Corso di sopravvivenza 2.0 - Questione di gusto: opinioni molli per utenti solubili

in #ita7 years ago (edited)

Un mondo in bianco e nero

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Quello del gusto è un problema che in molti non si fanno, forse troppi. E' figlio dei tempi moderni, dove la libera circolazione delle informazioni, slegata dalle fonti cosiddette ufficiali, ha creato un livellamento verso il basso di qualsiasi contenuto fruibile su internet. Chiunque parla e scrive di qualsiasi cosa, non importa quanto ne sappia a riguardo, basta che riesca a ritagliarsi lo spazio per dire la propria.

Facebook ci ha educati al bianco e nero nell'era dei televisori a 16,7 milioni di colori: mi piace, pollice su, non mi piace, lo ignoro e se posso lo combatto. Ma da quando in qua la popolazione media possiede le competenze per poter esprimere pareri su una moltitudine sconfinata di argomenti? Proveniamo da una generazione di lavoratori, abituati a rispettare le regole e sgomitare per crearsi una dimensione, che non ha avuto tempo per interessarsi ad altro. E quando ce l'ha avuto, in virtù della scarsa educazione al gusto, lo ha letteralmente buttato al cesso.

Noi, gli stessi figli della settorialità, del "meglio fare una cosa bene che 100 a cazzo", quelli che dopo la triennale c'era la specialistica e poi ancora il master ed eventualmente un'altra specializzazione - e parlo di chi ha avuto il privilegio di studiare - esprimiamo opinioni su tutto senza averne mai realmente avuta una.

Realtà VS Verità

C'era un tempo in cui chi rispondeva "Un po' di tutto" alla domanda "che musica ascolti", veniva bollato come qualcuno dal gusto poco raffinato. Ora invece, saper scegliere è diventato penalizzante e solo chi risponde "un po' di tutto" dimostra vera apertura mentale. Cazzate. La pigrizia, unita alla smania di ricevere una gratificazione istantanea per quanto detto o fatto, sta uccidendo le persone senza che nessuno batta ciglio.

No, ovviamente non è solo colpa nostra. Ci hanno insegnato che la realtà in fondo è solo percezione quindi nulla esiste più veramente, ma prende vita dal momento in cui rientra nella nostra sfera del possibile. Meno si conosce e più il campo delle possibilità diventa sconfinato, tutto può essere accettato, accettabile, plausibile. Nel mondo dell'ignoranza uno vale uno, ma semplicemente perchè l'alternativa all'uno è lo zero.

C'è però un retaggio che ci portiamo dietro da decenni. Perché laddove le nostre competenze non posso aiutarci a esprimere un parere, deleghiamo la responsabilità di scegliere per noi a quelle persone che percepiamo, o ci vengono fatte passare, come esperti in materia. La nostra opinione quindi, si forma a partire da un sostrato di qualunquismo a cui aggiungiamo la voce dell'esperto, assorbendo qualche nozione o frase fatta palesemente al di sopra del nostro range di competenze, perché riconosciamo in questa figura quell'autorità che ci manca per esercitare la nostra facoltà di giudizio.

Opinioni telecomandate

Cosa ne pensi degli immigrati? "Beh, parlano un'altra lingua, sono strani, brutti, poveri e puzzano. E poi il tizio alla TV ha detto che in base ai dati - numeri a caso, statistiche a caso - questi ci rubano il lavoro." Con questo ragguardevole bagaglio di informazioni, la persona X, libero pensatore in libero mondo, andrà su Google a digitare "rifugiati problema lavoro" trovando una letteratura sconfinata pronta a suffragare quell'aborto di idea nato da un movimento insolito dello stomaco.

Quel pensiero originatosi in una mattina qualunque sulla metropolitana, nel tratto casa-lavoro, dove accidentalmente un uomo di altra etnia lo urtava con una spallata scendendo dal vagone. Anzi, probabilmente per colpa sua dato che, assorto nei suoi pensieri, stava provando a sgusciare dentro senza attendere la discesa degli altri passeggeri per accaparrarsi uno dei pochi posti liberi: "Sti immigrati, sempre in mezzo alle palle. Prima ci rubano il lavoro e poi vengono nel nostro paese a fare il cazzo che gli pare, coi nostri soldi, sui nostri mezzi." Disse l'uomo che prima dell'invenzione dei tornelli non aveva mai pagato un biglietto.

Per tanti libertà significa poter dire la propria senza alcun ritegno, ma nessuno parla mai della libertà di stare zitti e mettersi all'ascolto. Senza contare che le nostre opinioni, in qualsiasi direzione vertano, costituiscono informazioni d'oro per chi ci vende qualcosa. Le pubblicità mirate servono proprio a questo: rafforzare convinzioni su un qualcosa per identificare con precisione quella determinata fetta d'utenza e, conseguentemente, fidelizzarla.

Il confronto, la collaborazione, quindi la crescita e la formazione di un gusto, vanno contro l'economia della produzione di massa. Meglio avere un branco di ignoranti che si interessano a tutto e nulla, piuttosto che formare utenti cosapevoli, le cui scelte commerciali avranno un impatto sulla società nella quale sono inseriti anche su altri livelli.

