LA MIA MATURITÀ

in #ita6 years ago (edited)

Leggere il post di @mondodidave73 dell’altro giorno ha fatto affiorare anche in me un sacco di ricordi legati all’estate della maturità. Inizialmente avevo iniziato a commentare il suo post, ma poi mi sono detta “è un sacco che non pubblico qualcosa di mio, perché non approfittarne”. Ringrazio comunque @mondodidave73 per l’ispirazione e, anzi, spero che altri la penseranno come me: sarebbe bello leggere anche i ricordi degli altri su uno scoglio che, bene o male, abbiamo dovuto affrontare tutti. Tranne @sciak, ovviamente… a meno che non sia veramente una annoiata moglie trofeo che si diverte a fingersi adolescente, come teorizzo da più o meno 12 minuti. In quel caso, la buona notizia è che anche “lui” si è già lasciato la maturità alle spalle.

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Iniziamo quindi dalle domande di Dave… sono le stesse che all’epoca mi ponevo io?

  • Cosa ci riserverà il futuro?
  • Il lavoro che troverò, mi soddisferà?
  • Avrò una famiglia?
  • Vivrò qui in Italia, o sarò un cervello in fuga?

Tutto sommato, sono domande che mi pongo ancora, tranne forse l’ultima visto che da quel punto di vista credo ormai di essermi abbastanza saldamente radicata in Patria (e per quanto ami viaggiare e parlare le lingue straniere, mi va assai bene così: sono pur sempre un Toro abitudinario). Essendo un po’ più giovane di Dave, la mia situazione familiare e professionale può considerarsi ancora in divenire, ma ad oltre 10 anni dalla maturità sicuramente ho un’idea più precisa di quella che sarà la mia vita nei prossimi anni.

D’altra parte, sono abbastanza sicura che siano domande che si pongono tutti all’alba della maturità, l’ultimo baluardo dell’adolescenza e di una quotidianità programmata, fatta di orari e lezioni standardizzate, programmi ministeriali e verifiche periodiche, giustificazioni dei genitori, gite ed eventi culturali, lunghe estati di libertà e inverni sui banchi passati ad attendere le prossime vacanze, i prossimi ponti, il prossimo weekend. Un’esperienza che ci accomuna tutti, studenti del liceo e degli istituti tecnici, a prescindere dalle scelte che ci hanno portato in seguito sulle strade più diverse. Tanto che per almeno un paio d’anni diventa quasi una consuetudine rompere il ghiaccio con i coetanei chiedendo “tu che tema hai fatto?” e “alla tua scuola che seconda prova c’era?”

A scuola sono sempre andata bene, ho sempre preso buoni voti e non avevo problemi di condotta, passavo compiti e appunti al bisogno e all’ultimo anno ho fatto anche un po’ di ripetizioni di matematica ai miei compagni di classe. Il dubbio di non superare l’esame di maturità, quindi, non c’è mai stato, così come non credo di essermi mai presentata ad un esame universitario con la paura di non prendere almeno la sufficienza: quegli spasimi mi sono rimasti ignoti fino all’esame di abilitazione professionale. In compenso, partendo da presupposti assai favorevoli, il timore è sempre stato quello di non ottenere un risultato conforme alle aspettative. Il che, mi rendo conto, stimola solidarietà e comprensione tanto quanto le tettone che si lamentano del mal di schiena. Stronze.

Fatto sta che, per un motivo o per l’altro, la notte prima degli esami non fa sconti a nessuno e perciò ho sempre provato un lieve disprezzo per chi, una volta superata la maturità, assume un atteggiamento quasi sprezzante per un esame che affolla gli incubi di molti anche decenni dopo averlo sostenuto e per chi tratta con sufficienza i maturandi a suon di “ma la maturità è una passeggiata, vedrai poi all’università”. Vi rovino subito il finale: io sono arrivata alla maturità tranquilla e preparata, dopo gli scritti avrei potuto entrare, firmare e uscirmene con un voto più che dignitoso, all’orale ho dato comunque spettacolo e sono uscita col massimo dei voti. Col senno di poi, non definirei la mia maturità un esame difficile. Ma la mia maturità non è la maturità. E in ogni caso ho sempre pensato che un esame non si giudica dal suo svolgimento, bensì dall’ansia che genera il suo approssimarsi. E dopo 13 anni passati a fare verifiche su un paio di argomenti sì e no, trovarsi improvvisamente a dover portare tutto il programma dell’anno, di tutte le materie fino ad allora studiate non è per niente una passeggiata di salute, quanto ad ansia.

