La lingua geniale.

in #ita7 years ago
E' di alcuni mesi fa la pubblicazione per Laterza di un libro che porta questo titolo e che ha occupato le vette delle classifiche nazionali di vendita, dando ad Andrea Marcolongo (il nome è maschile, ma lei è una giovane donna, oggettivamente bionda e soggettivamente grecista) una fama degna di studiosi di ben altro calibro. Il volume si prefiggeva un obiettivo non da poco, come dice il sottotitolo, "9 ragioni per amare il greco", cioè rendere appetibile una lingua che i più non conoscono affatto e i pochi che l'hanno studiata o la studiano al liceo odiano in genere dal più profondo del proprio ego frustrato da poche regole e milioni di eccezioni.

Se l'obiettivo sia stato raggiunto o meno, al di là del successo editoriale, lo dice chiaramente qui a destra lo sguardo dell'Atena Lemnia.

Chiaramente l'autrice sta parlando della lingua antica, cosa che forse sarebbe stato meglio specificare fin dalla copertina, visto che tuttora in Grecia si parla un idioma con lo stesso nome, ovviamente molto amato dai nativi anche senza i 9 motivi suggeriti da lei. Come molti di voi sanno, io insegno il Greco antico a branchi di adolescenti, ma non conosco quasi per niente il neogreco, tranne per qualche espressione utile in viaggio e qualche somiglianza che capto quando li sento parlare o leggo insegne varie e che mi intenerisce il core in un modo che fatico a spiegarvi.

Nella mia vita il viaggio in Grecia è ogni volta una sorta di pellegrinaggio, che si vada per spiagge o per musei e scavi, e quando non riesco per molto tempo a tornarci mi sento in astinenza. Mio figlio ha imparato a camminare a un anno su una spiaggia di Kithira e a parlare a due anni tra le vie di Kalamata, in Messenia: un'altra prova che si tratta della culla della civiltà.

Forse a nessuno di voi sarebbe mai passato manco per il vestibolo del cervello di comprare questo libro ma, nel caso che proprio vi pungesse vaghezza di leggerlo, cercate piuttosto una biblioteca civica che ve lo dia in prestito e destinate quei 15€ ad altra causa.

Tempo fa avevo dato la stura a una serie di post che avevano come tema la Storia antica, ricavandone un apprezzamento che francamente non mi aspettavo, tanto che @abramjs mi suggerì addirittura di aprire un corso di Greco antico per Steemians. Non vi allarmate, non ho intenzione di imbarcarmi in un'impresa del genere, ma forse qualche puntata nella Lingua geniale la posso fare e chi avrà voglia di assaggiarne le specialità sarà il benvenuto.

Uno dei capitoli del libro della Marcolongo che più mi ha delusa è quello dedicato al duale. Avete letto bene: d u a l e. Si tratta della categoria grammaticale del numero che, in aggiunta al singolare e al plurale che conosciamo tutti, indica per l'appunto i soggetti in numero di due: due gambe, due occhi, due piedi, ma anche tu e io che componiamo un'entità fatta di due parti inscindibili. Intendiamoci, come dice l'autrice, non è certo un'invenzione del greco, ma un'eredità di quello che io chiamo il nostro comune Nonno Indoeuropeo, come altre di cui se vi interessa vi parlerò un'altra volta. Ora, la nostra giovane e un po' supponente bionda ha ragione da vendere a dire che a scuola cose come il duale non le capisci e in genere ti limiti a impararle a memoria; ha ragione anche a dire che il duale è una bestia rognosa che in cinque anni di liceo non incontri quasi mai in una versione e quindi ti dimentichi pure che esiste, ma basta una sola volta micragnosa in cui eccolo lì, non lo riconosci e ti fotte. Molto simpatico, vero? Chi ci è passato sa di che parlo. Però, dico io, se scrivi un libro per spiegarci il genio di questa lingua complessa e bellissima, non è che potresti anche farci un esempio uno in cui il duale sia usato in un testo in cui possiamo apprezzarne il senso, anche se intraducibile in italiano? Allora, poiché lei non lo fa, lo farò io e solo per voi Steemians (bugia pietosa: lo faccio sempre anche al mio picciname a scuola).


