Oltre la legge di Moore

in #ita7 years ago (edited)



Ispirato dal post sulla legge di Moore del buon @gianluccio, ho deciso di parlare di quello che ci aspetterà tra qualche anno, quando tale legge...non sarà più tale. Nel caso non lo abbiate letto vi consiglio caldamente, prima di proseguire la lettura, di recuperare quel post qui.



[Immagine CC0 creative commons] Fonte

Siete davanti allo schermo, state leggendo questo post. Voi vedete lettere, il computer no. Lui vede 0 e 1.
Il codice binario è l’unico “linguaggio” che un processore è in grado di elaborare, ed è allo stesso modo che vengono immagazzinate le informazioni negli hard disk.
Processore e memoria sono due entità fisiche ben distinte, che si scambiano informazioni in continuazione, informazioni che altro non sono che un segnale elettrico che viaggia tra le due unità di elaborazione.
Questo continuo processo di scambio di informazioni richiede tempo ed energia.

Per ridurre i consumi e aumentare la potenza di calcolo è stata seguita nel passato (e viene seguita tutt’ora) la legge di Moore, che afferma che la potenza di calcolo di un computer raddoppia ogni diciotto mesi, o, equivalentemente, le dimensioni dei transistor dimezzano nello stesso lasso di tempo. È ovvio che questa non è una legge “fisica”, nessuno impone di seguirla. Tuttavia viene utilizzata come “modello di business”, e scandisce il ritmo delle aziende produttrici di microprocessori. Fino ad ora questa legge è stata rispettata, ma tra pochi anni diventerà impossibile mantenere il ritmo: componenti troppo piccoli creeranno problemi di dispersione di calore, ma soprattutto diventeranno preponderanti gli effetti quantistici che governano la materia a scale nanoscopiche. Già oggi i transistor sono costituiti da poche centinaia di atomi. Siamo molto vicini al “limite fisico” del silicio, che non consentirà di rimpicciolire ulteriormente i chip, per lo meno non i chip come li conosciamo oggi.


[Immagine CC0 creative commons]Fonte

Ora immaginate dei circuiti in grado di immagazzinare informazione ed allo stesso tempo elaborarla nel medesimo luogo fisico. Teorizzati per la prima volta unaquarantina d’anni fa, questi dispositivi stanno ora venendo alla luce: parliamo di memristori, memcondensatori e meminduttanze. Dispositivi che integrati assieme darebbero vita a una nuova tipologia di computer, chiamato, con molta fantasia, memcomputer.

I memcomputer ancora non esistono, ma c’è molto interesse dietro a questo, diciamo, “nuovo paradigma” dell’informatica. Questi dispositivi potrebbero dimostrare una capacità computazionale senza precedenti, con un risparmio di energia notevole rispetto ai computer tradizionali. Questo perché, come detto, spostare informazioni da una parte all’altra necessita di tempo ed energia. Se elaborazione e memorizzazione avvengono nello stesso dispositivo allora, ovviamente, viene cancellata l’esigenza di un trasporto di informazione. Questa idea può sembrare innovativa, ma in realtà è vecchia, molto vecchia. La natura lo fa da milioni di anni. Nel cervello le informazioni vengono stoccate ed elaborate negli stessi neuroni. Il cervello umano è in grado di eseguire 10 milioni di miliardi di operazioni al secondo, con un consumo che si aggira attorno ai 10-25 Watt. La stessa mole di lavoro può essere eseguita da un supercomputer, ma con consumo di energia 10 milioni di volte superiore. Le stime indicano che entro il 2030 il consumo globale di elettricità da parte di dispositivi informatici sarà pari al consumo di elettricità residenziale di Stati Uniti e Giappone messi assieme. Decisamente tanta energia.

Vediamoli dunque questi nuovi dispositivi, in grado di elaborare informazione e immagazzinarla una volta che la corrente elettrica viene meno.

