Studiare: Che Passione!

in #ita6 years ago (edited)

Spesso l'affermazione "Andate a lavorare" è utilizzata provocatoriamente per invitare una determinata persona o una specifica categoria di persone a recarsi a svolgere un lavoro duro, un lavoro serio in contrapposizione con lavori considerati leggeri, inutili o strapagati. 

E se invece questo provocatorio invito fosse un consiglio?

Alcune statistiche recenti dimostrano infatti che andare a lavorare non solo nobilita l'uomo ma conviene se contestualizzato all'interno di un'analisi a doppio filo tra mercato del lavoro e studi universitari.

In passato un laureato era considerato un professionista, una persona che socialmente, economicamente e culturalmente godeva di un certo rispetto da parte della comunità. Questo rispetto lo si notava nei rapporti umani cordiali e ossequiosi (in senso buono e non padronale del termine), nella busta paga e nei compensi dei privati professionisti e nel rango culturale che di certo emergeva fra quelli che erano riusciti a portare a termine un lungo percorso di studi accademici, tra difficoltà e mille sacrifici.

Badate bene, il mio non vuole essere un discorso classista o di laureati vs non laureati ma un breve excursus su cosa significasse prima essere un laureato e cosa significhi ora a livello pecuniario e sociale. Una persona intelligente lo è a prescindere dal "pezzo di carta", una persona dalle doti umane eccezionali non viene sminuita o esaltata a seconda del livello di istruzione cosi come esistono tanti laureati "ignoranti" e arroganti e tanti non laureati culturalmente di livello altissimo. Personalmente credo che tutti dovrebbero poter lavorare, potersi esprimere al meglio delle proprie potenzialità, guadagnando somme che gli consentano di vivere e non di sopravvivere a prescindere da tutto. Oggi purtroppo viviamo una lotta di classe 2.0 dove il nemico del povero è il più povero e cosi via.

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E' innegabile però che prima esistesse un divario molto alto fra le 2 categorie, mentre adesso tale divario si è assottigliato enormemente da molti punti di vista fino a far sparire la famosa dicotomia.

Quanto costa laurearsi?

Laurearsi è un commitment non trascurabile in termini di tempo, energie e anche di denaro

Una laurea breve cuba almeno 3 anni - 3 anni e mezzo di tempo passato a studiare e sostenere esami. Consideriamo un minimo di preparazione della tesi, un breve tirocinio e un lasso di tempo che intercorre fra il conseguimento della laurea e l'eventuale iscrizione ad un corso di laurea magistrale e possiamo stimare in 4 anni circa il tempo passato a studiare per ottenere una laurea triennale. 

Un'inchiesta di Milena Gabanelli per conto del corriere della sera ha stimato che per uno studente fuori sede (la maggior parte dei laureandi lo sono) la spesa media annua è di circa 9000 euro. La cifra considera costi di affitto, trasporti, libri, tasse e vitto. Non sono dunque considerati extra quali divertimenti o sfizi vari che lo studente potrebbe (e dovrebbe, aggiungo io) permettersi.

Uno studente modello dunque spenderebbe 27.000 euro in 3 anni per portare a termine gli studi.

Uno studente superuomo più che modello, dal canto suo, riuscirebbe a conseguire una laurea triennale più una laurea magistrale, o comunque una laurea quinquennale alla modica cifra di 45.000 euro.

La mia esperienza universitaria racconta che studenti modello, o meglio studenti in corso costituiscono la minoranza, sensazione confermata da dati elaborati da Almalaurea e L'espresso. E' dunque ipotizzabile che mediamente uno studente universitario che percorra tutto il ciclo di studi lo faccia in 6-7 anni, superando la soglia dei 50.000 euro di spesa media.

Ma questi sacrifici a livello economico saranno ripagati?

Quanto guadagna un laureato?

A giudicare dalle statistiche elaborate da Almalaurea, nell'anno 2016 passato un anno dal conseguimento della laurea triennale abbiamo circa il 55% dei laureati che decidono di proseguire gli studi mentre la restante fetta considera l'inserimento nel mercato del lavoro ma solo il 27% vi riesce.

