La luna bianca di Alfhild - Pt. 4 L'ira di Freyja

in #ita5 years ago (edited)

“È tutto pronto, Vostra Maestà. Aspettiamo solo il vostro ordine per abbassare il ponte levatoio e consentire l’entrata in cortile al popolo della Neveluna” avvertì il marchese Alexander.

“D’accordo, fateli entrare, prima però vieni qui da me, caro” rispose con tono dolce la regina Cathrine.

Il Marchese si avvicinò alla sovrana lentamente e le prese il viso tra le mani; la guardò dolcemente e le schioccò un bacio sulla fronte. Incrociò le dita delle mani a quelle delle sue; la fissò negli occhi e poi la strinse in un abbraccio poderoso. Se le carezze ricevute fino a quel momento erano parse gentili, quest’ultimo gesto fece sobbalzare la Regina.

“Tutto bene, mio caro?” gli chiese fissandolo negli occhi.

“Certo mia adorata, sono solo emozionato per la festa. Pensavo che questa sera potremmo rendere pubblico il nostro legame, ma so bene che non accadrà. Volevo cogliere l’occasione per mostrare, all’intero regno, quanto sono fortunato ad avere al mio fianco la più bella...”

Il mieloso discorso di Alexander venne presto interrotto dalle parole di Cathrine. Lo sguardo della Regina si fece più cupo e il Marchese notò in lei una visibile agitazione crescente.
Se fino a quel momento la sovrana aveva finto calma apparente, all’improvviso si lasciò andare e sbottò: “Hai proprio ragione, questo non accadrà mai. Adesso vattene!” strillò disgustata.

Il motivo di tanto astio era figlio di una piccola indagine condotta dalla regnante di Alfhild: negli ultimi giorni, infatti, Cathrine aveva raccolto informazioni a riguardo di Alexander, convocando a corte i quattro baroni del regno al fine di sottoporli a interrogatorio.
Inizialmente nessuno di loro aveva vuotato il sacco sul conto del Marchese, ma poi, Alfred, il Barone della Baronia di Cristallo, era esploso all’improvviso in un pianto disperato, lasciando di stucco i presenti. Tale reazione non gli aveva certo fatto fare una bella figura, come al solito quell’idiota trovava sempre il modo di apparire ridicolo agli occhi di chiunque, ma a ben vedere era così stanco dei maltrattamenti subiti da Alexander che finì per spifferare tutto alla Regina in quattro e quattr’otto. Stilò un resoconto dettagliato di tutti gli anni in cui il Marchese aveva abusato del suo potere cercando di arricchirsi all’insaputa di Cathrine, sottraendo viveri, cristalli e pellicce pregiate, giustiziando e torturando gran parte del popolo della Neveluna.

Sua Maestà era stata buona con i quattro baroni, riuscendo persino a comprendere i tre nobili che, terrorizzati da una possibile ritorsione del Marchese, non avevano parlato. Allo stesso tempo aveva apprezzato e ricompensato il barone Alfred con le pellicce più pregiate del Regno.
Quando scoprì la verità, ebbe la certezza che il Marchese non fosse realmente innamorato di lei e che dunque volesse sposarla soltanto allo scopo di mettere mano su tutti i suoi averi e possedimenti.
Questo ovviamente era inammissibile.
Come aveva potuto non accorgersi di niente? Da quanto tempo quel verme viscido studiava il suo perfido piano sfruttando ogni sua piccola debolezza? Come aveva potuto permettere che il suo popolo pagasse per cotanta negligenza da parte sua?
Era mortificata.
Quella sera stessa, gliel’avrebbe fatta pagare molto cara.

