L'importanza del pallino

in #ita6 years ago (edited)

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Immagine CC0 Fonte Pixabay

Intorno agli undici/dodici anni di età, i primi anni delle scuole medie, quindi nei primissimi anni '90, convinto da un mio caro amico e compagno di classe fin dalla prima elementare, mi diedi ad uno sport che definirlo anacronistico era un eufemismo. E lo feci per bene eh, con tutti i crismi del caso, lanciato nell'agonismo! Ero tesserato per un'importante società genovese, la Ansaldo, che mi forniva le divise, gli "attrezzi del mestiere" e tanto di tesserino federale.
Ricordo che quando capitava di raccontare in giro le gesta eroiche delle nostre domeniche sui campi del genovesato, disputando le gare ufficiali del campionato provinciale, venivamo guardati con occhi allucinati e sorrisi sotto i baffi. Questo quando non ci ridevano clamorosamente in faccia, prendendoci per il culo in ogni modo possibile.
E le cose non sono cambiate, perché se tiro fuori l'argomento, ancora oggi la reazione delle persone è sempre la stessa.
Io però, oggi come allora, vado fiero di aver giocato a bocce!

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Immagine CC0 Fonte MaxPixel

Tipo "volo" sia chiaro, quello sui campi lunghissimi dove per bocciare devi addirittura prendere la rincorsa e contare i passi in stile cestista in fase di terzo tempo, rischiando di perdere ritmo e coordinazione e di finire quindi per aria insieme alla piccola ma pesante sfera di metallo.
Non la più geriatrica pétanque tipica della Provenza, nella quale basta tirare per aria una boccetta per dimensioni simile ad una pallina da tennis, all'interno di un campo disastrato pieno di sassi, spuntoni di roccia o chissà cos'altro.
Noi giocavamo in veri e propri piccoli stadi, talvolta dotati di copertura e climatizzazione, impianti sportivi indoor da far invidia anche ad altri sport più gettonati.
E se ci classificavamo fra le prime quattro posizioni, ecco l'ambitissimo premio ad aspettarci. La medaglietta d'oro!
Oh non sto mica scherzando eh, le prime quattro coppie di giocatori in classifica, ricevevano, a scalare per dimensioni e peso, piccole medagliette in oro 750.
Di certo un ricco e ambito bottino su cui mettere le mani!
Il premio più interessante però, credo che fu la scuola di vita che rappresentarono per me quelle gare e gli allenamenti settimanali.
Nel bene e nel male, sia chiaro, perché se a volte sono gli avvenimenti piacevoli a farci apprezzare un qualcosa, a volte sono quelli spiacevoli. D'altronde non tutte le ciambelle escono sempre con il buco.
Le metafore fra il gioco delle bocce e la vita, sono molteplici e affascinanti.
La boccia deve sempre finire il più vicino possibile alla meta, ovvero il pallino.

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Immagine CC0 Fonte Pixabay

E pensateci bene, nella vita funziona uguale. Quando e se hai un "pallino" in testa, devi fare di tutto per arrivare a vederlo da vicino, meglio ancora se lo tocchi con boccia, ovvero con mano. Se il pallino continui a perderlo di vista, perdi anche la partita. Non ti resta che provare a "bocciare via" l'ostacolo che t'impedisce di arrivare alla meta, la boccia dell'avversario, che se nel gioco è rappresentato da un'altra coppia di persone che gareggia contro di te, nella vita sei tu stesso.
E non è per niente facile.
Spesso l'avversario peggiore siamo noi stessi e gli assurdi schemi mentali che abbiamo nella testa. Le nostre paure, le nostre incertezze, le invidie ed i rancori ci allontanano dal pallino e lo fanno in maniera brutale, senza fare sconti.
Bisognerebbe rimanere concentrati sul pezzo per vincere la partita e migliorare il mondo.
Un altro fatto curioso fu quella volta in cui mi presentai sui campi e mi venne detto che non avrei dovuto esserci.
Quel giorno era per me speciale.
Vi starete chiedendo come fu possibile. Ve lo spiego subito: le gare quella domenica mattina si disputavano sui campi di Genova - Sampierdarena, il quartiere dove sono nato e che frequentavo moltissimo, avendo i nonni materni che vi risiedevano ed un bel numero di amici.
In realtà la società con la quale ero tesserato era di sede in un altro quartiere cittadino più periferico, quello in cui abitavo con i miei genitori già da qualche anno e dove frequentavo scuola.
Ma Sampierdarena per me era "casa", quindi il pensiero di giocare su quei campi mi dava gioia, mi emozionava quasi.
Ne era felicissimo anche mio nonno che mi ci accompagnò in macchina, fiero e baldanzoso.

