Il Luna Park del Consumo
Quando si dice "inutile fare programmi" che tanto le variabili in gioco che esulano dal tuo controllo sono innumerevoli.
E cosi quella che doveva essere una mattinata trascorsa in bicicletta con qualche fermata salutare al parco o lungo il fiume è stata vanificata del tutto da un temporale inatteso e mai annunciato dal meteo.
Pazienza.
Mi toccherà restare a casa o ripianificare la mia giornata completamente.
Shopping o museo?
Non sono tipo da shopping, detesto perder tempo a girovagare come uno zombie tra pile di abiti prodotti chissà dove e chissà come, tra orde di giovinastri intenti a spendere i pochi spiccioli che hanno in tasca, tra finti sorrisi di commesse costrette a propinare qualunque cosa come fosse una pepita d'oro appena trovata in chissà quale miniera naturale del Perù.
Ma a volte bisogna pure lasciarsi andare a questi istinti primordiali, ridisegnare il proprio guardaroba e lasciarsi passare qualche sfizio.
E quindi addio al museo. Andrò a rinchiudermi volontariamente in uno di questi manicomi legalizzati che chiamano centri commerciali.
L'involuzione dell'uomo davanti ai nostri occhi.
Ancora una volta, pazienza.
Trascorrerò quella che doveva essere una giornata in pantaloncini, libero, felice e all'aria aperta in una giornata uggiosa all'interno di una gabbia dorata.
Per fortuna che almeno qui, a 20 minuti, ho un centro commerciale immenso all'interno del quale troverò tutto.
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Speriamo, almeno, di non trovare troppa gente. E' comunque un weekend estivo e spero che in molti siano fuggiti via per staccare la spina.
Sono le 10:30 e fortunatamente qui è semideserto. Riuscirò a fare i miei giri.
Controllerò le ultime uscite alla Feltrinelli, indosserò i panni del Nerd da Mediaworld, mi concederò una pausa pranzo all'Old Wild West e nel pomeriggio shopping selvaggio a caccia di qualche costume per la vacanza agostana, un paio di scarpe che andranno a sostituire queste semirotte che sto indossando e magari anche qualche maglietta e pantalone per "espandere" i miei orizzonti modaioli.
Ore 12:30: la pacchia è finita.
Sembra di essere in una piazza studentesca del '68, all'interno di una grande manifestazione di protesta e rivolta sociale.
Solo che qui non ci sono manifesti, non ci sono giovani sorridenti e infuriati contro le ingiustizie, non ci sono libri da consultare o energie da consumare.
Vedo smartphone, bambini e giovani che sembrano già morti dentro, le energie sono tutte racchiuse dentro le bevande gasate che stanno consumando, l'unica ingiustizia che percepisco dai loro commenti è quella di non aver trovato la taglia giusta al capo d'abbigliamento che avevano adocchiato.
Il posto è affollato, molto affollato ma è vuoto.
Vuoto di significato per me. Privo di un messaggio. Assente di qualsivoglia forma di vera unione. Un tessuto sociale sfilacciato nonostante l'enorme quantità di gente.
Una giornata iniziata male ma che sta proseguendo peggio.
Una bambina, avrà 5 anni al massimo, sta spiegando per filo e per segno a sua madre quali sono le scarpe che dovranno disperatamente cercare perchè la sua amichetta ha comprato le stesse scarpe qualche giorno fa e a scuola tutti la idolatrano.
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I Fast food son pieni di gente che si ingozzano di carne artificiale, ingurgitando salsine di ogni tipo impennando il proprio colesterolo.
Siamo in recessione dicono. Un paese in recessione potrebbe permettersi centri commerciali cosi pieni? Un paese in recessione potrebbe stare fermo a guardare intere famiglie spendere decine di euro per un panino e una coca cola? Centinaia per sfizi di ogni tipo in questo luna park del consumista?
Siamo in recessione per la congiuntura economica e le scelte scellerate dei nostri governanti o siamo in recessione perchè abbiamo spento il cervello da tempo e non sappiamo più discernere cosa conta da cosa è superfluo?
Quella ragazza appena uscita da Kiko con 3 bustone avrà davvero bisogno di tutti quegli smalti e rossetti? Quale sarà la sua storia?
