Capitolo 3

in #ita5 years ago

Sono passati due giorni da quando sono tornato dall’ospedale. Sono nel mio appartamento. Un monolocale minuscolo ma per me è più che sufficiente. Qui ho tutto quello che mi serve. In realtà non ho molto. Nell’unica stanza da un lato ho un letto ad una piazza molto semplice, una rete ed un materasso, ai piedi del letto una vecchia poltrona appartenuta a mio nonno che ho voluto a tutti i costi dopo la sua morte. Sul lato opposto un mobile bianco dove vi ho posato un fornello, accanto un piccolo frigorifero sempre bianco e con dentro molto poco e sull’unica parete rimasta su di una sedia ho sistemato un televisore che tengo acceso tutto il tempo che sono in casa anche di notte. Sono seduto sulla poltrona, alla televisione ormai la notizia dell’incidente è passata in secondo piano ma io non riesco a non pensare ad altro. Improvvisamente i miei pensieri vengono interrotti dal suono del campanello della porta. Mi alzo di scatto sono le 5.00 del mattino, chi può essere? . Guardo dallo spioncino e non posso credere ai mie occhi, è mia nonna. Apro la porta e me le trovo li. Una anziana signora di ben 89 anni vestita con un abito giallo chiaro a fiori di vario colore che ormai sono sbiaditi dal tempo, un cappotto corto in velluto grigio chiaro.
Rimango diversi attimi a fissarla.

  • Be. Che fai? Non mi chiedi di entrare? Il gatto ti ha mangiato la lingua? –
  • Si, si. Scusami. Entra, accomodati.-
    Con il suo bastone da passeggio mi da un colpetto al fianco sinistro per farmi scostare e con mio stupore entra in casa camminando senza nessuna difficoltà. Rimango impalato mentre lei si ferma in mezzo alla stanza e comincia a osservarsi in torno. Si ferma per qualche istante a fissare la poltrona del nonno. Poi si gira verso di me.
  • Sto posto fa schifo. Ma non sono qui per questo. Mettiti qualcosa addosso che dobbiamo uscire. -
    In quel momento mi accorgo di essere in mutande. Chiudo la porta e mi dirigo ai piedi del letto dove avevo lasciato i pantaloni che indossavo il giorno prima e me li infilo.
  • Ma. Nonna, che ci fai qui? E dove dobbiamo andare? –
  • Ogni cosa a suo tempo. Sbrigati non ho tempo da perdere. –
    È sempre stata molto schietta e diretta. Senza insistere mi metto le scarpe e sono pronto. Usciamo e in strada c’è un’auto nera con alla guida un ragazzo giovane dai capelli biondi molto chiari. Quando ci vede scende e ci apre lo sportello per farci salire. Ci sistemiamo sul sedile posteriore e il ragazzo chiude la porta si mette alla guida e parte. Passano diversi minuti di silenzio ed io non riesco a capire che ci faccio in macchina con mia nonna e dove mi sta portando. La osservo, non è cambiata molto dall’ultima volta che l’ho vista, circa 4 anni fa, quando è morto il nonno. Me la ricordo in piedi davanti alla bara aperta, senza battere ciglio e immobile fissare il viso del nonno. Da quel giorno non l’ho più vista ne sentita. Ero molto più legato al nonno che ha lei. Adesso mi trovo qui in questa macchina con lei e sono molto confuso. Finalmente il silenzio viene rotto
  • Marta mi ha detto cosa ti è successo, pensavo che sarei morta prima di dover dare la successione. –
  • Non capisco che dici. Che successione? E dove stiamo andando? –
  • Non sei cambiato affatto. Sempre impaziente e tante domande. Non avrei mai immaginato che saresti stato tu. Ora rilassati non manca molto. Ogni cosa a suo tempo.-
    L’auto imbocca una strada stretta, tutta curve e in salita che porta verso una montagna. Possa una mezzora abbondante e finalmente ci fermiamo. Mi guardo intorno e non capisco dove siamo. Il ragazzo biondo scende e ci apre lo sportello. Senza dire nulla nonna scende e gli sfoggia un sorriso che lui ricambia. Il ragazzo richiude lo sportello e si rimette al posto di guida. Nonna si avvicina alla portella mentre il ragazzo abbassa il finestrino. Si sporge verso di lui gli mette una mano sulla testa e gli dice
  • Grazie. Sei stato molto gentile. Ora vai pure. Sei libero.-
    Il ragazzo senza dire nulla gli fa un cenno di assenso con il capo. Chiude il finestrino e sene va .
    Io rimango immobile a guardare la scena e continuo a non capire.
