Ultima tappa: Bologna.

in #ita7 years ago

Oggi concludo i post relativi alla mia esperienza nell'esercito, per chi se li fosse persi e volesse capirci qualcosa, questi sono i racconti precedenti: post 1, post 2, post 3.

Sono arrivata a Bologna un giorno d’estate, carica come un’alpinista. Il sudore scorreva a fiumi con 42 gradi all’ombra, i miei tre borsoni sulle spalle mi rendevano instabile e la mia andatura era precaria, una specie di pericolo ambulante insomma, avrei dovuto attaccarmi un cartello con su scritto: DANGER!!!

La caserma era posizionata vicinissima all’aeroporto civile della città quindi era un pochino fuori dal centro.
Dopo aver preso il treno e aver cambiato due o tre autobus, che ricordo come il viaggio della speranza, finalmente arrivai a destinazione, già stanca.

IMG_2376.JPG
Immagine di proprietà dell'autore

La caserma era piccolina ed eravamo una cinquantina di ragazzi in tutto, non di più.

Appena arrivata, subito le belle notizie: prima di avere il proprio posto di lavoro per i successivi 8 mesi avremmo dovuto sostenere un altro corso chiamato Modulo K.

Nella mia testa: "No basta Maria io esco!!!!, chiudi la busta, fatemi scappare via, io psicologicamente non lo reggo un altro corso di sopravvivenza. Ho già dato!!!!"
E invece niente, c’era un altro corso di otto settimane prima di passare ad una sottospecie di normalità. Eravamo una ventina di persone a dover affrontare il Modulo K e ci stringemmo solidali sperando solo che il tempo passasse in fretta.

Si ricominciava con la corsa (cantata, di nuovo) delle 8.05, i piegamenti, gli addominali e gli scleri mattutini.
Imparammo anche altre cose come montare una tenda militare (non molto utile nella realtà ma va beh), montare e smontare l’arma nel minor tempo possibile (?) e gli attacchi di squadra.
L’attacco di squadra era una simulazione di un eventuale attacco ad una base nemica, per l’occasione ci fecero simulare anche l’arrivo su un elicottero (con tanto di mini giro intorno alla caserma) discesa e attacco.
Non si scherzava per nulla, tzè. Nella realtà avrei potuto attuarlo con la mia famiglia il giorno in cui andavamo alle poste, sganciavo mio nonno, io avrei distratto le persone in fila e mia mamma con slancio sarebbe arrivata dritta all’obiettivo finale: l’operatrice delle poste in un massimo di 10 secondi. Poteva tornare utile quindi.

Per gli attacchi di squadra ci pitturavamo il viso di verde e marrone per mimetizzarci, faceva molto Soldato Jane, e quell’intruglio sulla faccia diventava una maschera appiccicosa che prudeva con il calore del sole come il maglione della nonna d’inverno.
Partivamo di corsa, con il fucile nostro compagno fedele, e tutti giù per terra, a rotolarsi come delle cotolette e alla fine eravamo tutti impanati pronti per essere fritti!!!
Dopo tre/quattro volte che ripetevamo l’attacco di squadra, sembrava di aver corso la maratona, di aver percorso il deserto del Sahara a piedi, era estenuante. 6/7 volte al giorno per otto settimane.

Anche qui c’erano i servizi notturni da fare, con giri notturni per la caserma, perché dovevamo controllare il sonno dei nostri colleghi.
Ci facevano sentire in piena battaglia e l’allerta era alta, al massimo dei grilli avrebbero potuto attaccarci alla sprovvista.
Quindi i turni di notte erano così organizzati: due ore a testa davanti ai monitor e il giro da fare, ergo la notte si passava in bianco. La mattina dopo sembravamo dei sopravvissuti, degli zombie assetati di sonno, bisognosi di letto e di dormire per otto giorni di fila.

