Perchè Marte non è il pianeta di riserva (ma ci dobbiamo andare lo stesso)

in #ita5 years ago

Ho letto questo post di @claudio83 riguardo al cambiamento climatico. Nei commenti è stata menzionata la possibile colonizzazione di Marte, da usare come piano B nel caso le cose qui si mettano male. Ho voluto scrivere brevemente la mia opinione sulla questione, buona lettura.


Fin da prima che la crisi climatica diventasse un argomento di attualità, la colonizzazione di Marte era un argomento che affascinava e suscitava interesse. Come non potrebbe? Sarebbe senza dubbio la più grande impresa della storia dell'umanità. Certamente le preoccupanti condizioni del clima terrestre spingono molti a immaginare Marte come un pianeta B, una sorta di Terra di riserva da usare nel caso questo pianeta faccia la fine che ne so...di Venere.

Venere e la Terra sono due pianeti molto simili per dimensioni e massa, ma sul primo la temperatura al suolo è di circa 400 gradi e la pressione 90 volte quella terrestre. Non proprio un pianeta ideale: la sua atmosfera è composta al 96% da anidride carbonica, e l'effetto serra da essa causato è all'origine delle sue temperature estreme. Venere è un pianeta interessante e oggetto di studio proprio per questo. Come mai si è evoluto in maniera così differente dalla Terra, nonostante le simili condizioni iniziali? Rispondere a questa domanda significa capire molto sul funzionamento del clima dei pianeti, e quindi anche di quello terrestre.

Torniamo su Marte, o meglio...proviamo a raggiungerlo.
Per arrivare vivi sul Pianeta Rosso bisogna risolvere una serie di problematiche.
Innanzitutto, con i mezzi attuali di propulsione sono necessari dai 6 mesi ai 2 anni per giungere lì. Durante questo tempo passato nello spazio, il corpo umano subisce spiacevoli effetti. Venendo meno la protezione del campo magnetico terrestre, il corpo è soggetto alle radiazioni presenti nello spazio, estremamente dannose e cancerogene. Inoltre l'assenza di peso causa una perdita di massa muscolare e ossea notevole. Ovviamente il tempo fa tutta la differenza del mondo: anche le missioni Apollo erano soggette, in linea di principio, a questi problemi. Ma quest'ultime duravano una settimana, non anni. C'è poi un problema di cibo, che si degrada con le radiazioni; di acqua, molto pesante da trasportare. Ci sono problemi psicologici, indotti dalla forzata convivenza in spazi molto stretti per lunghi periodi di tempo. Il tutto aggravato dalla consapevolezza che se qualcosa va storto mentre sei a metà del viaggio, non puoi tornare indietro in tempi brevi.
Ma ammettiamo di essere riusciti a risolvere questi problemi (e ad oggi, 2019, non ci siamo riusciti), e di essere arrivati su Marte. Bene, e adesso?

Finchè gli unici abitanti di Marte sono quei pochi astronauti pionieri, il problema è minore (si fa per dire!). Dovrebbero vivere in piccole stazioni in grado di ricreare condizioni di vita accettabili. Difficile, ma potrebbe diventare fattibile in un futuro neanche così lontano.

Adesso, invece che poche persone, immaginiamo di portarcene 7 miliardi. Le costringiamo a vivere dentro delle strutture certamente non ampie? Ovviamente sarebbe impossibile. Per riuscire in una simile impresa, è necessario terraformare Marte, ovvero compiere una serie di azioni di geoingegneria in grado di modificare pesantemente il clima del pianeta. Perchè, sapete, su Marte l'atmosfera è sottilissima, non c'è ossigeno, non c'è il campo magnetico (di nuovo, radiazioni!), è tutto desertico. Allo stato attuale della tecnologia non siamo minimamente in grado di rendere un pianeta simile alla Terra. L'unica cosa che sappiamo fare qui è immettere CO2 in atmosfera, non senza troppo successo visto che l'evoluzione del clima è una cosa sì prevedibile, ma non con una certezza assoluta. Probabilmente passeranno secoli prima che l'evoluzione tecnologica renda possibile la terraformazione di un pianeta. Dunque, questa strada non è percorribile, e con essa la colonizzazione di Marte da parte di tutto il genere umano. E quindi no, Marte non è il pianeta B. Sorry.

Però poco fa ho detto che per pochi astronauti potrebbe essere possibile raggiungere e vivere lì, anche tra pochi decenni. Permettetemi un volo di fantasia. Facciamo un salto al 1° gennaio 2060. Il genere umano ha raggiunto Marte ed esiste una base perennemente abitata. Come è stata possibile un'impresa del genere? Semplice: ricerca tecnologica. Per sopravvivere è stato necessario sviluppare un sistema efficiente di produzione di energia, del cibo, di acqua, di trattamento dei rifiuti, ecc...
Tutta la tecnologia sviluppata è adesso riutilizzata sulla Terra, dove la quantità di rifiuti prodotti è minima e i processi che emettono gas serra sono ridotti all'osso.

Sono troppo ottimista? Può darsi, eppure questo è quello che è accaduto, e accade, con la ricerca spaziale. Sulla ISS già utilizzano sistemi di riciclo dell'acqua, e la sopravvivenza nello spazio è una delle cose più studiate, e questo ci porta al succo di questo post. Marte non è il pianeta B, ma dobbiamo andarci per sviluppare la tecnologia necessaria per risolvere i nostri problemi qui.

Sento già le obiezioni. "Ma non potremmo impiegare quei soldi per risolvere i problemi senza andare necessariamente su Marte?" No. Innanzitutto non si capisce perchè, tra tutte le cose a cui si possono togliere fondi, proprio alla ricerca scientifica. Si può fare sia una che l'altra. Secondo, il "problema Marte" richiede soluzioni estreme. L'innovazione è spinta dalla necessità. Rimanendo sulla Terra, restiamo in una "zona di comfort". Il che non significa che non possano esserci innovazioni significative anche da studi condotti qui, ci mancherebbe.

E poi andare su Marte è una figata, che alla fine si fa per questo.


Se non volete bene a questo pianeta, vi lascio questo video:
nel 1990 la sonda Voyager, arrivata ai confini del sistema solare, si gira per scattare una foto alla Terra, da 5 miliardi di Km. Riflessioni di Carl Sagan

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Sembra quasi che, a distanza di un anno, abbiam concepito più o meno lo stesso post.

;-)

Eh più o meno siamo li ahahahahha

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