  • Ora seguimi. –
  • Dove? –
  • Ancora domande. –
    Si gira e si dirige verso un piccolo sentiero, io la seguo in silenzio. Pian piano il sentiero è sempre più ripido e dopo circa un’ora di cammino che non sembra aver affaticato la nonna, di colpo i sentiero finisce ma non ci fermiamo, ci inoltriamo nella vegetazione, andiamo a zigzago lei avanti e io dietro. Da come procede sembra che sa dove stiamo andando e nella mia testa si susseguono le solite domande. Dove andiamo? Che ci faccio qui? Cosa intendeva con il successore? Perché proprio io?
    La voglia di sapere è tanta ma ho anche timore che quello che mi deve dire o fare non mi piaccia affatto.
    I passi si susseguono uno dopo l’altro, sembra che non ci dobbiamo fermare mai. Non riesco a capire dove siamo. Ogni tanto attraversiamo degli spazzi senza alberi, ne approfitto per guardare verso il basso della montagna per vedere se riconosco in che zona ci troviamo, ma non si vede altro che una vallata senza case e strade. Sono sul punto di fermarmi per la stanchezza che finalmente nonna si ferma di colpo. Rimane ferma immobile, sembra una statua, da un paio di metri dietro di lei la osservo. Dopo un qualche minuti che siamo li, mi faccio coraggio e gli chiedo
  • Perché rimaniamo qui fermi? Che aspettiamo? –
  • Fai silenzio sto ascoltando –
  • Cosa? –
  • Che mi chiami –
  • Chi? –
  • Sempre domande. Ti ho detto di fare silenzio. –
    Sto cominciando a perdere la pazienza. Vorrei andarmene ma non saprei ritrovare la strada. Rischio di perdermi e chi sa che cosa mi potrebbe accadere. Finalmente dopo una decina di minuti si gira mi guarda e mi dice.
  • Siamo vicini. –
    Si gira alla sua destra e riprendiamo a camminare. Ad un tratto ci ritroviamo in uno spiazzale vuoto, senza alberi e senza erba, solo terra, al centro due massi a forma di semi sfera uno ad un metro dall’altro.
  • Eccoci. Siamo arrivati. Ora segui quello che ti dico.-
  • Se non mi dai delle spiegazioni non faccio proprio niente.-
  • Tra poco capirai. –
  • Tutto questo non ha senso. –
  • Ha più senso di quello che pensi. Fidati di me.-
    La sua voce assume un tono pacato e rassicurante.
  • Non ti succederà nulla. Non ti preoccupare. Essere stato scelto è un privilegio solo per pochi. –
  • Certo che sono preoccupato. Ti presenti a casa mia dopo quattro anni che non ci vediamo mi fai salire su un’auto. Mi fai salire a piedi su una montagna senza darmi una spiegazione. Devi ammettere che tutto questo è un pò strano. –
  • Carlo. Certo che tutto questo ti può sembrare strano. Ti capisco. Quando è toccato a me ero solo una fanciulla di 15 anni. Sono stata portata qui dalla sorella di mia mamma. Come puoi vedere sono ancora qui.–
    Il suo tono di voce calmo ha un effetto strano. Mi sento come se non potessi fare altro che obbedire a tutto quello che mi dice.
  • Sali in piedi sul masso più grande. -
    Senza pensarci troppo lo faccio. Da sopra quel masso guardo nonna che si inginocchia , avvicina la faccia al terreno e sussurra qualcosa. Poi si alza e mi guarda. Finalmente comincia a parlare.
  • Carlo. Non capisco perché proprio tu, ma se lei ha deciso così, non posso fare diversamente. -
    La guardo stupito e non mi viene da dirgli niente.
  • Devi sapere che la nostra famiglia non è una comune famiglia. Da generazione alcuni di noi vengono scelti per compiere dei doveri molto importanti e se falliamo, gli equilibri saltano e si rischia il caos. –
  • Non capisco. –
  • Noi apparteniamo alla montagna, altri alla terra, altri al mare, altri al cielo. Tra questi vi è un equilibrio e tu sei stato scelto per mantenere questo equilibrio.-
  • Continuo a non capire. –
  • Fidati di me. Ora togliti le scarpe e i calzini. I tuoi piedi devono essere a contatto con la roccia.-
    Senza pensare a lungo faccio quello che mi dice.
  • Ora piegati e appoggia anche la mani alla roccia.-
    Lentamente mi piego e appoggio anche le mani.