Tutti ciò premesso, veniamo agli highlights della mia maturità.

PROVA DI ITALIANO

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Il mio anno uscì Ungaretti. Che disagio

In realtà, non avevo mai preso seriamente in considerazione di svolgere la traccia di analisi del testo. Anche durante i tre anni precedenti, l’avevo scelta solo quando veniva fatta sul canto della Divina Commedia appena studiato: Dante non si batte. Ma passare 6 ore a scrivere di Ungaretti, anche no.

Rileggendo ora i temi a suo tempo proposti mi sembrano tutti di una pesantezza unica, se non altro per dei diciottenni. Ho sempre provato una diffusa antipatia per l’Unione Europea, quindi la traccia storica era sicuramente fuori discussione. E di artigianato non ho mai avuto modo di occuparmi. Oggi come oggi, quella del distacco mi sembra una traccia interessante, ma se dovessi scegliere di nuovo credo rifarei la traccia scelta allora:

Finalità e limiti della conoscenza scientifica: che cosa ci dice la scienza sul mondo che ci circonda, su noi stessi e sul senso della vita?

Non ricordo di preciso cosa scrissi, ma credo Burioni sarebbe stato fiero della mia difesa a oltranza della scienza e del metodo scientifico.
Piacque anche alla professoressa di italiano, che mi riconobbe 15/15.

LINGUA STRANIERA

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Avendo frequentato un liceo linguistico con indirizzo economico-giuridico, la mia seconda prova era un tema in lingua straniera, sempre con svolgimento di 6 ore.

Nella mia scuola si insegnavano inglese, tedesco, francese e spagnolo, ma non tutti seguivano tutti i corsi. Se non erro, spagnolo (che io avevo fatto alle medie) lo studiava solo qualche compagno della sezione B e considerato che nella gita in comune a Barcellona, accompagnati dalla loro insegnante, avevo gestito io la comunicazione con hotel, attrazioni e ristoranti non ho idea di cosa potessero aver imparato in classe. Inglese e tedesco li facevamo tutti e francese solo chi seguiva l’indirizzo linguistico puro, mentre noi del giuridico-economico facevamo diritto e economia. Dal terzo anno in poi, ci dividevamo anche per latino (noi) e storia dell’arte (linguistico). Tra l’altro, avendo frequentato la Scuola Inglese, alle medie, un altro paio di compagne ed io seguivamo inglese separatamente, con un’insegnante madrelingua.
Insomma, da quella classe era tutto un andare e venire.

In sostanza, comunque, la mia scelta per la seconda prova era limitata alle lingue inglese e tedesco. Credo non possiate avere dubbi su quale io abbia scelto. Le tracce erano due, una letteraria e una di attualità. Beckett era sicuramente più intrigante di Ungaretti, ma scelsi comunque la traccia di attualità, anche solo per il gusto di contraddire tutto quanto scritto il giorno prima:

Learning about life: what’s the point of philosophy?

Se il giorno precedente, infatti, mi ero lanciata in un’apologia a tutto spiano della scienza e del metodo scientifico, il tema di inglese mi spinse ad una prolusione molto sentita in favore della speculazione filosofica.
Anche di questa prova, non ricordo i dettagli, se non che per gli anni a seguire sono sempre rimasta convinta che quel tema fosse una delle cose più belle che io abbia mai scritto, tanto da considerare ancor oggi una tremenda ingiustizia il fatto che quell’anno non fosse prevista la lode. O almeno questo è quello che all’epoca mi dissero i professori. Esistono dei momenti serendipici nella vita di ciascuno di noi, in cui tutto si incastra alla perfezione e mancano solo un arcobaleno e un coro di cherubini a fare da contorno. Questo è il ricordo che mi accompagna della mia prova di inglese, perciò immagino non sorprenda che ancor oggi mi diverta molto a scrivere o tradurre in inglese.

