Una Luna rosso Sangue - Pt.1 Il Colpo

in #ita5 years ago (edited)

Qualcuno le disse che i tramonti estivi a Tlicalhua erano uno spettacolo meraviglioso.

Questo perché sembrava che non finissero mai: i raggi rossi del sole morente si spegnevano dietro le dune dell’altopiano dando l’illusione che l’orizzonte stesso fosse in fiamme.
E quando il sole era ormai tramontato, la notte ed il buio facevano spazio ai raggi cremisi della luna, inondando lentamente la vallata ed i palazzi di riflessi vermigli. Riflettendosi sulle cime scure delle montagne e sulla superficie increspata del lago che circondava la città… rossa anch'essa, come il sangue che macchiava da secoli quella terra aspra e pericolosa.


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Qualcuno le disse che il rosso le donava.

Con il vento freddo della sera che si alzava, era grata di aver indosso quello scialle color ruggine; se lo strinse al collo con un gesto automatico, mentre pensava a quanto fossero folli gli abitanti di questo regno.
Soltanto un pazzo avrebbe fondato una città all’interno della caldera di un vulcano ancora attivo, dandole un nome pittoresco come “La Fossa” e rendendola la capitale del Regno.
Soltanto una divinità beffarda e crudele avrebbe permesso il compiersi del Rito proprio oggi, proprio il giorno dei festeggiamenti in suo onore. Il giorno in cui la Luna raggiunge il proprio Azimut, l’unico momento in cui il popolo di Tlicalhua posa la spada per alzare le mani al cielo… l’unico giorno nel quale gli schiavisti smettono di frustare, i sacerdoti di sacrificare, i guerrieri di uccidere.

L’unico momento dell’anno in cui si intravedeva un barlume di pace e civiltà.
Nahua faceva penzolare i piedi nel vuoto, seduta sul tetto di uno dei palazzi più alti della città mentre era immersa nei suoi pensieri… tesa, come una corda di violino.
Si guardò le mani, controllò per l’ennesima volta la borsa con gli attrezzi, saggiò la robustezza della leggera ma resistente corda di seta che aveva arrotolata in vita.

Qualcuno le disse che questo era il giorno perfetto per il colpo del secolo.

Avrebbero rubato il Pugnale della Volpe, l’artefatto sacro del clan delle pianure… e poi avrebbero chiesto un riscatto. O l’avrebbero venduto in uno degli altri regni. L’importante era riuscire a farci abbastanza soldi da poter lasciare questo buco di città, lasciarsi il passato alle spalle.

Per sempre.

Una mano le sfiorò lievemente il braccio.
“È ora di andare, Nahua.”

Lei si voltò con una piroetta; veloce come un fulmine ma con la grazia di un gatto, gli stampò un bacio sulle labbra. “Questo piano è folle, Itochu.” Disse lei, stringendolo a sé.

“È vero. Per questo sei qui con me.”
Si guardarono negli occhi senza dire niente, per un attimo che sembrò durare un’eternità.
Poi si coprirono il volto, fissarono le corde e si calarono lungo la facciata del palazzo.

Avevano studiato a memoria i giri di pattuglia delle guardie; entrarono da una delle finestre del terzo piano, aperta facilmente grazie agli attrezzi da scasso in possesso della giovane donna. Si diressero con sicurezza verso una delle stanze del palazzo, uno sgabuzzino per le scope, ed attesero con pazienza il rumore di passi che diventava sempre più forte, sperando ardentemente che non fosse lo schiavo addetto alle pulizie venuto a prendere la ramazza.

Fortunatamente i passi si allontanarono dalla porta, fino a scomparire.
Itochu le sussurrò all’orecchio: “Ricorda il piano. Se qualcosa dovesse andare male, ognuno per la sua strada. Nessun atto di coraggio, nessun salvataggio azzardato. Promettimelo!”

Nahua annuì.

Sgattaiolarono fuori dalla porta e continuarono scendendo due rampe di scale, silenziosi come un alito di vento. Poi, senza dire una parola, si separarono.

La ragazza accelerò il passo, percorrendo il lungo ed esposto corridoio il più velocemente possibile; l’interno del palazzo profumava di incenso e di spezie, le pareti e il pavimento erano di freddo marmo bianco. Ogni dieci metri prendeva posto una torcia; quella luce tremolante unita al chiarore rosso della luna che entrava dalle finestre, creava un’atmosfera spettrale che le faceva accapponare la pelle.

Il piano era semplice: la delegazione del Clan delle Pianure avrebbe passato tutta la settimana nel palazzo delle Ambasciate. I suoi contatti le avevano detto che il Gran Sacerdote Parquatl insieme a gran parte della sua scorta avrebbe passato la serata ad assistere al Rito, lasciando il Pugnale sacro nei suoi alloggi privati al primo piano, dove i suoi uomini migliori avrebbero fatto la guardia.

Itochu aveva il compito più pericoloso: quello di distrarre le guardie, facendo credere loro di essere l’unico partecipante di un furto fallito. Attirare il pericolo lontano dalle stanze mentre lei sarebbe entrata di nascosto, sottraendo l’artefatto e lasciando l’appartamento come se nulla fosse accaduto.

Più ripeteva tra sé e sé il piano, più le si stringeva un nodo alla gola; era una follia.
Ma era troppo tardi per tornare indietro.

Mentre camminava udì il chiacchiericcio di due uomini dietro una porta; si bloccò, nascondendosi dietro il cono d’ombra proiettato da una colonna.

“Per il Dragone, quanto avrei voluto assistere al Rito del Massacro invece di stare qui a fissare un corridoio vuoto!” disse la prima.

