"Paolina", quinta e ultima puntata

in #ita6 years ago (edited)

Il periodo che seguì alla morte di Marcello fu davvero brutto. Era gennaio, un mese freddo e umido. Gianni era tornato a Roma e Anna, impegnatissima con la bambina, vedeva poco la madre e le rinfacciava di non essere disponibile. “Disponibile a fare la schiava” diceva lei. “Tu non hai capito, figliola. Se si tratta di dare una mano ogni tanto, si può anche fare, ma che entri in servizio come una domestica a tempo pieno, no, non lo farò mai”. “Eppure- ribatteva la ragazza- ormai sei in pensione, il babbo non c’è più, cosa fai tutto il giorno?”.
Questi discorsi facevano infuriare Paolina che, in effetti, non faceva granchè, ma viveva questa sua condizione come una grande ingiustizia del destino e non aveva intenzione di aggiungere ancora obblighi e fatica ad una esistenza improntata esclusivamente ai doveri. Certo, i suoi programmi erano diversi, ma questo non significava…
Anna l’aveva presa proprio male e, alla fine, avevano litigato ferocemente, lei rinfacciando alla madre mancanza di affetto e Paolina rinfacciandole il suo scarso impegno nello studio, le sue pazzie adolescenziali e quanto aveva dovuto tapinare per condurla al diploma e trovare un posto di lavoro.
Così, praticamente, non si vedevano quasi più.
Le uniche persone che sentiva vicine in quel triste periodo erano le sue affabili vicine, Angelica, che abitava sullo stesso pianerottolo e Olga che viveva al piano di sopra.
I loro rapporti erano stati sempre di buon vicinato, ma negli ultimi mesi, da quando Paolina era andata in pensione, si vedevano più spesso, prendevano il caffè, un dolcino e chiacchieravano dei più vari argomenti.
Angelica parlava sempre del marito, un depresso cronico, che lei curava con amore, tanto che aveva inventato da qualche anno un rimedio originale al suo male di vivere, ovvero il varietà televisivo e la musica leggera.
Dove non arrivavano i farmaci, erano riusciti il Dada-umpa e Ventiquattromila baci. Periodicamente, la donna aggiornava la sua riserva discografica e somministrava canzoni almeno tre volte al giorno, oltre, naturalmente, a programmi serali idonei alla bisogna.
Olga, invece, era vedova da parecchi anni, ma viveva con la figlia sposata e la nipote adorata, Lisetta, ormai decenne.
Era una donna di indole particolarmente pacifica, un po’ fatalista e molto affettuosa, per cui si riteneva fortunata di poter dare un aiuto sostanziale in casa e riceverne in cambio compagnia e affetto.
Paolina si sfogava con le amiche, raccontava il dolore, ma anche la rabbia, di come non riuscisse a perdonare Marcello per averla abbandonata.
“Tesoro- le diceva Olga- non ti ha mica lasciato, è morto!”
“Dici bene, ma non doveva morire proprio ora, potevamo avere almeno dieci anni di vita spensierata, con qualche viaggio, il cinema, le vacanze… Invece…”
“Via – interloquiva Angelica – povero Marcello, mica l’ha fatto apposta”
Ma Paolina non sentiva ragioni e non andava neppure al cimitero, tanto era innervosita da questo definitivo trasloco del coniuge.
Verso la fine del mese si svolse, come ogni anno, il festival di Sanremo, evento cardine della vita di Olga e, soprattutto, di Angelica, data la funzione terapeutica della musica leggera nei confronti di suo marito Gerolamo.
La manifestazione sanremese, anche quell’anno, fu prodiga di spunti per le disquisizioni delle signore di cui sopra e anche di importanti novità per la cura del marito di Angelica.
Intanto “Il ragazzo della via Gluck” mise particolarmente di buonumore il signor Gerolamo che era un esitmatore di Celentano, mentre la signora Olga fu colpita dalla canzone vincitrice, Dio come ti amo, cantata dalla coppia Modugno/Cinquetti.
Ma la vera novità fu costituita da una bionda e agitata ragazza di Sassuolo, Caterina Caselli, che con piglio deciso e originale movimento rotatorio delle mani, cantava: “La verità mi fa male, lo so- La verità mi fa male, lo sai : nessuno mi può giudicare, nemmeno tu…”.
Lisetta imitava perfettamente i movimenti della cantante ed andava in visibilio per quel ritornello, ma anche al depresso consorte di Angelica la Caselli non dispiaceva e alternava, nei suoi momenti di terapia, Il ragazzo della via Gluck e Nessuno mi può giudicare.
Paolina seguì il festival con le amiche, anche se piuttosto demotivata. A lei non era mai interessato, ma quell’anno era talmente sola…
Lisetta teneva così alto il volume del giradischi che, nei giorni seguenti, le sembrava di avere la Caselli come coinquilina e, suo malgrado, imparò la canzone a memoria.
Una mattina, verso metà febbraio, mentre attendeva alle faccende domestiche canticchiando “… se sono tornata a te, ti basta sapere che ho visto la differenza tra lui e te, ed ho scelto te…”.
Arrivata al ritornello, ebbe una folgorazione: “Nessuno mi può giudicare” Pensò.
E salì al piano di sopra dalla signora Olga.
“Olga – le disse – Nessuno mi può giudicare”.
“Eh?” rispose l’altra pensando che la sgradita vedovanza stesse mandando fuori di testa l’amica.