Incidentalmente, scopro solo oggi che alcuni indirizzi sperimentali avevano dei temi diversi e ben due su tre dedicati alla letteratura. Sarebbero state opzioni meravigliose:

Il critico francese Roland Barthes, nel libro Il piacere del testo, afferma che “il lettore può sempre dire: so perfettamente che sono solo parole, ma in ogni caso...(mi commuovo come se queste parole enunciassero una realtà)”.
Quale opera di finzione letteraria ha suscitato in te una forte empatia ed una partecipazione personale agli eventi narrati?
Affronta l’argomento riferendoti alla produzione letteraria in una delle lingue straniere da te studiate.

Il fenomeno della grande vendita dei best-sellers, spesso in concomitanza con l’uscita della loro riduzione filmica, è legato all’aumento dei lettori o piuttosto ad un atteggiamento di moda e conformismo con i desideri indotti dalle scelte editoriali del mercato librario e cinematografico?
Sviluppa l’argomento, mettendo in evidenza il tuo personale rapporto con la lettura di best-sellers e la visione dei film tratti dai romanzi più venduti.

La terza traccia, invece, mi sembra un tema assurdo da proporre a chi si appresta in quel momento ad uscire dalla scuola dell’obbligo, ma può essere che i corsi sperimentali a cui queste tracce erano state proposte insegnassero anche sociologia o altre materie in cui si discuteva del mondo del lavoro. Ve la propongo, nel caso qualcuno di voi cercasse spunti per un post futuro.

In un mercato del lavoro flessibile accade sempre più spesso che il lavoratore avverta la necessità di seguire dei percorsi di formazione continua, sia per rivedere e aggiornare le proprie competenze, sia per potersi reinserire in altri ambiti professionali qualora si presenti la necessità di ricollocamento. Le attività professionali e gli interventi di formazione dovrebbero quindi essere svolti in modo sinergico, per aumentare le opportunità di carriera e di reinserimento in caso di difficoltà.
Affronta l’argomento esponendo la tua opinione al riguardo.

Anche in questo caso, portai a casa i 15/15 anche se ribadisco, senza alcuna falsa modestia, che quel tema meritava la lode.

TERZA PROVA

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La terza prova, si sa, si fa la settimana successiva alle prime due perché gli istituti artistici hanno seconde prove divise su più giorni e bisogna aspettarli. È una prova libera lasciata alla fantasia di ciascuna scuola e quindi ogni tentativo di recuperare le domande sarebbe vano.

Ricordo che sicuramente la mia prova comprendeva la lingua tedesca. E se non ricordo male avevo anche diritto o economia (o entrambe), perché la memoria mi suggerisce l’immagine del professore che si leggeva in anteprima la risposta da sopra le mie spalle e mi indicava, con un leggero colpo di tosse, che forse il termine che avevo usato non era quello corretto. Forse l’ultima materia era fisica.
Sicuramente non c’erano matematica o storia, il che aveva reso inutile la mia esposizione della sera prima con la professoressa di italiano e storia. Per qualche strano motivo, gran parte della classe era terrorizzata alla prospettiva che uscisse storia in terza prova e per tutto il pomeriggio precedente ero stata bombardata da messaggi dei compagni che mi chiedevano di intercedere presso la prof. di italiano per avere qualche certezza. Alla fine le avevo scritto un messaggio, a cui lei non aveva (giustamente) mai risposto. L’aveva ricevuto, comunque, perché la mattina della prova mi aveva lanciato un’occhiataccia terribile… alla quale io avevo risposto aprendo le braccia e guardando sconsolata i compagni.

L’INTERMEZZO

Non l’ho ancora detto esplicitamente, anche se si poteva intuire dai link alle tracce, ma la cosa in assoluto più figa del mio esame di maturità è che l’ho fatto nel 2006. E sono sicura vi ricordiate di che anno stiamo parlando.

