LA FINE

1. Macerie

Cercavi tra le macerie, il tempo si dilatava, gli affanni si mescolavano ai lamenti. Spostavi uno ad uno quei mattoni senza preoccuparti se il tetto non ti fosse crollato sulla testa. Con delicata forza agivi senza curarti della tua stessa vita. La polvere t'impediva di vedere troppo lontano. Il silenzio era scalfito soltanto dai tuoi movimenti e dal rumore del tuo respiro che rimbombava nella tua testa come un boomerang e dai lamenti provenienti da sotto le macerie. Il calore del corpo rimaneva imprigionato dentro quella tuta di plastica e a momenti dovevi fare una pausa per evitare di svenire. Il sudore ribolliva sotto il calore del sole in quel pomeriggio di maggio, ma non c'era tempo per pensare. Non si sapeva più chi fosse malato da chi non lo fosse. Ognuno di noi era separato dagli altri da 15 giorni di incubazione nei quali tutto poteva succedere.

15 giorni era diventata l'unità di misura di tutto. Ogni 15 giorni i morti facevano un balzo esponenziale da 1 erano diventati 10 erano poi 100, poi 1.000 poi 10.000, poi 100.000, poi 1.000.000 e adesso oltre 10,000,000 e nessuno sapeva come sarebbe stato tra 15 giorni, un mese. 15 giorni era anche il tempo che impiegavi per sapere che chi fosse vicino a te fosse stato contaminato oppure no. Si all'inizio si pensava che il Virus avrebbe contaminato soltanto i più deboli, i vecchi, i malati, ma man mano che i giorni passavano, ci rendemmo conto che il Virus era mutato verso qualcosa di ignoto, di mai visto prima.

2. Ultima speranza

Dentro quella tuta completamente asettica e isolata dall'esterno gli operatori ormai denominati la "resistenza" lottavano 24/24 contro qualcosa di invisibile, impalpabile e sempre più presente. Decine di migliaia di morti cadevano ogni giorno e nessuno sapeva più dove metterli, dove interrarli, nessuno voleva più esporsi. La peste e il colera portata dai topi che avevano iniziato a cibarsi delle carcasse di corpi in putrefazione aveva iniziato a diffondersi. Le ultime parole di Conte prima che morisse furono molto chiare : ogni cittadino avrebbe dovuto indossare la tuta di emergenza chiamata anche "ultima speranza" per evitare qualsiasi contatto con gli altri cittadini, anche nelle case, le mascherine non bastarono più, il virus si diffondeva ancora più velocemente. La tuta ultima speranza era stata offerta dalla Cina a tutto il resto del mondo come gesto finale per la sopravvivenza di tutto il genere umano. In Cina infatti scoprimmo che i dati erano stati alterati all'inizio di marzo per non penalizzare troppo l'economia e in fin dei conti per permettere la produzione della tuta "ultima speranza" che venne prodotta nel solo mese di marzo in oltre 1 miliardo di esemplari.

La tuta ultima speranza era un condensato di tutte le ultime scoperte della scienza e della tecnologia, l'ultimo sforzo della società postmoderna. Una tuta che ti permetteva di sopravvivere in assenza di acqua e cibo per oltre 6 mesi, il tempo che sarebbe bastato per ricreare o ritrovare un habitat propizio alla vita e non contaminato. Ogni tuta era dotata di un rilevatore di COVID 19 e una volta chiusa l'unico modo per aprirla era quello di trovarsi in un ambiente non contaminato per oltre 15 giorni e se contemporaneamente anche all'interno della tuta l'essere umano che la indossava non fosse contaminato.

3. Sara

Scavavi sotto le macerie da ore sperando di trovare Sara, eri ormai allo stremo, il caldo, il dolore alla gamba. Quando il tetto vi era cascato addosso tu eri in una zona della casa più riparata, mentre Sara era rimasta imprigionata tra le travi e i mattoni. Non sapevi quanto eri rimasto svenuto, ma ad un certo punto i lamenti di Sara che provenivano da sotto quella montagna di assi, mattoni, travi e mobili dai piani superiori, ti aveva risvegliato. Entrare in quella casa abbandonata non era stata poi una buona idea, fuori il caldo soffocava e contro tutti i pronostici degli esperti virologi aveva accellerato i contagi estendendoli anche per la scale dei condomini, cosi da far diventare la situazione incontrollabile. Gli ospedali già alla fine di marzo non erano più in grado di accettare nuovi pazienti, furono montate decine di migliaia di tende e più si cercava di curare e più il virus si diffondeva tra il personale medico.

