Under the White of the Board - Sotto il Bianco della Lavagna [ENG-ITA Day 155 freewrite]

Picture by @f3nix

Whiteboard, I look at you sideways, shady delay before desecrating you but not with ink. With my thoughts. I already hear them rustling and stretching their tentacles, ready to profane you well before the sign. From absolute white you now transmute in movement and structure, shapes, angles, sounds, white bubbling under my gaze. Osmotic process between attics crammed with old words. Viscose clot of sentences and stories, like broken umbrellas, clawing the immaculate with their dusty iron fingers.

Whiteboard .. children, school, messages, bourgeoisie, for whom? Because you can not stay that way, untold or untouched by the vomit of these words. Acid sour molasses which I will soon pour on you as a butcher who flips the steaming entrails of a freshly slaughtered pig on the cold steel table. Within the absolute white silence of your being. Because I'm like this, because I have not talked about life, death, transformation, money, struggles, hands and entwined limbs, saints, heroes and juggling emperors, celestial kingdoms swallowed by flying chasms, cities asleep in the heart of the cosmos, sepulchres of ancient creatures becoming temples, then houses, then malls, then dust and indifference.

In the white, if I look closer, I hear a distant sound, a whistling of wind, a point moves over there, a wobbly ant in the harsh and relentless wind. Yet one step after another, the dark shape stands out against the infinite dazed plain. That old chrysalis hardened by the ice walks imperceptibly, meeting his fate. He does not know that his wandering will not be the last but will open the doors of uncertain cosmogonies that a whiteboard, perhaps, one day will tell.

Lavagna bianca, ti osservo di sottecchi, indugio ombroso prima di sporcarti ma non di inchiostro. Di pensieri che già sento frusciare sottopelle e protendere tentacoli, pronti a profanarti ben prima del segno. Da bianco assoluto sei già movimento e struttura, si accennano forme, angoli, suoni, la superficie ribolle al mio sguardo. Processo osmotico fra soffitte stipate di vecchie parole. Coagulo viscoso di frasi e racconti, come ombrelli sfondati artigliano l'immaccolato nulla con dita di ferro polveroso.

Lavagna..bambini, scuola, messaggi, frasi scritte, per chi? Perchè non puoi rimanere così, non raccontata nè violata dal vomito di parole. Melassa-acida-che-presto-riverserò-su-te-quale-macellaio-che-ribalta-sul-tavolo-freddo-le-viscere-fumanti-di-una-scrofa-appena-scannata. Nel bianco assoluto silenzio del tuo essere. Perchè sono così, perchè non ho parlato di vita, di morte, di soldi, di lotte, di mani e di membra avvinghiate, di santi, eroi e imperatori giullari, di regni celesti inghiottiti da abissi volanti, città addormentate nel cuore del cosmo, sepolcri di antiche creature diventano templi, poi case, poi grandi magazzini, poi polvere e indifferenza.

Nel bianco, se osservo più attento, si sente un suono lontano, un fischio di vento, un punto si muove, una formica traballante in mezzo al vento sferzante e implacabile. Eppure un passo dopo l'altro, la sagoma scura si staglia contro l'infinita attonita pianura. Quella vecchia crisalide indurita dal ghiaccio cammina incerta incontro alla sorte. Lui non sa che il suo vagabondare non sarà l'ultimo ma gli aprirà le porte di cosmogonie incerte che una lavagna, forse, un giorno potrà raccontare.