirinto stia parlando nella mia storia? Visita i precedenti capitoli de "Le Cronache del Nibbio Bianco" sul mio blog:

Martedì prossimo -> Nuovo capitolo delle Cronache -> @gianluccio

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