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RE: Scansiamoci e Partite

in #ita6 years ago (edited)

Bellissimo post!

Rispondo a qualche domanda:

Preferire la sopravvivenza a livello lavorativo anzichè osare potrebbe essere definibile come scansopoli autoindotta?

Bella domanda, che induce ad un vero e proprio esame di coscienza, risponderei amaramente di sì.

Accettare orari lavorativi folli per stipendi miseri non rappresenta forse una scansopoli clamorosa per un'intera generazione?

Sì, però bisogna imparare il giusto modo per non accettare più qualsiasi cosa (e ancora stiamo imparando a farlo).

Siamo cosi apatici da non riuscire a cambiare rotta o la rotta è talmente compromessa che non basterebbe una tempesta telecomandata ad invertirla?

Io non so se possiamo (siamo capaci) di cambiare rotta (a livello sociale non individuale, perché individualmente secondo me si può fare), ma comunque è vero che siamo apatici, e questo non va bene a prescindere.

Siamo noi che ci stiamo scansando o è la nostra società che ci sta costringendo a farlo?

La società tenta in tutti i modi di condizionarci, anche con strumenti molto potenti di ricatto, ma noi non è che facciamo molto per reagire (anzi, quasi niente).

Secondo me bisogna imparare a dire di no, questo non significa che dobbiamo dire di no, ma che bisogna imparare a farlo, cioè bisogna trovare il giusto modo di dire di no.

Sort:  

Dire di no! Che atto eversivo! E invece no, dire di no e capire come dire di no sarebbe l'atto costruttivo necessario in questa fase!
Ma in quanto hanno voglia di dire di no?
Sembriamo tutti dei conigli mannari, pronti ad essere rivoluzionari ai tavoli del caffe ma ad essere codardi alla prima occasione utile, pronti a pugnalare alle spalle il pesce più piccolo per avere in cambio magari un po di visibilità o qualche spicciolo in più.
Come fare allora?
La tua strada è condivisibile, ma è percorribile?
Dove trovare i soldati per questa "guerra"?

Ti assicuro, sono (siamo) in tanti che vogliono dire di no..., non la maggioranza certo, ma non è facile, perché non sanno (sappiamo) ancora come farlo, come dici tu non è sufficiente fare i rivoluzionari ai tavoli del caffe o durante un corteo per poi tornare il giorno dopo alla solita vita, ma chi è pronto a pugnalare alle spalle il pesce più piccolo per avere in cambio qualche spicciolo in più o un po' di visibilità non è sicuramente una persona che vuole dire di no.

Non è una guerra, anzi la guerra in corso deve finire, parlo della guerra come sistema culturale (ecco uno dei condizionamenti della società) che fa sì che due ragazzi, due professionisti, due persone si considerino concorrenti alla ricerca di un posto di lavoro, di un'occasione di lavoro, pronti a farsi la scarpa l'uno con l'altro. Nessun giusto no può scaturire se continuiamo a fare la guerra, a pensare di imporre un'idea, anche se pensiamo sia la migliore del mondo, anche se è la nostra.

Non è una guerra ma in fondo lo è. Siamo disposti a farci le scarpe l'un l'altro e quando non lo facciamo siamo complici con il nostro silenzio delle sventure altrui. Danneggiamo la comunità anche e soprattutto stando fermi.
Non basta cessare la guerra, serve creare alternative.

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