La retribuzione media dei laureati triennali ad un anno dalla laurea è di 948 euro. Impressionante la disparità di reddito mensile fra uomini e donne con i primi a dichiarare 1052 euro mensili mentre le seconde ferma a soli 883 euro. Una disparità di genere allarmante. Oltre la metà degli occupati, inoltre, si dichiara insoddisfatta e reputa inefficace il proprio percorso di studi se inserito all'interno del contesto lavorativo.

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La percentuale di occupazione e la retribuzione media aumentano in riferimento ai laureati magistrali ad un anno dalla conclusione del ciclo di studi previsto. I dati restano però preoccupanti in quanto solo il 55% per cento dei laureati dichiarano di essere formalmente occupati.

La retribuzione media sale a 1138 euro con una distribuzione che va dai 1288 euro per gli uomini ai 1011 euro per le donne. 

Si tratta dunque di un aumento di poco più di 80 euro mensili rispetto ai colleghi che hanno deciso di interrompere gli studi dopo 3 anni.

Lavorare subito o Laurearsi prima?

E qui veniamo al nocciolo della questione.

Abbiamo detto che una laurea triennale costa circa 30.000 euro, una laurea magistrale circa 50000. Abbiamo poi evidenziato come dopo un anno si guadagnino tra i 1050 e 1130 euro. Si ricaveranno dunque 30000 euro in circa 2 anni e mezzo e 50000 in circa 4 anni. Le spese dunque rientreranno tra i 2 anni e mezzo e 4 anni.

Ma se in un'ipotetica sliding doors il laureato tornando indietro al giorno della maturità scegliesse di non iscriversi all'università ma di tuffarsi subito nel mondo del lavoro, quali sarebbero le sue prospettive economiche?

Dalle stime risultanti dall'indagine di Milena Gabanelli un diplomato riesce a guadagnare circa 1050 euro al mese mentre un laureato si ferma a 1150 euro al mese.

Si tratta di circa 100 euro di differenza. Facendo 2 rapidi calcoli mentre uno studente prova a raggiungere la tanto agognata laurea triennale va in rosso di 30.000 euro mentre un suo coetaneo che ha preso la porta del lavoro immediato post diploma in 40 mesi avrà ricavato 42.000 euro. Una forbice di 72.000 euro dunque tra chi ha scelto la strada del lavoro immediato e chi quella dello studio. Se ripetiamo la stessa stima su 60 mesi, prendendo a riferimento uno studente modello laureatosi in 5 anni totali effettuando un ciclo triennale + magistrale, i numeri sono ancora più impietosi. A fronte di una spesa di circa 45.000 euro infatti abbiamo una monetizzazione del giovane lavoratore di circa 63.000 con una forbice di 108.000 euro fra i 2.

In quanto tempo il laureato riuscirà a recuperare questo divario economico rispetto all'amico lavoratore?

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Se prendiamo la stima di 100 euro al mese di guadagno del laureato rispetto al giovane lavoratore allora possiamo rapidamente stimare che ogni anno ci sarà un recupero di 1200 euro. A questi ritmi il laureato recupererà il gap in 52 anni e mezzo se avrà avuto la "decenza" di fermarsi alla triennale mentre impiegherà 90 anni per rimettersi in pari in caso avesse scelleratamente scelto di conseguire una laurea magistrale.

Laurea che passione, o forse che follia

Ho volutamente tralasciato altri aspetti che ridurrebbero il gap per potermi soffermare sul dato intrinseco che emerge da queste statistiche. A livello economico laurearsi è un gesto sconsiderato.

Fortunatamente la laurea non offre solo una crescita economica, non ci si laurea solo per quello. Credo che essa permetta di incrementare le proprie doti cognitive, accrescere il proprio bagaglio culturale, sviluppare una notevole forma mentis e allargare i propri orizzonti. Inoltre il famoso pezzo di carta spalanca porte che senza laurea sarebbero blindate, permette accesso ad esperienze all'estero con maggiore facilità, consente interazione con altre culture e altri approcci professionali in maniera più diretta e sicuramente offre ottime soddisfazioni personali.