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CC0 Creative Commons

“Abbassate il ponte levatoio!” gridarono le guardie del castello.
La festa era appena iniziata e la luna brillava nel cielo, bianca come non mai.
Il castello di Jakalid era illuminato dai riflessi lunari e tutto il cortile era stato adornato a puntino.
I portici intorno al cortile erano illuminati da candele, rigorosamente bianche, le quali donavano all’ambiente un’atmosfera dolce e romantica. Al centro dell’immenso chiostro v’era il pozzo completamente rivestito di fiori, che emanavano un profumo molto intenso ma gradevole.
C’erano tavoli coperti da tovaglie ricamate personalmente dalle sarte di corte che rendevano tutto elegante; sopra di essi un’enorme quantità di cibo: pesce, carne, frutta, tartine e vino a volontà.
Il popolo della Neveluna era riunito per mangiare, cantare, ballare e brindare con lo sguardo rivolto al cielo, osservando lo spettacolo offerto dalla luna bianca.

“Non sono pronta Kuhgla, mi viene da vomitare” continuava a ripetere Freyja camminando avanti e indietro davanti al camino.

“Sì che sei pronta, ne abbiamo già discusso. Partiremo, dunque, ma prima devo darti una cosa” rispose un po’ seccato il Sacerdote, porgendole un oggetto avvolto in un panno.

“È l’arma?” domandò Freyja.

“Non è una semplice arma, è la daga divina della Dea Kaja. Attraverso te mi ha ordinato di consegnartela. Ricordati che è potente, non utilizzarla mai contro nessun altro essere umano che non sia il Marchese. Non dimenticare che devi attaccarlo all’altezza del cuore, al resto penserà la daga” spiegò Kuhgla con fare solenne.

“Devo mirare al cuore… Al solo pensiero sento una parte di me che va in pezzi e un’altra che chiede vendetta. Che la Dea Kaja mi sia d’aiuto!” rispose Freyja preoccupata.

“Dolce Freyja, affronta il tuo nemico, combattilo! Ricorda i nostri addestramenti. Questa sera vedrai per la prima volta Jakalid e il castello, è ora che ci mettiamo in cammino. Io sarò lì con te, ma non dovremo giungere assieme, altrimenti rischieremmo di attirare l’attenzione di qualcuno. Forza, andiamo! E che la Dea Kaja ci protegga entrambi!” esclamò il Sacerdote, chiudendo la porta dietro di sé.

Al castello della capitale i festeggiamenti continuavano in grande stile. Ormai almeno la metà delle persone presenti era caduta preda dei fumi dell’alcol, mentre la Regina continuava a osservare attenta il marchese Alexander, cercando di intuirne le intenzioni.

“Vostra Maestà, gradite una coppa? Tra poco ci sarà lo spettacolo pirotecnico, al quale mi piacerebbe assistere in vostra compagnia” ardì il Marchese porgendo alla regina un calice ricolmo di vino.

“Come mai non siete con i vostri leccapiedi, questa sera?” rispose pungente Cathrine.

Alexander porse il braccio alla Regina e la pregò di appartarsi con lui, per quanto fosse possibile vista la miriade di persone presenti alla festa, in un angolo semibuio sotto al porticato del cortile. Con ottime probabilità, agli occhi delle persone che osservarono la scena, il tutto parve simile a una situazione dolce e romantica, ma in realtà fu tutt’altro.

“Avanti Alexander, dimmi cosa vuoi da me e dal mio Regno! Credevi che fossi stupida fino a questo punto? Dovresti circondarti di persone più intelligenti per mettere in atto i tuoi piani, non di stupidi che vuotano il sacco al primo sguardo minaccioso!” urlò la sovrana di Alfhild.

Il diverbio non fu udito da nessuno, anzi, venne coperto dalla musica allegra dei menestrelli di corte e dalle urla delle centinaia di bambini che come schegge impazzite giocavano a rincorrersi dappertutto.

“Razza di idioti! Sapevo che non potevo fidarmi di loro! Cathrine, ascoltatemi, avrete sicuramente frainteso… I preziosi che sto racimolando sono per voi, li sto accumulando per porgerveli in dono! In confronto a voi, io non sono nessuno” blaterò invano il Marchese, cercando di placare l’ira della Regina.

