Io, di Juve-Barcellona, ne ho già visti diversi. Non dovrei essere così emozionato, ma forse è colpa dell'imprinting ricevuto da bambino. Avevo più o meno dieci anni quando le due squadre si affrontarono per la prima volta davanti ai miei occhi da telespettatore, per i quarti di finale della Coppa dei Campioni: non ho ricordi molto ben definiti, ma il gelo provato nel sangue al momento del goal dei catalani, quello me lo ricordo bene.

Erano le prime partite di coppa alle quali assistevo da spettatore attento e, nonostante la sconfitta, ero stato confortato da tutti sul fatto che la Juve avrebbe ribaltato il risultato al ritorno; tuttavia, grazie agli incredibili errori sotto porta di Pacione (nomen omen) e al goal subito da Tacconi sul proprio palo, la mia squadra del cuore a Torino non riusciì ad andare oltre l'1-1, lasciando coincidere quello con il primo vero dolore calcistico che la mia mente ricorda.

Da quel momento in poi il nome del Barcellona ha significato per me "dolore". Dolore che si ripetè negli anni novanta, con un'altra eliminazione, questa volta in Coppa delle Coppe, a fronte di una seconda rimonta fallita, per culminare con la triste finale di Berlino, dove i catalani spezzarono il sogno della Juve di Allegri di laurearsi campione d'Europa.

In mezzo ci sono state anche alcune soddisfazioni, come la zampata di Zalayeta nel 2003 o la doppietta di Dybala dell'Aprile 2017, ma l'epilogo di quelle storie non fu comunque felice e mentre nello stadio vuoto risuona l'inno della Champions League, scopro che a questa vittoria ci tengo di più di quanto credevo.

Cristiano e Messi vengono cercati spesso dalle telecamere: il loro è il duello nel duello tra le due squadre, che si giocano il primo posto. Per agguantarlo la Juve ha bisogno di segnare almeno tre goal e, a giudicare dalla partita dell'andata, l'impresa sembra titanica. Il Barcellona tuttavia viene dato in profonda crisi, e a giudicare dai primi minuti direi che i giudizi erano realmente ponderati.

Ronaldo si guadagna un rigore dei suoi al decimo minuto, cadendo a terra dopo essere stato sbilanciato da un avversario; di solito questi glieli fischiavano al Real Madrid, e spesso quando a giocarci contro eravamo noi, ma ora che ce l'ho in squadra comprendo che essere fuoriclasse significa anche questo: farsi dare rigori che a nessun altro giocatore fischierebbero.

Uno a zero, e incoraggiati dall'inconsistenza degli avversari, i nostri continuano a premere. La palla viaggia veloce da sinistra a destra, dove Cuadrado (che o fa cose geniali o lo ammazzeresti) la scodella dolce per McKennie, che si inventa un goal in mezza rovesciata che non avrei mai sospettato essere nelle sue corde. Stavolta non mi trattengo e salto dalla sedia, invitato da mia moglie come sempre ad abbassare la voce.

Golazo!

Unito ad un più italiano

Mamma mia!

Mi sembra incredibile, ma dopo nemmeno mezz'ora stiamo impartendo una lezione di calcio alla squadra che negli ultimi vent'anni ha incarnato più di tutte col suo nome il significato di gioco spettacolare. Mi viene in mente quella promoter che, di fronte allo stadio Camp Nou, durante una mia vacanza nella città catalana di qualche anno fa, cercò di convincermi a comprare i biglietti del Trofeo Gamper spiegandomi che avrei avuto la fortuna di vedere

Messi, Xavi, Iniesta, Dani Alves, Carles Puyol y todos los demas campeones...

Chissà cosa pensa ora dei suoi campioni! Le squadre spagnole hanno dominato per almeno quindici anni in Europa, ma la loro supponenza, il loro sentirsi migliori degli altri, non l'ho mai potuto sopportare. Anche all'andata, invece di chiudere la partita e di segnare il maggior numero di goal possibili, il Barcellona si mise a giocare per lo spettacolo, quasi a vole entrare in porta col pallone. Sono mancanze di rispetto che su un campo di calcio trovo intollerabili.

La Juve si rintana per il resto del primo tempo, a difesa del risultato, e i padroni di casa non sembrano troppo pericolosi.

Comunque vada, sarà un successo...

penso nell'intervallo, immaginandomi le facce di quelli che nella gara di Torino se la ridevano, ma per ottenere il primo posto la Juve ha bisogno di segnare un altro goal. E l'occasione arriva dopo pochi minuti quando un evidente fallo di mano concede un altro rigore, che Cristiano Ronaldo trasforma.

Siiiiiiuuuuuu

La sua faccia supponente, dopo la corsa ad esultare, sembra quasi voler ribadire a tutti che, tra lui e Messi, non c'è paragone.
In panchina intanto si litiga, perché da regolamento Lenglet, già ammonito, dovrebbe ricevere il secondo cartellino giallo e abbandonare la sfida: Pirlo lo chiede a gran voce, Koeman si arrabbia e lo affronta a brutto muso, fermato dai suoi; sul campo il "Maestro" non avrebbe avuto problemi a surclassare l'olandese, ma in una lotta corpo a corpo è un bene che sia andata così.

Ora siamo zero a tre, e i padroni di casa devono segnare due goal per tornare davanti in classifica. La classe non si può cancellare in una notte, ma la confusione mentale la può senza dubbio annacquare: i giocatori del Barcellona ci provano in palleggio a sfondare la retroguardia bianconera, ma gli manca sempre l'ultima stoccata.

In una delle poche sortite offensive del secondo tempo la Juve trova addirittura il goal del quattro a zero, annullato dal Var per fuorigioco di Bonucci. Nella stessa azione mi è sembratao di intravedere un altro tocco di mano, ma l'assenza di replay e di cenni da parte dei telecronisti mi fa credere di aver sognato.

Così come quando la partita finisce, e il Barcellona perde dopo quindici anni la testa del suo girone eliminatorio in Champions League. Ci sono partite destinate a restare nella storia, ad essere viste e riviste anche a distanza di anni. Barcellona-Juventus, del giorno dell'Immacolata 2020, è una di queste.

Leggi anche:

• Arrivederci Paolo: la carriera di Paolo Rossi in Italia
• Quando Cagliari e Inter lottavano per lo scudetto
• Barcellona - Juventus: le più belle sfide del passato
• Antonio Conte: breve storia di un allenatore sopravvalutato

---