Storia di una fotografia #2: quando mi sono perso in montagna

in #ita6 years ago (edited)

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boschetto immerso nella nebbia sulla parete del monte Pania

Premetto che non sono tipo da montagna. Sono nato e cresciuto sul mare, il mio prototipo ideale di estate è asciugamano in battigia, birra e pizza a pranzo mangiata seduto guardando il mare, periodiche e frequenti camminate nella tratta acqua-bar per prendere quei 4-5 caffè e tre gelati quotidiani. Il tutto dalle 10 di mattina alle 8 di sera. Vita di mare, anzi, vita da spiaggia. Sono cresciuto in Versilia, dove le coste sono formate da lunghe e larghe spiagge, la maggior parte attrezzate con stabilimenti balneari o baracchine e bar. La vita di mare cambia a seconda della conformazione del litorale, ed essendomi spostato successivamente a Livorno è chiara la percezione diversa del mare: non c'è gente da sabbia ma gente da scoglio. Non ci sono anda e rianda dalla battigia al bar e viceversa perché non ci sono bar: a Livorno si scende sullo scoglio, e si rimane sullo scoglio.
Ma questo è un post che parla di montagna, e di come un giorno, da individuo da spiaggia, mi sia avventurato in solitaria per fare foto sulle apuane e di come, all'evidente culmine di un improvviso crollo delle mie facoltà mentali, abbia deciso di prepararmi a questa scampagnata.
Le montagne, qua in Versilia, sono vicine al mare. Il colpo d'occhio è spettacolare: quando sei in acqua le vedi scendere fino in mare. Hanno una bella linea, sono discretamente frastagliate, spesso d'inverno innevate e dalla loro cima aprono panorami fantastici sulle valli e sul mare stesso.
Non sono neanche particolarmente alte, parliamo di monti con un'altezza compresa tra i 1000 e i 1900 metri circa. Bazzecole!
I sentieri poi sono piuttosto agevoli, hanno dislivelli talvolta estesi ma si tratta comunque di camminare.
Bazzecole dico io!
E poi, affacciandomi dalla finestra del balcone di casa mia a Torre del Lago si vedono li ad un tiro di schioppo.
Praticamente sono un tizio di montagna pure io, mi pare ovvio.
Quel fine settimana ero passato a casa di mia madre, volevo cercare qualcosa di diverso da fotografare. Non panorami, non avevo la fotocamera con la lente adatta, ma volevo comunque fare una salita verso una vetta sicuro che qualcosa di interessante avrei trovato da fotografare, un sentiero, un capanno, degli animali, una valle.
Era agosto, tutti erano andati sicuramente al mare, quindi sui monti avrei trovato la desolazione che volevo comunicare con le foto.
La desolazione l'avrei sicuramente trovata.
Il problema dell'essere una persona di mare non è solo il non avere dimestichezza con i sentieri di montagna ma è anche il non avere l'attrezzatura necessaria per salire, e non saper neanche valutare l'oggettiva difficoltà di un sentiero.
Scelsi di andare sul Pania della croce, 1858 metri, partendo dal sentiero di Metato, paese alle pendici del monte, seguendo un sentiero che sul "sito dei sentieri" risultava non troppo lungo e semplice: 4 ore per andare e tornare.
I primi problemi nacquero quando mi resi conto di non avere nessun tipo di attrezzatura, niente scarpe, niente giacca antivento, niente zaino. Ma il sentiero risultava semplice quindi chissene.
Decisi, e qua bisogna essere dei veri geni, di utilizzare gli scarponcini antinfortunistici che uso a lavoro, perché erano scarponcini e mi sembravano uguali a quelli da trekking, ergo dovevano essere praticamente la stessa cosa.
Per precauzione mi portai anche una bottiglietta d'acqua, mia unica fonte di sostentamento, e una borsa a tracolla, salii in macchina e mi avviai verso Metato.
C'era un caldo torrido, un'afa micidiale, ma erano solo due ore di camminata, scesi dalla macchina e, scarpe antifortunistiche, macchina nella borsa a tracolla, pantaloncini e maglietta di cotone, e mi avviai a salire seguendo le pennellate bianche e rosse del sentiero.
Per il primo quarto d'ora tutto bene, salivo tranquillo sulla strada asfaltata sperando che diventasse sentiero e più pianeggiante il prima possibile.
Quella maledetta strada asfaltata avrebbe continuato a salire in tornanti ripidissimi per più di un'ora. Più volte mi sono fermato durante il cammino con i piedi che comiciavano a stare a mollo dentro il sudore accumulato nelle scarpe che non se ne andava, ma ero andato a fare foto, e foto ancora non ne avevo fatte. Ogni tanto incrociavo qualche macchina che tranquillamente scendeva o saliva lungo i tornanti mentre io mi chiedevo perché diavolo avessi parcheggiato la macchina nella piazzetta del paese.