index.jpg
Immagine di proprietà dell'autore

Terminato il Modulo K tra un attacco di squadra e una corsa canterina mi innamorai come un baccalà di un mio collega siciliano. Più che innamoramento lo chiamerei forte infatuazione con il senno di poi.
Alto, biondo con gli occhi verdi e carnagione color madreperla. Se non fosse stato per l’accento l’avrei preso per un tedesco, non aveva nulla dei colori dei siciliani, così mori e scuri, dopo anni di sole sulla pelle.
Si chiamava M.: era divertente, una spalla su cui appoggiarsi in quel momento di bisogno, di lontananza dagli affetti e dagli amici, facevamo squadra ed eravamo un blocco unico.
Era fidanzato da tanti anni con una ragazza della sua città che lasciò per causa mia. Scatenando l’ira funesta della ormai ex che ha provveduto a farmi sapere che me l’avrebbe fatta pagare. Io già me la immaginavo con il coltello tra i denti ad organizzare una missione punitiva nei miei confronti, c’era poco da scherzare quando si tratta di una ragazza sicula ferita.

Finito il Modulo K, mi spedirono in Amministrazione come un pacco postale e lì trovai dei colleghi meravigliosi. Non c’era differenza di grado, nessun signorsì o tacco da sbattere. Eravamo tutti uguali, c’era rispetto da tutte e due le parti. Divennero più una famiglia che dei veri e propri colleghi. Molti marescialli mi presero a cuore e mi aiutavano nei momenti di difficoltà.

Nel frattempo oltre ad andare in ufficio, c’erano i turni notturni da fare e non solo.
Mi fecero fare di tutto: l’autista, l’animatrice per i bambini ad una festa della caserma, la cameriera e volevano anche farmi vestire da Befana (giuro è tutto vero) il giorno dell’Epifania, farmi scendere dall'elicottero e portare i doni ai bambini. L’unica volta in cui riuscii ad evitarmi questa ennesima figuraccia, qualcuno dall’alto si sarà impietosito.
Ho dovuto presenziare a cerimonie, leggere durante la messa e andare in missione in giornata nelle città vicine.
Insomma non mi sarei stupita se mi avessero chiesto di raggiungere la mensa a passo di giaguaro o attaccarmi ad una liana per arrivare in stanza.

La nebbia la ricordo come una lama dentro la carne, fredda e paralizzante, c’era un giorno si e l’altro pure e la pioggia, quella fina, ci entrava dentro le ossa.
Correvamo sotto la pioggia, camminavamo sotto le intemperie perché, cito testualmente: "MICA SIETE IDROSOLUBILI!!!"
Giustooo, denunciamo chi ha inventato l’ombrello che si è rivelato totalmente inutile visto che mica ci sciogliamo come una scamorza affumicata al forno! E una volta liquefatti non finiamo risucchiati nel primo tombino che incontriamo. Notiziona!!!

Non tornavo quasi mai a casa, ero sempre impegnata nei servizi, io ero una specie di Jolly che veniva piazzata in qualsiasi buco possibile, stavo sempre sul pezzo. In otto/nove mesi tornai un paio di volte non di più.

Nel frattempo continuavo a stare con M. e cominciai a notare la sua spocchiosità, il suo modo di fare sbagliato con i nuovi arrivati e io cercavo di mettere le toppe cercando di bilanciare con la mia gentilezza e disponibilità soprattutto con i nuovi, che arrivavano con gli occhi a palla e lo sguardo spaventato e smarrito rivedendomi in loro pochi mesi prima.

Il tempo passava e io ero totalmente integrata, andare in ufficio era il momento che sognavo di più perché era veramente un bell’ambiente dove lavorare era un vero piacere.
Io e M. cominciammo a guardare al futuro con incertezza e iniziammo a fare progetti irrealizzabili e ci attaccammo a delle vane speranze buttate là a caso.
Arrivò il giorno del congedo e con esso anche una cistite fulminante che venne per il dispiacere, mai avuta così forte.

Fu difficile. Un’altra volta mi ritrovavo a dover salutare persone che non volevo lasciare, un lavoro che mi piaceva e una “famiglia acquisita” da abbandonare.
Per la prima volta riuscii a controllare le lacrime e a mantenere una certa dignità simulata almeno fino all’uscita in cui gli occhi erano velati da troppe lacrime trattenute.

