Ieri ho parlato della questione migranti, oggi voglio portare un punto di vista leggermente differente.

In Africa partono appunto i migranti economici, una parola che comincia ad essere sdoganata e fino a qualche tempo fa era bandita dal frame informativo. Cioè sono coloro che sono benestanti, non per il concetto occidentale classico, ma per quello della zona in cui vivono. Sono quelli cioè che possono pagare con i risparmi di una vita, visto che gli scafisti mica lo fanno gratis. Ed una delle opere che fanno gli organi di informazione in loco è quella di rappresentare una Europa in pesante crisi demografica e lavorativa, che poi sotto certi punti di vista corrisponde al vero, ma con opportune differenze. Viene disegnato una sorta di eldorado e statisticamente qualcuno lo raggiunge venendo mediaticamente celebrato, mentre il 99,9% va incontro ad altre sorti talvolta persino peggiori di quelle di partenza.

Posso vedere nei vostri pensieri, si tratta dell'Africa, sono arretrati a livello sociale e tecnologico. Non possono accedere a informazioni corrette e quindi cadono vittime di questa falsa propaganda.

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Eppure succede lo stesso in Italia con gli italiani! Ora leviamo opportunisticamente per un attimo gli scafisti, leviamo gli assurdi viaggi in mezzo al deserto. E andiamo sui nostri media informativi. Qualsiasi giornale ogni tot di tempo se ne esce con qualche articolo di qualche giovane italiano che fa successo e carriera in qualche società o università estera. Invece di chiamarli migranti economici li chiamano "Cervelli in fuga". Oggi appunto quello di una ragazza trentenne che diventa CEO di una società australiana. E tutti questi articoli ripropongono lo stesso frame. "In Italia non c'era la possibilità, facevo il lavapiatti/fattorino a meno di mille euro, qui mi hanno subito preso come megadirettore".

Intendiamoci, non stanno dicendo balle, sono casi reali. Ma quanti sono quelli che vanno all'estero e si ritrovano a tornare in patria perché l'eldorado non l'hanno raggiunto? E come italiani ci dice pure bene, perché statisticamente siamo ben preparati dalla scuola, di cui tanto male si parla, della nostra cultura che spesso viene raggruppata nella massima "pizza, mafia e mandolino" ma poi a bassa voce siamo quelli che contano nel momento decisivo. E sopratutto il nostro livello di integrazione rispetto ad altre culture è pressoché istantaneo, già la seconda generazione diventa italo-qualcosa e se parlano la nostra lingua è un mezzo miracolo.

In questo senso vorrei che vedeste un video di una ragazza canadese, di padre italiano, quindi una seconda generazione, e madre libanese. Lei vuole venire a vivere in Italia e non sente il Canada come il suo posto. Sentite come parla dell'Italia, è qualcosa di veramente illuminante, cioè quello che abbiamo, quello che rappresentiamo è qualcosa sotto il nostro naso tutti i giorni eppure non ce ne rendiamo conto. Siamo costantemente auto-distruttivi. Quand'è che ci siamo sentiti italiani l'ultima volta? Quando la nazionale di calcio ha vinto i mondiali? Veramente?!

Paradossalmente il nostro è un problema culturale che coinvolge vari livelli, e la politica a mio avviso ha oltre il 90% delle colpe per aver favorito questo clima di imbarbarimento. Per cui ogni cosa ha un incapsulamento politico, non c'è un senso del bene comune, figurarsi mantenere la sua valorizzazione. Solo di turismo potremo campare mille anni, ed invece pensiamo di "fregarli" da quando vanno in taxi, al caffè da 20 euro, senza parlare dei venditori abusivi che scocciano o i "mariuoli" di turno che fregano cellulari o portafogli. Cominciare a ristabilire la legalità, specie quella spicciola è il primo passo. E se vi beccano in divieto di sosta evitate il teatrino, abbiate dignità sociale, avete o non avete infranto la legge? quindi prendete la multa con umiltà, la prossima volta sicuro non lo rifarete.

Noi siamo la mecca della cultura e della bellezza, e dovremo pretendere di voler vedere il pellegrinaggio almeno una volta nella vita di ognuna degli oltre 8 miliardi di capocce di questo pianeta.