Esistono sport nei quali squadre o atleti risultano capaci di assorbire meglio le delusioni rispetto ai protagonisti di altre discipline. In essi, le sconfitte vengono di solito affrontate a testa alta, stringendo la mano agli avversari più forti o addirittura celebrandone in maniera plateale il trionfo, come accade nel cosiddetto "terzo tempo" del rugby.

Alla stessa maniera, chi vince rispetta fino in fondo l'avversario sconfitto, congratulandosi con lui per l'impegno profuso e non disdegnando sovente alcune paroline di conforto. Rimango sempre affascinato, ad esempio, dallo scambio di saluti finali tra tennisti, ma soprattutto tra due pugili, che dopo essersele suonate di santa ragione per quasi un'ora, si abbracciano al centro del ring al suono dell'ultimo gong.

Questi in fondo sono i veri valori dello sport, che tanto hanno fatto appassionare la mia generazione: il più forte vince, l'altro gli stringe la mano e la prossima volta tornerà a dare tutto sé stesso per ottenere risultati migliori. Credo ci siano poche discussioni sul fatto che se il mondo fosse governato, a tutti i livelli, dai veri valori sportivi, di certo parleremmo di un posto migliore.

_{Una copia del quotidiano olandese, De Telegraaf. Foto da Oktopus3, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons}

Purtroppo però, a riportare tutti con i piedi per terra ci pensa il calcio, ed in particolar modo quello nostrano, un mondo dove per vincere si farebbe letteralmente di tutto. I suoi protagonisti, chi più chi meno, pur di sollevare un trofeo alla fine della stagione sarebbero pronti a ricorrere a qualsiasi trucchetto o stratagemma, inclusi i condizionamenti degli organi di stampa, dell'opinione pubblica e della classe arbitrale.

La vittoria, anche se ottenuta con mezzi poco leciti o attraverso furbate di ogni tipo, è diventata negli anni un'ossessione per molti. Nessuno rinnegherebbe mai, come i valori sportivi imporrebbero, uno scudetto o una coppa macchiata da smaccati favoritismi o ingiuste angherie perpetrate agli avversari, anzi, si adopererebbe essenzialmente affinché l'opinione pubblica percepisse il tutto come "pulito".

In questo ecosistema sguazzano come pesci nel mare personaggi del calibro del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, che oltre ad aver dimostrato più volte in passato scarse capacità di accettare le sconfitte e di riconoscere il valore degli avversari, ha recentemente confermato a tutti come nel calcio siano merce sempre più rara anche soggetti "capaci di vincere".

Pur ad un passo da un'impresa storica (a meno di crolli improvvisi nelle ultime giornate), come la conquista del terzo (meritatissimo) scudetto della storia partenopea, il re dei cinepanettoni ha pensato bene in una recente intervista al quotidiano olandese De Telegraaf, di sparare l'ennesima sentenza, alludendo a circostanze "esterne" che avrebbero impedito al suo Napoli di vincere lo scudetto anche nelle passate stagioni.

L'allusione nemmeno troppo velata, sebbene sparata nel puro stile del personaggio, nascondendo la mano un attimo dopo il lancio, è tanto per cambiare riferita ai campionati in cui il Napoli ha concluso la stagione alle spalle della Juventus.

Il fatto che il Napoli non vinca lo Scudetto da tanti anni non è dovuto solo al Napoli stesso, ma anche ad altri fattori che ora stanno lentamente ma inesorabilmente venendo a galla...

Parafrasando le parole di De Laurentiis, l'inchiesta sulle plusvalenze e la conseguente manovra stipendi dimostrerebbero che la società bianconera avrebbe sottratto al club campano alcuni titoli meritati sul campo. Senza le plusvalenze, questo il pensiero del numero uno partenopeo, la Juventus non avrebbe potuto comprare alcuni calciatori fondamentali al progetto tecnico, che l'hanno poi portata a primeggiare in Italia.

Assurdità sulle quali anche un bambino della scuola primaria obietterebbe innanzitutto che non può esistere alcun tipo di controprova (non è detto che giocatori meno cari avrebbero reso di meno), ma che tralasciano volutamente, senza che nessuno ovviamente lo faccia notare, particolari fondamentali.

L'incidenza sui bilanci bianconeri di dette manovre è stata inferiore al 4% e, in ogni caso, la proprietà ha comunque provveduto a ricapitalizzare due volte, per un totale di settecento milioni. Senza le plusvalenze, non sarebbe cambiato assolutamente nulla, dato che i milioni necessari a compiere le operazioni di calciomercato sarebbero finiti ugualmente nelle casse societarie.

Il bisogno di alimentare miti e leggende anti-juventine però, al pari delle celeberrime Iuliano-Ronaldo o del "goal di Muntari", episodi spacciati per decisivi quando in realtà, classifica alla mano, non avrebbero spostato nulla, è sempre un chiodo fisso della narrazione calcistica italiana; ma vi siete mai chiesti quanti scudetti avrebbe in realtà vinto il Napoli, prendendo per buone le astruse teorie di De Laurentiis?

Facilissimo da dimostrare: zero. I fatti contestati nell'inchiesta Prisma, che ha portato alla successiva penalizzazione di quindici punti della Juventus per la questione delle plusvalenze a specchio, riguardano gli ultimi tre campionati, prima di quello attuale, dei quali uno solo, relativo alla stagione 2019-20 vinto dai bianconeri. Come si piazzò il Napoli in quel torneo? Settimo, a ventuno punti di distacco.

Ecco lo scudetto reclamato da De Laurentiis, che più che guardare in casa degli altri dovrebbe preoccuparsi della propria. Notizia di ieri (che probabilmente non avrete letto da nessuna parte) la perquisizione della Guardia di Finanza nella sede della Turris, per acquisire i contratti di Claudio Manzi, uno dei cinque ragazzi rientrati nell'affare Osimhen, ma che in Francia non si sono mai visti.

A proposito di plusvalenze, in questo caso sì, fittizie. Ma questa è un'altra storia, e ne parleremo domani.

Statemi bene, alla prossima!

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