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in #ita6 years ago (edited)

Oggi mi sono messo a sfogliare il giornale, l'argomento principale naturalmente riguardava la politica italiana, ma non sono riuscito ad andare oltre il primo paragrafo di ogni articolo che ho svogliatamente sbirciato.

Ho deciso, quindi, di fare un post su quello che significa per me fare politica oggi.


immagine di mia proprietà

Ma prima di dire cosa è voglio dire quello che non è fare politica per me oggi.

Cosa non è la politica


In una vecchia intervista che ho visto su youtube qualche giorno fa, Carmelo Bene parla dell'Ulisse di Joyce, sottolineando l'eccezionalità di quel romanzo (anche per Joyce stesso). Tra le altre cose, ecco cosa dice su questo libro "rivoluzionario":

[da giovane] nella mia illusione, nel mio candore... dopo aver letto questo libro... mi son detto... "finalmente nessuno scriverà più un libro, finalmente si ripubblicheranno i classici come si deve, finalmente la gente in Italia rileggerà i classici". E invece no, c'è stata un'inflazione editoriale, si continua a scrivere sonnecchiando, dimenticando, cercando di rimuovere l'Ulisse di Joyce...

Questa considerazione di Carmelo Bene (già indicativa per il mio discorso, ma anche in qualche modo ambigua), mi ha fatto pensare ad un altro testo (serie di testi), rivoluzionari quanto l'Ulisse di Joyce per la nostra cultura (probabilmente, se si può dire, ancora più rivoluzionari).

Mi riferisco ai Dialoghi platonici, dove Socrate in giro per la città domanda ai sapienti dell'epoca: ma cos'è la pietà? Cos'è il linguaggio? Cos'è l'amore? Cos'è la morte? ecc. e ritrovandosi molto spesso con risposte problematiche, dove il sapere "presunto" dagli interlocutori di Socrate si dimostrava un "falso sapere".

Dopo questi testi, potrei immaginare, ogni persona che pensa di sapere qualcosa, prima di parlare attenderà pur un attimo prima di partire in quarta (mi immagino che all'epoca i sapienti se vedevano da lontano Socrate cambiavano strada, sintomo di intelligenza questo). E invece no, tutti noi parliamo di cose che non conosciamo pensando (non so perché) di averne sapienza.

E' così anche quando persone che non hanno mai allenato, né visto un allenamento di una squadra di calcio, alla fine di una partita parlano degli errori tattici della squadra perdente. E' così quando una persona che non ha mai insegnato vuole spiegare come fare il suo lavoro ad un insegnante. E potrei continuare con miriade di esempi. Quei testi di Platone forse vengono ancora studiati a scuola o in qualche università, ma di certo non vengono letti, perché non si spiegherebbe (se fossero letti e non solo studiati) il perché di questo parlare da esperti in ogni campo di cui tutti noi (la maggior parte di noi) siamo in qualche modo schiavi.

Ecco quello che penso: occuparsi di politica non è leggere un giornale, guardare la tv, e farsi un'opinione politica, che poi si difende retoricamente nella discussione pubblica (grande discussione sul nulla). Non è così da sempre e soprattutto oggi.

Cosa significa fare politica oggi


Fare politica oggi è occuparsi della vita pubblica a partire da ciò che noi sappiamo. E quello che noi sappiamo è quello che facciamo tutti i giorni (il nostro lavoro, le nostre relazioni, le nostre passioni e via dicendo).

Ad esempio, nessuno può dire ad un insegnante come dovrebbe lavorare (tranne l'allievo, ma in questo caso l'allievo lo fa a partire dalla sua pratica, quella di allievo naturalmente), sta a lui dire cosa gli serve per fare al meglio il suo lavoro. E questo vale per ogni attività. Questo per me è fare politica.