    Aspetto qualche secondo ma non accade nulla. Sono sul punto di rialzarmi che sento come se i piedi e le mani si siano incollate alla roccia. A quel punto nonna si toglie le scarpe e sale sull’altra roccia. Si abbassa e appoggia anche lei le mani alla roccia. Chiude gli occhi e sussurra qualcosa che non riesco a capire. Come smette di sussurrare sento il mio corpo diventare sempre più pesante, gli occhi si chiudono nonostante io cerchi di tenerli aperti. Tutto trema, la terra la roccia io, all’improvviso il buio. Intorno solo silenzio. Non capisco cosa stia succedendo ma la paura non c’è più. Ho una strana sensazione di pace. Improvvisamente di nuovo la luce. Il mio corpo viene scaraventato in avanti e sbatte violentemente contro un sedile. In quel medesimo istante mi rendo conto di essere di nuovo sul treno nell’attimo dell’incidente. Tutto si sussegue come ricordavo. La ragazza seduta sul sedile il ragazzo a terra, l’ uomo con la testa incastrata tra i sedili e infine la donna che si lamenta. Mi avvicino a lei, come la prima volta mi afferra il braccio e mi chiede di sua figlia. A quel punto di nuovo il buio.
    Lentamente apro gli occhi, sono sdraiato a terra ai piedi della roccia e davanti a me vedo nonna che mi sta accarezzando la testa. Ha uno sguardo dolce e rassicurante. Mi sfoggia un sorriso e mi chiede
  • Cosa hai visto? –
  • Il treno. Ero di nuovo sul treno nell’attimo dell’incidente. –
  • Raccontami tutto quello che hai visto. –
    Ci mettiamo seduti e gli racconto tutto quello che ricordo. Al termine nonna rimane in silenzio e ha un’espressione preoccupata. Si alza e mi guarda dall’alto in basso e con voce ferma mi dice.
  • Gli equilibri si sono spezzati. Ora tocca a te sistemare.-
    Non credo alle mio orecchie.
  • Ma io non ho idea di quello che devo fare. Non sono la persona giusta per sistemare gli equilibri. Non so nemmeno cosa sono e come si fa. Io non ho mai combinato nulla di buono nella mia vita. E non vedo come possa riuscire a fare quello che dici che io debba fare. Mi dispiace. Tu e la montagna cecate un’alta persona. –
    Vengo fermato dal continuare a parlare da uno schiaffo in piena faccia. Nonna mi guarda con due occhi pieni di rabbia.
  • Non ho campato così a lungo solo per lasciare il dono ad un pappamolle che è capace solo a lamentarsi e piangersi addosso. Ora datti una calmata rimettiti inquadro e tira fuori le palle. La nostra famiglia compie il proprio dovere da più di 1000 anni e non sarai tu di certo a rovinare tutto.-
    Restiamo per un po’ a guardarci negli occhi poi si volta e incomincia a camminare verso il bosco. Senza neanche rendermene conto resto solo in quel posto sperduto.
    Il panico si impossessa di me. Incomincio a urlare e imprecare.
  • Io non so cosa devo fare. –
    Sferro un pugno alla roccia e continuo.
  • Non sono la persona giusta. Cosa devo fare. –
    Rimango per almeno un ora seduto accanto alla roccia in preda allo sconforto. Cerco di riordinare i pensieri. Per uno come me è impossibile pensare di essere stato scelto. E poi da chi. È tutto troppo confuso. Tutto questo non ha senso. Mi volto a guardare le rocce. Osservandole hanno qualcosa di strano. La loro forma a semi sfera è troppo precisa per essere naturale. Il loro colore è difficile da definire è come se ci sono tutti i colori insieme, tante righine di colori diversi tutte attaccate tra laro, un’altra cosa strana che ho notato quando vi ero sopra è che non è fredda, per lo meno quella più grande. Mi rimetto in piedi. Guardo nella direzione dove nonna se ne è andata e a voce alta incomincio a parlarmi da solo.
  • Dai Carlo. Non puoi rimanere qui. Devi tornare a casa. –
    Mi faccio coraggio e mi incammino. Se prima sono salito ora devo scendere. Dopo circa un’ora per mio stupore mi ritrovo di nuovo nello spiazzale con le due rocce. Non posso crederci. Cambio direzione a con passo spedito mi rimetto in marcia. Passa ancora un’altra ora e di nuovo mi ritrovo nello spiazzale. Incomincio a spazientirmi. Riparto. Ma nulla sono tornato al punto di partenza. La rabbia prende il sopravento e un urlo
  • Perchèèèèèèè? –
    Sono stanco , assetato e affamato. Mi dirigo verso le rocce e mi sdraio a pancia molle su una delle due. Emana un piacevole tepore, lentamente mi rilasso, sento come se la roccia emanasse una qualche specie di energia. Senza rendermene conto mi addormento.

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