“Olga, ho preso una decisione. Parto.”
“Parti? E per dove?”
“Non lo so, ma me ne devo andare. Devo fare da sola quel che progettavo con Marcello. Anche perchè, in realtà, lo volevo solo io. A lui non importava niente, stava bene anche qui, anche senza fare niente. Hai visto, ha preferito morire, piuttosto che darmi soddisfazione!”
“Via, ma che dici?”
“Insomma. Ora vado dal notaio, creo un fondo, delego la riscossione della pensione e mi faccio mandare periodicamente il denaro dove mi troverò.
Ti lascio le chiavi di casa, così, di tanto in tanto, la fai pulire, in modo che la trovi a posto, qualora ritorni. E tra una settimana parto”
“E i ragazzi?” Olga non si capacitava, lei non sarebbe mai andata via lasciando figlia e nipote.
“Mi hanno dato già abbastanza da fare in passato. Ora devo pensare a me. Ti lascerò una lettera per loro e tu gliela darai dopo che sarò partita. Vedi, Olga, la soluzione me l’ha data la Caselli: nessuno mi può giudicare. Per cui : tutti zitti, faccio per la prima volta come mi pare”.
Nei giorni seguenti i preparativi divennero febbrili e anche le chiacchiere fra le tre amiche diventarono più serie.
Angelica aveva cercato di convincere Paolina a rimanere, ma lei era stata irremovibile.
Così, come programmato, partì tra le lacrime delle amiche.
La figlia ebbe una crisi isterica quando Olga le comunicò l’accaduto, mentre Gianni disse che la capiva proprio, sua madre, e che aveva diritto ai suoi spazi.
Dopo qualche tempo Olga ricevette una cartolina da Paolina proveniente da Napoli, poi fu la volta di Angelica a cui giunse una bella veduta di Venezia a firma dell’amica lontana.
A mesi alterni ricevevano misteriose e sintetiche cartoline da varie città d’Italia e, dopo circa due anni, ne arrivò una da Parigi.
Trascorsero sette anni.
La signora Olga era ormai prossima agli ottanta, mentre Angelica, nata a inizio secolo, ne compiva settantatrè.
Lisetta frequentava il liceo ed era una graziosa diciottenne.
Le cartoline di Paolina si erano diradate, ne arrivavano due o tre all’anno, più spesso da Venezia, ma anche da Roma e da Torino.
Le amiche, nei loro caffè pomeridiani, si domandavano spesso dove fosse la fuggitiva e, soprattuto, cosa facesse.
Avevano ormai perduto la speranza di rivederla, quando, un giorno di marzo del 1973, mentre sorseggiavano il tè, suonò il campanello. Olga andò ad aprire e si trovò davanti Paolina che sembrava ringiovanita.
Fu davvero una festa, una bellissima sorpresa.
L’amica ritrovata era più distesa, più affabile, aveva portato regali per tutti, perfino per Gerolamo che, tra un Sanremo e un Disco per l’estate, stava invecchiando non troppo male.
Non volle mai dire cosa avesse fatto tutto quel tempo, né chi avesse frequentato.
Fatto sta che riprese possesso della sua casa e delle sue abitudini come se niente fosse.
Riprese i rapporti con la figlia, pur con qualche difficoltà da parte di quest’ultima.
Parlando con le amiche, dopo qualche tempo, spiegò almeno in parte il senso della sua scelta.
“Vedete, mie care- disse- a me mancava una parte di vita, ero passata da un padre autoritario ad un lavoro impegnativo a sedici anni. Poi la famiglia, un uomo come Marcello, poco vitale e ripetitivo. Due figli somarelli e faticosi.
La mia esistenza era stata un susseguirsi di banalità pesanti. Avevo bisogno di capire, di provare altro, di fare nuove esperienze”.
Angelica e Olga non ebbero il coraggio di chiedere che tipo di esperienze. Poteva essere di tutto, dal vedere altre città al mangiare cibi diversi. Oppure, chissà… Ma non ci volevano pensare.
“Comunque – continuò Paolina- ora ho completato la mia formazione – rise – mi sento molto più serena e consapevole.
Tutto ha un senso, anche la morte di Marcello. Evidentemente dovevo fare da sola questo percorso e dare una risposta alle mie curiosità”.
Non tornò mai più sull’argomento e visse ancora molti anni, tranquillamente. Ogni tanto, però andava via qualche giorno e non disse mai dove.
E, se qualcuno le faceva osservazioni, specialmente la figlia, rispondeva immancabilmente: “Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu”.

FINE

[CCO Creative Commons] https://pixabay.com/it/carnevale-venezia-occhi-maschera-411494/
carnival-411494_1280.jpg

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Brutta birichina di una @fulviaperillo, volevi mettere alla prova la mia memoria e la mia capacità di ricordare altri racconti, ma ti ho fregato!!
Già il nome, Gerolamo, che mi richiama e mi rimanda al nostro carissimo @girolamomarotta, e poi il Festival di Sanremo, la depressione di questo signore, vuoi vedere che questa furbetta ha fatto un intreccio di racconti per verificare se abbiamo letto realmente i suoi racconti??
Complimenti per questo gradevole racconto, che possiede come gli altri in cui ti ho seguito con piacere una sua lirica e dinamica peculiare, brava Fulvia.

grazie, @mad-runner, vedo che mi segui con attenzione!

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