“Tutto questo è inammissibile. Tu e la tua malvagità! Ti farò rinchiudere nelle segrete e domani ti farò giustiziare! Guardie prendetelo!” gridò forte la Regina.

Accorsero due guardie armate di alabarda, che fortunatamente riuscirono a rendersi conto della situazione nonostante il baccano; una delle due afferrò Alexander per il mantello foderato di calda pelliccia: il Marchese, con abile destrezza, riuscì a disfarsi del manto e a caricarsi la regina sulle spalle come un volgare sacco di patate, dopodiché si lanciò in una folle corsa in direzione del portone principale.
Agevolato dalla scarsità di guardie in servizio, impegnate a onorare la sacra festa tracannando fiumi di vino, sebbene inseguito da un manipolo di soldati giunse al ponte levatoio, dove per sua immensa fortuna due delle quattro sentinelle si erano addormentate ubriache e le altre brancolavano ebbri come ebeti lungo la via, cantando e sbraitando con i fiaschi in mano.

Nel frattempo Freyja era giunta alle porte del maniero. Aveva ormai superato gli ultimi alberi del bosco, quando udì le urla di una donna. Capì subito che qualcosa non stava andando per il verso giusto.
Aguzzò la vista nell’oscurità della notte, rischiarata appena dai bagliori della luna bianca che filtravano attraverso le fronde della foresta innevata. Le sembrò di notare una sagoma che correva verso di lei, perciò decise di nascondersi dietro a un abete e attendere qualche attimo per valutare meglio la complicata situazione.

“Lasciami Alexander, o morirai questa sera stessa! Lo giuro!” urlava la regina sulle spalle del Marchese.

“Sarai tu a morire questa sera, maledetta puttana!”

Il Marchese lasciò cadere a terra Cathrine cominciò a prenderla a calci, lasciandola senza respiro. Estrasse una piccola ampolla da una sacchetta legata ai pantaloni e ne svuotò il contenuto liquido in bocca alla Regina, che stremata dalle percosse non oppose alcun tipo di resistenza.
Terminata l’operazione, Alexander gettò via l’ampolla e si diede rapidamente alla fuga in direzione del bosco, proprio dove Freyja si trovava accovacciata dietro a uno degli alberi.

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Pervasa da una forza incontrollabile e da una voglia di vendetta indescrivibile, Freyja lasciò il pieno possesso del suo corpo e della sua mente alla Dea Kaja, la quale, attraverso i suoi occhi, riconobbe il Marchese. Decise di uscire allo scoperto e si fiondò di corsa all’inseguimento di Alexander. Voleva fermarlo e guardarlo in faccia. Voleva assistere a ogni singolo momento della sua sofferenza mentre lo pugnalava al cuore servendosi della daga, come da istruzioni ricevute per bocca della Dea stessa. Voleva vedere i suoi occhi implorare pietà e spegnersi lentamente.

Il nobile, stremato e con il respiro affannoso, si fermò un attimo per riprendere fiato. In quel momento Freyja lo raggiunse: “Tu, essere viscido!” urlò la ragazza assestandogli un calcio nella schiena che lo mandò al tappeto.
Gli mise un piede sul petto, spingendogli la punta dello stivale contro il pomo d’adamo.
“Non meriti d’essere chiamato uomo, sei la vergogna del Regno, la feccia di Selenya!” continuò a strillare sempre più nervosa.

Alexander la guardò negli occhi, inerme. Freyja tolse il foulard che le copriva i capelli e osservò la luna bianca splendere nel cielo sopra di sé. Il Marchese ebbe un sussulto di terrore: “Non può essere, voi siete la Dea Kaja! Vi chiedo umilmente perdono mia signora!” strillò il nobile fra le lacrime, mettendo da parte tutta la sua virilità.

