Intelligenza Artificiale: realtà o fantascienza? [ITA]

in #scienze7 years ago (edited)

Avevo da qualche tempo in mente di scrivere qualcosa di un po' più scientifico e (più o meno) inerente alla mia professione, anche se in genere preferisco staccare dall'informatica nel tempo libero. C'è però un ramo dell'informatica che mi ha sempre affascinato e che alla fine fu il motivo per cui scelsi il percorso di ingegneria ormai anni fa.

Anche grazie all'ispirazione di alcuni post sulle Neuroscienze di @aboutcoolscience, oggi vorrei parlarvi di Intelligenza Artificiale!

Cervello, questo sconosciuto

Uno tra i più grandi misteri della natura, ancora oggi irrisolti per quanto si stiano facendo passi da gigante sull'argomento, è capire come funzioni il cervello umano. Sappiamo che i neuroni che compongono la nostra materia celebrale si scambiano informazioni tramite impulsi elettrici o elettro-chimici, attraverso le sinapsi e gli assoni... ma come tutto ciò abbia potuto creare le poesie di Ungaretti, i quadri di Picasso o i viaggi spaziali, ecco, questo non è ancora chiaro.


Rappresentazione anatomica del sistema neurale - click for source

C'è un'intera branca della biologia chiamata Neuroscienze che si occupa di studiare il sistema nervoso nella sua interezza: le neuroscienze spaziano in realtà dagli studi biologici a quelli cognitivi, dalla medicina alla matematica, dall'evoluzionistica alla psicologia. Gli approcci sono i più disparati proprio perché la complessità di tale organo richiede studi che esulano dalla semplice anatomia e che potenzialmente possono sfociare in discipline tutt'altro che scientifiche, come la filosofia (esempio: l'ontologia) o la storia.

Uno dei metodi che l'uomo ha utilizzato per comprendere meglio i processi cognitivi, è quello della simulazione: da qui il tentativo di ricreare la capacità di ragionamento umana attraverso l'ausilio di macchine... e la nascita della disciplina informatica dell'Intelligenza Artificiale.

Computer VS Uomo

Dall'avvento dei primi calcolatori elettronici, è stato palese come le capacità di calcolo analitiche fossero nettamente superiori a quelle umane. Operazioni matematiche potevano essere svolte in una frazione di tempo rispetto a quello che avrebbe impiegato un uomo di fronte allo stesso problema. Ma allora, cosa differenzia veramente il cervello dell'uomo dal processore di un calcolatore?

Nel 1950 Alan Turing, considerato da molti il padre della moderna informatica, pose di fronte alla comunità scientifica la sua idea di macchina pensante proponendo un test, il cosiddetto "Test di Turing".


Test di Turing: uomo o macchina? - click for source

L'idea iniziale era più o meno la seguente: due esseri umani ed una macchina, separati tra loro e in comunicazione tramite un sistema dattiloscritto (l'equivalente di una chat moderna, per intenderci) devono discutere tra loro di argomenti a piacere. Dopo un certo periodo di tempo, ad uno degli uomini viene chiesto di riconoscere e distinguere il suo interlocutore umano dalla macchina; se non ci riesce, l'automa ha passato il test di Turing e può essere considerato "pensante".

L'esperimento ha ricevuto molti consensi e molte critiche, ma ha creato diversi spunti di riflessione: i computer programmabili come li conosciamo oggi, sono macchine deterministiche. Se programmate correttamente, sanno come comportarsi di fronte ad un particolare input: ad esempio, un computer può tranquillamente rispondere alla domanda "Qual è la radice quadrata di 898471?". Ma è l'indeterminismo che genera grandi problemi negli algoritmi computazionali, ed è quello che distingue il modo di pensare degli esseri umani. Per un computer rispondere alla domanda "Ciao, io mi chiamo Jimmy, sei contento di vedermi?" è tutt'altro che banale. I chatbot presenti sulla rete hanno delle risposte preconfezionate che possono dare l'illusione dell'umanità, ma che non potranno mai sostituire (almeno per ora) un discorso tra esseri umani.

Gli scacchi ed il Go

Questo "Almeno per ora" è la vera domanda da un milione di dollari.
Quanto manca prima che una macchina possa comportarsi e ragionare come un essere umano?

Partiamo con uno degli esempi storici di intelligenza artificiale: gli scacchi.


Il Bianco fa scacco matto al nero in 15 mosse: come? - click for source

Il gioco degli scacchi è stato uno dei primi ambiti nel quale poter testare gli algoritmi di intelligenza artificiale. I più grandi campioni di scacchi agiscono sempre in base al numero di mosse che possono "predire" all'avversario. Quindi, maggiore è il numero di "mosse in avanti" che riescono ad elaborare, unitamente ad una buona strategia ed esperienza, maggiori sono le probabilità di vincere una partita.