Quando arrivammo ai campi, l'amara sorpresa. L'anziano allenatore della mia squadra mi guardò con aria stranita e forse un po' amareggiata, poi mi domandò: "cosa ci fai qui? Non te l'hanno detto che purtroppo per problemi organizzativi abbiamo dovuto portare solo una coppia in rappresentanza?"
"Veramente no", fu la mia risposta. "Chi me lo doveva dire? Sei tu l'allenatore!"
Ero affranto e incredulo, trattenevo a stento le lacrime.
Alla fine mi fecero giocare lo stesso, facendomi subentrare al posto di uno e poi l'altro dei due titolari dell'unica coppia convocata quel giorno. In pratica giocammo tre partite in tre. Un piano anche equo e ben riuscito, se andiamo a vedere.
Tutto però andò storto com'era iniziato, giocammo malissimo e con lo scazzo tutti e tre e l'avventura sampierdarenese finì molto presto in un nulla di fatto.

Avvenimento curioso, a fine gara si avvicinò un tizio già visto in altre gare, il coach di una squadra di un paese di campagna della provincia, un team scarso con appena due o tre tesserati che solitamente presentava solo una coppia di giocatori. Mi aveva visto contrariato, piuttosto incazzato nei confronti della società e perciò approfittò del mio stato d'animo per chiedermi se avessi voluto trasferirmi alla sua corte.
Non lo feci e non lo avrei fatto nemmeno se fosse stato l'allenatore della squadra più forte, che in effetti esisteva, si chiamava guarda caso Ardita Juventus e partecipava alle gare con una sola coppia di fenomeni che, in futuro, sarebbero finiti dritti in nazionale.
Il mio allenatore fece un errore, anche piuttosto grave, ma alla fine della favola mi venne istintivo perdonare lui e l'intera società.
La gara successiva, arrivò un'altra importante lezione: le cose sembravano andare di male in peggio. Quella mattina il mio solito socio non poté presentarsi alla gara, se non ricordo male era ammalato.

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Foto di mia proprietà - a sinistra il mio socio ammalato, al centro il mio compagno di classe, a destra io

Avendo comunque preventivamente avvisato della sua assenza, mi assegnarono come compagno uno che era tutto un personaggio: un ragazzino davvero strano, scoordinato e sgraziato, che non stava mai zitto e sembrava anche un po' handicappato, ma non lo era. Mentre giocava diceva una serie di cagate fotoniche e il più delle volte non ne acchiappava una. Ricordo che prese anche una bella cazziata dall'arbitro, proprio per il fatto di non chiudere la bocca un secondo. E lui, magistralmente, rispose al direttore di gara facendogli il verso in stile teatrale, alla "Gazza Gascoigne" se vogliamo! Ve lo ricordate il mitico centrocampista inglese della Lazio?
Però la scelta cadde obbligatoriamente su di lui e venne convocato.
Arrivammo miracolosamente quarti.
Non so come, sia io che lui imbriccammo un paio di colpi magistrali a testa, sebbene, vista la sua "pochezza tecnica a 360 gradi", dovetti coprire il ruolo del bocciatore, incarico per me assai poco consono che mi procurò un paio di figuracce in stile Fantozzi mica male, tanto che nei giorni seguenti mi arrivò voce che, non so bene chi, cercava di descrivermi a qualcun'altro così: "Belin c'era un ragazzino bravino, che accostava proprio bene, però belin, quando bocciava era così brutto da essere peggio di quell'altro che ci giocava insieme!"
Non seppi mai se prenderlo come un complimento o meno.
Fatto sta che la sola ed unica volta che raggiunsi l'agognata medaglietta d'oro, fu l'unica volta che giocai "fuori ruolo".
L'unica volta che dovetti, per necessità, stringere i denti ed allargare i miei orizzonti tecnici.
Non c'è dunque bisogno che stia a spiegare che tipo di metafora con la vita di tutti i giorni, esca da questo evento sportivo di quasi vent'anni fa.
Mi resta solo da capire come cavolo si fa a bocciare con grazia e precisione, per vivere finalmente in una bocciofila migliore, come quando si era bambini.