I lamenti di Sara col passare delle ore si erano fatti allo stesso tempo più deboli e più vicini e fo sollevando una trave che vedesti un piedi, la tua speranza si riaccese e in pochi minuti eri riuscito a tirar fuori il corpo quasi morto di Sara. Riuscisti appena in tempo a sentire le sue ultime parole prima che esalasse l'ultimo respiro. Parole debolissime che risuonarono come un concerto dei Rolling Stones da 500.000 persone. Attraverso il trasmettitore della tuta la frase fu molto chiara, limpida e precisa. Sara disse: "Nessuno può fermare il tempo"

FINE DELLA PRIMA PARTE

Grazie a tutti i creatori di Olio di Balena che ho scoperto appena oggi

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THE END

1. Rubble

You were looking through the rubble, time was expanding, worries mingled with complaints. You moved those bricks one by one without worrying if the roof wouldn't collapse on your head. With gentle force you acted without taking care of your own life. The dust prevented you from seeing too far. Silence was only marred by your movements and the sound of your breathing rumbling in your head like a boomerang. The heat of the body remained trapped inside that plastic suit and at times you had to take a break to avoid passing out. Sweat was boiling under the heat of the sun on that May afternoon, but there was no time to think. It was no longer known who was sick from who was not. Each of us was separated from the others by 15 days of incubation in which anything could happen.

15 days had become the unit of measurement for everything. Every 15 days the dead made an exponential leap from 1 had become 10 were then 100, then 1,000 then 10,000, then 100,000, then 1,000,000 and now over 10,000,000 and nobody knew what it would be like in 15 days, a month. 15 days was also the time it took you to know that whoever was near you had been contaminated or not. It was initially thought that the Virus would contaminate only the weakest, the old, the sick, but as the days went by, we realized that the Virus had changed to something unknown, never seen before.

2. Last hope

Inside that completely aseptic suit isolated from the outside, the operators now called the "resistance" fought 24/24 against something invisible, impalpable and ever more present. Tens of thousands of deaths fell every day and nobody knew where to put them, where to bury them, nobody wanted to expose themselves anymore. The plague and cholera brought on by mice that had begun to feed on the carcasses of rotting bodies had begun to spread. The last words of Conte before he died were very clear: every citizen would have to wear an emergency suit also called "last hope" to avoid any contact with other citizens, even in homes, the masks were no longer enough, the virus spread even faster. The last hope suit had been offered by China to the rest of the world as a final gesture for the survival of all mankind. In fact, in China we discovered that the data had been altered at the beginning of March in order not to penalize the economy too much and in the end to allow the production of the "last hope" suit that was produced in the month of March in over 1 billion specimens.

The last hope suit was a condensation of all the latest discoveries of science and technology, the latest effort of postmodern society. A suit that allowed you to survive in the absence of water and food for over 6 months, the time that would have been enough to recreate or find a habitat conducive to life and uncontaminated. Each suit was equipped with a COVID 19 detector and once closed the only way to open it was to be in an uncontaminated environment for over 15 days and if at the same time also inside the suit the human being who wore it did not was contaminated.

3. Sara

Digging under the rubble for hours hoping to find Sara, you were now exhausted, the heat, the pain in the leg. When the roof had fallen on you you were in a more sheltered area of ​​the house, while Sara was imprisoned between the beams and the bricks. You didn't know how much you were left unconscious, but at a certain point Sara's complaints that came from under that mountain of planks, bricks, beams and furniture from the upper floors, had awakened you. Entering that abandoned house had not been a good idea, outside the heat was suffocating and against all the forecasts of the virologist experts it had accelerated the infections extending them also to the stairs of the condominiums, so as to make the situation uncontrollable. Hospitals by the end of March were no longer able to accept new patients, tens of thousands of tents were installed and the more they tried to cure and the more the virus spread among medical personnel.

Sara's complaints over the hours had become at the same time weaker and closer and I was raising a beam that you saw a foot, your hope rekindled and in a few minutes you were able to pull out Sara's almost dead body. You could barely hear his last words before he took his last breath. Weak words that rang like a Rolling Stones concert by 500,000 people. Through the transmitter of the suit the phrase was very clear, clear and precise. Sara said, "Nobody can stop time"

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