E quella signora che all'Outlet del Kasalingo più che la spesa sta commettendo una rapina con il suo carrello zeppo di pentole, bicchieri, termometri per la carne, per l'acqua, bollitore e pinzette per non so cosa. Tutto necessario signora? Tutto indispensabile?
Provate ad andare al centro commerciale e soffermarvi a guardare e ascoltare la gente che transita davanti a voi, che entra ed esce dai negozi.
Non sarete più gli stessi e probabilmente uscirete al tempo stesso rafforzati ed indeboliti da quella esperienza.
Sopraggiungeranno una serie di intuizioni se cosi vogliamo chiamarle.
La gente di domenica mattina va al centro commerciale mentre le chiese si svuotano, detto da un ateo come me è un'affermazione quantomeno inattendibile ma rifletteteci.
A pranzo siamo passati da generazioni in cui il pranzo domenicale era sacro, era un momento di condivisione intoccabile, dove attorno ad un tavolo si riunivano decine di persone per salutarsi, scambiarsi idee, litigare e in un certo qual senso amarsi.
La spesa nelle piccole botteghe dove si conosceva il nome e la storia di chi affettava il prosciutto cotto o di chi aiutava a caricare in auto i pacchi più pesanti, adesso è stata sostituita da una corsa fra reparti pieni zeppi di roba di ogni tipo e colore e da casse automatiche o cassiere disperatamente impersonali.
In questo quadro di enorme scelta sui banconi e nei negozi non ci resta molta scelta. O ci adeguiamo o moriamo "moralisti".
Potrebbe, però, esserci una terza via, una geniale intuizione: accettare il mondo per come è adesso ma ridefinirne il senso.
Un centro commerciale come nuova agorà, come nuovo luogo di incontro/scontro, come nuovo punto di ritrovo.
Lo spazio c'è, il pubblico anche.
E allora perchè non intercettare questa massa informe di pecorelle smarrite e dare loro uno spazio nuovo?
Perchè non sostituire il Fedez di turno che firma autografi il sabato pomeriggio con un pensatore, un filosofo, uno scrittore, un artista vero. Perchè non creare intorno ad ogni negozio uno spazio "green"? Perchè non mandare al macero i fast food e creare in questa piazza di "spaccio" degli zuccheri un qualcosa di diverso, magari una grande università dell'educazione alimentare?
Via questi "Game stop" e dentro calcio balilla, flipper?
E se costruissimo intorno ai centri commerciali piste di atletica, piscine, palestre, campi da tennis, campi di calcio? Se consumismo deve essere allora facciamo si che valga la pena acquistare! Magari ogni 50 euro da zara 1 mese di palestra!
Magari ogni 30 euro da Kiko un massaggio gratis!
Magari ogni 2 libri acquistati alla feltrinelli un bel percorso benessere o 3 ingressi in piscina!
Magari regaliamo frullati anzichè patatine, insalate anzichè mcburger!
Consumiamo se è questo che ci siamo messi in testa ma affianchiamo a questo sperpero una spinta propulsiva verso lo stare bene, lo stare insieme, il mangiare in maniera salutare, uno spirito green, un nuova forma di condivisione che sia fatta di sguardi negli occhi e non di tastini pigiati a caso per mandare degli smile con un occhiolino.
Ore 18:00. Si è fatta ora.
Fuori piove ancora, il temporale non si ferma eppure le nuvole più grige son qui dentro, sulla testa di queste povere pecorelle smarrite, vuote come un baule che prometteva un tesoro che invece non c'è.
E' ora di tornare a casa.
Ma prima faccio un pit stop alla Coin, dicono ci siano sconti del 30%. Non si sa mai, magari riuscirò a trovare quel portacandele che tanto vorrei!
Complimenti per le analisi approfondite sul luogo e sulle persone, che giornata! Barche, mare, reti, cime, bitte e gatti. Un abbraccio marino.
Grazie @armandosodano son sempre preziosi i tuoi complimenti.
Sedia, tavolo, pc, macchinetta del caffè...un abbraccio meno marino..
ahahaha verrà il tempo delle grandi maree...ciao grande.
Un personaggio controverso e ambivalente, moralista e giudicante. Chi disprezza compra. E lui ha appena acquistato la giornata che disprezza. A prezzo pieno.
PS. Il centro commerciale che hai descritto è paripari uno che conosco (ne ho visti una decina, ma uno in particolare ha proprio la combinazione di negozi di cui parli). Si chiama Etnapolis, ti ispiri a quello?