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Foto di mia proprietà


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Finalmente qualcuno che esce dagli schemi ed affronta come tema chiave quello di uno sport per molti sconosciuto e per altrettanti neppure uno sport.
Ottimo contributo!

Grazie! E' uno sport a tutti gli effetti, come il biliardo, però c'è anche una componente fisica. Non so perché se dici che giochi a biliardo va tutto bene e se dici di giocare a bocce invece, ti prendono per il culo. Vabbè, io me me ne fottevo fin da piccolo e giocavo a quello che mi pareva. E mi divertivo pure di brutto!

Grande articolo su uno sport bistrattato ma con una dignità fortissima nella quale servono intelligenza e concentrazione

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Grazie caro ;) Poi ti scrivo in chat perché voglio parlarti di una serie tv di un paio d'anni fa, in special modo di una puntata! Sicuramente l'avrai vista e voglio il parere di un esperto ;)

Ciao, io trovo che sia comunque uno sport e ricco di precisione e concentrazione, ho giocato un pochino anche io perché sempre seguito i miei genitori in giro per il Piemonte in molte gare d quando sono bambina. Mio papà solo due anni fa ha partecipato ai nazionali, lui è un bocciatore ed è molto bravo e preciso. Può dare molte soddisfazioni e non deve essere sottovalutato, non è solo un gioco per vecchietti!

Assolutamente... È davvero molto bello! È una vita che non gioco e mi farebbe davvero piacere fare una partita regolare su di un campo come si deve... Grazie per aver commentato!

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Non ho mai giocato a bocce son sincero (ero impallinato con un altro sport minore - soprattutto 30 anni fa - la pallavolo), anche se molti amici che venivano in vacanza da Milano mi raccontavano che c'erano tornei e competizione di rilievo.
Ho una fascinazione smoderata per tutti quelli che praticano sport (in palestra in qualche maniera ci sono nato), quindi: grande itegoarcanadei 👍

Grazie per aver commentato! C'è pieno di sport interessanti con alle spalle federazioni serie, bisognerebbe riscoprirli tutti. Siamo fissati con sto cavolo di calcio, io per primo, anche se sta cominciando seriamente a stufarmi.

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La parte più bella di questo (come al solito azzeccatissimo articolo da te partorito) è decisamente quando fai la metafora del gioco delle bocce con quello della vita : la pallina piccola è l obiettivo, le palle avversarie sono gli ostacoli che si interpongono tra te e il tuo obiettivo. Ed è verissimo che spesso, giocando male la nostra boccia (ossia commettendo cazzate nel percorso del raggiungimento dell'agognato obiettivo) roviniamo quel traguardo con le nostre mani.
Quando ero piccolo e mia madre mi portava ai giardini pubblici ricordo che c era un attrezzatissimo campetto adatto al gioco delle bocce, ossia il bocciodromo. Peccato che fosse visto, perlomeno in quella lontana epoca (fine anni settanta) come uno sport per vecchi e pensionati e mi giunge nuova, attraverso te e questo tuo post, la notizia che invece in seguito è stato appannaggio anche addirittura di bambini!
Mi ha fatto piacere leggere questo tuo nostalgico racconto e come sempre succede provo la sensazione di aver appreso e imparato qualcosa di nuovo conseguentemente alla lettura. Grande!

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E a me come sempre fa immenso piacere che ti sia piaciuto tanto uno dei miei post... Grazie Nic!

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Concordo pienamente, @nicola71: che il gioco delle bocce sia considerato da vecchi, é un luogo comune radicato nella cultura popolare.
Ti pigliavano (e ti pigliano tutt'oggi) in giro per questa ragione, @itegoarcanadei?

Beh, se lo racconto una risata se la fanno ancora, sì...

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Hello @itegoarcanadei, thank you for sharing this creative work! We just stopped by to say that you've been upvoted by the @creativecrypto magazine. The Creative Crypto is all about art on the blockchain and learning from creatives like you. Looking forward to crossing paths again soon. Steem on!

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