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Perchè fare questa strada in macchina in dieci minuti quando puoi metterci un'ora e mezza a piedi dico io?!

Dopo un tempo non calcolabile, una fatica dilaniante, e uno stato di confusione mentale che iniziava a farsi strada, giunsi al bivio in cui il maledetto sentiero lasciava l'asfalto. Mi inoltrai nello stradello e lodai i santi per quanto fosse ricco di vegetazione, vegetazione che creava ampie e lunghe zone d'ombra.
Continuai a camminare, la pendenza si riduceva drasticamente, ed io acquisivo nuovo vigore mentale e sicurezza dei miei mezzi, fisici e psichici! Sarei arrivato sulla cima!
Attraversai ruscelli, bochetti, piccoli pascoli e uscii dalla vegetazione.
Ero completamente da solo, si sentiva solo il suono del vento, la brezza mi rinfrescava. Camminavo lungo uno stradello a picco sulle valli sottostanti, alla mia sinistra vedevo altre cime e sulla mia destra la parete della montagna.
Ad alcune decine di metri la foschia copriva la cima del monte.

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lo stradello a picco sulle valli sottostanti

Provai emozioni contrastanti. Da un lato ero realmente affascinato e colpito dalla natura brulla che mi circondava, dall'altro ero inquieto, le sferzate di vento agitavano la borsa a tracolla, il sole si stava ingrigendo, il cielo si copriva. Per qualche motivo dentro di me mi sentivo minacciato dalla natura stessa, dalla forza degli elementi.
Iniziavo a chiedermi se fosse il caso di tornare indietro, ma volevo provare ancora un po' quella sensazione di agitazione e minaccia di una natura che sembrava imponente. Vedevo la foschia ma valutavo la visibilità nell'ordine di una cinquantina di metri, più che sufficiente a vedere dove stessi mettendo i piedi in definitiva.
Lo stradello si insinuò nuovamente all'interno di un bosco che cominciava a venir invaso dalla foschia, foschia che stava diventanto effettivamente nebbia, o forse era nuvola, non saprei.
Ero realmente affascinato dall'alone di mistero, quiete e isolamento di quei luoghi, e quelle sensazioni erano quelle per cui ero venuto a fare fotografie.
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solitudine

Continuai ad avanzare per il boschetto fino al suo termine e quando uscii venni colpito direttamente in faccia dal vento e dal freddo. La montagna mi stava rigettando indietro, continuavo a salire con difficoltà, dalla guida sapevo di essere ormai a venti minuti dalla vetta, e dopo una scarpinata micidiale di più di due ore che mi ero fatto fino a quel punto non volevo tornare indietro, volevo arrivare in cima. Misi la fotocamera nella borsa a tracolla che strinsi il più possibile e continuai la salita, sapevo che foto non ne avrei più fatte.
Raggiunsi finalmente la parte di sentiero finale che si eleva fino a raggiungere la cresta che porta alla vetta, intorno a me vuoto e frastuono.
Arrivai sulla cresta, guardati oltre il bordo e vidi una massa enorme di nubi che si alzava da est crescendo lungo la parete della montagna. Accellerai il passo il più possibile per raggiungere la vetta e la croce che ancora non riuscivo a vedere prendendo qualche masso particolare come punto di riferimento che avrei utilizzato al ritorno e feci una cinquantina di metri sulla cresta.
Poi mi fermai a pensare a cosa stessi facendo. Cominciavo a provare genuinamente paura e mi voltai per controllare il sentiero: le nubi da est stavano scavalcando in massa la cresta e non ero più in grado di vedere i massi che avevo preso come punti di riferimento. Iniziai subito a correre indietro ma dopo alcuni metri mi fermai sentendo che stavo venendo invaso dal panico, e se c'era qualcosa di più pericoloso della natura stessa in quel momento era proprio il panico. Ricominciai a camminare controllando con estrema attenzione il sentiero all'inverso, il cielo era completamente grigio, la temperatura era sensibilmente calata e cominciavo a sentire freddo, le nubi spinte da un vento fortissimo e rumoroso scavallavano la cresta per scendere nella valle da dove ero venuto, e realizzai che se vedevo male li avrei visto ancor peggio sulla strada del ritorno che si stava riempiendo di nebbia.
Mentre camminavo a ritroso presi il telefono e controllai la mia posizione comprendendo perché non avevo ritrovato il sentiero: l'avevo già superato e mi stavo trovando su un'altra vetta ignota, informazione che paradossalmente mi tranquillizzò, perché a quel punto sapevo dove stavo andando. Riuscii a ritrovare il sentiero, ridiscesi il più rapidamente possibile lo stradello con le dita dei piedi che mi sbatacchiavano violentemente sulla punta rinforzata delle scarpe ad ogni passo e raggiunsi nuovamente, dopo mezz'ora, la fine dello stradello che si immetteva sulla strada asfaltata e dove, assurdamente, era nuovamente una calda e afosa giornata d'agosto.
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nuovamente estate