“Sarà una battaglia epica: Massuk delle rocce, l’uomo più forte del continente; Quertzi, lo spadaccino delle montagne; mio zio mi ha detto che avrebbero mandato addirittura un Arcimago delle Fiamme a tenere alto il nome del clan delle Montagne! Un evento senza precedenti.” rispose la seconda, sospirando.

“Seriamente, pensi che il campione delle Pianure abbia qualche speranza?”

“Beh, Zelgat è il più forte dei nostri guerrieri, praticamente imbattibile con la lancia… ed un fervente seguace del Dragone. Proprio ieri il Gran Sacerdote lo ha benedetto e gli ha affidato per la durata della battaglia il tesoro del clan.”

“Intendi…”

“Sì: entrerà in arena con il Pugnale della Volpe.”

Nahua singhiozzò per la sorpresa e la paura; una delle guardie si voltò verso di lei, quando il rumore di una campana rimbombò per i corridoi, insieme ad una profonda voce roboante. “A tutte le guardie! Un ladro si è infiltrato nell’ala ovest del palazzo! Lo stiamo braccando ma potrebbero essercene altri. State all’erta!”

Le due guardie passarono accanto alla giovane imprecando, mentre lei era ancora nascosta dietro la colonna; respirava affannosamente con una mano premuta sulle labbra. “No… sta andando tutto a rotoli… il pugnale, il sacerdote. Itochu!”

Non ci pensò un attimo: Nahua corse a perdifiato verso l’ala ovest, muovendosi di ombra in ombra come un fantasma. Sfoderò i suoi due pugnali ricurvi, che avrebbe dovuto utilizzare solo per estrema necessità; svoltando a destra per un corridoio si trovò faccia a faccia con una guardia che la fissò imbambolato per un secondo… un secondo di troppo. Il pugnale recise l’aorta dell’uomo, mentre con un guizzo sinuoso la ragazza evitava il fendente di spada e proseguiva il suo cammino.

Udì delle urla fuori dal palazzo: Nahua si affacciò da una finestra e vide il suo compagno che veniva accerchiato da quattro guardie forzute nel cortile interno del palazzo.

Era troppo tardi per pianificare, troppo tardi per la prudenza. L’idea di fuggire poi, non le era minimamente passata per la testa.

Si lanciò dalla finestra; per un attimo la sua silhouette si sovrappose alla Luna Rossa, un’ombra scura dal volto color ruggine, un presagio di morte per il guerriero che le dava le spalle quando due pugnali ricurvi gli perforarono contemporaneamente cuore e polmone.

Itochu e Nahua si guardarono negli occhi per un breve attimo: lui corse verso di lei, forse per abbracciarla, per portarla via da quell’incubo e tornare a casa insieme.

Itochu la sorpassò e lei sentì una folata di vento muoverle i capelli.

Nahua si voltò: un uomo enorme che imbracciava un’alabarda alta il doppio di lei la stava calando con forza mirando alla sua testa. Itochu si frappose tra loro due e l’arma dell’uomo lo attraversò come il burro, dal collo fino a metà della vita, fermandosi a pochi centimetri dalla fronte della ragazza.

Lei osservò la scena atterrita, con il volto coperto di sangue.
Lasciò cadere i pugnali.

Il gigantesco guerriero le afferrò lo scialle color ruggine che le copriva il viso e tirò con forza, strappando la stoffa e squarciando parte della sua maglia. I raggi vermigli illuminarono la sua spalla, mostrando i segni di un marchio a fuoco: i tre anelli d'una catena.

“Una schiava. Una schiava ladra per giunta. Portatela in cella e pulite il cortile prima che torni il Gran Sacerdote.” Disse, sputando a terra.

Due guardie legarono Nahua per i polsi: una delle due le fissava la spalla nuda, leccandosi le labbra. “ Capo possiamo…”

L’uomo enorme estrasse l’alabarda dal corpo senza vita di Itochu e la pulì sui suoi vestiti: “Fatene quello che vi pare: tanto morirà prima dell’alba.”

Tra i sogghigni delle guardie, Nahua venne strattonata all’interno del palazzo. Lei non si oppose; il suo sguardo completamente assente si posava sul selciato di granito rosso… rosso come il sangue che macchiava da secoli quella terra aspra e pericolosa.


Firma finale.gif

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Mica pizza e fichi qua, ragazzi!😉 Godiamocela sta luna rossa finché dura...😉👍

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Non sembra portare molto bene questa luna ahah


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Complimenti davvero! Altro che Martin :P

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Eh vabbè non esageriamo! Grazie :)

Complimenti veramente bello, che azione e che suspance, ora aspetto il seguito. Saluti Kork75 😉👍

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Mi spiacerà interrompere (o diluire ancor di più nel tempo) i capitoli del Nibbio Bianco... ma credo che che questa sarà la prossima saga che mi impegnerà nei prossimi tempi :) Grazie!!!

Belli avvincente, grande @gianluccio, e un bentornato alla scrittura!!!

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Grazie mad, sempre sul pezzo eheh

Hi, @gianluccio!

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D'accordo con Kork. Mi acchiappa assai questa storia!
Bravo @gianluccio

Thanks a lot :)

Sono qui da poco e ti scopro adesso! Ora vado a leggermi il tuo repertorio. Complimenti!👏

Ne hai di roba da leggere ;) Benvenuto sul mio blog!

Cavoli, che incipit. Spero che il vulcano esploda presto, ha reso gli animi di questo popolo troppo sanguinosi.

Le cose potrebbero anche peggiorare... ma presto avrete qualche risposta in più. Grazie per essere passata :)

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