Un giovane, a cui non viene data un'opportunità di lavoro, deve lo stesso trovare il modo (ad ogni costo) di impegnarsi in una pratica, perché solo così raggiunge un sapere. Sapere necessario per lottare per la valorizzazione di quella pratica. Non si può essere rinunciatari, non si può dire: volevo fare l'artista ma in questa società non c'è spazio e quindi faccio il trader. Non è molto intelligente questo spirito, lasciamo fare il trader a chi lo vuole veramente fare e facciamo noi quello che vogliamo veramente fare, e se il nostro fare è svalutato dalla società lottiamo per dare valore a questo fare. Questo per me significa fare politica.

perchè è necessario fare politica


Perché oggi i nostri lavori stanno diventando giorno dopo giorno sempre più difficili da portare avanti in modo qualitativo. La questione quindi non riguarda solo chi il lavoro non ce l'ha, riguarda anche chi ce l'ha. Io so che tutti quelli che lavorano (i miei amici e conoscenti) sono tutti insoddisfatti. Non del lavoro in se, ma delle modalità che bisogna accettare per esercitare quel lavoro.

La lotta per il lavoro (per me l'essenza della politica oggi) non è più quella di garantire stipendi per poi fare altro con quei soldi (farsi una famiglia, andare in vacanza e divertirsi). Ma quella che recupera il senso del nostro fare (cosa facciamo e perché?), qualsiasi fare: quello del lavoratore, quello dell'appassionato, quello del volontario, quello del disoccupato. E dopo aver recuperato quel senso lottare per valorizzarlo.

***

Sort:  

Molto interessante questo articolo... Ora racconterò un breve aneddoto che secondo me la dice lunga.

Sono un consigliere comunale di maggioranza del mio Comune e chiunque abbia avuto esperienza di questo tipo SA bene quanto possa essere difficile combinare qualcosa di buono per la propria comunità, per tantissimi motivi, alcuni immaginabili da tutti, che però eviterò di elencare.

Ma questo SAPERE e conoscere le difficoltà non è sufficiente. Non lo è perché da subito ti ritrovi quelli che c'erano prima ad abbaiarti contro per cose che non fai ma che essi stessi non erano stati in grado di fare, o magari per cose che tu hai fatto, ok, alla bell'e meglio, ma che gli stessi che oggi ti stanno criticando avevano fatto ancora peggio di te!

Dunque, dove sta il punto? Io credo che questi non lo facciano neanche in malafede, o perlomeno solo alcuni, solo fino a un certo punto; il problema grave è la rimozione di ciò che era stato.

Siamo in un'epoca in cui ogni ventata di input nuovi rimuove quelli vecchi... Carmelo Bene diceva bene :) Così capita che ti spacciano ogni nuovo libro fatto da chissà quale autore, naturalmente ben ammanicato con chissà chi, per una grandissima opera... un'emerita schifezza magari. Stesso discorso vale per il cinema e per tante altre cose.

E le grandi conquiste del passato di tanto in tanto vengono citate, fanno capolino dal buio del dimenticatoio nel quale sono state sepolte, ma rimangono feticci, quasi dei tabù che è meglio lasciare dove stanno altrimenti saremmo costretti a specchiarci nella nostra pochezza!

Viviamo costantemente al ribasso, aspettative al ribasso, ambizioni al ribasso, qualità al ribasso. Abbiamo smesso di sognare, abbiamo smesso di imparare a sognare. La realtà dei fatti è amara ma il possibile superamento di questa realtà è ancora meno ispirante, non abbiamo fiducia in noi stessi, non abbiamo fiducia nel futuro e siamo spesso buoni solo a criticare o accontentarci del guru di turno, senza avere in noi abbastanza spirito critico per sganciarci dalla verità imposta delle cose e costruirci le nostre fondamenta morali e valoriali da soli.

Sono d'accordo con quello che dici.
Il sapere da solo non è sufficiente per questo è necessaria l'azione politica, che deve tentare di far crescere in valore quel sapere (nella società).
Questa azione politica è facile da fare? No è difficilissima.
Otterremo dei risultati? Non lo so! Probabilmente no.

