When the coach comes into conflict with the club - Quando l'allenatore va in conflitto con la società [Eng-Ita]
Antonio Conte: photo by @cfcunofficial (Chelsea Debs) London, CC BY-SA 2.0
This article was written by combining my (poor) knowledge of the English language with the help of an automatic translator. Please, forgive any mistakes you may have. Thank you.
The players: does the coach or the club choose them? To this atavistic question of the world of football, it's not unusual to be answered in a diametrically opposite way. According to some, the company has the money, and while listening to the opinions of the coaches, it must not consider it binding, while, according to others, since it's up to the coach to organize the team on the field, it is right that he is the one to affect, above all else, on the choice of purchases.
For this reason some coaches, not surprisingly, are defined "corporate": they are those to whom every choice perpetrated by the company is fine; they can adapt, for superior reasons, and to assemble the teams with the material that is made available to them.
This is the case of Max Allegri, one who, in five years with Juve and three with Milan, rarely raised his voice to expressly ask for the purchase of any particular player, and the only time that he did, at the end of his five-year term with the bianconeri, to deeply rejuvenate a squad considered mostly without anything to offer, was sacked.
And what about Giampiero Gasperini, who for different reasons, mostly related to the budget, has often seen the best elements subtracted from his teams (I refer to the experiences with Genoa and Atalanta), still managing to restart every year with a new group, recreating a perfect amalgam?
However, this type of coach is opposed by another, much less inclined to accept the technical impositions of the club for which they work: a clear example is José Mourinho, who every time he has changed his shirt (very often in recent times) has always demanded that several loyalists follow him in the new adventure (example are Ricardo Carvalho, Paulo Ferreira, Zlatan Ibrahimovic, Samuel Eto'o, Romelu Lukaku, Nemanja Matic, all expressly requested by the special one during his transfers), and Antonio Conte, who is not reluctant to show all his disappointment, whenever his whims of the moment are not satisfied.
If the coach from Salento has seen practically all the requests made to the company for the market fulfilled this year, the air around Pinetina is not the best, and the object of the dispute seems to be Christian Eriksen, who landed in Milan amid cheers of the fans, who even saw in him, a purchase of equal value to that of rival Juventus concerning Cristiano Ronaldo; the scenes of jubilation at Malpensa airport at the Swede's landing last January, say a lot about the expectations that society and the environment, in general, had placed in the former Tottenham midfielder, however little taken into consideration by Conte and often deployed among the reserves.
The last two consecutive benches, in particular, coincided with zero minutes of use, seem to have opened an irremediable crack between the player and the coach, consequently causing the management to turn up their noses.
Conte and Inter have so far disappointed, being pointed out, on the eve of the championship, as the team best equipped to win the tournament, and the Milanese environment, easy to fall into depression and hysteria, begins to boil.
Maurizio Sarri seemed, during last season, a foreign body to Juventus, and after just one year the crisis of rejection of a forced transplant led to the expulsion of the never integrated organ. Will it also happen to Conte, marked significantly by his Juventus past, never completely forgotten by the Inter fans?
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I giocatori li sceglie l'allenatore o la società? A questa domanda atavica del mondo del pallone, non è insolito sentirsi rispondere in maniera diametralmente opposta. Secondo alcuni, la società dispone del capitale, e pur ascoltando i pareri degli allenatori, non deve ritenerli vincolanti, mentre, secondo altri, toccando all'allenatore organizzare la squadra, è giusto che sia quest'ultimo a pesare più di ogni altra componente sulla scelta degli acquisti.
Per questo motivo alcuni mister, non a caso, vengono definiti "aziendalisti": sono quelli ai quali ogni scelta perpetrata dalla società va bene; sono capaci di adattarsi, per ragioni superiori, e di assemblare al meglio le squadre con il materiale che viene loro messo a disposizione.
E' il caso di Max Allegri, uno che, in cinque anni di Juve e tre di Milan, quasi mai ha alzato la voce per domandare espressamente l'acquisto di qualche calciatore in particolare, e del resto, l'unica volta che l'ha fatto al termine del suo quinquennio bianconero, al fine di ringiovanire profondamente una rosa ritenuta per lo più arrivata, è stato esonerato.
E che dire di Giampiero Gasperini, che per motivi diversi, legati per lo più al bilancio, si è spesso visto sottrarre dalle sue squadre (mi rifierisco alle esperienze con Genoa e Atalanta) gli elementi migliori, riuscendo comunque a ripartire ogni anno con un gruppo dall'amalgama perfetta?
A questa tipologia di allenatore però, se ne oppone un'altra, decisamente meno propensa ad accettare le imposizioni tecniche della società per la quale lavora: ne sono un esempio lampante José Mourinho, che ogni volta che ha cambiato casacca (molto spesso negli ultimi tempi) ha sempre preteso che diversi fedelissimi lo seguissero nelle nuove avventure ( ne sono un esempio Ricardo Carvalho, Paulo Ferreira, Zlatan Ibrahimovic, Samuel Eto'o, Romelu Lukaku, Nemaja Matic, tutti richiesti a gran voce dallo special one nel corso dei suoi trasferimenti), e Antonio Conte, che non è restio a mostrare tutto il proprio disappunto, ogni qual volta i suoi capricci del momento non vengono soddisfatti.
Se il tecnico salentino ha visto accettare praticamente tutte le richieste fatte alla società per il mercato di quest'anno, l'aria dalle parti della Pinetina non è delle migliori, e l'oggetto del contendere pare essere Christian Eriksen, sbarcato a Milano tra le acclamazioni dei tifosi, che in lui vedevano addirittura un'acquisto di pari valore a quello della rivale Juventus, in relazione a Cristiano Ronaldo; le scene di giubilo all'aeroporto di Malpensa allo sbarco dello svedese lo scorso Gennaio, la dicono lunga sulle aspettative che la società e l'ambiente in generale avesse riposto nell'ex centrocampista del Tottenham, tuttavia preso poco in considerazione da Conte e spesso schierato tra le riserve.
Le ultime due panchine consecutive in particolar modo, coincise per di più con zero minuti di utilizzo, sembrano aver aperto una crepa insanabile tra il giocatore e l'allenatore, facendo storcere di conseguenza il naso anche alla dirigenza.
Conte e l'Inter hanno fin qui deluso, nonostante fossero stati additati alla vigilia del campionato come la squadra più attrezzata per vincere il torneo, e l'ambiente meneghino, facile a cadere nella depressione e nell'isteria, comincia a ribollire.
Maurizio Sarri è sembrato un corpo estraneo alla Juventus, e dopo una sola stagione la crisi di rigetto di un trapianto forzato ha portato all'espulsione dell'organo mai integrato. Succederà anche a Conte, marchiato in maniera importante dal suo passato juventino?
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