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Immagine sicuramente coperta da copyright, ma siamo nei giorni della goliardia quindi chissene

Ebbene sì, era l’anno dei mondiali e, incidentalmente, anche l’anno in cui è ambientato il film Notte prima degli esami: Oggi. Anche se ho comunque preferito il primo film, il secondo mi ha sempre ispirato particolare simpatia, se non altro per colleganza. L’attesa per l’uscita dei voti degli scritti è stata, quindi, allietata dalle partite della Nazionale che, inspiegabilmente, continuava a vincere. Insomma, tutto cospirava contro uno studio metodico e tranquille serate di ripasso.

L’ORALE

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La mia era una scuola piccola, comunque, quindi fecero presto a correggere gli scritti e iniziare gli orali anche se, con mia incerta fortuna, era stata estratta la D ed io ero finita in coda alla lista, seguita solo da Cosentino (una compagna che, poveretta, non solo è stata l’ultima a fare l’orale ma l’ha fatto, da sola, un sabato mattina).

Avendo qualche giorno in più a disposizione, andai a seguire alcuni orali, principalmente quelli delle compagne che, come me, puntavano al massimo dei voti. C’era sempre qualche altro compagno a seguire, ma non più di due o tre per esame.
E poi, abbastanza rapidamente, toccò a me.

L’indirizzo giuridico-economico era stato lasciato in coda e, considerato che quello era il primo anno che il corso era stato attivato in quella scuola, eravamo solo in tre (storia lunga, ma ci eravamo trasferiti da un’altra scuola che aveva chiuso l’estate precedente). In sostanza, ero presente nel momento in cui usciva l’ultima compagna del linguistico e avrebbe dovuto entrare il primo del giuridico-economico, se non fosse che i professori avevano ben pensato di fare una pausa tra l’una e l’altro… pausa in occasione della quale il professore di geografia astronomica ha ben pensato di salutarci augurandoci buone vacanze.

“Ma… professore… e noi?”
“Signorina, per il vostro indirizzo non era stata sorteggiata la mia materia, quindi io ho finito.”
“Ma non ce l’ha mai detto nessuno.”
“Non stava a me informarvi, semmai era compito della Vicepreside. Buone cose.”
E sparì per sempre, nel sole del tardo meriggio.

Geografia astronomica.

La bestia nera dell’intero ultimo anno. Un professore ormai in pensione che aveva lavorato tutta la vita al liceo classico migliore della città, parlava a macchinetta, era molto esigente nelle verifiche e agli orali e non sapevi mai se guardava te o il vicino di posto (era un po’ strabico). Gli appunti di geografia astronomica erano i più ordinati e dettagliati che avevo realizzato nel corso dell’anno e avevano fatto il giro di tutta la classe, mi ero strategicamente offerta volontaria alla prima interrogazione dell’anno, avevo suggerito ad ogni occasione possibile (una volta, esilarante, al compagno che era interrogato con me) e avevo passato circa il 70% del tempo dedicato al ripasso per l’esame a rivedere quella specifica materia.
E scoprivo a mezz’ora dall’orale che non me l’avrebbero nemmeno chiesta. A meno che…

… nei precedenti 13 anni di scuola dell’obbligo, la mia materia preferita era stata sempre e invariabilmente matematica. L’ho sempre capita, mi è sempre piaciuta, ho sempre amato i miei insegnati e per un certo tempo ambivo alla Normale di Pisa (poi ho capito che non potevo rinunciare a Giurisprudenza, ma questa è un’altra storia).
A differenza del professore di geografia astronomica, la professoressa di matematica ci aveva avvertiti per tempo del fatto che la sua materia non era stata selezionata per la maturità. Una circostanza che aveva quantomai allietato i miei compagni e che io trovavo inconcepibile, sia perché mi sembrava assurdo che un esame di maturità (di qualunque indirizzo) escludesse una materia basilare come la matematica, ma anche perché non volevo che la mia esperienza scolastica si concludesse senza una prova di matematica. Perciò mi ero accordata con la professoressa di fisica perché mi interrogasse anche in matematica…