 

Memristori


Il simbolo del mersitore. [Immagine CC0 creative commons]Fonte 

È un dispositivo in grado di modificare la propria resistenza a seconda della quantità di corrente che lo ha attraversato nel tempo. Quando viene tolta la corrente è in grado di mantenere l’ultimo stato in cui si è trovato, ed è proprio in questo modo che viene immagazzinata informazione: attraverso un valore numerico di una resistenza. Allo stesso tempo, potendo variare la resistenza nel tempo, questo dispositivo è in grado di elaborare informazione, perché il cambiamento rispetto alla configurazione standard è analogo alla chiusura (0) o apertura (1) di un circuito. La differenza è che qui gli stati possono essere molti di più che due.
Tutto questo è bellissimo in teoria, ma la pratica è molto più ardua. Questo dispositivo è stato realizzato per la prima volta nel 2008 da Stanley Williams e colleghi. Plasmando il biossido di titanio hanno creato dispositivi, grandi poche decide di nanometri, che presentavano caratteristiche tipiche di un memristore. Da allora l’interesse per i memcomputer è aumentato tantissimo, e nel tempo numerose ricerche hanno dimostrato come sia possibile realizzare memristori grandi pochi nanometri usando diversi tipi di materiali.
Ultima nota, importante:  i memristori non possono immagazzinare energia   

Memcondensatori




Il simbolo del memcondensatore. Immagine dell'autore, realizzata a partire da questa

I condensatori sono dispositivi in grado di immagazzinare cariche elettriche , ma non possono modificare la propria capacità nel tempo. Un memcondensatore, invece, è in grado di cambiare la propria capacità in funzione della tensione applicata. Questa capacità si conserva anche a dispositivo spento, e come nel caso del memristore, permette di immagazzinare informazione. Di nuovo, facendo variare la capacità nel tempo è possibile elaborare dati, esattamente per lo stesso principio usato nei memristori. Un vantaggio rispetto ai memristori risiede nel fatto che, a differenza di quest’ultimi, i memcondensatori immagazzinano energia, che può essere sfruttata in loco per svolgere processi computazionali.

Meminduttori



Simbolo del meminduttore. Immagine dell'autore, realizzata a partire da questa

I concetti sono sempre gli stessi. Questo dispositivo è in grado di immagazzinare energia e allo stesso tempo far scorrere corrente elettrica. La combinazione tra flusso di corrente ed energia immagazzinata permette di elaborare informazioni e di stoccarle. Attualmente i meminduttori sono ancora piuttosto grandi, quindi impossibili da inserire in un piccolo computer. Ma la ricerca va avanti, e nel giro di qualche anno potremmo vederli in versione nanoscopica.
 

Questa è una panoramica generale dei dispositivi in gioco. Vediamo ora un esempio di come l’uso di questi componenti (nel nostro esempio i memristori) permetta di risolvere un problema complicato in pochi semplici passaggi.
 

Il problema del labirinto

Come progettereste un software che permetta di trovare la strada corretta per uscire da un labirinto? Uno degli approcci più semplici è eseguire l’algoritmo “walk follower”: il programma segue il muro del labirinto, evita gli spazi vuoti dove il muro si interrompe. Certamente prima o poi si arriverà all’uscita, ma questo procedimento è molto lento.
 

Immaginiamo ora di avere una griglia di memristori, e di sovrapporla al nostro labirinto.


Immagine dell'autore realizzata a partire da questa

[Immagine CC0 creative commons] Fonte

Grazie a una serie di interruttori posti tra i memristori è possibile replicare la topologia del labirinto, ovvero la disposizione nello spazio di muri e passaggi. Un interruttore chiuso non fa passare corrente, e simula un muro. Facendo entrare un segnale elettrico all’entrata del labirinto, questo inizierà a propagarsi lungo i memristori, ma non tutti: solamente quelli il cui passaggio di corrente non viene bloccato dall’interruttore. Una volta che il segnale è uscito dal labirinto, è facile ricostruire il percorso che ha seguito, perché i memristori dentro cui è passato hanno cambiato il loro valore della resistenza e sono facilmente rintracciabili.
Il problema del labirinto è quindi stato risolto in un colpo solo, i memristori hanno lavorato “in parallelo” per arrivare a una soluzione finale. Se vi interessano maggiori dettagli sul procedimento andate qui.
 

