Una finestra su prati d'acqua - A window on water meadows [ITA/ENG]

Originale dell'autore. La Venezia popolare / Original by @f3nix. The non-romantic Venice.

La storia che segue è liberamente tratta da fatti di cronaca recentemente accaduti a Venezia.

Nella bruma mattutina, le grida dei gabbiani erano pennellate su un quadro vedutista di maniera.
Una chiatta scivolava lenta sul Canal Grande con il suo carico di merci destinate alla clientela abbiente del Molino Stucky. Un pastore tedesco sedeva accanto all'uomo alla guida della chiatta. Il marinaio muoveva incurante il timone. Pareva fatto lui stesso di nebbia, strati di umidità solidificata in una solenne creatura del mare, insensibile al vento perfido di quella mattina.
Dall'isola della Giudecca, antica lingua di terra silenziosa, ornata di orti e giardini antichi, si poteva scorgere il Sestiere di Dorsoduro. Mamme pensierose, lungo le fondamenta, imboccavano la scuola coi loro bimbi. Venezia è geologia d'anime e storie infinite. Mosaico di cielo e terra e qualcos'altro che non si riesce mai a definire fino in fondo. Le strade trasmutano in calli, le piazze campi e campielli, i quartieri sestieri, le sue fondamenta sono pali di legno conficcati nel fondale marino, quasi a suggellare sin dall'origine il suo perpetuo divenire.

Il tempo aveva affinato i suoi sensi. Poteva vedere molto dalla finestra, nonostante i vetri assomigliassero sempre più ad una placenta traslucida che lo separava dal mondo vibrante.
Quei vetri incrostati di salsedine erano stati la sua croce, poi col tempo aveva smesso di angustiarsi. Dal lato di Calle del Pistor erano più puliti e poteva vedere con più chiarezza rispetto al panorama sul Canale, per via della minore aggressione delle intemperie. Però, la vista non era altrettanto bella.
Pensieri lavati dal tempo, gesti lenti, rituali quotidiani ripetuti all'infinito, perdita di struttura e significato. Nella penombra di quella mansarda umida tutto ciò che gli rimaneva erano i suoi ricordi e lo spettacolo incessante della vita là fuori, attraverso la placenta vetrosa e incrostata di sale. I ricordi sbiadivano ma la vita là fuori non poteva sbiadire, anche se divergeva sempre più dalle soglie della sua percezione.

I giorni passavano e lui continuava ad osservare dalle finestre. Aspettava. Ricordava e aspettava.

Se in un sistema di quiete un evento dura t secondi, lo stesso fenomeno dura di più in un sistema di riferimento che si muove quasi alla velocità della luce in un moto uniforme.

Quanti secondi durava un evento in quella strana ansa nel fiume del tempo dove ora lui si trovava?
Era stato un bravo professore di fisica, prima che tutto accadesse. I suoi studenti avevano sempre apprezzato le sue lezioni e sicuramente, ora che erano stimati professionisti, si ricordavano di lui quando raccontavano qualche aneddoto a tavola, in famiglia, sui bei tempi dell'università.

Perso nel brodo vischioso dei suoi pensieri, non si accorse nemmeno dello scatto della porta che si apriva. Finalmente. Qualcuno era giunto a lui.
Una figura si delineò contro la carta da parati rosso tiziano del corridoio esterno all'appartamento. Lentamente la figura avanzò con leggeri passi guardinghi e misurati sulla moquette del sottotetto.
Per un attimo, i loro occhi si incontrarono. O così gli parve prima che lo sguardo incredulo del ladro si disassasse inequivcabilmente rispetto al suo. L'ex professore rimase a fissare incerto la figura snella e la sua ombra lunga in controluce.

Nel silenzio della mansarda, i conati di vomito del ladro profanavano le vecchie tavole di legno del pavimento.
Il ragazzo si aspettava una ricca casa abbandonata, da saccheggiare facilmente. Nulla lo aveva preparato alla visione di quel corpo mummificato che lo osservava: la mascella dislocata, le orbite cave. Sulla tela un tempo color kaki dei pantaloni un alone di liquidi ormai evaporati lasciava la sua traccia a partire dalle dita scarnificate.
Il ladro cercò di ricomporsi alla meglio e, prima di fuggire, lanciò per un attimo un'ultimo sguardo incredulo a quel corpo ieratico, seduto come una reliquia dimenticata proprio davanti alla porta chiusa di casa. Quasi stesse attendendo da secoli la sua entrata in scena.

Una telefonata anonima all'ospedale e l'idroambulanza non si era fatta attendere, planando attraverso la laguna. Ora sostava attraccata al pontile proprio davanti alla casa assieme al motoscafo dei Carabinieri. Il volto dell'ex professore era illuminato dai lampeggianti dei battelli mentre osservava Venezia attraverso i vetri sporchi per l'ultima volta.
Vociare confuso e passi pesanti salivano dalle scale di legno facendole scricchiolare, una frase emerse sopra tutte: "C'era un signore una volta mi pare..ma non si è più visto. Noi non l'abbiamo più visto".