Questo accade ogni giorno, ogni secondo, in ogni istante. Pensiamo a un qualcosa ed eccola la materializzarsi sotto forma di advertisment nella nostra Home Page su Facebook o nei 10 secondi di spot da vedere obbligatoriamente su Youtube prima di accedere video...

La commercializzazione dei prodotti va di pari passo con la produzione di notizie su un certo argomento e viceversa. Il concetto di buono o cattivo viene sostituito dalla dicotomia vende/non vende, di conseguenza se la merda vende è buona. Ma come buona? Beh, c'è un sacco di gente che la compra, ci sarà pure un motivo...

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Una generazione di indolenti

Il motivo c'è, ed è sotto gli occhi di tutti. Esprimere un parere sensato richiede uno sforzo intellettuale, una certa quantità di tempo da dedicare e una discreta attenzione sulle fonti utilizzate per raccogliere le informazioni. In un mondo di pigri e distratti, il cui tempo viene costantemente eroso dal lavoro, dagli impegni familiari, dall'affaire con il partner segreto e da una tonnellata di altre puttanate, in quanti davvero sono in grado di dare un contributo valido a una qualsiasi discussione?

A proposito rispolvero un esempio a me particolarmente caro: tutti conoscono il jazz o perlomeno sanno di cosa si tratta e chi più chi meno ha un'opinione a riguardo. Ci sono quelli più schietti "Il jazz è una palla mostruosa, mi fa cagare", quelli possibilisti "Mi rilassa, ma un disco intero no...", i beati ignoranti "Non ascolto tutto tutto, ma Michael Bublé mi piace un sacco" e quelli del partito preso, a cui piacciono solo cose 'difficili' senza capirci una mazza "Perchè comunque ascoltare jazz fa figo", ma che in realtà l'unica esperienza con un ascolto prolungato l'hanno avuta nel lounge bar in centro città mentre flirtavano con la/il collega di lavoro/università. E fin qui ho parlato soltanto di quelli che non lo ascoltano.

Poi ci sono quelli che lo fanno per davvero, di cui una buona percentuale non riesce comunque ad apprezzarne le peculiarità perché scarsamente educata in materia, e infine, chi lo suona. Ecco, se nella vostra esperienza non avete ancora capito che il jazz, più che un genere musicale, è un linguaggio, doveste rientrare nelle prime quattro/cinque categorie. Queste rappresentano quasi la totalità delle opinioni che sentirete in giro sull'argomento.

Allo stesso modo le persone formano la loro opinione su tematiche sociali, politiche ed economiche, sulle cryptovalute, su istruzione, sanità, ecologia, sport...Tutti pronti a dire la loro, a far riverberare la loro voce negli abissi sconfinati del web. Ma ancora non l'avete capito che il vostro parere conta solamente perché in futuro sarà più facile vendervi qualcosa che ora ignorate completamente, ma di cui insipiegabilmente sentirete il bisogno? Mai come ora ascoltare è diventato prezioso e non solo per una questione di gusto, ma di sopravvivenza.

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Ammetto di non aver capito ogni singola frase che tu abbia scritto ma la generale descrizione della corrente realtà sembra calzante. Ed eccomi, pronto a dire la mia e pronto a far riverberare la mia voce nel'abisso sconfinato del web!

C'è un sottofondo di tristezza però nell'identificare questo genere di pattern. Di certo se si sta manifestando significa che questa superficialità di fondo, questo "la scimmia vede, la scimmia fa" fa leva sulla nostra volontà di prendere scorciatoie per essere accettati, minor sforzo/massimo rendimento, nel tessuto sociale. Solo un'idea, manco troppo cogitata. E il sistema la supporta perché è abbastanza conveniente avere una popolazione così facilmente manipolabile. In psicologia credo prenda il nome come effetto bandwagon, uno dei tanti cognitive bias .

Quello che dici te è abbastanza vero.
Dunque, come educare all'ascolto? Come influenzare la gente affinché si adoperi ad usare più pensiero critico e osservazione nella vita di tutti i giorni? E come rettificare efficientemente l'idea di pensiero critico che sembra stia perdendo la sua componente pensieristica?

Il Bianco, il Nero e poi una infinita variazione Tonale di Grigio. Sarebbe da proporre a Facebook di permettere la rotazione del Pollice su scala Graduata. ;-)
Scherzi a parte Ottimo Post e gran bella riflessione.

Thanks man, sto provando a trasportarlo in inglese nonostante non sia facilissimo per un non native speaker =)

E' un bel post, scritto bene e da sicuramente da riflettere... Devo ammettere però che per quanto gli ignoranti che si esprimono su tutto (anche quello che non sanno ) siano fastidiosi, trovo ancora più insopportabile quella fetta di popolazione che crede che la sua opinione sia più importante di quella di un altro perchè loro hanno studiato! Perchè loro leggono il New York Times o l'Internazionale! Gli altri son dei poveretti! Ehehe a me fanno un pò ridere ;)

bello, molto!

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