Torno ad attingere da Sofocle che, si sarà capito, adoro. Stavolta la storia è quella di Antigone, che dà il nome alla tragedia a lei dedicata. Antigone è una dei quattro figli che Edipo, ignaro che si trattasse di sua madre, ha avuto da Giocasta (da cui il complesso di Edipo di freudiana memoria). Il mito precedente è assai complesso e chi voglia può andarlo a consultare qui. I due figli maschi, Eteocle e Polinice, si sono uccisi a vicenda sotto le mura di Tebe, soddisfacendo la maledizione scagliata contro di loro dal padre in precedenza e, poiché il primo era il re in carica e il secondo aveva attentato al trono, lo zio Creonte che resta a raccogliere il potere emana un editto con cui si promette la morte a chiunque oserà dare sepoltura al corpo di Polinice, il nemico, che quindi è condannato ad essere pasto di cani e di uccelli. Antigone, nel prologo della tragedia, racconta questo antefatto e cerca di convincere quella povera diavola di sua sorella Ismene a infrangere la legge umana di Creonte in nome delle leggi divine ed eterne, che impongono a qualunque essere umano di seppellire i morti, tanto più se si tratta di tuo fratello. Ma appunto Ismene è una creatura tremebonda e inetta e risponde con argomenti come "ma lascia stare, ma noi siamo donne, non ti mettere contro la legge" e simili. L'eroina di Sofocle ha invece una statura da gigante e, mentre fin qui ha usato il duale per sottolineare come al mondo siano rimaste solo loro due, sorelle e unite da un cumulo di sventure da far impallidire pure l'Ade, all'ennesimo diniego di Ismene prende le distanze da lei dicendo:

A: Non cercherò mai più il tuo aiuto e anche se in futuro ti deciderai ad agire non vorrò la tua collaborazione. Resta pure quello che vuoi essere: è bello per me morire in questa azione. Giacerò cara a lui che mi è caro, per un crimine santo: infatti dovrò essere cara ai morti ben più a lungo che ai vivi. Laggiù infatti riposerò per sempre; ma se credi, disonora quello che per gli dei ha onore.
I: Non si tratta di principi: non sono capace di agire contro la città.
A: Tu cerca pure dei pretesti: io andrò a coprire di terra il fratello che amo.

Nell'ultima frase i due pronomi, Tu/Io, sono separati e sottolineati dalle mitiche particelle mèn e , che servono a creare parallelismi o contrapposizioni. Non è più tempo, dunque, del duale: io so' io e tu sei tu.

E' Creonte, lo zio e nuovo re, a ritirarlo fuori alla fine della tragedia, quando Antigone viene denunciata e lui tenta di condannare a morte anche Ismene, per togliersi dai maroni entrambe le sorelle e restare unico erede di tale famiglia, davvero baciata dagli dei. Suo figlio Emone, promesso sposo di Antigone, cerca invano di fargli cambiare idea e così, quando arriva in scena la notizia della condanna a morte della ragazza, lui corre ad uccidersi insieme a lei. L'ultima a togliersi la vita è Euridice, moglie di Creonte, sopraffatta dal dolore per la morte del figlio. Sui lamenti di Creonte, davvero rimasto solo, il Coro intona il suo canto finale:

La saggezza è la prima condizione della felicità.
Non si deve mai commettere empietà verso gli dei.
Le parole superbe degli uomini arroganti
scontano i colpi spietati del destino
e in vecchiaia insegnano ad essere saggi.

THE END


foto da Pixabay o da Wikipedia
Sort:  

Capitano mio capitano! Ahi! Provando a salire in piedi sul tavolo, il peso accumulato nei dì di festa ha avuto la meglio sulla struttura che è franata. Scherzi a parte, rinnovo la mia iscrizione al corso prossimo venturo.

Mi sa che saremo tu e io ;)

Si comincia sempre così. Pochi ma buoni!

Io apro la classroom, poi vedremo. Io mi diverto comunque, anche con un alunno solo ;)

Ho upvotato per l'iscrizione!

As a person who is interested in history science, I would like to thank you very much for this article.

Thank you so much :)

A Paolè, che te devo dì... Me pare d’avè capito che ‘st’antichi grechi erano ‘n casino: se ‘nturcinavano uno co’ l’artro, ...’na donna, ‘n omo, ‘n omo, ‘na donna, ‘no zio, la madre, la sorella... E cche è...?!! Aho...??!
E che le punizzioni so’ sempre esaggerate. Du’ sculacciate? Noo... Te faccio magnà da li cani e dai corvi...!!
Ecchejepia’ncôrpo!
(Prego notare come me la so’ cavata co’ l’accento, che nun sapevo si penneva da na parte o dall’artra!)
😘

Meno male che non te l'ho regalato. Ci avevo pensato 😁

Il pensiero però era molto carino :)

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