LE STORIE DI GERARDO: Primo amore, prima bugia

in #ita6 years ago (edited)

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Gerardo e Leonilde… nomi d’altri tempi…

Continua con questo racconto la serie di storie del mio amico Gerardo, di cui sto curando la selezione e l’editing, scegliendo anche tra le sue foto e i suoi disegni, per arrivare presto ad una pubblicazione.

E’ la nostra storia. La nostra memoria. E ho deciso di condividerle in anteprima con la comunità italiana di Steemit per affetto nei suoi confronti, perché mi manca e perché a mio avviso vale davvero la pena leggerle.

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Avevamo circa tre anni, Leonilde ed io.

In quel tempo, mio padre, mia madre, mio fratello Raimondo e mia sorella Elda, abitavamo a Monterosi, all’ultimo piano di un palazzotto storico del paese. E al primo piano ci abitavano i proprietari, genitori di Leonilde.

La mattina andavo all’asilo, accompagnato da mia sorella più grande.
Ci andavo mal volentieri, perché c’era qualche bambino che mi faceva i dispetti. E poi, le maestre erano severe…

Ad una certa ora ci facevano dormire seduti nei banchi, con la testa appoggiata sulle braccia. Una delle maestre passava e controllava che dormissimo.

Ricordo ancora perfettamente quella volta che, pensando di farla franca, iniziai a respirare col fiato grosso a simulare un sonno profondo. Il risultato fu: una bella bacchettata sulla schiena!

A quei tempi la disciplina si insegnava con la bacchetta. Solo dopo seguiva la spiegazione…

Dunque, ogni mattina, facevo la lagna e, per calmarmi, esigevo che mia sorella mi comprasse una caramella. Ogni mattina!

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Si entrava nel negozio di fronte a casa, uno spaccio che vendeva di tutto, la proprietaria mi faceva un sorriso e mi redarguiva con affetto ”Anche oggi facciamo i capricci?!” Un rito. Apriva un grosso vaso di vetro e me ne allungava una.

C’era un bel cane in quel negozio, un bracco dal mantello marrone bruciato. Stava lì, seduto, tutte le mattine. E, tutte le mattine, guardandomi con quei due occhi appesi, sembrava dirmi ”E dai, fammi una carezza!”

Ma ero piccolo e non capivo quel linguaggio. Lo guardavo ingrugnito, perchè con quello sguardo mi sembrava volesse dirmi …che gli stavo antipatico. Mi sembrava mi guardasse con un’aria di sfida…

Forte della presenza di mia sorella, una volta gli feci un gestaccio con la mano. Il bracco ebbe una immediata reazione istintiva. Interpretando il mio gesto come un gioco, si alzò in piedi e appoggiò le sue zampone sulle mie spalle per fraternizzare.

Non avevo avuto mai a che fare con i cani. Non ne conoscevo l’indole. Per me i cani abbaiavano e potevano mordere. Punto. In casa nostra non ne avevamo mai avuto uno. Feci un grido di spavento e scoppiai in un pianto dirotto.

La signora del negozio, che non aveva visto la scena, saltò fuori dal banco preoccupatissima e iniziò a rassicurarmi e coccolarmi. E mi fece bere un bicchiere d’acqua, come si faceva in caso di improvviso spavento. E poi, per consolarmi, mi diede - ancora me lo ricordo come una festa grande! ben cinque caramelle!

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Con Leonilde passavo molto del mio tempo a giocare.
Il paese era piccolo e tutti sapevano di tutti. Un giorno una signora, osservandoci ci disse:

”Ma voi due siete fidanzati? Quando vi sposate?”
Leonilde, che era molto più sveglia e loquace di me, rispose: ”Si, ci sposiamo. Papà è andato a comprare i confetti!”

Ormai eravamo fidanzati pubblicamente…

Il soffitto del nostro appartamento era costituito da un solaio di legno, oltre il quale c’era il sottotetto, accessibile da una botola, situata nella camera da letto dove dormivo io.

In quella soffitta - accadeva spesso - avevano nidificato alcuni piccioni…

Un giorno mio fratello Raimondo prese la scala e salì attraverso la botola. Non lo vidi perché stavo dormendo, ma mi svegliai che stava scendendo, con in mano e nelle tasche alcuni piccioncini. Abbastanza cresciuti da poterli cucinare… Non facevano il verso tipico dei piccioni. Pigolavano.

In verità quei piccioni non appartenevano a nessuno. Ma, per delicatezza, mia madre, che li aveva cucinati, si raccomandò: ”Senti, bello di mamma, non glielo andare a dire a Leonilde che abbiamo preso dei piccioncini e ce li siamo mangiati…”

Al mio paese si dice ”La pecora raccomandata se la mangia il lupo”…. E, da noi come da per tutto, vale anche il proverbio ”Chi ha tempo non aspetti tempo”

Morale: andai a cercare immediatamente Leonilde. Per riassicurarla…

”Leonì, nu non ci simo pigliati nnisciuni picciunitti!”

Leonilde, ascolta… noi non abbiamo preso nessuno dei piccioncini…
Primo amore, prima bugia!

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I racconti precedenti:
I miei primi sci
Polenta e panuntella. Due pietanze, due ceti
Il nostro Natale

Il racconto e le immagini sono di Gerardo. Sono pubblicati con il consenso della moglie.

Sort:  

Bello e poetico, come sempre. Ricordo di Gerardo un lungo racconto sul bar della piaza principale di Petrella Liri. Un modo dolcissimo di tornare a casa. Non la casa reale, ma quella delle mie radici materne. Un grande cuore abruzzese.

Un tuffo al passato fatto di ricordi, complimenti per i tuoi post

...mi hai ricordato i racconti delle mie zie... è meraviglioso quello che stai facendo per il tuo amico e per la sua famiglia... Grazie per averlo condiviso con noi 💜

Grazie. Davvero...

Sembra di essere catapultati indietro negli anni. Bellissimo.

Bel racconto. Mi fa ritornare nel passato, quando i miei fratelli più piccoli si facevano comprare tante caramelle e cioccolatini da me. Soprattutto mia sorella che è più piccola di me di 15 anni.

Most beautiful contents on a single steen ever found....😆 Loved Gerardo Thanks @marcodobrovich to bring him among us

Un altro bellissimo racconto, un pezzo di storia emozionante. È una fortuna poter leggere queste vicende 😊

Gerardo rock again..... Great work of art dear@ marcodobrovich

Thank you dear!

Special words : some region nested .... Loved very much

Bellissimo racconto, complimenti davvero come sempre strameritati; il tuo modo di scrivere è fantastico, si entra dentro il racconto. Man mano che lo leggevo mi fermavo, chiudevo gli occhi ed immaginavo ogni scena, speciale davvero!

Il racconto è di Gerardo. Sul serio... Io ho curato l'editing. Certo. Lo stile è il mio... Davvero si vede?

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