Così parlò Bellavista

Ci sono film che restano nell'immaginario collettivo e che traggono forza dal contesto che vogliono raccontare.

Uno dei film più rappresentativi dell'Italia degli anni pre-globalizzazione è un film napoletano, di napoletani e sui napoletani: Cosi Parlò Bellavista.

Tratto dall'omonimo romanzo di Luciano De Crescenzo, il film vede il filosofo partenopeo anche in veste di regista ed attore protagonista, in una pellicola che in realtà di protagonisti ne ha molti o meglio di attori e attrici non protagoniste che ruotano intorno al vero faro di tutto il film: Napoli.

Chi ha vissuto in Campania si riconoscerà in questo film, nelle vicende raccontate, negli ambienti grotteschi ed esagerati, nei costumi, nella dialettica, nei luoghi.

Tutto il film è permeato di napoletanità e della napoletanità De Crescenzo voleva parlare, senza filtri ma senza giudicare, mettendo in scena il grande teatro partenopeo, quelle delle signore al balcone, dei giovani in cerca di lavoro, della camorra subdola di quartiere, delle donne di casa e degli uomini "lavoratori", dei vigili urbani e dei ladruncoli.

Un teatro a cielo aperto che De Crescenzo dipinge con maestria e puntualità, regalandoci risate fragorose e applausi a scena aperta.

Difficilmente questo film entrerà nella bacheca di un Milanese o un torinese ma di sicuro per un meridionale, soprattutto per un campano, diverrà da subito un film cult, indimenticabile e da vedere e rivedere.

Non solo spaccati della quotidianeità ma anche scampoli di filosofia che vengono regalati da De Crescenzo in persona e che hanno fatto storia.

Dal celebre "siamo sempre a sud di qualcuno" alla dicotomia "Uomini d'amore vs Uomini di libertà". 

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De Crescenzo fu osteggiato da molti intellettuali italiani all'epoca che vedevano in lui un veicolo di facile semplificazione di concetti troppo complessi che non dovevano essere proprio dell'uomo comune ma compresi solo dall'intelligentia.

Se invece De Crescenzo è riuscito ad arrivare al cuore e la mente di milioni di persone è proprio perchè ha avuto successo il suo approccio semplificativo. Parlare di tempo assoluto, di amore, di libertà attraverso immagini, attraverso la smorfia napoletana o le discussioni in un condominio, durante la tradizionale riunione familiare ad agosto per fare la passata di pomodoro o nel racconto di un uomo che abbraccia un cavalluccio rosso, è qui che De Crescenzo diventa unico, diventa celebre, diventa eterno.

In "Cosi Parlò Bellavista" denuncia Napoli e i Napoletani con amore e al tempo stesso li eleva a popolo unico che secondo lui resta l'unica speranza di salvezza dell'umanità.

Lo è perchè umana, lo è perchè è un popolo che ha capito da tempo che il segreto per godersi la vita a pieno non è correre ma rallentare. Rallentare i ritmi, gustarsi un caffè come fosse un rito religioso, farsi il bagno e non la doccia perchè nella vasca risiede un incontro con la fantasia.

Su questo De Crescenzo non ha mai avuto dubbi nell'indicare Napoli e la napoletaneità come ancora di salvezza di tutta la specie umana. Cosi come è stato altrettanto spietato nei confronti della camorra e al tempo stesso dello Stato, assente fino allo sfinimento.

Cosi Parlò Bellavista è un quadro, un affresco eterno che non ha eguali. 90 minuti che ci restituiscono l'immagine nitida di un intero popolo, senza filtri e con una leggerezza antica e che oggi manca cosi come ci manca e ci mancherà sempre più il sorriso e la saggezza del professor Bellavista aka Luciano De Crescenzo.

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