Ma il farla un qualcosa lo raggiunge di sicuro: recuperare per noi il senso del nostro fare, ma dobbiamo imparare a non arrabbiarci più per i risultati non raggiunti. Secondo me, ma sono il primo che ha difficoltà a seguire questo, dobbiamo lavorare per giocare bene e non per vincere la partita, perché se i nostri avversari sono troppo forti, l'unico modo per vincerla quella partita è giocare con loro.

"E' così anche quando persone che non hanno mai allenato, né visto un allenamento di una squadra di calcio, alla fine di una partita parlano degli errori tattici della squadra perdente."
...
Sono rimbalzato qui dopo aver letto il tuo commento al post di @martaorabasta di ieri sera. Molto interessante. Condivido i vostri ragionamenti. E potrei finirla qui. (P.S.: Bellissima la citazione di Carmelo Bene!).

Ma se in merito a tutto ciò che non va non mi sento di aggiungere altro, rispetto a ciò che possiamo fare ho delle perplessità. Sentirci impegnati e valorizzare il nostro impegno quotidiano è quanto dite e condivido. Ma è sul come mettere a valore, come dare peso, come immaginare che possa accadere, che ...mi perdo.

Non riesco ad accettare (non riesco a comprendere) che il solo fatto di fare la nostra piccola parte possa confluire (uno più uno, due: due più due, quattro;...) in un grande valore collettivo capace di cambiare le cose. Non so...

Non riesco ad accettare (non riesco a comprendere) che il solo fatto di fare la nostra piccola parte possa confluire (uno più uno, due: due più due, quattro;...) in un grande valore collettivo capace di cambiare le cose. Non so...

@marcodobrivich Sono pienamente d'accordo con te, è quello che intendevo quando dicevo a @martaorabasta che è difficile perché bisogna trovare il modo.

Perché il solo fatto di fare la nostra piccola parte non basta, non è sufficiente, non nel senso che dobbiamo fare di più ma che dobbiamo fare diversamente la nostra parte, è questo che è difficile fare, ma senza fare questo niente uno più uno, due; due più due, quattro. Questo è il non detto (il limite) del mio post e penso anche del post di martaorabasta, non perché ci divertiamo a tenere nascosto un segreto, ma semplicemente perché non sappiamo precisamente come farlo (sappiamo forse quello che non dobbiamo fare più, e questo è già un inizio).

Articolo stupendo @anedo.
Affronti un problema molto serio che ahimè credo interessi davvero a pochi.
Oggi la politica è tifo, è parteggiamento per qualcuno o qualcosa. La classe dirigente è specchio della società che essa rappresenta e quindi di noi, è il risultato della direzione che vogliamo prendere.
Se abbiamo votato Berlusconi per anni è perchè abbiamo preferito avere un imprenditore di successo come riferimento a scapito della legalità, della giustizia, della decenza. Avere in quel ruolo una persona che si sentisse autorizzata a fare tutto, financo a delinquere, ci faceva sentire giustificati di essere a nostra volta delinquenti, a nostra volta superficiali rispetto ai veri temi, i veri valori che dovremmo affrontare e cementificare.
Votare Prodi era un modo per pulirci la coscienza dopo aver peccato e lo abbiamo fatto per ben 2 volte, salvo poi buttarlo giù dalla torre quando proprio non ne potevamo più di entrare nei ranghi.
Negli ultimi 5 anni abbiamo scelto di non scegliere e cosi ben 4 presidenti del consiglio li abbiamo fatti "eleggere" proprio da quella classe dirigente che ci ha "inguaiato", prima col porcellum e i suoi listin bloccati e poi demandando a Napolitano e soci la selezione dei governanti.
Abbiamo premiato Renzi alle Europee ringraziandolo per averci dato una bella mancetta da 80 euro a fine mese salvo poi scoprire che quella manovra e quelle venute poi non avevano influito sulla qualità della nostra vita.
Oggi siamo tornati a votare in tanti e abbiamo deciso che è ora di cambiare e di voltare pagina. Ma sappiamo davvero cosa vogliamo?
Cosa stiamo chiedendo alle nuove leve della classe dirigente?
Il problema non sono loro ma noi.
Siamo noi che dobbiamo lottare per i nostri diritti, difendere i nostri ideali e fare in modo che ognuno possa lavorare dignitosamente facendo quello che più gli aggrada, che più lo appassiona.
Fare politica non è dunque,solo, candidarsi o essere eletti o difendere quel partito o quell'altro ma credere in qualcosa e spingere chi è meno attento o interessato a fare lo stesso, credendo in quello che vuole ma facendolo in modo ragionato, spensierato e soprattutto responsabile.
Dobbiamo entrare nell'ottica che siamo tutti responsabili di un eventuale cambiamento, positivo o negativo che sia.
Purtroppo cosi non è, purtroppo anche tra i giovani prevale l'idea del cambiamento della propria condizione e pazienza se per agevolare noi stessi faremo pagare il conto ad altri.
Cosi non va, proprio non può andare ma temo che cosi continuerà ad andare con buona pace di Joyce, di Socrate e di Carmelo Bene. Perchè stavolta non sarà vero che tutto è Bene, ciò che finisce Bene.

