Come diventare un musicista di successo (CDUMDS). Capitolo 4

in #ita6 years ago

A.D. 1995, mese di Febbraio

Avevo rimesso in sesto più o meno tutte le cose. Mi sentivo bene, a scuola avevo recuperato il tempo perduto praticamente su tutto, con qualche tentennamento solamente in matematica.
Ecco, la matematica era una materia che non avevo messo in conto al momento della scelta della scuola superiore. Mi spiego.
Non è che avendo scelto il liceo scientifico (sperimentale di Francese, continuerò per sempre a sottolinearlo per non dimenticare) non immaginassi che la matematica fosse un punto cardine della nostra formazione, ma avevo osservato spesso Fabio fare i suoi compiti, e non mi sembrava così impegnato quando affrontava gli esercizi di matematica dell’istituto tecnico.
Quanto poteva mai essere diverso il liceo?
E invece, percepii da subito la serietà con cui la materia veniva affrontata, il rigore con cui veniva spiegata e pretesa, e la velocità con cui si andava avanti con il programma.
Alla matematica, al liceo scientifico, ci tengono sul serio!
Questo atteggiamento mi spiazzò un pochino, perché ero abituato a lezioni molto più scorrevoli, dove gli argomenti non venivano approfonditi fino alla terza cifra decimale.
Quel tempo perso, mi costrinse a rincorrere per tutto l’anno un programma che prevedeva un argomento nuovo praticamente ogni lezione, e recuperare in solitaria sul gruppo in fuga non fu per niente facile. Mi dovetti accontentare, e mi venne antipatia per quella materia.
Non avrei mai potuto puntare a un otto, come avevo in molte altre materie, ma avrei dovuto sudare sangue per raggiungere la misera sufficienza.
Si, la matematica mi stava antipatica. Mai quanto il Francese, ma sempre antipatica restava.
Per quanto il professore fosse simpatico.
Questa simpatia, spesso espressa in lunghe chiacchierate riguardanti la Ferrari, e quanto più forte fosse rispetto alle concorrenti nei Gran Premi, mascherava la reale competenza che aveva sulla materia.
Un professore, se ha raggiunto quel ruolo, ha di sicuro una cultura di base e una conoscenza “minima indispensabile per fare il professore” di ciò che insegna. Questo però, non vuol dire che sia in grado di spiegarla, e di trasmetterla.
Un bravo professore non è quello che sa tutto, un bravo professore è uno che sa quello che è necessario, e che riesce a trasmetterlo integralmente e indistintamente.
Quel prof in particolare, si limitava a leggere gli argomenti in programma e ripeterli. Chi capiva, capiva, chi non capiva…
Io evidentemente non capiva.
Avevo iniziato il liceo scientifico, e mi si era creata la repulsione per la matematica. Un buon inizio.

I miei pomeriggi, comunque, erano spettacolari.
Da quando avevo smesso con le lezioni di musica, alla tastiera non mi ero più avvicinato nemmeno per spolverarla. Non mi riguardava, il nostro rapporto era finito e lei poteva tranquillamente andare a infilarsi nel letto di qualcun altro.
Il fatto che non facessi più Karate, aveva interrotto i rapporti con i miei compagni di palestra (non fate quelle facce, i cellulari sarebbero stati alla portata di tutti solo qualche anno dopo), perciò tutto il mio tempo libero orbitava tra i miei vicini di casa, ex compagni delle lontanissime scuole elementari.
Tra i miei compagni non c’era più Simone. Io e la mia metà simbiotica, per un banale litigio sull’orario di partenza verso una festa della Chiesetta a pochi passi da casa, non ci siamo più rivolti la parola. Mai più. Perché l’amicizia vera va oltre tutto, ma non oltre i litigi da bambini.