“Non proprio, ma non importa, perché tu ora morirai” sentenziò la ragazza.
Gli occhi di Freyja erano pieni d’odio e sentiva che il potere della Dea Kaja cresceva dentro di lei in maniera esponenziale, fino a prendere pieno possesso del suo giovane corpo.
Improvvisamente intorno a lei apparve una luce bianca, accecante; una tempesta di neve e ghiaccio ebbe inizio.
Il Marchese tremava dal freddo e dalla paura: sapeva che la sua ora era inevitabilmente giunta.

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La Dea Kaja, per mezzo di Freyja, impugnò la venerabile daga divina e con forza sovrumana la conficcò nel petto di Alexander, dritta nel cuore.
L’uomo, disteso a terra, fu presto circondato da una pozza di sangue che si allargava sulla neve fresca.
L’ultima cosa che videro i suoi occhi morenti fu l’immagine di Freyja perdere i sensi e accasciarsi lentamente a terra.

Nei giorni successivi, le condizioni di salute di Cathrine peggiorarono: era caduta in un coma profondo, dal quale non riusciva a svegliarsi. I tre Maestri di magia arcana del Regno erano giunti a corte portando ogni tipo di pozione ma a nulla era servito. Anche i tentativi di Kuhgla furono vani: ogni qualvolta tentasse di curarla, la sua magia veniva improvvisamente respinta. Era una situazione mai avvenuta prima. Il popolo della Neveluna si trovava senza una sovrana.
Il Sacerdote alternava i suoi addestramenti con Freyja a notti insonni in cerca di una soluzione per Cathrine.
Il tempo scorreva veloce e la luna nel cielo di Selenya aveva assunto altri colori che a loro volta avevano completato il proprio ciclo nel firmamento: l’arancio, il blu, e, infine, quella rossa.
La ragazza ormai riusciva a capire perfettamente quando la Dea Kaja aveva intenzione di comunicare con lei, cosa che per altro accadeva sempre più di frequente.
Una sera la Dea venne a farle visita, foriera di uno strano messaggio: “Freyja, dolce Freyja. Ricordo perfettamente quanto coraggio hai avuto nell’uccidere Alexander” disse la Dea Kaja in occasione dell’ultimo incontro mentale, “Qualcosa sta per accadere nel Regno di Alfhild, ma non solo. Dobbiamo trovare il modo di aiutare la Regina, il nostro popolo non può restare senza la sua sovrana. Qualcosa sta per succedere a Selenya e ci saranno cambiamenti. Dobbiamo essere nuovamente pronte a tutto, insieme”.

Freyja, riavutasi dallo stato di trance, si avvicinò alla finestra e guardò l’oscurità della notte rubare la scena alle luci del giorno. Avrebbe dovuto essere la prima notte di luna dorata, ma di essa non v’era alcuna traccia.
Il mondo là fuori appariva buio, insolitamente silenzioso.
Rabbrividì.
“Kuhgla, abbiamo un problema. Un enorme problema, che non preannuncia niente di buono...”

Selenya: Le sei ombre della Luna - Presentazione e Contest

La Luna Rossa di Tlicalhua by @gianluccio
Cap. 1: Il Colpo
Cap. 2: La prigionia
Cap. 3: L'accordo
Cap. 4: Sussurri nel vento

La Luna Blu di Kasiha by @kork75
Cap. 1: Un anno prima…
Cap. 2: L'osteria il corallo blu
Cap. 3: Il confine
Cap. 4: Il maestro

La Luna arancio di Svadhisthana by @imcesca
Cap. 1: Prologo pt. I
Cap. 2: Prologo pt II
Cap. 3: Il risveglio

La Luna Bianca di Alfhild by @acquarius30
Cap. 1: Concentrazione e addestramento
Cap. 2: Gelido come il cuore del Marchese
Cap. 3: Apparizioni

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