Fortuna volle che nel corso del mio breve scambio col professore di geografia astronomica, la professoressa di fisica gli fosse immediatamente dietro e che i nostri sguardi si incrociassero mentre boccheggiavo sconvolta. Lei rimase inizialmente interdetta: pur essendo laureata in Astronomia, era abilitata all’insegnamento di matematica e fisica ma non a quello di geografia astronomica. Però ci pensò un attimo e mi fece un cenno di assenso.

La pausa finì e il compagno che mi precedeva entrò e uscì anche troppo presto per i miei gusti. Era ora di dare inizio allo spettacolo.
Agli altri orali ai quali avevo assistito ero una volta da sola e le altre volte in compagnia di massimo un paio di persone. Al mio, per qualche strano motivo, c’erano almeno 5-6 compagni di classe, due amiche del cuore che frequentavano altre scuole e i miei genitori. In pratica, mi ero portata la claque. Tanto valeva farli divertire.

Non so loro, ma io sicuramente me la sono goduta. Come già detto, era il giugno 2006, ricorreva il 60º anniversario del referendum monarchia/repubblica del 2 giugno 1946 e io avevo scelto come tema della tesina ”La Res Publica”, includendo in maniera strategica le materie più ostiche in modo da limitare poi le domande da parte dei professori. Con tedesco e storia funzionò. La professoressa di inglese, che si era messa d’accordo con tutti sull’argomento da chiedere, passò in rassegna più o meno tutto il programma prima di arrivare a quello che avevo chiesto io (T.S.Eliot, solo per parlare del suo Old Possum’s Book of Practical Cats e del musical Cats). Le altre materie sono ormai perse nella nebbia, ma l’apoteosi giunse, dulcis in fundo, con quella che avrebbe dovuto essere l’interrogazione di fisica e che invece iniziò con uno studio di funzione molto soddisfacente, prima di deviare in fisica e sui magneti.
Ricorderete che, in teoria, la professoressa non avrebbe potuto interrogarmi in geografia astronomica. O, meglio, agli altri professori magari non sarebbe fregato nulla, ma c’era la presidentessa di commissione esterna un po’ stronzetta che avrebbe potuto obiettare. Ma lei era un’insegnante di italiano vecchia scuola che probabilmente ai suoi tempi aveva studiato francese e noi, al linguistico, fisica la studiavamo in inglese. E lì subentrò il genio della mia prof. che, esaurito il tema dell’elettromagnetismo come affrontato in fisica, si mise a chiedermi un esempio di magnetismo più a largo spettro… ci misi un po’ a capire, poi mi si accese la lampadina ”oh, you mean geomagnetism!” e iniziai a sciorinarle tutto quello che si era detto a geografia astronomica sul campo geomagnetico terrestre. Con tanto di imprecazione dei compagni di classe quando si resero conto di quello che stava succedendo (qualcosa del tipo *”ma questa è scema: non solo insiste per geografia astronomica, ma la fa pure in inglese!”).

Coup de théâtre finale, a mia insaputa i miei genitori avevano portato a scuola tocco e toga della graduation americana del mio anno all’estero e così agghindata uscivo finalmente matura dalla scuola in cui ero entrata liceale (ci sarei tornata il mattino dopo, per dare sostegno morale alla Cosentino).
Purtroppo, la mia iscrizione a FB risale ad almeno due anni dopo, perciò non sono in grado di recuperare al volo un’immagine di quella giornata

IL GRAN FINALE

Essendo una scuola piccola, avevamo finito presto e il 4 luglio un gruppetto di noi era già al mare a sollazzarsi. Celebrammo la vittoria contro la Germania in semifinale correndo intorno alla piscina, cantando l’inno a squarciagola e tuffandoci in acqua per un bagno di mezzanotte.
La mattina dopo uscirono i risultati e cinque giorni dopo eravamo CAMPIONI DEL MONDO.

