Un mese di Steemit. Lettera aperta alla bit-community

in #ita7 years ago

Cari e care steemers
oggi voglio parlare con voi!

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Eccoci (fonte immagine steemit.com)

Mia figlia direbbe “hai un cellulare da 600 euro e lo usi al 5%”. Un po’ la stessa cosa con Steemit.

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(fonte immagine bolognacomputer.it)

A un mese dal mio primo accesso posso dire di aver rispolverato uno slang maccheronico angloitaliano e di aver seguito, senza troppa maestria, alcune indicazioni per entrare nelle piattaforme di voto. Ah…ho fatto anche una transazione. E non nascondo che la cosa mi abbia emozionato.

Siccome sono in vacanza fino a domenica e mi sono imposta di non guardare la mail del lavoro, faccio un mio punto personale del primo mese, che condivido con voi.

La professoressa che mi diceva continuamente “Marta, ora basta!”, in questa circostanza mi avrebbe chiesto: “Dimmi un po’ che hai capito”.

Ero una maestra del climbing on mirrors all’epoca. Ci sono arrivata ovunque, almeno finché ho avuto l’età per salire. Inventavo, farcivo, scantonavo, facevo splendide giravolte linguistiche e, alla fine, la poverina mi guardava sconsolata e mi diceva “Sospetto che tu non abbia studiato, ma lo hai fatto benissimo”.

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(fonte immagine ign.com)

Comunque, tornando a Steemit.

Innanzitutto ci sono persone. Quelle che frequento di più sono italiane, ma sono una cellula, dinamica, ma pur sempre una cellula.

Sono persone che raccontano. Non capisco se raccontano per dire o per dirsi, o un po’ entrambe le cose. Ci regaliamo un po’ di noi, divulghiamo, combattiamo l’oblio che invade le menti con uno sforzo di esternazione disciplinato e costante.

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(fonte immagine 123rf.com)

C’è un filo robusto di narcisismo che ci unisce, la scelta dei nomi, dei titoli, delle fotografie, dei temi e dei disegni. Ma questo è parte del temperamento degli esseri umani, è il diluente che gli consente di mischiarsi con gli altri, di mettersi in relazione, talvolta di innamorarsi o di detestarsi. E quindi, immancabilmente, ce lo ritroviamo anche qui.

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(fonte immagine donnaclick.it)

C’è una dimensione amicale della convivenza. Siamo su una piattaforma, ma ciascuno di noi ci sale a piacimento, quando vuole. Non siamo in una piattaforma al centro di un oceano a decine e decine di miglia marine dal primo porto utile e che, gioco forza, dopo qualche mese, diventa una fogna comportamentale. E’ una piattaforma comoda, col suo bar, dove ogni tanto ci diamo notizie “sono stato in pronto soccorso”…“accidenti mi spiace”…”buon ferragosto a tutti”…”conoscete qualcuno che traduce dall’inglese?”… poi scendiamo, torniamo alle nostre occupazioni quotidiane, poi rientriamo, o magari diamo un’occhiata rapida da lontano.

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(fonte immagine http://ragusa.gds.it)

Sicuramente c’è una democrazia della convivenza. Anche se è diversa dalla forma rappresentativa classica, è pur sempre un sistema di regole – alcune formali, altre non scritte – che dirigono il funzionamento delle relazioni. C’è una sua giustizia nella comunità Steemit, un suo rigore, una sua libertà, un suo sistema di potere. C’è qualcuno che propone, dirige, coordina, sostiene, promuove, qualcuno che liberamente sceglie di cominciare a camminare, qualcun altro che ancora gira a vuoto, ma continua a muovere i suoi passi barcollanti.

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(fonte immagine leggendoabari.wordpress.com)

C’è una dinamica economica, un mercato, una domanda e un’offerta, dei valori di scambio e del capitale. E c’è una merce – da non intendersi in modo spregiativo, per carità – che si mette al centro delle nostre “contrattazioni”e del nostro dare e avere.
E questo è il punto sul quale mi sono abbastanza accesa. Il fatto che sia una merce immateriale, come ormai tanta letteratura ci insegna, non la rende certo meno tangibile. Così come, il fatto che maneggiamo testi, non rende il nostro un mercato di opere dell’ingegno, come potrebbe essere, per dire, l’editoria.

Perché non sono i testi la nostra merce, ma le relazioni.

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(fonte immagine sostareinrelazione.wordpress.com)

Sì certo, anche la politica lavora con le relazioni, così come l’educazione, l’economia, l’amore, la vita. Tutto lavora con le relazioni.

Ma la nostra bit-democrazia ha reso trasparente un meccanismo di catene di relazioni, di cordate pulite ed esplicite, di equipaggi che si tengono in equilibrio e intorno ai quali si può creare ricchezza.

Siamo in un dimensione di limbo tra virtualità e realtà e certamente in una dinamica post social network.

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(fonte immagine medasa.it)

Non c’è solo il bar di Facebook dove ci si vede senza prendersi responsabilità, non c’è solo lo sfogo di solitudini contemporanee, non ci sono i ritmi del tradizionale narcisismo da chi vince il duello di tweet… c’è un’impresa interessante e in qualche modo condivisa, che si alimenta di storie e di interpretazioni, e si muove con il carburante delle catene di relazioni e di interconnessioni.

Siamo un tessuto nervoso, dove c’è senz’altro odore di profitto, ma c’è soprattutto una riscoperta del dire per scambiare e dell’interdipendenza forte delle comunità di impresa.

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(fonte immagine vitocausarano.it)

Tranquilli. Lunedì torno al lavoro!

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Davvero ben fatto complimenti, analisi intelligente e ragionata :)

Bellissimo post. Auguro comunque tutto il meglio alla nostra community italiana

Bellissimo discorso, mi rende ancora più felice di essermi iscritta su questa community!

Sei la mia Steemit ideologa preferita 😊

Si, vabbè, e allora...??!
E sto a scherzàaa...
Brava, Fra. Lucida e coinvolgente, come sempre.

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