Grazie @serialfiller, commenti come il tuo arricchiscono e danno senso al mio post 🙂

Il problema non sono loro ma noi.

E' così, il tempo della delega è finito.

Purtroppo cosi non è, purtroppo anche tra i giovani prevale l'idea del cambiamento della propria condizione e pazienza se per agevolare noi stessi faremo pagare il conto ad altri.
Cosi non va, proprio non può andare ma temo che cosi continuerà ad andare con buona pace di Joyce, di Socrate e di Carmelo Bene. Perchè stavolta non sarà vero che tutto è Bene, ciò che finisce Bene.

Tra il recuperare il senso del nostro fare (anche perciò del fare politico) c'è anche quello di abbassare le nostre aspettative e curarci dal nichilismo che nasce dalle aspettative troppo alte.
Non parliamo di cosa faranno i giovani e gli altri, perché non sappiamo chi sono e cosa vogliono, quindi non alimentiamo anche noi il parlare di cose che non sappiamo. Questa non è un'accusa a te, parlo anche e soprattutto di me, di un rischio che so di correre ogni volta e che spesso mi fa stare nella parte sbagliata del mio stesso discorso.

Sbagliato generalizzare lo ammetto ma quando tra università, amici, colleghi tra i 20 e i 35 anni noti un pattern ben definito tendi a farti un'idea di quale sia la direzione che vogliano prendere le varie generazioni.
Oggi si prendo pochi rischi e come dare torto a chi si "accontenta". A fine mese bisogna pagare l'affitto ecc.
Ma quello che è preoccupante è il non allargare i propri orizzonti esistenziali.
Cosa potrebbe cambiare il mondo? Cosa lo renderebbe un posto migliore? Come potrei contribuire?
A pochi frega qualcosa in questo senso. Pochissimi quelli che sono disposti a farsi queste domande, figuriamoci quanti ne sono quelli disposti o capaci di trovare le risposte.
Oggi è sempre più un "mors tua vita mea". Oggi siamo felici di avere 10 euro in più del nostro collega a fine mese o di avere un rapporto leggermente meno schifoso col capo rispetto a chi ci è accanto. Siamo diventati socialmente autistici e indisponibili a rinunciare a quel poco che abbiamo. Abbiamo rinunciato ai nostri sogni e aspettiamo che siano gli altri a cambiare le cose per noi. Non abbiamo grinta, non abbiamo voglia, non abbiamo idea di cosa fare per dare un senso al nostro impegno civico.
Sappiamo che la colpa dello sfacelo è della generazione che ci ha preceduto e tanto ci basta per lamentarci e lasciarci andare ad una sorta di obiezione di coscienza sociale che non fa altro che peggiorare le cose.