tutte le foto sono di proprietà dell'autore
negli episodi precedenti:
il mio disastroso approccio con la street photography

Sort:  

Concordo con @nawamy. Prima foto top!

Premesso che mi sono letteralmente innamorata della prima foto e secondo me dovresti farne un poster! Dicevo, premesse a parte comprendo bene le sensazioni che descrivi, perché amo fare lunghe passeggiate nei boschi siciliani, soprattutto se riesco ad avventurarmi in solitaria. Ovviamente, questo spirito d'avventura mi ha portato spesso a perdermi, ma da noi di norma non ci sono animali feroci in giro (magari solo qualche cinghialetto) e questa consapevolezza mi fa andare avanti senza troppo timore. Ricordo passeggiate simili alla tua, incastrata tra i rovi (ma con un'attrezzatura decente), bloccata dalla nebbia, senza cellulare a guidarmi (perché volutamente non lo uso se non per emergenze), la potenza della natura tutto intorno a me!
La prossima volta meglio usare un paio di scarpe traspiranti, indossare una comoda giacca e portare anche un po di cibo, che non si sa mai!
Belle foto e bel racconto ;)

Grazie mille per i complimenti @nawamy
Le montagne qua vicine tendono ad ingannare soprattutto gli inesperti come me, il Pania della croce ha un sentiero con un dislivello di 400 e rotti metri, pensavo fosse niente e invece ho scoperto dopo essere un dislivello considerevole. In compenso ce ne sono anche altri più facili dove arrivi molto più in alto già con la macchina e i panorami, essendo montagne molto ravvincate tra di loro, sono veramente spettacolai.
In futuro mostrerò altre foto di altri sentieri ad altre montagne, ci sono anche strade e passi da percorrere in macchina con viste su valli e cave di marmo fantastici.
Sicuramente non sono più andato in modo così sconsiderato.
Grazie ancora!

Leggendo il tuo post mi sono sentito nello stesso modo di quando leggo un libro fantasy, complimenti!
La montagna è fatta così: il clima lì è imprevedibile e cambia repentinamente, ed è come se l’ambiente ti parlasse, complice anche il fatto che normalmente lì prevale il silenzio, quindi avverti tutto in modo amplificato. Ecco perché amo la montagna, il mare lo lascio agli altri 😂😂

Esattamente, il clima cambia all'improvviso. Ed effettivamente su quella parte di sentiero sbucato fuori dal bosco, fra il vento, le fronde degli alberi nella valle che si agitavano, i ciottoli e i massi, il silenzio, ho pensato proprio ad un fantasy, qualcosa alla the witcher. Era una sensazione troppo particolare per tornare subito indietro.

Che bellezza, io sono una frana con l'orientamento quindi non mi azzarderei mai ad infilarmi in boschi, boschetti, sentieri nebulosi 😅. Le foto sono stupende.

E perché io sono bravo? ahahahahah a momenti rischiavo di stare ancora a vagare la sopra cibandomi di radici. Grazie per i complimenti!

La foto del sentiero a strapiombo è inquietante 😂... poi come racconti c'era anche il vento... aiutooo

sì c'era una LIEVISSIMA brezza
NEVER AGAIN, da li in poi solo con la dovuta preparazione

il richiamo della natura e la voglia di immortalare tanta desolata bellezza e ti ritrovi in un altra dimensione, perdi il senso della realtà, risucchiato in tranche artistica, siamo labili creature, facili prede delle ns passioni

grazie per il commento @road2horizon era un'altra dimensione, vero

Grande ! Questo dimostra che fotografare con il brutto tempo è un'ottima occasione per fare delle foto molto interessanti !

Assolutamente, non mi piace molto il tempo bello assolato! (poi ho spaccato pure un paio di macchine col tempo avverso ma vabbeh questo anche perché non sono molto accorto)

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