L’esperienza nell’esercito si era conclusa, l’anno era finito e stavo per tornare a casa. Dopo essere stata a Bologna per otto mesi che avevo finito per amare e sentirla come una seconda casa, dovevo rientrare nel mio paesino sperduto tra le montagne.
Per qualche mese ancora continuai a svegliarmi alle sei, le mie giornate non cominciavano più con l’abituale alzabandiera ed io mi sentivo sola dopo aver vissuto con altre ragazze in camera ed essere sempre stata abituata a fare tutto in gruppo, i miei spazi ritrovati mi sembravano troppo grandi per una persona sola e terribilmente vuoti.

Provai concorsi su concorsi e con rabbia alla fine ho dovuto mollare perché si vedeva che quella non sarebbe stata più la mia strada, dovevo mollare e lasciar perdere.

Un nuovo inizio era lì ad attendermi, ma non era assolutamente quello che mi aspettavo. Come al solito la vita sa essere molto imprevedibile.


Immagine CC0 creative commons

P.S. Con M. finì, com’era prevedibile, lo sapevano tutti tranne noi. Usciti dalla caserma non ci riconoscemmo più, eravamo due estranei, l'incanto si era rotto.
La caserma ci aveva unito all’inizio e diviso alla fine. Del ragazzo spiritoso che avevo conosciuto non c’era più traccia, mi trovai davanti la sua versione brutta: maschilista, arrogante e narcisista.
Iniziammo a litigare e da lì a poco fu un attimo a prendere strade diverse.
Mi ripresi mesi dopo quando ero riuscita a riattaccare i mille pezzi che il mio cuore aveva lasciato per strada. Avevo superato la delusione ed ero andata avanti, senza guardarmi indietro. Accettando che le delusioni fanno parte della vita e che bisogna guardare avanti.

Quello che era stato era stato, ero di nuovo sola ma intera e pronta per un nuovo inizio.

THE END


GIFFINALE.gif

Sort:  

I gave you an up-vote. It would be great if you could return a favor.
Please follow me if you like and we can share posts and up-votes and help build our profiles.

Thank you!!!

Occhio alle ragazze sicule in collera!!! ahahahahahah
Storia molto bella raccontata davvero bene (come del resto fai sempre!)
Ciao

Siiii una paura!!!
Ahah grazie mille 😊

Mi dispiace che tu non sia riuscita a realizzare questo sogno, perchè da come ne parli si vede che ci tieni ancora.
Riguardo M. ... sono quelle storie che definirei "circostanziali", ovvero nascono con grande passione e aspettativa e poi si sgoniano al di fuori dell'ambiente in cui sono nate.. come hai detto bene anche tu.

Siamo la somma delle esperienze che facciamo, dicevi in uno dei tuoi vecchi post.. ed ecco, sei una persona splendida e questo anche al piccolo contributo dell'esercito e di M. ;-)

Si fa parte di quelle storie nate in un ambiente particolare e in condizioni ancora più particolari.
Quando siamo usciti da lì sembravamo due sconosciuti, un’esperienza davvero strana!

Beh si ne parlo in modo sentito perché è stata un’esperienza molto importante, poi se penso che ad un concorso non superai la prova della corsa per un secondo mi mangio ancora le mani. Ma l’ho preso come un segno che non sarebbe stata più la mia esperienza. Avrei dovuto fare altro!

Grazie caro @miti 😊😊

I tuoi post inerenti al militare li ho adorati.
Bologna, cara Bologna.. così bella ogni volta che ci vado!
La tua storia è stata bellissima. Fin dall'inizio, ti dissi che avevi avuto un coraggio da leoni a prendere e andare. A prescindere da come sia andata con quel ragazzo, hai tante esperienze ed affetti nel cuore che ti hanno arricchita e resa la persona che sei ora!
Sempre in gamba, soldato Jane ❤

Grazie ma tu mi fai commuovere così!!!
Sono contenta che tu abbia apprezzato..ci tengo tanto a quest’esperienza che mi ha formata è cambiata per certi aspetti.

Porterò con me tutto i ricordi e il buono che c’è stato!

Un abbraccio 😍😊😘

Coin Marketplace

STEEM 0.18
TRX 0.16
JST 0.030
BTC 67905.30
ETH 2637.44
USDT 1.00
SBD 2.67