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RE: Soggetti della scrittura o soggetti alla scrittura?

in #ita7 years ago (edited)

al netto dell'onore, trovo la tua proposta di riflessione molto articolata e interessante. Semplificando, l'essere l'identità un prodotto secondario dei simboli che la definiscono e la oggettivano è una teoria suggestiva. Quello che mi sembra di poter dire è che ci siano due punti di vista applicabili alla storia della civiltà (continuo ad essere estremamente rozza): quello meramente di cronaca che vede un progressivo affinarsi della produzione simbolica finalizzata alla crescente necessità di sedimentare un sistema di astrazioni che servissero a combattere la paura della morte, la paura che il sole non sorgesse più, ecc. L'altro punto di vista è quello filosofico, in ragione del quale è la produzione simbolica che dà vita a un'oggettivazione dell'identità umana, una sorta di "mirroring" di rispecchiamento in qualcosa di trascendente ed eterno, qualcosa che potesse sopravvivere alla breve esistena terrena di un essere umano. Grazie dell'opportunità di rimettere in moto le mie arrugginite memorie universitarie. Ottimo post

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Grazie del commento!
Quei due punti vista che dici è uno solo secondo me.
Quando inizia la paura della morte? Quando inizia (e perché) l'uomo, diversamente agli altri animali, a seppellire i morti? Forse già c'entra qualcosa la pratica simbolica (chiaro, prima dell'utilizzo della scrittura alfabetica).

Faccio un esempio stupido (per cui anche inesatto, non perfetto):
Lo scienziato studia il cervello perché pensa che esista un organo con la capacità di utilizzare la funzione simbolica (questo organo e questa capacità sono date come oggetto di analisi).
Il filosofo pensa che quell'oggetto di analisi sia nato dallo sguardo e dalla pratica simbolica dello scienziato.
Ma questo non vuol dire che non c'è l'evento dell'uomo che pratica la funzione simbolica, questo vuol dire che quell'oggetto (quello dello scienziato) è una mappa del sapere che quell'uomo (l'uomo della nostra cultura, non l'uomo in generale) applica per stare al mondo (etica come modalità di stare al mondo).

In un commento di un altro post dico (in sintonia con alcuni filosofi contemporanei): non è corretto pensare alla mano come organo che afferra il mondo, come se questa funzione stia nella mano (come il pensiero starebbe nella testa), perché senza mondo afferrabile non esisterebbe alcuna mano che afferra. Non ha senso credere che esistano oggetti "da soli", gli oggetti esistono (trovano il loro senso) solo e sempre nelle relazioni che instaurano col (nel) mondo. Ma il guardare il mondo come se fosse fatto di oggetti è una utilissima mappa per muoverci (ma nulla di più).

Lo sguardo filosofico (di alcune correnti filosofiche quelle che mi convincono di più) è genealogico, quindi non contrapposto a quello che tu definisci "cronaca" (sguardo storico, genealogico appunto), perché la filosofia non può che praticare lo stesso strumento dello scienziato, perché anche lui è soggetto alla pratica di scrittura e di pensiero. Non si può cambiare la cultura come se fosse un abito.

Grazie del commento perché mi sto divertendo un sacco a riprendere argomenti che non toccavo da anni (anch'io arrugginito) 😉

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