Lettera di una amica! (Testimonianza)

in #ita5 years ago

Questa é la lettera di una amica, ho deciso di condividerla qui in caso ci fosse ancora qualcuno che non ha capito...
Qui in paese da me, in parecchi ancora, non hanno capito un cazzo!

“Buonasera a voi della redazione,
mi permetto di disturbare, ho appena letto il nuovo boom di contagi e non ci siamo proprio…
Mia mamma sabato è volata in cielo e vorrei raccontarvi una storia, la storia di una donna che ha attraversato e superato difficoltà enormi nel corso della vita e che, per quello che fino a poche settimane fa era deriso come una sciocchezza, è morta sola dopo 10 giorni di agonia.

Mia mamma aveva 81 anni, era una bella donna e gran lavoratrice. Ha sempre avuto attività nel campo alimentare con mio padre; avevano un figlio, Alberto, che a 14 anni è stato vittima di un incidente, un incidente che è stato la causa dell’installazione del semaforo di Arceto attorno al quale tutt’oggi esistono ancora diverse polemiche sui social chiamando sempre in causa l’incidente di mio fratello.

Un’anno dopo la morte di mio fratello sono nata io e per 6 anni tutto bene poi… mio papà ha un ictus, rimane paralizzato, mamma cambia lavoro, s’inventa un’attività da svolgere a casa per seguire me piccola e mio padre in sedia a rotelle… ma dopo 4 anni mio padre muore per un tumore ai polmoni… mia mamma non molla, si rialza, deve crescere me che ho solo 10 anni… così ne passano altri 4 dove piano piano sia io che lei ci rialziamo e all’improvviso quando tutto stava procedendo serenamente si ammala lei… polidermatomiosite (malattia del sistema immunitario) con poche speranze di sopravvivere.

Io ho 14 anni e mia zia si prende cura di me mentre mia mamma entra ed esce dagli ospedali, il suo caso viene pure studiato al “Carlo Besta” di Milano dove si complimentano delle cure già prestate dall’equipe del nostro arcispedale “Santa Maria nuova”. A seguito dei pesanti medicinali per debellare la malattia, mia mamma si ritrova con 16 crolli vertebrali, mgus (gammopatia monoclonale), fibrillazione atriale, pelle che si distrugge al minimo sfioramento e tante altre noie di minore entità.

Io da almeno 24 anni la seguo in ogni visita, ogni controllo (almeno un paio al mese) programmo tutto nel minimo dettaglio affinché possa essere seguita e curata al meglio, la seguo anche a casa, la incito, la sgrido e con un colpo al cerchio ed uno alla botte è arrivata sino al 27 febbraio dove la sera inizia ad avere qualche linea di febbre.

Nei giorni precedenti mia mamma è rimasta a casa con mio figlio poiché le scuole erano chiuse, ho fatto io tutti i giri spesa e quant’altro e lei ha fatto un’unica uscita fino al forno fermandosi poi al parco del castello di Arceto con mio figlio a prendere un po’ d’aria. Non lo faceva mai, ma credo sia stato fatale.

Da giovedì sera ha poi iniziato con febbre e dissenteria, il lunedì è venuto il nostro medico di base a visitarla (completamente protetto) e dall’oscultazione i polmoni erano liberi e lei respirava bene. Non c’erano sintomi che facevo presagire il Coronavirus. Nella notte fra martedì e mercoledì mia mamma cade nel bagno per la debolezza tra febbre e dissenteria, respira ancora bene. Chiamo il 118, viene ricoverata per lastre e tac per controllare se ci fossero state rotture e invece scoprono una polmonite interstiziale e la mandano agli infettivi. Io vengo avvisata telefonicamente e messa automaticamente in isolamento in attesa del tampone che nel frattempo hanno fatto a mamma. Mi invitano a non chiamare poiché faranno loro un colloquio quotidiano con i parenti circa le condizioni della paziente.

Il giorno seguente, giovedì 5 marzo, mi chiamano per dirmi che hanno iniziato a somministrare ossigeno con la macchina per la ventilazione a mamma siccome aveva difficoltà a respirare. Del tampone nessun esito.
Il venerdì non chiama nessuno perciò provo a mettermi in contatto io con il reparto e chiedo. Mi dicono che mamma è positiva al coronavirus e che da grave è diventata critica, ha poche speranze di sopravvivenza. Mi crolla il mondo addosso. Dopo tutte le lotte, le corse in ospedale, le visite, le malattie passate in questi 28 anni non potevo credere che un virus, il Coronavirus, stesse rovinando tutto quanto .

Vorrei morire, ma ho un bimbo di 6 anni e non posso, non devo cedere. Mia mamma è ancora viva, è la da sola, in ospedale c’è un caos totale ma so bene che i medici e gli infermieri stanno facendo anche l’impossibile. Siamo in una condizione anomala e bisogna tenere i nervi ben saldi.

