[FUORI CONCORSO] Una storia italiana - Una serata tra amici (PREMIO 30% delle rewards di DIGITALY)

in Italy9 months ago (edited)

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Con questo post partecipo, fuori concorso e con intento unicamente promozionale, alla ventesima edizione del contest "Una storia italiana", promosso all'interno della rivista DIGITALY.

Per partecipare basta inventare una storia ispirata all'immagine di copertina. E' possibile prendere parte al contest scrivendo in qualsiasi lingua e dando al racconto l'interpretazione preferita, che sia essa, comica, romantica, drammatica, fantasy o altro, rispettando sempre i canoni base per la pubblicazione sulla piattaforma.

C'è tempo per partecipare fino a domenica, ore 18.00 italiane, il premio per il vincitore, scelto dal Team di @italygame, è del 30% delle rewards del prossimo numero di Digitaly.

Una serata tra amici

Se esisteva una cosa capace di intimorire Vincenzo più di tutte le altre, era ritrovarsi in situazioni nuove, in mezzo a persone che non conosceva o con le quali aveva scarsa confidenza. I primi giorni in una nuova scuola, una sala medica particolarmente affollata, o un semplice caffè da prendere in un bar fuori dalla propria zona di residenza, avevano visto negli anni materializzarsi davanti ai suoi occhi sempre la medesima scena: persone che chiacchierano, scherzano e socializzano tra di loro, ignorandolo come se il suo corpo non fosse materialmente presente.

A volte gli era capitato persino che i presenti, pur notandolo evidentemente, parlassero di lui con un altro interlocutore lì vicino, chiedendo magari notizie sul suo conto. All'invisibilità si era in qualche modo abituato, anzi, si convinceva spesso di trovarsi a proprio agio nel silenzio della solitudine, ma quest'ultimo aspetto continuava a bucare la pur spessa corazza che si stava creando.

Perché chiedere ad un'altra persona lì presente notizie sul suo conto, quando si sarebbe potuta porre la stessa domanda direttamente a lui? Risultava così difficile agli altri rivolgergli direttamente la parola? Restituiva davvero un'immagine così poco piacevole di sé a tal punto da consigliare alle persone il più delle volte di evitare qualsiasi contatto verbale?

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A giudicare dalle numerose esperienze pregresse, la risposta sembrava scontata, ma contro le sue stesse più ottimistiche previsioni, l'ambiente nel nuovo posto di lavoro, occupato una settimana prima, si era rivelato fantastico. I colleghi lo avevano accolto da subito come uno di loro, invitandolo durante la pausa per il pranzo ad unirsi al gruppo e facendolo sentire ben voluto con mille carinerie ed attenzioni.

Persino i responsabili dell'ufficio sembravano essersi accorti di questa sua fragilità, sincerandosi spesso che mantenesse il suo benessere, e con Ettore poi, il vicino di scrivania, l'intesa era da subito risultata altissima. Così, quando quel venerdì i colleghi lo cercarono per unirsi a loro per una serata in compagnia a casa di Ernesto, il contabile del secondo piano, accettò di buon grado, convinto finalmente di aver trovato un nuovo gruppo di amici.

Anche il padrone di casa, sebbene non avesse avuto ancora modo di conoscerlo direttamente, lo accolse con cortesia e riguardo e la prima parte della serata trascorse in allegria, tra le pizze e le birre ordinate per l'occasione. Un paio di ragazzi salutarono dopo cena mentre il resto del gruppo si stava preparando al pezzo forte della serata, la partita di Scarabeo, che come Ettore gli aveva spiegato era un grande classico in casa di Ernesto.

Per renderla particolarmente pepata, tutti coloro che volevano partecipare al gioco dovevano mettere sul piatto venti euro, in modo da formare un discreto gruzzoletto da destinare al vincitore. Le regole prevedevano un massimo di quattro giocatori, ma spesso la partita si allargava fino a sei o sette, giusto per rendere il premio finale più interessante.

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Vincenzo non aveva alcuna intenzione di partecipare. Considerava la serata già un successo, da portare a casa e incorniciare tra i ricordi più belli. Nelle sue idee, si sarebbe seduto a lato di uno dei concorrenti, per osservare in silenzio il gioco per un po' e magari ridere delle parole più strane insieme agli altri, prima di salutare educatamente e tornare a casa.

In fondo non gli erano mai piaciuti troppo i giochi di competizione, ancor di più quando in ballo c'erano dei soldi. Molto meglio rimanere in disparte, pensò, anche se le cose tuttavia non sempre vanno come ci si aspetta. L'insistenza di Ernesto per avere il "nuovo arrivato" al tavolo del gioco fu talmente imbarazzante da non lasciargli altra scelta che quella di accettare.

Controvoglia unì i suoi venti euro a quelli degli altri, sentendo un piccolo rimestamento allo stomaco. Che bisogno c'era, pensò, di definirlo come "nuovo arrivato" invece che chiamarlo semplicemente per nome? In fondo probabilmente si trattava di una stupidaggine, cercò di ripetersi, di un modo scherzoso si apostrofarlo, ma quell'appellativo e gli occhi degli altri concentrati per un momento tutti su di lui, bastarono per destabilizzarlo.

