Se sei un tifoso della Juventus, ma non sei nato o vivi a Torino (lo stesso discorso vale naturalmente per le stracittadine delle altre città), non puoi comprendere a pieno cosa sia il derby. Il derby è quella rivalità che senti dentro fin da bambino, che ti porta a battibeccare con il compagno di banco tifoso dell'altra squadra, una delle due partite che non vorresti perdere per nulla al mondo, perché non ptresti sopportare gli sfottò del giorno dopo e perché non riusciresti ad aspettare sei mesi per prenderti una rivincita e veder smettere di festeggiare "quegli altri".

A Torino gira voce che, durante l'ultima metà del secolo scorso, la famiglia Agnelli, proprietaria della Juventus e della Fiat, fosse solita sostenere economicamente l'altra squadra della città in modo da renderla sempre competitiva, e che i tanti operai di fede granata non lavorassero controvoglia a contatto con i colleghi juventini. Forse è una leggenda, una delle tante che girano intorno agli Agnelli, ma nella seconda metà degli anni settanta le due squadre rivaleggiarono effettivamente per la conquista dello scudetto per tre stagioni consecutive.

Ormai i derby equilibrati vissuti nel periodo in cui ero bambino, nei quali sapevi che vincere, perdere e pareggiare erano eventualità che avevano ciascuna il 33,3% di possibilità di accadere, non esistono più, da almeno vent'anni. Il divario tecnico ed economico tra le due squadre si è ampliato fino quasi a risultare incolmabile, e assitere ad una vittoria del Torino è evento assai raro, che si verifica più o meno una volta ogni quarto di secolo.

Da quando non ne azzeccano più una, i cugini si trincerano dietro ad una credenza tutta loro, che li vorrebbe in maggioranza nella città di Torino. Questa tesi non è corroborata da alcuna certificazione, e a giudicare dalle presenze allo stadio (quando questi erano aperti), con l'Olimpico che richiama per le partite interne del Torino quasi sempre meno di ventimila spettatori, circa la metà delle presenze fisse all'Allianz Stadium, di solito tutto esaurito, anche assai improbabile.

Inoltre, in occasione di alcuni eventi o festeggiamenti bianconeri, le strade di Torino sono arrivate ad accogliere fino a 400 mila tifosi; la marcia granata, che si tiene ogni anno nel mese di Maggio a Superga per celebrare la squadra del Grande Torino, cuore dell'identità granata, non arriva mai a contare più di cinquantamila presenze. I cugini sostengono di essere la vera squadra di Torino, ma la storia dice che, purtroppo per loro, sono nati da una costola della Juventus.
Insomma, non potendosela più giocare sul campo, cercano di difendere l'ultimo baluardo, il punto d'onore, e a volte hai quasi tenerezza nel contraddirli facendogli notare l'evidenza, un po' come di fronte ad un bambino non diresti mai che Babbo Natale non esiste.

Con queste convinzioni, e con la fiducia nei "miei" giocatori mi siedo rilassato davanti allo schermo.

Sarà una passeggiata...

penso, ma la squadra parte molle e sfilacciata, e i granata tengono bene il campo. Dopo una manciata di minuti vanno persino in vantaggio, grazie ad uno sciagurato assist di Bentancur, che serve un pallone facile facile a Nkoulou tramutato in un inaspettato 0-1.
Il giocatore del Torino viene circondato dai compagni e indica il cielo con l'indice, quasi come a richiedere l'aiuto divino per portare finalmente a casa un derby.

C'è tempo, non abbattiamoci...

Ma la squadra continua a non ingranare e a sbagliare passaggi facili senza mai portare un vero pericolo alla porta di Sirigu. Pericoli che, in compenso, arrivano da noi a ripetizione. Zaza, ex giocatore juventino che con un suo goal al Napoli indirizzò la sfida scudetto di qualche anno fa, sbaglia clamorosamente da solo davanti a Sczszesny la palla dello 0-2, che sarebbe stata con ogni probabilità mortale, ma neanche questo scampato pericolo sveglia i bianconeri.