Sabato mia mamma mi chiama con il cellulare e ormai svengo dall’emozione. Fatico a capire quel che dice, ha una voce stanca e sofferente, farfuglia ma mi chiede perché non la vado a trovare, perché non riesce a parlare con i dottori, vuol sapere cosa le sta succedendo. Io intuisco che non sa nulla, non sa di avere questo virus, probabilmente per tenerla calma immagino che i medici non le abbiano detto tutto.

Cerco di tranquillizzarla spiegandole che siamo tutti un po’ in isolamento, io sto lavorando da casa e non posso andare in ospedale perché la situazione è caotica. Insomma trovo qualche scusa per poi dirle che io ed il bimbo stiamo bene, ma siamo bloccati a casa e di non preoccuparsi per noi.

Nessun bollettino medico il sabato e nessuno la domenica finché la sera mia cugina chiama il reparto ed una dottoressa molto gentile spiega di nuovo che mia mamma è molto molto grave, forse non passerà la notte e forse il giorno seguente mi avrebbero permesso di andare a vederla per un ultimo saluto nonostante la mia quarantena.

Mi sento morire di nuovo. Per me è atroce non poterle stare vicino. Proprio io che in tutti i suoi mille ricoveri passavo giornate intere accanto al suo letto dove a volte mi ci sono pure addormentata con le infermiere che sorridevano.

Lunedì mamma chiama di nuovo, ha sempre una voce poco comprensibile e mi ripete che vuole parlare con i medici ma nessuno la accontenta. Martedì la situazione rimane uguale. La sera i medici confermano la sua criticità ed il fatto che è ventilata al massimo. […]

Mercoledì e giovedì non sentiamo i medici, ma mamma chiama. Sempre con un filo di voce mi grida che vuol tornare a casa, che non ce la fa più, la sua schiena con 16 vertebre crollate e a pezzi, nessuno può venire ad alzarla e lei non può muoversi autonomamente, non riesce a mangiare le cose dell’ospedale, è sola e non le interessa più nulla. Io la sgrido, le dico che deve fare la brava, deve resistere perché una vecchietta come lei ci mette più tempo del normale per rimettersi in sesto, ma dentro piango, non posso aiutarla, non posso confortarla e spiegarle cosa sta succedendo, nn posso toccarla ed accarezzarla come avevo sempre fatto. E’ un incubo per lei e per me.

Venerdì sera nuovo aggiornamento. La dottoressa dice che mamma ha mangiato, è vigile, sempre critica ma stabile. Insomma, sta tenendo duro pur essendo sempre in pericolo di vita. Io vado a letto serena. Poi arriva sabato, 14 marzo, sono le 12 e vedo il cellulare squillare con il numero dell’ospedale. E’ troppo presto per il colloquio telefonico. Mamma è volata in cielo.

La stessa dottoressa della sera prima, nel modo più dolce possibile, mi conferma la notizia più terribile: mamma ha smesso piano piano di respirare, si è spenta come una candelina e lei, la dottoressa dolce, era lì a tenerle la mano, ad accompagnarla perché aveva intuito che il respiro stava cambiando in peggio.

Mi hanno permesso di andare a trovarla. Era ancora calda ed io l’ho abbracciata tanto, le ho ricordato tutto il mio bene e la mia stima, l’ho ringraziata, l’ho baciata e poi l’ho lasciata andare.

È terribile, atroce, soffocante, invalidante. Non saprei come meglio descrivere il mio stato d’animo.

Non ho potuto starle accanto, non ho potuto fare nulla nei suoi ultimi 10 giorni di vita. L’aggettivo straziante è un eufemismo.

So che è stata curata al meglio.

La sua anima aveva già scelto di andarsene perciò nulla l’avrebbe fermata.

Solo che mi immagino ora tante persone che alle spalle hanno tante storie simili alla mia, tante battaglie di salute vinte come ha fatto la mia mamma e poi… questo Coronavirus, canzonato, deriso, sottovaluto dalla maggior parte della popolazione, che in 10 giorni distrugge tutto, tutto il percorso di una vita.

Io non esco di casa da 2 settimane e sono ancora viva, sto affrontando un trauma che non auguro neanche ad un cane e sono inorridita da quanta gente non ha capito che tutti questi piccoli gesti mettono in crisi il mondo intero.

Ora mi piacerebbe che qualcun’altro, voi della redazione che siete la voce principale della nostra città, pubblicaste ciò che vi ho scritto stasera con la speranza che una testimonianza così vicina alla nostra comunità possa far riflettere chi continua a desistere dall’osservare le ordinanze.

Qualunque decisione voi prendiate in merito vi ringrazio anche solo per avermi letta ed ascoltata. Buona serata.”

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Questa lettera è stata mandata da una amica a reggionline sito giornalistico di Reggio Emilia copiata e incollata qui per testimonianza
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Grazie @blumela, una lettera struggente e non ti nascondo che mi sono commosso a leggerla.
Ma è anche una lettera che deve far riflettere chi prende le cose con superficialità ed egoismo. In pericolo sono i nostri cari e chi non rispetta le regole potrebbe causare anche se indirettamente altre morti...
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