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Anche questa foto immagino sia coperta da copyright, ma sarebbe immorale negarne l’uso, nel contesto.
Dopotutto, io avevo preso 100/100… il paragone è ficcante.

IN BOCCA AL LUPO A TUTTI I MATURANDI
PRESENTI E FUTURI

Sort:  

Complimenti per il post, l'esame e la tua autostima ;)

un esame non si giudica dal suo svolgimento, bensì dall’ansia che genera il suo approssimarsi.

Questa frase mi ha colpito particolarmente, la trovo irresistibilmente accattivante, perchè opinabile e vera allo stesso tempo.
E con il concetto dell'ansia mi hai ricordato l'esame orale della mia maturità (gli scritti, non particolarmente difficili, erano andati mediamente bene). Ricordo che mi soffermai un pò troppo sull'impaginazione e la parte grafica nella stesura della tesina (cosa che comunque contribuì al successo dell'esame), oltre ovviamente al contenuto e, complice anche il caldo e la stanchezza mentale, non riuscii a memorizzare bene tutti i passaggi dei vari argomenti. Se questa consapevolezza era un lieve timore negli ultimi giorni che precedevano il grande evento, si stava trasformando in terrore la mattina dell'esame quando, per qualche arcano motivo della psiche, realizzai di non ricordare praticamente nulla. Black out. Anziché farmi prendere dalla disperazione ricordo che abbracciai l'idea di rassegnazione, come il condannato che affronta nel migliore dei modi la sua pena sul patibolo, consapevole dell'inevitabile capitolazione. Farò scena muta, pensai, pazienza.. che sarà mai, rovinerò del tutto il voto e mi daranno il minimo con un calcio nel sedere, ma almeno finalmente è finita, presto sarò libero anche io... Questa amara ma serena rassegnazione deve aver fatto scattare un altro grilletto della psiche, tutto tornò alla memoria e, contrariamente alle aspettative, mi fece fare il migliore orale in assoluto. Sfoderai perfino una surreale spavalderia nell'esposizione e nei collegamenti tra un argomento e l'altro, sbaragliando tutte le domande, anche le più bastarde.

Grazie per aver condiviso la tua esperienza, se può consolare comunque, in classe mia c'era una concorrenza spietata, e tutte le ragazze presero il massimo, comprese le tettone.

Avendo anche fatto per tanti anni danza, posso assicurarti che è assolutamente normale avere un black out totale nei minuti prima di “andare in scena”. Conseguentemente, anche all’università e all’esame professionale, mi sono sempre preoccupata quando non mi sembrava di non sapere niente, entrando a fare l’esame 😜

Che spettacolo questo post! Sono davvero contento di averti ispirato!

Fantastico questo tuffo nel passato! Sei sempre stata una secchiona allora 😁 Ps abbiamo fatto l'esame di maturità lo stesso anno.

E quindi che tema hai fatto? 😜

Che bei ricordi!
Io ho sostenuto la maturità esattamente 10 anni dopo di te e mi unisco al club delle secchione perché ho preso 100 😂
La parte che ho preferito è stata questa però :
"Il che, mi rendo conto, stimola solidarietà e comprensione tanto quanto le tettone che si lamentano del mal di schiena. Stronze." ahahah ho riso troppo

E del fatto che non possono mettersi le camicie perché i bottoni si tirano troppo, ne vogliamo parlare?? 😜

Hahahaaha meglio di no, rimaniamo sul tema maturità

É scientificamente provato che generalmente le ragazze con poche tette hanno un bel viso, questo dovrebbe darvi sollievo.
É il viso delle tettone che non ho mai visto com'è.

Io c’ho provato a dire che Belén a me di viso non piace, perché non mi piacciono le facce lunghe. L’unica risposta che abbia mai ottenuto da un uomo è stata “e chi ci è mai arrivato al viso?!” 😬😜

(a onor del vero, funziona uguale con Chris Evans che secondo me ha la faccia da scemo)

Davvero dei bei momenti , ricordi indelebili , poi associati all,aver vinto i mondiali di calcio il top.

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