Ho fatto l'insegnante per qualche hanno nella mia vita e un giorno mi sono trovato al bar con un alunno diciassettenne (pausa di metà mattinata), gli offrivo un caffè perché non aveva soldi. In quel momento, per la prima volta (non è più capitato) abbiamo avuto uno scambio di battute che io reputo "dirette e sincere":

Io avrò detto una delle mie idee, qualcosa che forse sta anche nel post che ho scritto sopra, sull'importanza di fare scelte personali genuine e di non lasciarsi condizionare dalla società.

Lui mi ha detto:

"io non ascolto gli adulti, perché gli adulti dicono solo cazzate, come te ad esempio, perché tu mi dici di credere nelle mie passioni e poi sei solo un poveretto che fa un lavoro del cazzo in questa scuola che non serve a niente e che si trova sotto ricatto, che non può rinunciare a farlo perché non arriverebbe a fine mese".

Gli ho risposto: "mi sa che hai ragione".
Mai una critica così feroce mi ha reso più contento.

Aveva tremendamente ragione quel ragazzo ahinoi.
Purtroppo siamo tutti collocati in posti dove non vorremmo essere, per mancanza di alternative o per mancanza di convinzione o per mancanza di curiosità.
Un prof universitario che stimavo molto un giorno ci disse: "Nell'università di oggi siete passati dall'essere studiosi, all'essere studenti".
Studiare per laurearsi e non per imparare ed imparare ad essere curiosi insomma.
Aveva ragione.

Caro @serialfiller, la prossima settimana penso di fare un post dove ti coinvolgo (ti invito) in un percorso da fare insieme.

Con estremo piacere @anedo.
Grazie per aver pensato a me.

Per me fare politica e' la mediazione di diversi interessi.
Nella nostra epoca si fa principalmente individuando un metodo di distribuzione delle risorse (tasse), dove fare debiti, quanto grandi. Ci sarebbe anche altro, ma purtroppo o per fortuna e' marginale in questa fase.

Tra parentesi, questo e' il motivo per cui chi non accetta il compromesso fa anti-politica. Non c'entra nulla con l'essere contro i privilegi, c'entra col rifiutare il dialogo. Ad esempio PD e M5S nell'ultimo mese sono campioni di anti-politica.

il perché di questo parlare da esperti in ogni campo di cui tutti noi (la maggior parte di noi) siamo in qualche modo schiavi.

Non so perche', ma abbiamo cattivi esempi, che partono credo dai media mainstream e alimentano un circolo vizioso fino ai bar sottocasa o ai social network.
Politici e giornalisti come mestiere devono fare finta di sapere tutto di qualsiasi argomento, e apparire convinti come non mai. La gente poi si lascia trascinare in questo modo di fare. E' un paese di tifosi coi paraocchi, piace scontrarsi senza un valido motivo (conoscenza dei fatti).

Non ci sarebbe nulla da vergognarsi a rispondere "non lo so", "ci dovrei riflettere sopra", "forse hai ragione".

Non ci sarebbe nulla da vergognarsi a rispondere "non lo so", "ci dovrei riflettere sopra", "forse hai ragione".

Non solo non ci sarebbe nulla da vergognarsi, ma sarebbe anche un segnale di intelligenza.

Ad esempio PD e M5S [perché gli altri no?] nell'ultimo mese sono campioni di anti-politica.

Sono d'accordo se per "anti-politica" intendi tutta la politica, diciamo "di palazzo" degli ultimi (tanti, tanti) decenni.
Chi vince le elezioni politiche e occupa posti in parlamento non può essere che campione di queste prassi di anti-politica (che fanno vincere).

Per questo in questo post io propongo una cosa diversa.
Innanzitutto che dobbiamo tornare tutti a far politica, e poi che la politica che dobbiamo fare non è quellea per ottenere voti, né per convincere i politici, né per fare solo operazioni di denuncia o sfoghi sull'anti-politica.