Nel mio gironzolare quotidiano, tra un giro in bici e una improvvisata partita a calcetto, un sabato qualunque venni avvicinato dalla macchina di Beniamino.
Beniamino era un signore dall’aria simpaticissima. Cicciottello, con un paio di baffi neri, e i capelli ricci ricci, ma solo ai lati, perché nella parte superiore del cranio era calvo e lucido come uno Swarovsky. Abitava nel nostro quartiere, dove tutti conoscevano tutti.
Aveva una ford Escort prima serie, color cappuccino, con l’impianto a gas. Non avrebbe mai potuto fare qualcosa di illecito, avrebbero riconosciuto la sua macchina a chilometri di distanza dal colore e l’odore che lasciava al suo passaggio.

immagine contrassegnata per essere riutilizzata

Tirò giù il finestrino (manuale) e mi disse:
-“Domani mattina ti passo a prendere alle otto.”-

-“Alle otto? Di domenica?"- gli risposi, perplesso.

-“Si, ti porto a correre. Mettiti la tuta, e le scarpe da ginnastica”- e rivolgendo lo sguardo verso Marco, che era con me, aggiunse –“anche tu”-

E ripartì, tirando su il finestrino. Evidentemente aveva fretta.
Non avemmo il tempo di controbattere, ci lanciammo giusto un’occhiata perplessa, e tornammo a gironzolare per il quartiere. Saremmo andati, perché no?

L'indomani mattina, Beniamino arrivò puntualissimo, alle otto.
Dalla strada principale suonò due colpi di clacson, e io uscii di casa con la tuta e le scarpe da ginnastica. Salii in macchina, facemmo i pochi metri necessari, e ripetemmo lo stesso rituale per far uscire Marco, che come me era già pronto.
Marco, già a quattordici anni, era molto alto, decisamente più di me. Ma a differenza mia, che ero una biglia impazzita, era molto più calmo, rilassato, tranquillo. Un pelandrone insomma.
Salimmo in macchina e ci dirigemmo in un paese a una trentina di chilometri di distanza. Nel viaggio Beniamino ci spiegò che stavamo andando a partecipare a una gara di atletica, avremmo dovuto correre per due chilometri. Il resto del viaggio raccontò storie, barzellette, non ci fece annoiare e ci bendispose ad affrontare quell’avventura.
Arrivammo, e capimmo immediatamente perché eravamo stati reclutati. E non era certo per il talento o per vincere trofei intergalattici.
La gara era stata allestita in una strada del paese, una gara su strada ma con atleti di società sportive. Un ibrido tra una gara di atletica vera e propria, e una corsa di paese dove tutti possono partecipare, anche in giacca e cravatta col cane.
Questa organizzazione approssimativa, unita all’orario fantasioso per una fredda domenica di febbraio, aveva avuto come risultato una drammatica penuria di iscrizioni.
E noi, eravamo stati chiamati semplicemente per fare numero.
La nipote di Beniamino era la responsabile tecnica della società di atletica del nostro paese, e per non fare una figuraccia, aveva chiesto aiuto allo zio per “portare gente”. (segnate questa frase da qualche parte. Tornerà)
Nella mia categoria, cadetti, eravamo in cinque alla partenza: Io, Marco, Angelo (un ragazzo del nostro quartiere, che praticava lo sport dell’atletica leggera, allenato dalla nipote di Beniamino) e altri due di un’altra società sportiva.
Al via, inizio a correre. Velocissimo. Troppo veloce.
Dopo un centinaio di metri, mi ero già pentito di aver accettato.
Mi sarei voluto fermare, e iniziare a urlare “ma che siete matti? Ma che razza di roba è questa, con tutta questa fatica?”

