Il Tramonto - Capitolo VI

Dottore sono stanco, avrei bisogno di una pausa

Il lettino è di pelle marrone. Pur essendo comodo mi trasferisce una sensazione di freddo alla schiena che non riesco più a tollerare. Un formicolio glaciale di astinenza dal camminare. Ed io cammino tanto, adesso. Cammino per liberarmi dall’ossesso di pensieri ripetitivi. Un walzer di domande ed io, vi confesso, non so ballare.
Mi guarda con aria di timida comprensione. Ha la faccia austera, un’espressione quasi sempre corrucciata che risalta pieghe sulla fronte liscia. Segni marcati del tempo passato.

Fa un cenno con la testa. Ci vediamo giovedì, alla stessa ora

Ormai appuntamento fisso. Tre volte alla settimana. Il lunedì, il martedì ed il giovedì. Ho iniziato questo percorso consigliato da un amico. Mi vedeva strano nell’ultimo periodo. Ma io strano mi sentivo da un po’.
Ero riluttante. Quella ostinata negazione del malessere. Lo stesso che provavo da adolescente che si stava ripresentando alla porta. Un conto mai pagato che portava con se interessi da saldare.

Un mese fa poi, mentre passeggiavo col carico di pensieri, costanza oscena della mia vita attuale, ho forzato le porte chiuse nella mia mente. Le porte della negazione e della riluttanza.
Stavo a testa china con l’assenza che si espandeva. D’improvviso vidi una colonna di formiche. Erano tante, in fila, una dentro l’altra, un gregge ordinato, un fiume nel guado. Viaggiavano veloci ma non finivano mai. Erano tante. Troppe. Erano i miei pensieri. La loro rappresentazione. Non ne vedevo l’origine. Non ne vedevo la metà. Ed io? L’insetto morto trasportato.
Mi convinsi a parlare. A tirare fuori tutto, a estinguere la fiamma prima che diventasse incendio. Ma ero già scottato? Ero già in fiamme? Chi può dirlo?

Ho bisogno di una sigaretta.

La fumo lenta.

La vita e i suoi pensieri per oggi possono aspettare.

_{Image CC0 Creative Commons – Pixabay}