Il mio obiettivo era illustrare la debaclè totale del nostro sistema universitario e del nostro mercato del lavoro. 2 mondi che hanno dimostrato in questi anni di non sapersi parlare, di non avere sinergia e non avere lungimiranza. Per il laureato non esiste altra via che l'estero o l'intraprendenza nel cercare di costruirsi lavori originali e innovativi per conto proprio. Quello che ci dicono le statistiche è che essere un laureato oggi in Italia non conviene alle proprie tasche, non porta benefici e porta come conseguenza indiretta anche un enorme grado di insoddisfazione e disillusione.

Alla luce di questi dati possiamo stupirci se l'Italia è diventata il fanalino di coda dell'unione europea in termini di numero di laureati? Nella fascia 30-34 anni, infatti, solo il 26% della popolazione italiana risulta essere laureata.

Non ci resta che piangere o forse non ci resta che sperare che a 18 anni qualcuno ci scambi per un fannullone o magari per un politico e ci inviti vigorosamente ad "Andare a lavorare"!


Di seguito alcune delle fonti a cui mi sono ispirato:



https://www.youtube.com/watch?v=dNsSypCU2Dc&feature=youtu.be
https://www.univr.it/documenti/Documento/allegati/allegati750276.pdf
http://www.universita-lavoro.it/2015/12/lesercito-dei-fuori-corso-ecco-quanti-sono-in-tutta-italia/
https://www2.almalaurea.it/cgi-php/universita/statistiche/framescheda.php?anno=2016&corstipo=L&ateneo=tutti&facolta=tutti&gruppo=tutti&pa=tutti&classe=tutti&postcorso=tutti&isstella=0&annolau=1&disaggregazione=&LANG=it&CONFIG=occupazione



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Caro Serial, davvero un bel post. Se ce la faccio mi piacerebbe risponderti con un mio post. Ora vedo se ci riesco.

Ti ringrazio.
Avrò molto piacere di leggerlo.

Basterebbe che lo stipendio del laureato fosse pagato di più e tutto sarebbe più incentivato. C'è poi chi ha le spalle coperte di famiglia e chi invece lavora e studia. Ma un diplomato di medie o superiori che vede più prospettive di lavoro in corso di specializzazione preferisce la strada più breve. Di questo passo però avremmo più manodopera che laureati che firmano i progetti. Il problema è serio.

Ho provato a restare sull'aspetto economico ma secondo me l'aspetto socio-culturale è ancora più colpito e rilevante.
La gratificazione dove sarebbe?
La prospettiva?
La luce in fondo al tunnel?
La soglia di sopravvivenza quale sarà?

Effettivamente ci sono molti fattori da valutare. Già il lato economico è preoccupante.

Ottima osservazione sono completamente d'accordo con te e ti faccio l'esempio della mia esperienza personale. Durante gli anni di scuola ho sempre pensato (e i miei genitori lo hanno sempre voluto) di laurearmi, ma arrivato al diploma 4 anni fa, vista la situazione che tu hai descritto, ho cambiato idea e mi sono trasferito subito in Germania dove vivo e lavoro tutt'ora. Ti dico solo che con un contratto di formazione professionale guadagno 950 netti.

Grazie per aver condiviso questa esperienza molto pregnante rispetto al contenuto del post. Rimpianti?
Come ti trovi in Germania?

Rimpianti quasi zero, l'unico è quello di vivere lontano dalla propria famiglia e dalla propria terra. Mi trovo abbastanza bene, non posso lamentarmi di quello che ho e di come mi trattano...l'unica pecca è che sei pur sempre uno straniero,lo avverti tutti i giorni che questa terra e questa gente non ti appartiene e alla lunga credo diventi logorante

Caro @serialfiller, il tuo post mi è piaciuto molto, ma questa volta il mio commento è una sorta di "non commento" o di "commento negativo".

Perché l'argomento mi mette a disagio.

Come mai?
Perché penso che la scuola e l'università così come sono oggi hanno fallito tutti gli obiettivi che si proponevano.

Sono anch'io laureato e ho avuto esperienze in alcune scuole come insegnante, ma oggi non mi iscriverei all'università (se fossi un ragazzo) e non accetterei più di lavorare in un scuola. Casomai frequenterei, per conoscere ragazze e non si sa mai per incrociare un vero maestro, ma studierei da solo e cercherei il confronto direttamente nel mondo. Certo, se sono un ventenne potrei non avere la maturità nel fare questo, ma spendere tutti quei soldi solo per questo motivo... per scontare la mia immaturità... consiglierei a un giovane di prendere quei soldi e andare in viaggio per il mondo per cinque anni, piuttosto. (Ma certo avrebbero i genitori contro, gli adulti contro, ed io sarei tacciato di essere un "cattivo maestro").