Avevo fatto Karate, per cinque lunghi anni, ma non si può certo definire uno sport aerobico.
Giocavo, correvo, pallone, bici, tutto. Ma non avevo mai accusato fatica, perché quando ero stanco mi fermavo, poi ripartivo, nessuno mi dettava dei ritmi, perciò non mi accorgevo nemmeno di quanto fosse faticoso.
Ora avevo iniziato a correre, mi sarei voluto fermare, ma davanti a me avevo ancora quasi tutta la strada da fare, e non potevo fermarmi perché stavo facendo una gara. E se c’è una gara io voglio vincere, o almeno ci voglio provare.
Rallentai, per forza di cose, perché mi sentivo il cuore scoppiare, e fui sorpassato in un lampo da tutti, tranne che da Marco, che a differenza mia la prese con tutta la calma di questo mondo.
Mi misi per qualche metro affianco a lui, recuperai un pochino di fiato e mi guardai avanti. Ce la dovevo fare.
Allungai un pochino il passo, lasciai Marco indietro, e puntai un ragazzo con i capelli lunghi lunghi biondi, con una faccia antipatica. La misi sul personale, e mi aggrappai a lui.
Corremmo, tanto. E lui, quel biondino, allungò parecchio, non riuscivo a stargli dietro, ma ci stavo provando.
Lui si girava, vedeva che non mi scollavo, e correva di più. Percepivo nettamente il suo passo diverso.
Arrivato al traguardo mi buttai direttamente a terra, col cuore in gola.
Respiravo affannosamente, rumorosamente, ci vedevo doppio, avevo la gola secca, le gambe indolenzite.
Da terra sentivo solo qualcuno che diceva “è stato dietro a Zoppini”, mentre cercavo di riprendere fiato.
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immagine CC0 creative commons

Ero arrivato secondo, dietro quel Zoppini (campione regionale della mia categoria), superando anche quelli che l’atletica la praticavano, e non me ne ero neanche accorto. La fatica e l’adrenalina mi avevano spinto al traguardo senza farmi rendere conto del percorso che avevo fatto.

Mentre ancora ero a terra, la nipote di Beniamino mi disse soltanto:
-“domani alle tre, al campo sportivo”-

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Che bella la corsa!!!
Eccomi alla fine della mia seconda maratona

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grande! Hai una faccia che esprime perfettamente tutto senza bisogno di aggiungere altro. In ogni caso, stima e rispetto per te! Una maratona non è una cosa facile nè da preparare nè da affrontare. Io, ad esempio, non ci ho mai pensato nemmeno lontanamente!! Ma già che sei riuscito a terminarla dovrebbe riempirti di soddisfazione. Bravissimo!!

Sono passati ormai 7 anni....in totale ne ho chiuse 8...ora purtroppo è tanto, troppo che coro pochissimo...

embè, credo che oltre alla testa e al fisico, per preparare una maratona, ma anche una mezza maratona, ci voglia parecchia costanza e allenamenti anche molto lunghi. Perchè è giusto lavorare su tecnica e potenziamento, ma ogni tanto un "test" bisogna pure farlo....e da non professionisti mi sa che le 5 ore si sfiorano no?

Avoja!! :-) io sono una tartaruga

GRAZIE mille!!! Non so se tornerò a quei livelli

E certo, nessuno ti spiega che la matematica che fai allo scientifico è diversa da quella che hai studiato fino ad allora e che non c’entra niente con quella delle altre scuole.
Ad un certo punto diventa qualcosa di trascendentale, non sai come nè quando è avvenuto il misfatto: dall’aritmetica ti svegli una mattina e c’è analisi!!!! 😨😱
Difficile anche da copiare!
Ti ingannano dicendoti: prendi lo scientifico che ti da le basi per lo studio, è una scuola completa. Perchè se ti dicevano: saluta la tua vita sociale, studia 19 ore al giorno, addio mondo crudele.. con il cavolo che uno la sceglie.

Questa frase frega il 90% degli studenti, ne sono sicura!