I memcomputer porterebbero un grande vantaggio per risolvere i grandi problemi complessi dell’informatica. Prendiamo per esempio 10 numeri, e diamoli in pasto a un computer classico, chiedendogli di trovare tutti i sottoinsiemi di numeri la cui somma è un certo numero n.
Problemi del genere richiedono moltissimo tempo, perché il computer deve generare ed esaminare ogni possibile combinazione di numeri. Finchè sono solo 10, pazienza. Ma se dovessero essere 100? 1000? La difficoltà di calcolo aumenterebbe esponenzialmente, e il tempo potrebbe persino diventare maggiore dell’età dell’universo. Ebbene, un memcomputer ci mette pochi secondi a risolvere il problema.   

Se i memcomputer presentano così tanti vantaggi, perché ancora oggi se ne parla poco?
Innanzitutto bisogna verificare che questi componenti innovativi siano sufficientemente robusti, anche pensando ad un uso ripetuto nel tempo come può essere quello domestico. Per effettuare questo genere di test possono servire anni, quindi non aspettatevi di vedere a brevissimo termine questi nuovi dispositivi, anche se la loro realizzazione non richiede significativi passi avanti in termini tecnologici. Ci sarà anche la necessità di progettare nuovi sistemi, nuovi programmi di controllo. Esattamente come è accaduto per l’attuale generazione di calcolatori. Nulla arriva per magia, e tutto quello che usiamo oggi è frutto di anni di prove, e di fallimenti.
 

Però, immaginate in un futuro di poter tenere sul palmo della mano un dispositivo in grado di elaborare modelli climatici ad alta risoluzione, effettuando calcoli talmente complessi che oggi richiedono l’uso di calcolatori grandi quanto una stanza. Mi sembra una storia già sentita…aspettiamo fiduciosi.    

 Fonti:


 




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Subito a minare un pc cosi!!!

Esatto ahahaha

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Complimenti per il tuo post, oggi mi sto proprio perdendo nella lettura. Anche se non avevo sentito niente dei memcomputer qui l'hai spiegato perfettamente. Ho solo un dubbio di fattibilità per i dispositivi portatili in quanto i memresistori i memcondensatori ed i meminduttori mi sembrano intrinsecamente molto fragili a dimensioni nanoscopiche proprio xche hanno una certa mobilità che funge per l'effetto memoria.. speriamo bene :-)

This comment has received a 9.99 % upvote from @webdeals thanks @intronitro.

Leggo questo post con colpevole ritardo... Naturale successore del mio 😊 innanzitutto grazie per la menzione. In secondo luogo, qui si vedono le mie carenze accademiche, mai sentito parlare di memcomputer, interessantissimo.

Ripeto la mia idea sulla legge di Moore: non è destinata a morire ma evolvere. Cambierà il suo enunciato forse, ma niente fermerà la scalata ininterrotta della potenza computazionale. Ne vedremo delle belle 😉

bellissimo articolo. Non avevo mai sentito parlare di questa tecnologia. Ero veramente convinto che la ricerca fosse indirizzata solo verso i computer quantistici.

Il problema è che i computer quantistici non sono adatti per qualunque tipo di calcolo, non sostituiranno i computer tradizionali

Quanta roba! Bel lavoro e interessante veramente. Vediamo che tirano fuori sti scienziati.
Un saluto, nicola

Perchè non proponiamo un contest e gli forniamo dei disegni un po alternativi di questi memristori, memconduttori e meminduttori?
La tecnologia fa passi da giganti ma la fantasia resta proprio indietro ahah

Complimenti per il post!!

Si tra l'altro fanno pure schifo i disegni dato che li ho dovuti fare io, perchè non ho trovato immagini libere da copyright, comunque su google li trovi disegnati bene.

Bellissimo articolo!

Davvero un gran bel articolo! Sempre interessante leggere i tuoi post! Un saluto @rscalabrini

complimenti bel post

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