Riflessi nel lago

in #writing5 years ago

Correva l'anno 1951 quando Camilla e Paolo diedero alla luce Giovanni.

Un quadro impressionista appeso al muro della loro umilissima casa che dopo i bombardamenti subiti durante la seconda guerra mondiale stava finalmente tornando ad assomigliare ad un luogo confortevole e accogliente e non più ad un memento mori costante.

Quel piccolo rappresentava un'immagine di speranza e di investimento verso un futuro che fino a pochi anni prima sembrava non poter esistere.

Spesso bisogna resistere per esistere.

Lo sanno bene Camilla e Paolo, che sotto le bombe avevano perso amici, fratelli e tutto ciò che di materiale possedevano.

Tutto tranne quel quadro.

Un quadro impressionista senza firma che dipingeva 2 uomini con il cappello in mano a riflettersi in un lago, a specchiarsi in esso mentre di fronte a loro sembra arrivare una tempesta. I colori e la tecnica sono i soliti, quelli a cui gli impressionisti ci hanno abituato e la fama di quel quadro non superava la soglia di quella umile casa. Eppure quel dipinto aveva qualcosa di speciale. Cosa stavano pensando quei 2 signori? Perchè erano fermi li a guardare la loro immagine in uno specchio d'acqua? Perchè non stavano provando a mettersi al riparo da una tempesta imminente?

Camilla e Paolo avevano a loro volto dato vita ad un piccolo quadro impressionista mettendo al mondo Giovanni.

Anche loro avevano visto da lontano arrivare una tempesta chiamata fascismo. Quella tempesta li aveva travolti ed era arrivata una feroce guerra. Loro, tuttavia, nonostante le perdite erano riusciti a fermarsi un attimo e riflettere la loro immagine in uno specchio, trovando dentro pace, amore, speranza nel domani.

Avrebbero lottato con tutte le loro forze per arrivare ad essere una coppia normale, in una paese normale. Quella coppia sarebbe diventata una famiglia e quella famiglia si sarebbe allargata più che avrebbero potuto.

Quel quadro avrebbe ricordato loro della tempesta imminente che potrebbe abbattersi su ognuno di noi costantemente.

Immagine priva di diritti di copyright

La madre di Camilla soleva ripeterle sempre che "la lingua batte dove il dente vuole" quando Camilla a soli 15 anni ripeteva a sua madre che quel Benito andava fermato, mettendola in guardia dai pericoli del nuovo che avanza e che tutto vorrebbe plasmare a sua immagine e somiglianza. La signora Sofia non aveva dubbi sulla bontà delle intenzioni del duce e imputava a Camilla di cercare sempre il marcio anche laddove non c'era. Vedeva fantasmi ovunque quando si parlava dei fasci secondo lei. La sua lingua andava a toccare sempre i punti dolenti e per lei i punti dolenti erano sempre quelli che riconducevano al duce.

La storia avrebbe dato ragione a Camilla. Sofia avrebbe perso un marito e 2 figli morti in battaglia, come monito per quel proverbio utilizzato con tanta superficialità.

Camilla avrebbe voluto rispondere con un altro proverbio alla madre.

Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino, avrebbe voluto urlarle.

Sarebbe stato crudele verso una donna affranta dal dolore.

Evitò di infierire ma con sua madre non avrebbe più parlato.

Correva l'anno 1988 ed il mondo non sapeva ancora che di li a qualche mese tutto sarebbe cambiato, i muri sarebbero stati abbattuti e le frontiere si sarebbero definitivamente aperte portando con se macerie e tanta aria fresca.

Quell'aria fresca che Giovanni, oramai 37enne non sentiva più di poter respirare.

I suoi genitori erano stati ammazzati a sangue freddo da un commando neofascista.

Il motivo non esisteva. Le autorità supponevano fosse stato uno scambio di persona. I giornali, che tanto si erano occupati della storia sulle loro pagine, millantavano che Camilla e Paolo fossero stati presi di mira per il loro passato nella Resistenza durante la seconda guerra mondiale. Giovanni, primo di 4 figli era stato l'unico a scegliere una carriera socialmente e politicamente attiva.

Si definiva un "comunista di strada" ed ogni giorno si impegnava per diffondere tesi antifasciste e soluzioni che potessero provvedere a dare maggiore uguaglianza alla popolazione.

Temeva che l'omicidio brutale dei genitori fosse stato un atto vile mirato a colpire lui stesso, lui che nel suo quartiere e nella sua provincia era considerato il comunista numero 1, quello più attivo e persistente.

I genitori non c'erano più. I loro ricordi avrebbero equilibrato il senso di colpa?

Restava quel quadro, appeso nel soggiorno della vecchia casa dove Giovanni era nato.

La tempesta era piombata ancora una volta in quella casa e quei 2 uomini che si riflettevano nel lago non c'erano più e forse con loro era morta anche la speranza di un futuro migliore.


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La speranza non muore mai...vive in noi, si nutre dei nostri sogni, dei nostri bisogni, delle nostre pulsioni...

Vero verissimo

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Tristissima storia.

Ancora una volta contest ad ispirarmi.
Questa volta merito di @fulviaperillo

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