Ormai già sappiamo che è così, o più correttamente alcuni di noi lo sanno.
Propongo quindi, a coloro che lo sanno (non a tutti quindi): smettiamo di fare solo analisi e denunce pensando in questo modo di convincere chi non lo sa che questa politica è cacca e che bisogna fare qualcosa di diverso, facciamo qualcosa di diverso noi. Se non riusciamo a fare qualcosa di diverso diamo ragione a quel ragazzo, come dicevo a @serialfiller , un mio ex alunno di un mio ex lavoro di insegnante che mi ha detto sinceramente (e ne sono ancora grato per questo):

"io non ascolto gli adulti, perché gli adulti dicono solo cazzate, come te ad esempio, perché tu mi dici di credere nelle mie passioni e poi sei solo un poveretto che fa un lavoro del cazzo in questa scuola che non serve a niente e che si trova sotto ricatto, che non può rinunciare a farlo perché non arriverebbe a fine mese".

Fare qualcosa di diverso passa per forza di cosa nel ripensare la politica, smettere di guardare al "palazzo" e guardare intorno a noi (fra di noi).

Caro @bnoise ti ringrazio veramente molto per il commento e ti preannuncio che riprenderò il discorso con l'idea di fare un percorso insieme (insieme a tutti coloro che lo voglio fare, naturalmente).

L'esempio di anti-politica riguardava in particolare quei due partiti nell'ultimo mese (cioé dopo le elezioni) perché sono quelli che più duramente mettono veti e si rifiutano di dialogare a priori, e di giungere a compromessi. Che per me è la politica.

Per il resto tutto d'accordo, più facile a dirsi che a farsi : )

sì, è vero, più facile a dirsi che a farsi 😕

Spunto molto interessante, e che condivido in toto.
Mi rimane un piccolo dubbio...scusa se sono troppo puntiglioso.
Riguardo all'esempio di coloro che parlano di calcio, trovando soluzioni tattiche pur non avendo mai allenato una squadra, e riportando questo esempio su chi vuole parlare di politica, non essendo pratico di tante questioni...resta il fatto che comunque esiste il suffragio universale.
Quindi in tanti votano, perchè condizionati e non perchè sono andati a fondo delle questioni.
Però l'invito che fai in questo post, mi sembra di averlo colto. Cercare di partecipare, di essere almeno consapevoli.

Se spieghi meglio il dubbio... non sono certo di aver capito cosa intendi.
Il suffragio universale come i principi democratici sono una buona cosa, e se non tutto ciò che ne viene fuori è perfetto certamente non ci rinuncerei.

Grazie per il messaggio 🙂

Assolutamente d'accordo. Volevo solo dire che i milioni di CT che a loro dire farebbero giocare bene la nazionale, pur non sapendo niente, mai alleneranno. Mentre chi parla di politica senza sapere, vota ccomunque. Quindi in qualche modo la sua la dice. Fermo restando che il suffragio universale ci deve essere

ok, infatti ti ho detto che non avevo capito...
😉

Oggi fare politica è apparire e non contare una cippa sul piano sostanziale ed ideologico. In pratica sei un PR che però ha le mani legate dalle lobby e da tutta una serie di personaggi di contorno che ti imbrigliano con il famoso "protocollo istituzionale". Ma questo non solo in Italia, vedevo giusto ieri sera il documentario su Netflix di Robert Rich, ex ministro del lavoro nell'amministrazione Clinton. In pratica un piccolo uomo (di statura) con una visione ampia e lodevole, che però come ministro lo hanno compresso e osteggiato tanto da dover lasciare l'incarico. Chi oggi sale al potere è teleguidato dalle lobby perché hanno i soldi e sono infiltrate su moltissimi livelli (da noi quello europeo). Ti metti a fare qualcosa di realmente tangibile per il popolo (una politica keynesiana ad esempio) ti disintegrano, anche sul piano personale. Tirano la corda e il populismo è, o dovrebbe essere la risposta del popolo, solo che è disarticolata e talvolta (non è il caso dell'Italia) pure pericolosa.