Celebre, dal punto di vista dell'intelligenza artificiale, è il caso Deep Blue: la prima macchina che, nel 1996, riuscì a battere in una sfida a tempo il campione di scacchi Kasparov in una partita che generò scalpore e polemiche sull'effettiva correttezza della gara. Dopo Deep Blue nacquero altre macchine capaci di vincere negli scacchi, superando efficacemente l'intelligenza umana in tale gioco.
Va però detto e specificato che per i software di scacchi bastarono i classici paradigmi di programmazione; per superare un ottimo giocatore basta riuscire a computare un numero finito di mosse in avanti, cosa che un calcolatore riesce a fare con relativa semplicità.

Cambiamo scacchiera: qualcuno di voi conosce il gioco "go"?


In una partita di Go, le variabili sono troppe per un approccio analitico - click for source

E' un gioco di origine cinese nel quale viene usata una scacchiera 19x19 e nel quale bisogna posizionare le proprie pedine per "circondare" quelle dell'avversario, catturandole. La partita viene vinta da chi ha più pedine del proprio colore alla fine della partita.

Al contrario degli scacchi, dove viene usata una scacchiera con 64 spazi utilizzabili (8x8) e dove è possibile pre-calcolare molte delle mosse del proprio avversario con relativa facilità, il go non lo permette: solo le prime quattro mosse coinvolgono miliardi di combinazioni possibili e la complessità aumenta esponenzialmente durante lo svolgersi della partita. Un approccio deterministico al gioco del go ha sempre permesso alle macchine di raggiungere solamente il livello di un buon principiante.

Da qui nacque la sfida dell'intelligenza artificiale ai campioni di go. Sfida che sembrava impossibile da vincere: i più grandi campioni, alla domanda "Perché hai scelto proprio quella mossa per chiudere la partita?" rispondevano con "Non saprei spiegarlo. Ho guardato la scacchiera e quella mossa mi sembrava la migliore per vincere".
Come è possibile spiegare ad un computer qualcosa che non si riesce a spiegare... che non è possibile inserire in un algoritmo?

La vittoria di AlphaGo

Nel 2014, Google Deepmind (la "branca" di Google dedicata all'intelligenza artificiale) partì con la progettazione di AlphaGo, un software capace di tenere testa ai migliori campioni di Go presenti al mondo.


Solve Intelligence and use it to make the world a better place - click for source

Nell'Ottobre del 2015, per la prima volta nella storia umana, AlphaGo sconfisse il campione di go europeo, Fan Hui, per cinque partite a zero. Il software era ancora in una versione iniziale e la notizia di questa vittoria venne resa pubblica solo nel 2016.

Tra il 9 ed il 15 Marzo 2016 AlphaGo disputò una serie di cinque incontri contro uno dei quattro giocatori di Go più forti al mondo, Lee Sedol. Le prime tre vennero vinte da AlphaGo per abbandono dell'avversario; la quarta venne vinta da Lee Sedol, per abbandono di AlphaGo alla centottantesima mossa, e l'ultima venne vinta dal software per abbandono. La partita venne mandata in diretta streaming e la lista di mosse è di dominio pubblico e presente online.

Ad un'analisi superficiale la questione potrebbe essere bollata come la semplice vittoria di un programma contro l'uomo, come avviene tutti i giorni con i videogiocatori di tutto il mondo. Ma l'impatto con il concetto di intelligenza artificiale è pazzesco: per la prima volta un computer ha "ragionato", e non "calcolato". Una macchina è riuscita per la prima volta ad eseguire delle mosse che, logicamente e computazionalmente, non sarebbe capace di spiegare.

Una macchina si è comportata in maniera umana.

L'algoritmo dietro AlphaGo e sviluppi futuri

Come è stato possibile questo successo? Per spiegarlo bisogna fare un passo indietro: abbiamo detto di come la disciplina della I.A. sia basata sulla simulazione del cervello umano. La prima cosa che gli studiosi hanno provato a simulare è stato proprio il comportamento del cervello, creando un sistema informatico fatto di neuroni, assoni ed impulsi di comunicazione. La teoria nacque già nel 1943, da parte di Warren McCulloch e Walter Pitts, ma negli ultimi 20 anni tali teorie si sono concretizzate nello sviluppo di Reti Neurali.


Esempio di rete neurale a tre strati - click for source

Dietro AlphaGo c'è una "Deep Neural Network" capace in qualche modo di modificare i propri stati, "imparando" a giocare a go con il supporto di algoritmi di ricerca ad albero. Ma come ha fatto AlphaGo a equiparare e battere i migliori campioni del mondo?