Sono molto negativo su questo argomento, lo so... sono intristito dalla realtà che vedo e che ho visto.

Mi piacerebbe che @pataxis, persona che stimo (ho letto i suoi post) e che fa l'insegnante, riuscisse con un post sui valori dell'istruzione scolastica (di questa istruzione scolastica e universitaria) a farmi cambiare idea (ne avrei proprio bisogno!).

Carissimo @anedo, stai parlando con uno che ai suoi amici, conoscenti e parenti 18enni in questi anni ha consigliato di non iscriversi all'università se non per passione o per hobby ma di dedicare quegli anni, quelle energie, quei soldi ad altro. A cosa?
A viaggi, esperienze di vita tout court, alle lingue, a rendere le proprie passioni un lavoro e un'ispirazione.
Per quanto mi riguarda la scuola, l'università, il mondo del lavoro hanno fallito e creato disperazione, frustrazione e disuguaglianza. Quindi perchè restare dentro questi schemi?
Tornando indietro (e il mio post di oggi sarà un pò un interrogativo esistenziale rivolto a tutti) forse mi iscriverei ancora, lo farei perchè l'università mi ha reso chi sono e mi ha stimolato a pensare, ma proprio per questo lo farei come se fosse il mio hobby, il mio lavoro part time, ma le mie energie vere, i miei 9000 euro all'anno o parte di essi li investirei altrove.
Il tuo commento, per l'ennesima volta si dimostra molto acuto e ancora una volta mi trova daccordo e in ogni caso stimola ad altre riflessioni.
Grazie per questo.

Caspita siamo in due... il pessimismo sta dilagando... 😟

Grazie per l'attestato di stima... 😐😊

Pessimismo o realismo?

Gran bel pezzo @serialfiller di quelli che mettono in dubbio e fanno riflettere, son un'amante del dubbio solo con il dubbio si pongono le basi per il futuro

Apprezzo molto anche perchè condivido pienamente il fatto che è il dubbio a far risvegliare stimoli e coscienze, a spingere ad informarci e agire.
Grazie.

Complimenti, una riflessione molto completa e articolata. I percorsi universitari sono inoltre anche ampiamente differenziati, a seconda della scelta di seguire un corso di laurea cosiddetta "debole", o un corso di laurea in discipline scientifiche e quindi più facilmente spendibili nel mercato del lavoro. In ogni caso grazie per aver sollevato una questione cruciale e cioè la qualità professionale della formazione accademica in Italia.

Ti ringrazio.
Un tema credo molto sentito e sempre molto sottovalutato.
Spero di scrivere ancora sul tema in futuro.

Post molto interessante. Io non smetto di credere nel valore dell’istruzione, tutta, perché faccio l’insegnante, ma ho ben chiaro che rispetto a quando l’università l'abbiamo frequentata noi le prospettive sono molto cambiate. Eppure penso che sul lungo periodo avere un titolo o non averlo continui ad essere dirimente anche in termini economici: chi lavora subito tende a specializzarsi in un campo e in genere ha poca duttilità al cambiamento che il mondo attuale del lavoro sembra imporre. Una laurea invece è pur sempre garanzia di una preparazione utile ad adattarsi e a reinventarsi, all’occorrenza.

Concordo.
Penso che il livello si sia anche molto abbassato. La qualità dello studio oggi è molto più bassa rispetto a prima. Gli studenti sono chiamati a soddisfare ritmi folli e numero di esame folle a scapito della qualità dello studio.

Me ne accorgo dai racconti dei miei ex studenti e dei miei ex colleghi che ora insegnano all’università.

Immagino.
In questi anni anche io me ne sono reso conto di un gap generazionale pauroso.

gia letto e commentato, complimenti.
Mi sa che non finisce qui! Mi è venuta voglia di sviscerare ulteriormente l'argomento.

Bene, è giusto ravvivare il dibattito su questo forum! Non vedo l'ora di leggerti!

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