Le lobby andrebbero regolate più seriamente, è una cosa che chiedono gli stessi lobbisti, per poter avere più certezze in quello che possono o non possono fare. Siamo abituati a pensare alle lobby come una cosa negativa ma in realtà sono pezzi di interesse organizzato, che bisognerebbe istituzionalizzare per rendere più trasparenti. Esistono anche le lobby delle energie rinnovabili.

L'ambito europeo in molti casi ha favorito la concorrenza e quindi il consumatore.

Il populismo è considerare gli elettori come una massa uniforme che ha bisogno delle stesse risposte. Unito alla demagogia, dare risposte semplici a problemi complessi, potrebbe essere letale. Non tanto per i danni che può fare direttamente, ma per la delusione che può creare...

Un'altra cosa che non è regolata in Italia, con legge del governo Letta, è il finanziamento ai partiti da fonti estere (!!!!!).

Un altro problema che abbiamo (secondo alcuni, io non conosco l'ambiente) è che la mancanza di competenze tecniche dei politici della seconda repubblica (tra le quali scrivere e capire leggi) rende ancora più forti le burocrazie, alle quali vengono delegate la scrittura delle leggi, e che sono per natura conservatrici.

Sicuramente le lobby andrebbero regolamentate, se non altro per la trasparenza. Però attenzione perché in america che lo sono da quasi sempre, si è visto come abbiano fatto cambiare le leggi a loro favore. Quindi la lobby deve essere pesantemente limitata sul piano istituzionale. Può andare a proporre i propri interessi, in modo trasparente e controllabile da chiunque, ma senza condizionare il politico che deve poter fare le scelte sempre e solo rendendo conto agli elettori.

La lobby condiziona il politico nel momento in cui lo finanzia (solitamente la campagna elettorale).

La differenza è che in USA (che io sappia) i finanziamenti ai partiti e le lobby sono regolati e trasparenti, in Italia i partiti abbastanza, ma le fondazioni sono molto opache. In USA essere finanziati da potenze straniere è un reato gravissimo, in Italia meh, mboh.

Quindi per me è essenziale non vietare il condizionamento, ma renderlo pubblico.

L'altra strada è permettere i finanziamenti solo da persone fisiche, con un tetto. In questo caso le lobby sarebbero solo tecnici del settore che esprimerebbero opinioni di parte, ma probabilmente si aprirebbero voragini nelle casse dei partiti, o continuerebbe tutto come prima ma in maniera illegale e più sotterranea.

Sì sono d'accordo.

Ma proprio per questo chi fa politica in modo diciamo onesto, chi decide di scegliere proprio quella pratica (la pratica politica) deve sapere quello che hai detto nel tuo commento. Se la politica è proprio ciò che vuoi fare (parlo del politico che sceglie questa pratica come pratica principale del proprio fare, non del fare politico come cittadini che è il nucleo del mio post), corri il rischio, ma intelligentemente cerchi di operare su quei piani che ti permettono di raggiungere un minimo di obiettivo sopravvivendo (non serve a niente suicidarsi, non abbiamo bisogno di eroi).

E' pericoloso?

Io ho vissuto tanti anni a Napoli e nel casertano e ci sono molte associazioni che fanno iniziative contro la camorra. E' pericolosissimo e probabilmente non batteranno la camorra. Ma queste persone con le loro attività danno a Napoli, alla Campania, all'Italia, al mondo, con la loro sola esistenza (loro e tutti gli altri che fanno queste cose in tutto il mondo) quel segno (piccolissimo segno) che c'è (esiste) qualcos'altro oltre la violenza dei potenti. E finché un minimo segnale ancora esiste le speranze per un miglioramento del mondo non sono morte.
Ma a parte questo, chi si impegna in questa direzione, non trova il senso del proprio fare soltanto nei risultati raggiunti, ma nel sentirsi coerenti con la propria sensibilità e le proprie idee, e questo è già un grande risultato.

Esempi estremi, questi, ma lo stesso discorso lo si potrebbe fare anche per attività e obiettivi meno rischiosi.

Grazie del commento!

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