Questa rete neurale è stata addestrata fornendo come input migliaia e migliaia di partite a go giocate e documentate dai migliori giocatori sulla Terra. Le mosse e le strategie sono state "importate" all'interno della rete di stati del software, generando dopo giorni e giorni di training, una sorta di "coscienza" riguardo il gioco. Effettivamente, la macchina ha fatto suoi anni di esperienza nel gioco del Go, mettendoli sotto forma di 0 e 1.

Tale coscienza è stata poi rinforzata facendo giocare AlphaGo contro se stesso: milioni di partite simulate, computer contro computer, cercando di affinare la tattica, cercando di capire quali mosse erano effettivamente efficaci e quali invece potevano essere scartate.
Il software risultate, che venne fatto girare in Cloud da Google, è AlphaGo: e non può che ricordarci il film di Matrix, quando Neo impara il kung fu semplicemente collegandosi ad uno spinotto.

Un passo avanti enorme nella ricerca sull'intelligenza artificiale, ed un passo avanti per l'umanità: secondo alcuni studi non siamo più molto lontani dallo sviluppo di sistemi intelligenti che una volta erano solo frutto della fantasia umana... i vari Robocop, Io Robot, A.I. e così via.

Tra l'altro una decina di anni fa avreste mai pensato ad un futuro di automobili che si guidano da sole, macchine che riescono a muoversi e a mantenere l'equilibrio come facciamo noi esseri umani o programmi che possono IMPARARE dai maestri umani e dai loro stessi errori... un futuro che ora è il nostro presente.

Non siamo più così lontani dalla fantascienza: ora dobbiamo solo capire, come umanità, se esserne genuinamente fieri o sinceramente preoccupati.


Cosa direbbe Isaac Asimov, se potesse vedere dov'è arrivata l'umanità? - click for source

Che sia arrivato il momento per le tre leggi della robotica di Asimov?


Grazie per aver letto questo articolo! Se vi piace, in futuro vorrei analizzare più nel dettaglio il funzionamento degli algoritmi di Intelligenza Artificiale, come le reti neurali, gli algoritmi genetici o il machine learning.

Next Week -> (forse) approfondimenti sulla I.A. -> @gianluccio


Riferimenti:

Sort:  

Molto interessante, spero di leggere la seconda parte!! Grazie!

Grazie a te per il supporto ;)

Urca, è interessantissimo.
Eccerto che devi continuare col secondo articolo!

Ok vedremo cosa esce fuori la prossima settimana ;) Contento che ti sia piaciuto!

Inquietante, per certi versi. Tuttavia non credo che mai una macchina potrà eguagliare la complessità del cervello umano, su cui agiscono emozioni presenti e passate, persino familiari. Spesso un essere umano compie un’azione non perché sia la più logica o corretta in una certa situazione, ma perché l’empatia con un altro, o una forte emozione lo condizionano. Che cosa, ad esempio, potrebbe far paura ad una macchina?

A tal riguardo, ci sono diverse linee di pensiero... posso esporti il mio (da ingegnere informatico): non è un problema tenere traccia di ricordi per una macchina, il vero problema è associarvi delle emozioni (amore, amicizia, paura e così via).

Sono queste le cose che, ad oggi, ci differenziano dalle macchine; ma se diamo per assodata la possibilità che una macchina possa imparare ad essere illogica (un po' come nel GO se ci pensi) allora cosa le impedisce di provare emozioni? Non potremmo addestrare una rete neurale fornendo centinaia di film romantici per insegnarle cos'è l'amore? Non basterebbe trattare una macchina come noi cresciamo un figlio?

Non è inquietante, è inquietantissimo... ma non lo vedo così irrealizzabile in futuro. E ciò comporterebbe una ridiscussione di tutti i sentimenti che fino ad ora consideriamo "umani"...

È ancora più inquietante a mio parere proprio perché ci sono umani che sanno così poco del funzionamento emotivo dei propri simili da pensare che si tratti di immagazzinare moli più o meno alte di dati. Non è così che noi cresciamo un figlio, ad esempio, o che siamo a nostra volta figli. Ci sono milioni di condizionamenti impalpabili in una vita umana, emotivi e culturali, che sarebbe mostruoso tentare di scimmiottare. Speriamo di non vederlo mai.

Altro spunto di riflessione (già presente in tanti altri film, serie o videogiochi): permettere ad una macchina di replicare i nostri sentimenti alla perfezione (anche per copia... ovvero trasmettere la nostra coscienza all'interno di un robot), la renderebbe viva, senziente e cosciente? Avrebbe i diritti di un essere umano? Oppure bisogna continuare a trattarla come un tostapane, anche quando piange perché la stiamo rottamando?

Tostapane.

Dai non ci credo che riusciresti a trattare il bimbo di A.I. - Intelligenza artificiale come un tostapane, poraccio! ;)

Tostapane Tostapane Tostapane Tostapane Tostapane Tostapane Tostapane Tostapane Tostapane Tostapane....

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