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Era tornato ad essere di colpo Vincenzo l'invisibile? Il suo nome era già stato dimenticato? Ogni volta che la clessidra del gioco scandiva il suo turno, sentiva le mani diventare appiccicose e il cuore battere a mille. Le lettere si accavallavano nella sua testa, e gli sguardi degli altri ragazzi, fissi su di lui in silenzio, gli impedivano di concentrarsi in maniera adeguata e di formare delle parole che ottenessero un buon punteggio.

Perché solo con lui c'era tutto quel silenzio? Quel commento pronunciato con un fil di voce tra due dei colleghi, al quale era seguita una risatina di scherno, era indirizzato a lui? Possibile che in un attimo tutto quel piacevole "universo" che gli sembrava di aver creato potesse essere distrutto da una banale partita di Scarabeo? Perché aveva accettato l'invito? Se lo domandava sempre più spesso sospirando e scuotendo la testa, tra un turno e l'altro.

Si diede dello stupido per aver pensato, anche se solo per poco, di poter essere accettato in maniera così entusiasta da un gruppo nuovo. Proprio lui, da sempre incapace persino di parlare con le persone. Avrebbe voluto trovare una scusa, magari fingere un malore e alzarsi, tornare a casa e cominciare a scrivere la lettera di dimissioni, quando fu un'altra volta il suo turno. E proprio in quel preciso istante, avvenne il "miracolo".

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Tutte e otto le lettere impiegate, a cavallo di moltiplicatori vari, che gli fecero non solo comporre la parola con il punteggio record della serata, ma anche vincere la partita! Gli altri si complimentarono con lui, un paio di ragazze lo baciarono sulla guancia ed Ernesto, che all'inizio gli era sembrato il più ostico del gruppo, si alzò per consegnargli il piatto destinato al vincitore, aprendo appositamente, per festeggiarlo con un brindisi, una bottiglia di buon vino bianco frizzante.

"Al grande Vincenzo!" disse il padrone di casa, "il collega più simpatico capitato in ufficio da tempo", rincarò la dose Paola, prima che tutti all'unisono alzassero i calici. Ernesto aveva insistito tanto per farlo partecipare al gioco, ma evidentemente le sue intenzioni erano semplicemente quelle di farlo integrare più in fretta. "Grande Vince!", "Bravo Vince!", "Sei un mago delle parole...", "Rivincita la settimana prossima, campione...".

I complimenti piovevano da ogni parte, mentre riponeva le banconote e le monete appena vinte all'interno del confusionario portafogli. Sorridendo, si disse che era finalmente giunto il momento di mettere ordine, lì dentro, ma soprattutto nella sua testa.

Fine

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Non ci crederai, ma il vissuto di Vincenzo (quanto a invisibilità, ma pure peggio, sembra essere diventato spaventosamente comune tra i millennials e la generazione Z (succedeva anche anche a noi ultimi arrivati di generazione X, ma a differenza loro, bastava iscriverci all'università per vedere la nostra vita sociale fare il salto di qualità, a loro pare invece proprio di no). L'altro ieri ho letto la biografia proprio di un millennial (generosamente concessami da Amazon Kindle) e santo cielo. Nella biografia compare pure il suicidio di un ragazzo, un ex compagno di scuola del protagonista, a causa della vita sociale in deplorevole stato (ma a mio avviso c'è una indubbia colpa da fenomeno culturale), bollata dai giornali qual atto disperato per essere rimasto disoccupato da qualche mese (il protagonista suo amico però non credeva affatto alla storiella della disoccupazione perchè nessuno si ammazza per essere rimasto disoccupato un solo mese o pochi, avendoci peraltro il tetto dei genitori sulla testa). Per la serie si stava meglio quando si stava peggio...

Ci credo eccome amica mia, come sai cerco sempre per le mie storie di trarre ispirazione dalla realtà e di storie come quella di Vincenzo e della difficoltà a relazionarsi dei giovani ne ho sentite già diverse. Io ci ho messo il lieto fine, purtroppo spesso nella vita non c'è anche perché non è facile incontrare persone della sensibilità dei colleghi di Vincenzo, per molti è più facile deridere o girarsi dall'altra parte.

Adoro il modo in cui concludi la storia, si rende conto che potrebbe essere lui la causa di ciò che gli accade, mi spiego: ci sono momenti in cui ci facciamo un'idea NON reale di qualcosa, impressioni immediate che, con il passare del tempo, rivelarsi il contrario, facendoci Riflettere, se siamo positivi proveremo a cambiare, altrimenti ci allontaniamo, lasciandoci sfuggire quella che potrebbe essere una grande opportunità.

Siamo spesso i "nemici" più ostinati di noi stessi. Ci poniamo limiti che non esistono o immaginiamo conseguenze che non si realizzeranno mai e così facendo ci blocchiamo, vivendo peggio di come potremmo.

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