In ricordo di un grande amico che non c’è più

in #ita6 years ago (edited)

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Era nato negli anni Trenta in un paesino montano dell’Abruzzo. Aveva studiato e il lavoro l’aveva portato in giro per il mondo. Ma aveva conservato un amore molto forte per la sua terra d’origine.

Aveva un sacco di cose da raccontare e, come me, aveva un gran piacere a farlo.
Ci è capitato spesso, di fronte a un buon bicchiere di vino, di chiacchierare per ore senza stancarci. Lui con le sue storie, io con le mie.

Era più grande di me. Lui ne aveva di più. E di più lontane nel tempo. Di più evocative…
Passavo il più del tempo ad ascoltarlo.

Dei suoi ricordi d’infanzia iniziò a scrivere racconti. Molto belli. Glielo dissi. E mi feci avanti per dargli una mano a pubblicarli. Mi sarei occupato dell’editing, dell’impaginazione, di trovare i fondi necessari e i contatti giusti…
E’ un impegno che intendo mantenere e, con sua moglie, stiamo raccogliendo anche le foto e i disegni. Disegnava, neanche a dirlo, benissimo. A matita.

Per affetto nei suoi confronti, perché mi manca e perché a mio avviso vale davvero la pena leggerli, ho deciso di pubblicarne qualche anteprima qui, per la nostra comunità.

È la nostra storia. La nostra memoria. Grazie Gerardo!

——o——

Ragazzi, è tempo di settimana bianca. Rispolverate i vostri sci fiammanti; riaffilate le lamine e sciolinate le suole…

I MIEI PRIMI SCI

La nostra cantina, adibita a legnaia.
Era molto ben fornita di legna da ardere. Legna per il camino. Legna di faggio. Quella trasportata con i muli dalle nostre montagne, in occasione dell’annuale assegnazione, del lotto di macchia per uso civico, comunemente chiamato ”quarto”.

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Non era importante che fosse stagionata, anzi, quella “verde” era più tenera e si lavorava meglio.

Nella legnaia mi ritiravo spesso, su invito di mia madre, per spaccare quella grossa, per il fuoco. Usavo l’accetta, i cunei (zeppe) di ferro e la mazza.

La legna da ardere era lunga. Normalmente circa un metro.
Quel giorno scelsi il pezzo di legno che mi sembrava più adatto: diametro di circa dieci centimetri, dritto con una leggera curvatura in fondo. La curvatura doveva essere sfruttata per le punte degli sci!

Usando accetta e cunei, lo spaccai in due.
Lavorando di roncola e di raspa (la mia abilità manuale si rivelava già da allora!), riuscii ad ottenere due tavolette quasi uguali, con delle punte vagamente rialzate. Per levigarle, soprattutto nella parte di sotto, utilizzai dei pezzi di lastre vetro, usati come rasiera.

Erano quasi pronti: mancavano solo gli attacchi.
Una vecchia cinta di canapa, serviva allo scopo. Ne feci due pezzi e la inchiodai, con le semenze, agli sci, per poterli calzare come degli zoccoli.

E i bastoncini?
Fortunato chi riusciva a rimediare un paio di manici di scopa!
Ma dalla catasta della legna si riusciva, quasi sempre, a trovare qualche bastone abbastanza dritto, da adattare all’uopo.

I terreni per sciare non erano molti.
Quelli più adatti erano distanti e difficili da raggiungere, con la neve alta. Ci si riuniva allora sul campo, vicino casa.

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Si era sempre un gruppetto di cinque o sei ragazzi. Il più bravo aveva il compito di tracciare la pista.

Gli sci, sempre troppo corti, affondavano nella neve ed avanzavano con difficoltà. Ma spingendo con i due “tortori”, si effettuava una specie di binario, dritto e lungo. Nel migliore dei casi, poteva raggiungere una cinquantina di metri…

Quella era la pista.
Quella era la pista nella quale tutti si cimentavano.

Curvare? Impossibile!
E come avremmo mai potuto!? Con quel tipo di “attacchi”, se si provava a fare una qualche forzatura, il tacco della scarpa scivolava lateralmente e si finiva col cadere.
D’altra parte quel tipo di tracciato, incassato nella neve, era un binario obbligato.

E si partiva. A volte in fila indiana e, se il primo cadeva, gli altri si ammucchiavano su di lui.

Se la discesa era troppo ripida, o se lo sciatore era poco esperto o timoroso, si scendeva con il bastone tra le gambe. Serviva come terzo punto di appoggio e di equilibrio e, allo stesso tempo, come freno. Più ci si appoggiava al bastone con il sedere, più si frenava.

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Con questo sistema si riusciva a scendere persino per le ripide strade del paese. Compresi i gradini!

Ma questo, però, non era ben visto dalle donne, soprattutto quelle anziane, perché in tal modo si formavano lastre di ghiaccio pericolose.

Per ovviare a tale pericolo, esse cospargevano di cenere la zona antistante la loro casa…

5 - gerardo.jpg

Il racconto e le immagini sono di Gerardo. Il disegno è un suo autoritratto. Sono pubblicati con il consenso della moglie.

Sort:  

Molto bello come sempre.

Grazie. Il merito, questa volta, è di Gerardo...

caro Gerardo, una persona speciale e bella

Chissà che questa volta non riusciamo davvero a pubblicare il libro... :)

bell'articolo, un bel tuffo nel passato

Grazie. Grazie a Gerardo...
Ho intenzione di pubblicarne qualche altro, come anteprima del libro sul quale sto lavorando.
Ieri ne ho pubblicata un'altra...

Che bel tributo al tuo amico Marco! E mi piace tantissimo anche il suo autoritratto :)

Grazie a te. Grazie a voi!
I vostri apprezzamenti mi commuovono. Ho le lacrime. Gerardo sarebbe contento...

Bello... evocativo. Sono i racconti di un'epoca semplice fatta di persone normali, che o ti rapiscono o ti annoiano.
Io ne sono sempre stato affascinato, forse perchè mi permettevano di viaggiare con la fantasia cercando di immaginare un tempo passato che, sotto certi aspetti, doveva essere meno complicato della vita di oggi.
Grazie per questo racconto.

Sono racconti di epoche lontane, che non abbiamo vissuto. Ma che, a mio avviso, ci danno il senso di chi siamo, di dove veniamo,... Le nostre radici, come si usa dire in questi casi...
Penso che sia importante.

Importantissimo. Cosa saremmo senza una storia, delle radici? ;-)

Grazie per aver condiviso questo ricordo perché tutti, penso, abbiamo una persona speciale nel cuore.

Era un grande amico. Una persona solida, corretta, leale,...
Le sue storie mi hanno sempre affascinato. L'Italia, 70 anni fa, era così...

Bellissimo racconto.

Grazie. MI fa piacere ti sia piaciuto.

Bellissimo racconto. Anche noi da piccoli "sciavamo", ma in modo diverso... Usavamo Delle classiche buste della spesa, ci sedevamo sopra e via per la discesa. Mio nonno una volta mi raccontò che loro da piccoli invece sciavamo utilizzando delle botti di legno... Non no mai capito come facevano però. Grazie per il racconto e per avermi fatto ricordare quegli episodi

Grazie a te. Sono venuti fuori altri ricordi...

Mi spiace per l'amico che hai perso; i suoi racconti e il suo disegno sono davvero preziosi e belli.

Bellissimo

Vero? Ero sicuro che ti sarebbe piaciuto. Grazie!

Ti ho menzionato nel mio ultimo post. Menzionando questo post. :-D

Urca! Menzionato in un post del grande @themadicine? Corro a vedere... :)

glande the madicine si. Grande no.

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