Ho la netta sensazione che lo sdoganamento dei giudici tifosi ed "odiatori" alla Santoriello, che hanno potuto godere persino di una sorta di legittimizzazione da buona parte della stampa sportiva e non, abbia rappresentato un po' lo sfondamento dell'ultimo argine di serietà che teneva insieme le vicende del calcio italiano.

Prima dell'inchiesta Prisma, pur senza poterlo dimostrare, esisteva in molti la netta sensazione che regole e divieti venissero interpretati e aggiustati di volta in volta a seconda del grado di amicizia della persona coinvolta. Ci hanno così convinti che Lotito non ha sbagliato a mandare in campo giocatori positivi al "terribile virus", ma che allo stesso tempo De Laurentiis abbia fatto bene a non presentare la squadra a Torino in seguito ad un paio di casi covid tra le sue fila, nonostante i protocolli firmati (e rispettati) da tutte le squadre ad inizio stagione prevedessero l'esatto contrario.

Abbiamo sentito giustificare con motivi di ordine pubblico il rinvio di partite, causa maltempo, anche se nel luogo designato ad ospitare la gara splendeva il sole, ma dovuto accettare che uno scudetto venisse deciso su un campo impraticabile. Ci è stato detto che cambiare le regole in corsa sulla possibilità di schierare giocatori extracomunitari, per sanare lo scandalo di decine di passaporti falsi, fosse cosa buona e giusta, ma allo stesso tempo si è fatto passare alla storia episodi dubbi come scandali capaci di orientare interi campionati, sebbene ininfluenti ai fini della classifica.

_{Il tribunale dell'Inquisizione, opera di Francisco Goya (1812-19). Public domain image}

In tutti questi casi si è dovuto credere, a forza o a ragione, alla buona fede delle autorità, convincendosi che anche sentenze e decisioni apparse in un primo momento fuori da ogni logica contenessero in realtà la sapienza di chi era stato chiamato ad emetterle. Senza nulla che provasse il contrario, il tutto rimaneva confinato a mere supposizioni di parte, scaramucce tra tifosi che strizzavano l'occhio alle varie teorie del complotto, sempre presenti, come da italico costume.

L'ammissione del pubblico ministero napoletano Ciro Santoriello tuttavia, di condurre la propria attività da magistrato guidato dallo spirito di odio nei confronti della Juventus, ha dato il via ad una sorta di libera tutti, scatenando all'interno del calcio italiano un ambiente in stile far west, nel quale tutto sembra essere diventato lecito.

Se la giustizia sportiva può condannare una società non in base all'aggiramento di regole scritte, ma ad una non meglio codificata violazione del principio di lealtà, dopo aver ricevuto il vademecum da una procura ossessionata (o mi vorrete far credere che Chiné, Torsello e soci abbiano letto e valutato attentamente quattordicimila pagine in una quindicina di giorni?), significa sostanzialmente aver rotto l'ultimo argine ad una specie di ordine precostituito, capace fino a quel momento, seppur a fatica, di tenere ancora insieme la baracca.

E in questo quadro generale, chi si poteva trovare a proprio agio meglio del provocatore per eccellenza, José Mourinho? Nell'ultima partita disputata dalla sua squadra (la Roma), persa 2-1 sul campo della Cremonese, l'allenatore portoghese è stato nuovamente espulso, su segnalazione del quarto uomo, in seguito a diversi comportamenti irriguardosi nei confronti della terna arbitrale.

_{Lo stadio Zini di Cremona, foto da ZG 90, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons}

Fin qui potrebbe sembrare tutto normale. Lo Special One aveva già raccolto diversi cartellini rossi nella sua esperienza italiana, per via di un comportamento volto a dare pressione al quarto uomo e al resto della squadra arbitrale tramite proteste eccessive e sceneggiate, ma quanto accaduto allo Zini ha aggiunto un ulteriore capitolo alla voce follie made in Serie A per via dell'alterco nato tra l'allenatore giallorosso e il quarto uomo, Marco Serra, nonché per le assurde dichiarazioni dell'ex allenatore dell'Inter in conferenza stampa.

Se eravamo abituati ad ufficiali di gara composti e impegnati a calmare le acque di fronte al nervosismo degli allenatori, Serra ha preferito ingaggiare invece un'incredibile via dello scontro con il portoghese, apostrofandolo con frasi inadatte all'imparzialità richiesta ad ogni direttore di gara, nemmeno si trattasse di due avversari intenti a contendersi un pallone:

Ti stanno prendendo tutti per il c... Vai a casa!

I due non se la sono mandata a dire nemmeno a fine partita, incrociando un'altra volta i guantoni, con il tecnico giallorosso deciso nel pretendere le scuse (ovviamente rifiutate) e nel definire il quarto ufficiale senza mezzi termini come

Un uomo di m...

_{Clint Eastwood, in una scena del film "Per un pugno di dollari". Public domain image}

Uno spettacolo da film di Clint Eastwood, peggiorato, se possibile, dalle solite allusioni di Mourinho, volte a sviare l'attenzione dagli insuccessi del campo e a preparare già in qualche modo il clima per la prossima partita:

Serra è di Torino, e alla prossima partita dobbiamo affrontare la Juventus. Non vorrei lo avesse fatto apposta a farmi squalificare.

Dichiarazioni che, in un mondo normale, verrebbero punite con tre o quattro turni di squalifica per le gravi allusioni all'imparzialità di un membro della squadra arbitrale, ma che da noi vengono sostanzialmente ignorate quando non prese per buone da alcuni giornali. Come se essere originari di Torino comportasse automaticamente la fede juventina e se la squadra bianconera non fosse proprio nel bel mezzo di una guerra con le istituzioni.

Di questo passo, l'implosione di tutto il sistema sembra sempre più vicino. L'incapacità di accettare le sconfitte ha radici già nell'era Moratti, e diffondendosi come un virus è riuscita a trasformare negli anni il tifo in odio, la rivalità in sospetto e il divertimento in una guerra, dove l'altro non è più un semplice avversario, ma un nemico, da abbattere con tutti i mezzi e a tutti i costi. Si salvi chi può.

Statemi bene, alla prossima!