Fragranza di rose [theneverendingcontest]

in #ita5 years ago

Stavo appoggiata allo stipite della porta della cucina e guardavo i miei figli discutere animatamente tra di loro. Due anni prima, per aiutarli economicamente, avevo fatto il grande errore di intestare la casa a loro nome, e adesso la discussione era sempre la stessa: di cosa sbarazzarsi e di cosa no. Poco alla volta riempivano scatoloni su scatoloni e chiamavano i camion per i traslochi. A volte chiedevo loro dove andava tutta quella mercanzia, altre volte chiudevo la mia malinconia in una tasca e andavo a guardare fuori dalla finestra bevendo un te caldo. Io ero una di quelle cose di cui sbarazzarsi. Certo non lo avrebbero mai detto cosi, non lo avrebbero mai ammesso, ma adesso volevano vendere la casa e il passo successivo prevedeva mettermi in un ospizio. “Non è un ospizio mamma- aveva detto mia figlia Clara- è una bellissima casa per anziani, con tutti i confort. Ne abbiamo già parlato, starai benissimo la”. Dire che ne avevamo parlato non era proprio esatto, me lo avevano comunicato, ecco, così era andata per essere precisi. Lo so che non lo facevano solo per egoismo, ammetto anche che ero realmente vecchia, la mia testa a volte mi tradiva e loro erano preoccupati, ma questo non mi rendeva le cose più facili. Quello che era più sicuro e comodo per loro era contemporaneamente più doloroso e intollerabile per me.
Mi arrampicai allora su per la scaletta, incurante delle proteste della mia prole che affermava che a 81 anni era da incoscenti rischiare le proprie ossa per andare in soffitta. Clara aveva già messo da parte quello che pensava sarebbe stato il bagaglio per il mio viaggio, assicurandomi che la filosofia del non accumulo era salutare e liberatoria. Ma in quella soffitta era raccolta tutta la mia vita, quanto meno quella precedente al mio matrimonio con Claudio, padre dei miei figli, che purtroppo se n'era andato in Paradiso, sant'uomo, quasi sette anni prima. C'era abbastanza luce che entrava dai lucernai e con gli occhi che per fortuna avevo ancora buoni passai in rassegna la stanza alla ricerca del mio tesoro: era un vecchio baule, non tanto grande, dove avevo riposto le mie memorie più belle, anche se Clara diceva che erano solo vecchie cianfrusaglie. Lo accarezzai e lo aprii dolcemente mentre una fragranza di rose mi investiva e mi riportava di almeno 55 anni indietro nel tempo.
C'era stato un periodo in cui profumavo sempre di rose fresche, per la semplice ragione che piaceva a Lorenzo, l'uomo di cui ero innamorata senza speranza. Sguardi rubati, mani che si sfioravano, una vecchia foto ingiallita, il suo biglietto “Perdonami”. No non l'avevo perdonato, ma era sposato e avrei dovuto saperlo che non avrebbe lasciato tutto per me. Mi sembrò di cadere nel baratro, dopo un anno di dolcezze, di promesse, di baci eterni, di poesie sussurrate, di carezze cercate … cosi giovane e già il mio cuore era spezzato in mille pezzi. Ero cosi apatica quel giorno di maggio quando la mia amica Sofia mi disse all'improvviso “Io parto Emy, vieni con me! Cosa ci stai a fare in questo buco di paese?”. Sofia non dovette insistere molto, in quel momento andarmene mi sembrava la miglior cura per tutti i miei mali.
Milano ci accolse con le sue mille oppotunità, studiammo sartoria e moda e andammo a lavorare presso i migliori teatri italiani come costumiste.
-Mamma cosa fai qui al buio? Ti ho detto mille volte che non voglio che ti arrampichi quassù da sola!!- Clara interruppe bruscamente i miei ricordi e io per la prima volta in tanti anni persi i numi della ragione.
-Ora basta Clara- dissi spingendola verso la scala e poi verso l'uscita -andate via, voglio restare sola, dopo tutto è sempre casa mia, andatevene tutti!! -urlai, e poi mi sentii meglio.



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Immagine CC0 creative commons

Nel baule trovai fotografie d'epoca in cui il nostro sorriso brillava di gioia, biglietti del treno, scampoli di tessuti, un paio di scarpe da ballo, lettere, cartoline, un libro di poesia, potpourri di rose, nastri per capelli, una piccola borsa ricamata, un ciondolo a forma di stella, alcuni sassi raccolti in riva al mare, un foulard, una giacca in pelle ancora in buone condizioni e un gettone.
Le lacrime mi scendevano silenziose mentre il cuore mi si riempiva di emozioni: ogni oggetto li dentro era parte di me, e mi ricordava ogni momento speciale che avevo vissuto, un frullato di sentimenti che mi turbavano e mi eccitavano, e soprattutto mi facevano sentire viva.
E sul fondo, c'era un foglio ben piegato, con scritto all'interno il nostro motto preferito: “Non piangere perchè qualcosa finisce, ma sorridi perchè è accaduta!” e sotto la mia cara Sofia aveva scritto “e se perdi la via, chiamami!”
Non esitai un momento e composi il suo numero di telefono, sperando che non fosse cambiato nel tempo: -Ciao Sofia, come stai? Io parto, vieni con me?-.
-Per tutti i diavoli Emy, perchè ci hai messo così tanto?-

Il giorno dopo Clara trovò questo biglietto sul tavolo della cucina:
“Miei cari figli, non c'è un modo unico o giusto per vivere la propria vita, ognuno deve trovare il proprio. Non so dove sto andando, ma sto seguendo la mia strada, e sono in buona compagnia! Mettete questo messaggio in un baule e rileggetelo tra trent'anni, vi aiuterà a non perdere la via”.



In partecipazione a:
theneverendingcontest n° 67 S2-P4-I2 – Contest di @storychain

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Mi avete emozionato! Un racconto bellissimo!
E' vero che non è mai troppo tardi per cambiare, però ogni giorno diventa più difficile... ma se hai la persona giusta accanto diventa possibile!

grazie @piumadoro!! si, la cosa mi spaventa, per questo ho voluto scrivere di questa donna che in un momento difficile non si allinea a quello che la società prevede (un confortevole soggiorno in casa di riposo) ma trova il coraggio di seguire ancora quella che sente la propria strada, per godere ancora della vita e per non tradire se stessa!! auguro a tutti noi la stessa energia ;-)) grazie per lo spunto che mi hai dato

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