L'immortalità: un sogno, un incubo oppure ...

in #ita6 years ago

La maggiore differenza tra uomo e animali sta, a mio parere, nella consapevolezza della morte.
Tutti siamo mortali, ma l'essere umano ne ha percezione e consapevolezza. Teme la morte delle persone care, forse più di tutto, ma di sicuro teme la sua stessa morte. Anzi, ogni paura di cui soffriamo, specie se immotivata, è lo specchio e l'emanazione di quella primigenia che probabilmente nasce insieme a noi.
Questo è sempre stato vero. Pensiamo alle antiche civiltà, come celebravano la morte e quanto accuratamente si occupavano di una adeguata sepoltura, specie se il defunto era stato un ricco o un nobile o addirittura un re.
Visitando l'Egitto, ad esempio, si percepisce questo in modo particolare, nelle piramidi e anche in tutti gli altri numerosi siti archeologici, disseminati di tombe e di memorie dei faraoni. Ma anche molto più vicino a noi ( e a me che vivo nella Toscana del sud), possiamo ammirare i resti di una civiltà che curava moltissimo la vita ultraterrena o meglio ciò che si immaginava potesse essere. Le tombe etrusche, infatti, erano ricche di ornamenti, statue e oggetti preziosi e di vita quotidiana.
Tutto ciò sta a testimoniare quanto l'idea di finire nel nulla sia poco accettabile per l'essere umano, anche chi è religioso non sempre è così capace di affrontare un simile evento.
Vi dirò di più, data la mia lunga attività professionale in ambito oncologico, ho visto tante persone morire, ma di rado ho trovato atteggiamenti stoici, anche in persone credenti, forse una o due volte, non di più.
La ricerca della perennità, dunque, è una delle più forti motivazioni dell'uomo, ma, dato che nessuno è immortale, neppure i supereroi, il modo più frequente in cui si cerca di realizzarla è la procreazione, in fondo una maniera per perpetuare la specie, ma anche i propri geni e quindi, in ultima analisi, prolungare la propria vita nel futuro.
Da qui deriva la logica conseguenza che perdere un figlio è il dolore più innaturale che esista, perchè rappresenta, oltre che la perdita di una persona amata, la scomparsa della parte di se stessi a cui è stato affidato il futuro.
L'altra conseguenza è invece quella che non è facile, per moltissime persone, accettare di non poter avere figli e non è solo una questione legata al dare amore, poichè, se così fosse, non farebbe differenza un'adozione o un altro modo per occuparsi di bambini abbandonati.
Il business che è fiorito sulle tecniche di procreazione assistita e centri per la fertilità ( e che è davvero un gran giro di affari) gioca sicuramente su questo fatto : per moltissime persone, specialmente donne, non avere figli è quasi una sorta di anticipo della morte.
Eppure, secondo alcune culture (ma credo per tutte, se riflettiamo), la perennità significa trasmettere qualcosa e questo qualcosa non sono necessariamente i geni.
Pensiamo a Dante Alighieri, è un esempio che faccio spesso. Aveva tre figli, ma certo non è questo ad avergli garantito una sorta di immortalità. Non tutti sono poeti, tanto meno sommi, sicuramente. Ma si possono trasmettere valori, insegnare qualcosa di fondamentale, semplicemente agire per il bene comune o per il bene di altri. In qualche modo queste azioni "creative" in senso lato rendono significativa la nostra esistenza e donano una immortalità che può anche prescindere dal ricordo. Oppure essere ad esso molto legata.
Mi piacerebbe conoscere il parere degli Steemians su questo argomento.

[CCO Creative Commons] woman-954793_1280.jpg

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Temo la morte, come qualsiasi persona, ma più ancora della morte mi preoccupa questa perenne instabilità generale in cui sono finito da qualche anno, questa situazione che non mi produce la necessaria tranquillità per affrontare dignitosamente le questioni della vita, ma mi sto impegnando a fondo affinché le cose in un medio/lungo periodo, sperando di avere il tempo, possano finalmente migliorare.
Ho visto da vicino la morte di un carissimo famigliare, mio fratello, ed anche una disgrazia della circolazione stradale, e confermo che la sola idea di poter sopravvivere ad un figlio è una sensazione devastante, perché non si può che augurare e sperare il meglio per i propri figli, a parte la volontà di un teorico allungamento della propria esistenza tramite la procreazione, c'è il desiderio che qualcosa di estremamente simile a me possa continuare a sopravvivermi, ma vorrei poter essere di supporto non solamente morale, e soprattutto essere indipendente, sotto il maggior numero possibile di punti, anche se quest'ultimo concetto non è di facilissima realizzazione.
Vivere una vita che sia degna di essere chiamata tale, questo è il vero traguardo, e la morte arrivi quando arrivi, prima o poi, logicamente meglio poi...

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