Sette anni. Io li ho visti invece rovinare goccia dopo goccia sul mio volto. Il rumore dei tarli, fra il legno bagnato e il salmastro della laguna. Io, dimenticato, annegato nella vostra indifferenza, bianca e muta come questo cielo. Sette anni e nessuno mai bussò a questa porta. Sette anni, un tempo sufficiente a denudarmi della mia umanità, strato dopo strato, ma non abbastanza lungo per togliermi l'illusione di poter aggrapparmi, anche solo per poco ancora, a questa eterna bellezza.

Il professore smise di fissare il suo involucro secco che, nel frattempo, veniva imbustato da mani pragmatiche e frettolose per essere portato all'obitorio.
Prima di dissolversi guardò un'ultima volta la sua città brulicante di vita.

The following story is freely taken from current events that recently happened in Venice.


In the morning mist, the cries of the seagulls were brush strokes on a cheap mannerist painting.
A barge slid slowly over the Grand Canal with its cargo of goods destined for the wealthy clientele of the Molino Stucky. A German shepherd sat next to the man driving the barge. The sailor moved carelessly at the helm. He seemed himself to be made of fog, layers of damp solidified in a solemn creature of the sea, insensitive to the perfidious morning breeze.
From the island of Giudecca, a silohuette of silent land, adorned with ancient gardens, one could see the Dorsoduro Sestiere. Thoughtful mothers, along the fondamenta road, cramming the school with their children. Venice, a geology of souls and endless stories. Mosaic of heaven and earth and something else that you will never define till the end. The streets transmute into calli, the squares campi and campielli, the quarters sestieri. Its foundations are wooden poles embedded in the seabed, almost to seal its perpetual becoming since the origin.

Time had honed his senses. He could see a lot from the window, although the windows looked more like a translucent placenta, separating him from the vibrant world.
Those glasses encrusted with saltiness had once been his cross. Then, with time, he had ceased to be troubled by them. On the side of Calle del Pistor they were cleaner and he could see more clearly than those faceing the Canal, due to the lesser aggression of the weather. However, the view there was not as beautiful.
Thoughts washed by time, slow gestures, daily rituals repeated to infinity, loss of structure and meaning. In the dim light of that damp attic, all that remained were his memories and the incessant spectacle of life out there, through the glassy and salt-encrusted placenta. Memories faded, but life out there could not fade, even if it diverged more and more from the thresholds of his perception.

The days passed and he kept watching from the windows. He waited. He remembered and waited.

If in a quiet system an event lasts t seconds, the same phenomenon lasts longer in a reference system that moves almost at the speed of light in a uniform motion.

How many seconds did an event last in that strange loop within the river of time where he was now?
He had been a good physics professor before everything happened. His students had always appreciated his lessons and surely, now that they were esteemed professionals, they remembered him when they told some anecdotes at the table, between family members, about the old good times of university.

Lost in the viscous broth of his thoughts, he did not even notice the click of the opening door. Finally. Someone had come to him.
A figure stood out against the crimson wallpaper of the corridor, outside the apartment. Slowly the person moved forward with cautious and measured steps on the carpet of the attic.
For a moment, their eyes met. Or so it seemed to him before the incredulous gaze of the thief moved unequivocally apart from his one. The former professor stared uncertainly at the slender figure and his long shadow against the light.

In the silence of the attic, the thief's gagging noises profaned the old wooden planks of the floor.
The boy expected a rich abandoned house, to be plundered easily. Nothing had prepared him for the vision of that mummified body that was watching him: his dislocated jaw, the hollow orbits. On the once khaki canvas of the trousers, a halo of liquids, now evaporated, left its trace starting from the scarred fingers.
The thief tried to compose himself at his best and, before escaping, threw for a moment a last incredulous look at that hieratic body, seated like a forgotten relic just in front of the closed door of the house. Almost as if he had been waiting for his entry on stage for centuries.

An anonymous phone call to the hospital and the hydro-ambulance arrived, speeding and gliding through the lagoon. Now it was there, moored at the pier right in front of the house along with the Carabinieri motorboat. The former professor's face was illuminated by the flashing lights as he watched Venice through the dirty windows for the last time.
A confused hubbub and heavy steps rose from the wooden stairs, making them creak. A phrase emerged above all: "There was a gentleman once, I guess .. but we have no longer seen him."

Seven years. I saw them, instead, ruining on my face drop by drop. The noise of woodworms, between the wet wood and the brackish of the lagoon. I, forgotten, drowned in your indifference, white and silent like this sky. Seven years and nobody ever knocked on this door. Seven years, a time enough to denude me of my humanity, layer by layer, but not long enough to take away from me the illusion of being able to cling, even if only for a little while, to this eternal beauty.

The professor stopped staring at his dry wrapper which, in the meantime, was conceived by pragmatic and hasty hands to be brought to the morgue.
Before dissolving, he looked one last time at his city teeming with life.

Thanks for reading.