però c'è sempre il piano b: saluti la matematica e pensi alla tua vita sociale, le ore del giorno le fai diventare 1 o 2 e le altre le dedichi ad attività più redditizie. Tanto parliamoci chiaro, ma pure che prendi 8 alla fine dell'anno e sei un genio a matematica , che te ne fai?
Si, ok, è utile bla bla bla...ma de che. Sarebbe utile se fosse spiegata, applicata, e fatta capire. Ti faccio un esempio, provando a non fare spoiler sulla storia che sarà. Ho studiato, e in diversi ambiti, una roba che si chiama elettrotecnica. Da come mi è stata insegnata, io facevo un miliardo di esercizi, e basta. Riuscivano. OK.
Poi...inizio a interessarmi a delle chitarre in particolare e alla loro costruzione...Mi trovo fra le mani i circuiti da saldare con le relative componenti, e li trovavo di una semplicità disarmante, visti praticamente in mano. Solo dopo aver costruito un bel pò di queste cose, basandomi su conoscenze e guide apprese autonomamente, ho scoperto che i diagrammi di base per far funzionare quegli arnesi erano gli esercizi che avevo studiato. Questo per dire, che io ho studiato decine di pagine e svolto centinaia di esercizi, ma nessuno mi aveva mai messo in mano un circuito da realizzare con la roba appresa. Tutto talmente tanto astratto che io non ero stato in grado di associare quel che avevo in mano con quello che era in qualche cassetto nella mia mente.
La migliore conoscenza, a mio modesto parere, è quella dettata dalla curiosità di approfondire e sperimentare. Cosa che i professori non fanno, o almeno non facevano fin quando ho studiato io. La teoria era teoria, la pratica esercizi per verificare di aver appreso la teoria. Ma la pratica è tutt'altra cosa!

Completamente d’accordo!
Il mio professore neanche la fisica ci rendeva facile, potendola applicare alla realtà ce l’avrebbe resa più comprensibile!
Invece no...ci perdevamo nell’astratto di nomi e concetti senza senso 🤦🏻‍♀️

quindi domani di che parliamo??? visto che la natura dei nostri post era simile. Propongo una bella ricetta della carbonara!!!

Na cacio e pepe?? Per me la migliore, io vado con quella!

Pasta a parte, domani parleró del mio professore di inglese: si meriterebbe un’enciclopedia ma riassumo con un post e poi cambieró argomento.
Lui si merita il Podium. Dei matti!

Allora aspettiamo domani!!

💪💪

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Complimenti per la perseveranza!! Io 20 metri avrei avuto come compagno il mio polmone 😂

È sempre meglio andare a correre insieme a qualcuno, anche se è un polmone 😂

Fantastico! Sempre brillante!
Mi hai fatto pensare alla mia prima e ultima gara di corsa, campestre: la mia insegnante di educazione fisica al liceo proprio non ne voleva sapere di lasciarmi in pace, così un giorno accettai di competere e me ne pentii subito, of course.
Il giorno della competizione, sapevo di potercela fare, mi ero allenata ed avevo sviluppato resistenza. Non avevo fatto i conti con il destino beffardo. Anche io avevo 2km da percorrere: a neanche 100 metri, non vedo una buca nel percorso, prendo una storta alla caviglia destra che ancora ricordo il dolore, ma mica mi potevo fermare! Che figuraccia avrei fatto! Ho raccolto tutte le mie forze e la mia resistenza al dolore, sono arrivata decima, poi sono stata una settimana a letto con la caviglia che era triplicata di volume e la pelle aveva cambiato anche colore.
L'anno successivo quella bestia dell'insegnante ci riprovò: Franceschina, ci sarebbe anche quest'anno quella gara di corsa campestre...
Certo, naturalmente. In effetti per equità dovrei ammaccare anche l'altra caviglia, vero? Non le ho più rivolto la parola.

Ma dai Franceschina!!! La corsa campestre sai che è la mia preferita!? (ma non mi far fare spoiler). Quindi devo dedurre che il tuo rapporto con la corsa è finito per una misera distrorsione???

Ahaha! Il mio rapporto con la corsa è cominciato quel giorno, in effetti. Ma quello con la corsa campestre si è estinto! Spoiler alert? Devo immaginare un improvviso cambio di rotta? Ma non dovevi diventare un musicista, tu? XD Sempre bello leggerti!

Magari sono diventato un bersagliere, chi lo sa!!! 😂😂😂 grazie, sempre un piacere averti qua! (e prima o poi mi dovrai insegnare il 3d, dove scappi!)

😂😂 ammazza che sfiga!

Hahahah sei un grande! Ok ma allora sei diventato un atleta? 😄

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