Finisce il primo tempo, con un'altra occasione per Lyanco e, mi duole ammetterlo, ma il Torino sta meritando di vincere.

Se perdiamo questa, chiudo col calcio... Sono terzultimi in classifica, quest'anno hanno perso praticamente con tutti e devono riuscire a sfatare un tabù che dura da venticinque anni?

Mia moglie, seduta di fronte a me, ride, dato che ha sentito ripetere e contemporaneamente disattendere questi proprositi decine di volte, ma qualcosa di vero c'è, dato che l'andamento delle stagioni si può prevedere anche in base alla quantità di tabù che vengono infranti: ci sono ancora 45 minuti per evitare una sconfitta che porterebbe ad un probabile tracollo psicologico in un gruppo costellato di giovani e con un allenatore esordiente.

I primi dieci minuti sembrano ancora tutti per il Toro, ma gradualmente gli ospiti terminano le energie, e si rintanano sempre di più davanti al loro portiere. Cuadrado pareggia con un gran tiro da fuori area, quando manca ancora quasi mezz'ora alla fine, ma la gioia rabbiosa uscita dalla mia bocca viene subito stoppata dal replay che evidenzia il fuorigioco di Bonucci.

Orsato va al VAR e non ha dubbi, io qualcuno in più: il nostro capitano era effettivamente oltre la linea dei difensori, ma Sirigu ha visto partire la palla e l'avversario non era in traiettoria tale da impedirgli la parata, tanto che nessuno del Torino aveva accennato alla minima protesta.

Vabbè, si vede che deve recuperare ancora la mancata ammonizione di Pjanic...

di un Inter-Juventus, stagione 2017-18, episodio preso ad alibi della mancata conquista di uno scudetto da parte del Napoli di Sarri. Il famoso "scudetto perso in albergo".

I minuti passano e comincio ad alzare i miei muri difensivi interni. Passo in rassegna le eventuali scuse da snocciolare a tutti quei tifosi del Torino che mi prenderanno inevitabilmente in giro tra un quarto d'ora e per i prossimi cinque mesi:

Ah si? Ha vinto il Toro? Non ho visto la partita...

Oppure:

Ma non te l'ho detto che non seguo più il calcio?

Intanto, in un personale sbarco in Normandia in salsa calcistica, il soldato americano McKennie ci salva, pareggiando a poco più di dieci dalla fine con un preciso colpo di testa.

Ok, se pareggiamo di nuovo la classifica è compromessa, ma chi se ne frega, l'importante è non perdere il derby...

I nostri avversari non hanno più reazione e vanno avanti con la stessa tattica, difesa a riccio davanti all'area di rigore; l'appetito vien mangiando, e dal sollievo per il pareggio mi viene un'inseziabile voglia di vittoria. Dybala spreca un goal che sembrava già fatto, facendosi deviare in calcio d'angolo una voleè a botta sicura da Lyanco, ma sul susseguente calcio d'angolo si sviluppa l'azione che porta al colpo di testa finale di Bonucci.

Due a uno, e mi scappa un urletto di gioia che fa girare tutti verso di me.
Nei festeggiamenti di tutta la panchina bianconera, corsa ad abbracciare gli undici in campo, il terzo portiere Carlo Pinsoglio esagera, e viene buttato fuori da Orsato, che in perfetto accento veneto gli ripete:

Fidati, fidati, ti ho visto... Vai fuori.

Gli stadi vuoti hanno il potere di far sentire tutto (o quasi) quello che viene detto dai protagonisti.

Bisogna resistere sei minuti, che diventano sette, ma questa volta la beffa dell'Olimpico con la Lazio non si ripete. Se non si trattasse del Torino, da sportivo, mi spiacerebbe per gli avversari, che comunque si sono battuti con onore.

Ma questo è il calcio, questo è il derby, una partita diversa.

Grazie per la lettura, appuntamento al prossimo articolo sul calcio italiano. Ciao!

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